Anche il non proprietario può agire per il risarcimento del danno, ma solo a determinate condizioni

Escluso il pregiudizio per l'ex detentore non solo per la mancanza di pagamento del bene ma soprattutto per la carenza di prova di responsabilità dello stesso nei confronti del proprietario.

In questo senso si è espressa la III sezione Civile nella sentenza n. 14269/17, depositata l’8 giugno. Il fatto. La vicenda che fa da sfondo alla sentenza in commento è quella di un immobile, locato, che viene pignorato e venduto all'asta. Il locatore storico” nel senso che da parecchio tempo occupava quei locali nel procedimento intrapreso dal nuovo proprietario per ottenere la liberazione dell'immobile otteneva in primo grado la dichiarazione di cessazione dei contratti di locazione e la conseguente condanna del nuovo proprietario a restituire i titoli di credito, a questi consegnati, ovvero il controvalore, in caso di smarrimento. La Corte d'appello dopo aver ribadito la cessazione e la condanna a pagare il controvalore, aveva invece rigettato la pretesa relativa al risarcimento del danno asseritamente subito dall'occupante per la perdita di un bancone-bar, asseritamente di proprietà dello stesso, installato nei locali e per il quale avrebbe ricevuto una offerta d'acquisto poco prima di perdere la disponibilità dell'immobile. In particolare i giudici d'appello avevano ritenuto non raggiunta la prova sul fatto che il bancone bar fosse di proprietà dell'occupante, in considerazione della diversa prova raggiunta per cui il pagamento dell'oggetto era stato promesso all'installatore con il ricavato delle quote di un circolo ricreativo che avrebbe dovuto operare nei locali. E' stato proposto ricorso per la cassazione della sentenza d'appello dall'occupante. Il detentore non ha allegato alcuna responsabilità verso il proprietario. Ha sostenuto il ricorrente che in ogni caso era a lui che era stata fatta la proposta di acquisto e che ad egli spettava, in ogni caso, il diritto a conservarne la disponibilità, anche se di proprietà di terzi. La III sezione ha respinto il ricorso affermando che il ricorrente, nel proprio ricorso, non aveva preso posizione su di un aspetto determinante della questione, ovvero la carenza di prova del pregiudizio in concreto prodotto o che si potesse produrre nel patrimonio del ricorrente stesso, nonostante il bene mobile perduto non fosse né di sua proprietà né da lui pagato o da pagarsi. La S.C. ha da un lato ricordato come il risarcimento del danno per la perdita di una cosa mobile non sia riservato al proprietario ma possa esservi legittimato anche il detentore temporaneo. Ma affinché sussista la legittimazione del detentore di cosa altrui danneggiata da un fatto illecito di terzo occorrono contemporaneamente due condizioni, ovvero 1 che sussista un titolo in virtù del quale il detentore sia obbligato a tenere indenne il proprietario 2 che l'obbligazione scaturente dal predetto titolo sia stata adempiuta, così da evitare una duplicazione di richieste risarcitorie, da parte cioè del proprietario. Nel caso di specie, non solo non è stata fornita prova del pagamento del bene mobile ma nemmeno la responsabilità verso il proprietario è stata dedotta, allegata o, ancora, giustificata in alcun modo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 marzo – 8 giugno 2017, n. 14269 Presidente Chiarini – Relatore De Stefano Fatti di causa 1. All’esito di una vertenza intrapresa con ricorso del 21.3.12 da V.P. , avente ad oggetto il rilascio di un fabbricato in omissis , già di proprietà di G.R. e Ro.Ro. , da questi concesso con più contratti in locazione ad R.A. , ma poi pignorato e venduto in sede di espropriazione immobiliare al V. con decreto di trasferimento del 27.9.07 , la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Vercelli n. 374/14 di cessazione dei contratti di locazione e condanna del V. alla restituzione dei titoli nelle more ricevuti dal R. a titolo di corrispettivo delle locazioni, o, in mancanza, del valore corrispondente, con rigetto delle riconvenzionali del R. , per quel che qui ancora interessa pronunciò la cessazione dei contratti di locazione e condannò il V. a pagare il controvalore dei titoli di credito di cui era stata dedotta l’impossibilità del recupero, rigettando la pretesa dell’occupante di risarcimento del danno per la perdita di un bancone bar installato in uno dei locali oggetto di causa, per il quale il R. , che se ne era proclamato proprietario, aveva pure addotto un’offerta di acquisto per almeno Euro 14.000 proprio poco prima di perdere la disponibilità degli immobili. 2. Per la cassazione di tale sentenza di appello, pubblicata in data 11.3.15 col n. 463, ricorre oggi il R. , affidandosi ad un unitario motivo resiste con controricorso, con cui propone ricorso incidentale condizionato articolato su due motivi, V.P. e, per la pubblica udienza del 29.3.17, le parti depositano memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1. Per quel che in questa sede ancora rileva ed al fine di rigettare la domanda risarcitoria che lo aveva ad oggetto, il giudice di appello ha escluso la prova che il bancone bar, benché installato all’interno di uno degli immobili per cui è causa ed oggetto di un’offerta di acquisto per Euro 14.000 in tempo immediatamente anteriore alla perdita della disponibilità dell’immobile, fosse di proprietà del R. sulla base della disamina delle deposizioni testimoniali e soprattutto quella del pregiudizio economico in capo a quest’ultimo, in difetto di prova non solo e non tanto del pagamento del relativo prezzo da parte sua, quanto piuttosto e principalmente per esserne stato promesso il pagamento all’installatore con il ricavato delle quote di un circolo ricreativo che avrebbe dovuto operare nei locali. 