Scatta dietro l’ambulanza e la tampona: respinta la richiesta di risarcimento dell’automobilista

Evidente l’imprudenza compiuta dalla donna alla guida della vettura. A testimoniarlo il fatto che abbia colpito il mezzo di soccorso quando esso aveva già superato l’incrocio. Significativo, poi, che l’ambulanza sia arrivata preceduta dal suono delle sirene.

Difficile da spiegare l’incidente di cui è protagonista una donna. Ella, alla guida della propria vettura, è riuscita a tamponare un’ambulanza, arrivata all’incrocio preceduta dal suono delle sirene. Logico addebitarle ogni responsabilità Cassazione, ordinanza n. 6829, sez. VI civile, depositata oggi . La richiesta di risarcimento dei danni. Facilmente ricostruito l’episodio sottoposto all’esame dei giudici. Un’automobilista si è scontrata a un incrocio con un’ambulanza impegnata, per giunta, in un servizio di soccorso . E a sorpresa è proprio la donna a chiedere il risarcimento dei danni riportati a seguito dell’incidente stradale. La dovuta prudenza. Per i giudici, però, la domanda è risibile. Soprattutto perché sono emerse le carenze della donna nella condotta di guida. Ella non aveva agito con la dovuta prudenza , secondo i giudici. E questa valutazione viene condivisa dalla Cassazione. Difatti, una volta accertato che l’ambulanza aveva impegnato l’incrocio avendo i segnali acustici e luminosi in funzione , pare evidente la colpa dell’automobilista. Ella si è comportata in modo assolutamente azzardato, scattando alle spalle del mezzo di soccorso e arrivando a tamponarlo nella parte posteriore destra , quando, peraltro, esso, proveniente da sinistra rispetto alla vettura , aveva ormai praticamente oltrepassato l’incrocio .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, sentenza 2 febbraio – 16 marzo 2017, n. 6829 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. C. L. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Treviso, la Toro Assicurazioni chiedendo il risarcimento dei danni patiti in un sinistro stradale nel quale ella, alla guida della propria auto, si era scontrata ad un incrocio con l'ambulanza condotta da Paolo Tasca che era in fase di svolgimento di un servizio di soccorso. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Giudice di pace rigettò la domanda e compensò le spese di lite. 2. La pronuncia è stata impugnata dalla L. in via principale e dalla società di assicurazione in via incidentale e il Tribunale di Treviso, con sentenza del 30 marzo 2015, ha rigettato l'appello principale, ha accolto quello incidentale e, in parziale riforma della decisione del Giudice di pace, ha condannato la L. all'integrale rifusione delle spese del giudizio di primo grado, nonché di quelle del giudizio di appello. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre C. L. con atto affidato a due motivi. Resiste con controricorso la Generali Italia s.p.a., quale incorporante la s.p.a. Alleanza Toro. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis del codice di procedura civile e la ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 177 cod. strada con il secondo, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 177 cit. unitamente all'art. 2054 del codice civile. Si sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l'uso dei segnali acustici esoneri il conducente dell'ambulanza dall'obbligo di osservare la necessaria diligenza e prudenza e che immotivatamente sarebbe stata superata la presunzione di pari responsabilità dei conducenti. 1.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento. La costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, che l'apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell'incidente, all'accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento dell'esistenza o dell'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, e 30 giugno 2015, n. 13421 . 1.2. Nel caso specifico il Tribunale ha ricostruito analiticamente la dinamica dell'incidente alla luce dei verbali e delle testimonianze ed è giunto alla conclusione che lo stesso fosse da ascrivere a colpa esclusiva della L Ed infatti, mentre era provato che l'ambulanza aveva impegnato l'incrocio avendo i segnali acustici e luminosi in funzione, era palese che la L. non aveva agito con la dovuta prudenza, tamponando l'ambulanza nella parte posteriore destra, con ciò dimostrando che lo scontro era avvenuto quando il mezzo di soccorso aveva ormai praticamente oltrepassato l'incrocio, sebbene proveniente da sinistra rispetto alla vettura dell'attrice. A fronte di tale motivazione, le censure contenute nel ricorso - tutte chiaramente finalizzate ad una nuova valutazione del merito -muovono alla sentenza impugnata accuse infondate, poiché il Tribunale non ha affatto affermato che l'uso dei segnali acustici e luminosi assolva il conducente di un'ambulanza da ogni obbligo di prudenza, bensì ha positivamente accertato le colpe, dando ragione anche del superamento delle presunzioni di cui all'art. 2054 del codice civile. Fuor di luogo è, poi, il richiamo alla sentenza 16 novembre 2005, n. 23218, di questa Corte, posto che essa risulta seguita dalla sentenza impugnata, ancorché non esplicitamente richiamata v. sul punto anche le sentenze 15 ottobre 2009, n. 21907, e 23 febbraio 2016, n. 3503 . 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai parametri introdotti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1- quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.300, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile - 3, il 2 febbraio 2017.