Il danno patrimoniale da lucro cessante non discende automaticamente dall'accertamento dell’invalidità

L’accertamento di un grado seppure elevato di invalidità permanente non determina l’automatica riduzione della capacità specifica lavorativa del danneggiato.

In caso di lesione della integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento della invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere, al momento dell'infortunio, una attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali. La fattispecie. Decidendo sulla domanda di risarcimento danni da circolazione stradale proposta dall’attore in primo grado contro gli eredi dell’uomo che aveva causato il sinistro nel quale era stato coinvolto e contro la sua compagnia assicuratrice, il Tribunale di Rimini accertava l’esistenza di gravi lesioni personali incidenti sulla capacità lavorativa specifica di piastrellista dell’attore e condannava pertanto i convenuti al ristoro del relativo danno patrimoniale. La Corte di appello di Bologna, in accoglimento del gravame proposto dalla compagnia assicuratrice, riformava la sentenza di primo grado. A seguito di un primo ricorso avanti alla Corte di Cassazione proposto dalla vittima del sinistro, gli Ermellini cassavano la sentenza della Corte di Appello di Bologna alla quale rinviavano il giudizio per l’accertamento dei presupposti del danno futuro da ridotta capacità lavorativa del ricorrente. La Corte di appello di Bologna, all’esito del giudizio di rinvio confermava la sentenza del Giudice di prime cure in ordine al risarcimento del danno. Avverso tale ulteriore pronuncia ricorreva avanti alla Corte di Cassazione la compagnia assicuratrice. La riduzione della capacità lavorativa specifica deve sempre essere dimostrata dal danneggiato. Gli Ermellini – evidenziando come già nella ordinanza con la quale avevano per la prima volta accolto il gravame e rinviato il giudizio alla Corte di Appello territoriale – ribadiscono la propria ferma posizione in punto di ferma esclusione di ogni inferenza automatica tra lesioni personali e menomazione della capacità di lavoro, ponendosi nel solco del costante orientamento predicato in sede di nomofilachia. Per la Corte di Cassazione, infatti, il grado di invalidità permanente determinato da una lesione della integrità psicofisica, quantunque di elevata entità, non determina ipso facto la riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica del danneggiato, né conseguentemente, una diminuzione del correlato guadagno, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di una attività produttiva di reddito o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, che presumibilmente avrebbe svolto e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso. Alla stregua degli ordinari criteri di riparto dell’onere probatorio, grava sul danneggiato l’asseverazione, anche tramite elementi di nauta presuntiva, del pregresso concreto svolgimento di una attività economica o del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata compromessi, nella loro effettiva realizzabilità, dell’evento lesivo indefettibile presupposto, in punto di an debeatur, per la ristorabilità della perdita patrimoniale patita, liquidabile poi, in difetto di una precisa dimostrazione del reddito non conseguibile, in base al parametro, costituente soglia minima di risarcimento, del triplo della pensione sociale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2016 - 8 marzo 2017, numero 5786 Presidente/Relatore Chiarini Fatti di causa Decidendo sulla domanda di risarcimento danni da circolazione stradale proposta da Pi.Ma. nei confronti degli eredi di Sante Pietrangeli e della società H.D.I. Assicurazioni S.p.A., il Tribunale di Rimini, per quanto ancora oggetto di controversia, accertava l’esistenza di lesioni personali incidenti sulla capacità lavorativa specifica di piastrellista dell’attore e condannava i convenuti al ristoro del relativo danno patrimoniale, liquidato secondo il criterio del triplo della pensione sociale. Con sentenza numero 606/2010, la Corte di Appello di Bologna, in accoglimento dell’impugnazione della compagnia assicuratrice, rigettava l’istanza di risarcimento danni da perdita della capacità lavorativa specifica. e A seguito di ricorso di Pi.Ma. , questa Corte, con ordinanza numero 1439/2012, cassava la pronuncia della Corte felsinea, cui rinviava per l’accertamento dei presupposti del danno futuro da ridotta capacità lavorativa della vittima del sinistro. Riassunta tempestivamente la lite, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza numero 131/2013, confermava la statuizione del giudice di primo grado in ordine al ristoro di tale voce di danno. Avverso questa sentenza ricorre per Cassazione la H.D.I. Assicurazioni, affidandosi a cinque motivi resiste Pi.Ma. con controricorso illustrato da memoria. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva. Ragioni della decisione Con i primi due motivi di censura, congiuntamente esaminabili poiché strettamente connessi ed implicanti analoghe valutazioni in punto di diritto, il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2056 e 1223 cod. civ. e dell’articolo 4 della legge 26 febbraio 1977, numero 39 in relazione all’articolo 360, primo comma, num. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., assume che il giudice di rinvio, omettendo ogni motivazione al riguardo, non abbia eseguito l’accertamento, demandatogli dalla Suprema Corte, sulla ricorrenza delle circostanze di fatto giustificanti la liquidazione del danno patrimoniale futuro, il cui esito sarebbe stato negativo, mancando ex parte actoris la stessa allegazione nonché ovviamente l’adeguata dimostrazione dello svolgimento, in epoca anteriore o successiva al sinistro, dell’attività di piastrellista. I motivi sono fondati e vanno accolti sotto il profilo della violazione di legge. Nell’accogliere il ricorso avverso la prima sentenza della Corte di Appello felsinea, con la ordinanza numero 1439/2012 questa Corte affermava testualmente è vero che la liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un’automatica conseguenza dell’accertata esistenza di lesioni personali, ma è ugualmente vero che essa spetta ogni volta che sia verificata l’attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima. Ne consegue che, stante l’accertamento del C.T.U. che la stessa sentenza impugnata ha recepito, non è corretta la negazione della voce di danno in esame a seguito della mancanza di prova dell’esercizio in concreto di attività lavorativa all’epoca del sinistro. Tale situazione influisce sulla determinazione del danno emergente, ma non esclude la necessità di accertare e sussistendone i presupposti di fatto riconoscere - il danno futuro determinato dalla ridotta capacità di esplicare attività lavorativa confacente alle attitudini della vittima , precisando altresì che il Pi. non ha documentato la propria qualità di piastrellista, non essendo a tal fine sufficiente la dichiarazione resa al C.T.U. pertanto il giudice di rinvio dovrà valutare l’applicabilità alla specie del criterio di cui al D.L. numero 857 del 1976, articolo 4, come modificato dalla L. numero 39 del 1977 triplo della pensione sociale . In tal guisa argomentando, la Corte, esclusa ogni inferenza automatica tra lesioni personali e menomazione della capacità di lavoro, ha chiarito che la risarcibilità di quest’ultima postula il concreto accertamento del danno determinato dalla ridotta idoneità ad esplicare un’attività lavorativa confacente alle attitudini della vittima, attività che tuttavia trattandosi un pregiudizio che si proietta in futuro, a mò di lucro cessante non deve essere effettivamente esercitata al momento del sinistro. Si è posta così nel solco dell’orientamento costantemente predicato in sede di nomofilachia, secondo cui, integrando la menomazione della capacità lavorativa specifica un pregiudizio di carattere patrimoniale, il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica, quantunque di elevata entità, non determina ipso facto la riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica del danneggiato né, conseguentemente, una diminuzione del correlato guadagno, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un’attività produttiva di reddito o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, che presumibilmente avrebbe svolto e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso cfr., ex plurimis, Cass., 10/03/2016, numero 4673 Cass. 10/07/2015, numero 14517 Cass., 03/07/2014, numero 15238 Cass., 05/02/2013, numero 2644 Cass., 12/02/2013, numero 3290 . Alla stregua degli ordinari criteri di riparto dell’onere probatorio, grava sul danneggiato l’asseverazione, anche tramite elementi di natura presuntiva, del pregresso concreto svolgimento di una attività economica o