2. Il ricorrente R. , con l’unico articolato motivo, si duole di violazione e falsa applicazione di legge artt. 18, 922, 1376, 1470, 1498, 1168, 2043, 2056, 1124, 2697 c.c., 624 c.p., 115 e 132 c.p.c. , lamentando l’erroneità dell’esclusione del risarcimento dinanzi alla pure ammessa prova della perdita del bene mobile, atteso che a lui era stata formulata l’offerta di acquisto per Euro 14.000 e che a lui spettava, quale proprietario o almeno quale detentore, il diritto a conservarne la disponibilità, anche se di proprietà di terzi. 3. In via condizionata all’eventuale accoglimento del ricorso principale, il controricorrente V. deduce, dal canto suo col primo motivo di ricorso incidentale violazione o falsa applicazione degli artt. 2037 e 1147 cod. civ. , invocando la propria buona fede ai fini dell’esclusione della responsabilità per il depauperamento degli assegni ricevuti e, col secondo, violazione o falsa applicazione degli artt. 6 del D.P.R. 144/2001, 49 del D.Lgs. 231/2007 e 2041 cod. civ. , nonché di contraddittorietà della motivazione , lamentandosi dell’erroneità dell’attribuzione a lui della perdita di molti degli assegni non recuperati, nonostante il riconoscimento del recupero di altri fra quelli e soprattutto le possibilità di rimborso riconosciute dalla normativa speciale o, a tutto concedere, dalla generale azione di indebito arricchimento. 4. Il ricorso principale è inammissibile, perché non si fa carico dell’espressa determinante ratio decidendi del rigetto della residua pretesa risarcitoria, consistente nella carenza di prova di un pregiudizio che si fosse in concreto prodotto o che potesse prodursi nel patrimonio del ricorrente, benché il bene mobile perduto non fosse né di sua proprietà, né stato pagato né da pagarsi da lui. 5. È ben vero che, di norma, il risarcimento del danno per la perdita di una cosa mobile non è riservato al proprietario è, sul punto, consolidato l’insegnamento di questa Corte in base al quale Cass. 12/10/2010, n. 21011, seguita in termini da Cass. ord. 16/02/2015, n. 3082 in precedenza Cass. 23/02/2006, n. 4003 Cass. 20/08/2003, n. 12215 , in tema di legittimazione alla domanda di danni, deve ritenersi che il diritto al risarcimento può spettare anche a colui il quale, per circostanze contingenti, si trovi ad esercitare un potere soltanto materiale sulla cosa e, dal danneggiamento di questa, possa risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere ma allora il detentore di cosa altrui, danneggiata dal fatto illecito del terzo, incidente nella propria sfera patrimoniale, è legittimato a domandare il risarcimento solo se dimostri, da un lato, la sussistenza di un titolo in virtù del quale è obbligato a tenere indenne il proprietario, e, dall’altro, che l’obbligazione scaturente da quel titolo sia stata già adempiuta, in modo da evitare che il terzo proprietario possa pretendere anche egli di essere risarcito dal danneggiante Cass. 26/10/2009 n. 22602 Cass. n. 21011 del 2010, cit. . 6. Appunto quanto a tale secondo, assolutamente determinante, profilo la corte territoriale esclude un pregiudizio per il patrimonio del R. , attesa non solo - e non tanto - la presupposta carenza di prova sull’intervenuto pagamento da parte sua, ma - soprattutto - la positiva prova dell’assunzione dei relativi costi in base ai proventi di un’associazione non riconosciuta o circolo ricreativo ed il presupposto - certo implicito, ma inequivocabile - dell’assenza di qualunque titolo di responsabilità del R. verso tale associazione. 7. Tale valutazione del testimoniale escusso si sottrae a qualunque censura, per essere scevro dai soli gravissimi vizi ormai ammessi in sede di controllo di legittimità sulla motivazione in fatto all’esito della novella del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., di cui a Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014 e per essere riservata al giudice del merito la ricostruzione di quest’ultimo per granitico insegnamento di questa Corte, sul quale, fra innumerevoli, v. Cass. Sez. U. 12/10/2015, n. 20412, ove riferimenti . 8. In questo quadro, non solo non è provato che della perdita del bancone bar debba rispondere il R. , né in quanto proprietario essendo esclusa la relativa circostanza dal rilievo appena svolto , né in quanto obbligato verso chi lo fosse, né per il caso in cui fossero gli associati del circolo ricreativo che avrebbe dovuto fruirne essendo poi rimasta esclusa, stando agli atti qui esaminabili, ogni questione sulla diversa titolarità del bene mobile in capo all’associazione non riconosciuta, che allora sarebbe stata l’unica legittimata ad agire, ovvero sulla responsabilità del R. verso la stessa, che non viene né addotta, né allegata, né giustificata sotto alcun titolo o ragione né a maggior ragione per il caso che lo fosse stato un terzo tesi, per vero, mai sostenuta da alcuno ma è positivamente esclusa la prova che il pregiudizio potesse riverberarsi nel patrimonio del R. , neppure l’offerta formulata potendo riferirsi come perdita di un’occasione o un lucro cessante , in mancanza di prova del diritto sul bene o al suo controvalore perché obbligato verso il proprietario o verso coloro che avrebbero dovuto sopportare la perdita e, soprattutto, non è censurata espressamente ed adeguatamente tale ultima, determinante, ragione del decidere. 9. Il ricorso principale va pertanto dichiarato inammissibile e quello incidentale, siccome prospettato univocamente come condizionato all’accoglimento del primo, assorbito con la condanna del ricorrente principale, in quanto in toto soccombente, alle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte, nonché dandosi atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo Cass. 14/03/2014, n. 5955 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il solo soccombente ricorrente principale. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.