del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata compromessi, nella loro effettiva realizzabilità, dall’evento lesivo indefettibile presupposto, in punto di an debeteatur , per la ristorabilità della perdita patrimoniale patita, liquidabile poi, in difetto di una precisa dimostrazione del reddito non conseguibile, in base al parametro, costituente soglia minima di risarcimento, del triplo della pensione sociale oltre a Cass. numero 14517/2015, cit., vedi specificamente sul punto Cass.,12/02/2015, numero 2758 . Chiarito nei sensi anzidetti l’oggetto dell’accertamento da compiersi nel giudizio di rinvio a seguito della ordinanza numero 1439/2012 di questa Corte, va rilevato come la Corte di Appello di Bologna, nella sentenza qui gravata, abbia radicalmente omesso la concreta verifica dei presupposti per la risarcibilità del danno da perdita della capacità lavorativa specifica e disatteso i principi di diritto in materia sopra illustrati. Invero, il giudice felsineo, peraltro con motivazione laconica e di non agevole intellegibilità, ben lungi dal sottoporre a nuovo riscontro critico la sussistenza di incidenze lesive del sinistro su attitudini lavorative peculiari dell’attore, si è limitato a confermare l’apprezzamento operato dal Tribunale di Rimini in prime cure, ritenendo acclarata la qualificazione in capo al danneggiato della capacità lavorativa e della conseguente valutazione estimativa della perdita futura, quali congruamente tratteggiati dal primo giudice con riferimento a mansioni inerenti aspirazioni primarie del giovane lavoratore . La sentenza nella quale la questione viene risolta unicamente attraverso il trascritto passaggio motivazionale deve pertanto essere cassata, potendosi procedere alla decisione nel merito sulla domanda risarcitoria, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Orbene, sulla scorta degli elementi, assertivi e asseverativi, raccolti nei gradi di merito del giudizio e in applicazione degli enunciati principi regolatori della materia, non dubbio appare il rigetto della pretesa attorea di risarcimento dei pregiudizi per riduzione della capacità di lavoro e di guadagno. Dalla lettura degli atti di causa, risulta, inequivocabilmente, come parte attrice non abbia dedotto, nel libello introduttivo del giudizio e nemmeno nei termini consentiti per l’ emendatio delle domande, lo svolgimento di una attività pregressa o contestuale al sinistro di piastrellista né il possesso di siffatta peculiare abilitazione professionale la prima allegazione al riguardo si rinviene nella dichiarazione resa personalmente da Pi.Ma. nel corso delle operazioni peritali al consulente tecnico di ufficio nominato nel giudizio di primo grado, con dichiarazione tuttavia ex se priva come già rimarcato da questa Corte nella ordinanza numero 1439/2012 di sufficiente idoneità asseverativa. Manca inoltre qualsivoglia elemento dimostrativo, pur in via di inferenza presuntiva ex articolo 2729 cod. civ., dell’espletamento della professione di piastrellista e, quindi, della contrazione del reddito dalla stessa percepibile . Omessa l’articolazione di prova costituenda, l’attore non ha il prodotto alcun significativo riscontro per tabulas sul punto mancano infatti documenti di natura fiscale ad esempio, dichiarazioni dei redditi o contabile fatture per prestazioni effettuate o anche per acquisto materiali indicative del concreto esercizio dell’attività ovvero attestanti il conseguimento di una potenzialmente spendibile in futuro sul mercato del lavoro qualificazione professionale. Non può, al riguardo, costituire oggetto di valutazione la certificazione della Camera di Commercio recante l’iscrizione del Pi. all’albo con la mansione di pavimentista a far data dall’aprile 2002 anteriore al sinistro, occorso nell’anno 2004 , e ciò per una duplice ragione da un lato, si tratta di documento non utilizzabile ai fini del convincimento giudiziale in quanto come eccepito dal ricorrente prodotto per la prima volta nel corso del giudizio di rinvio, in spregio alla natura di detta controversia implicante il tendenziale divieto di nuove prove derogabile, attesa la configurazione del rinvio come processo ad istruzione chiusa, solo se la produzione sia giustificata da cause di forza maggiore, eventi sopravvenuti o da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Cassazione che abbia reimpostato i termini giuridici della controversia su fatti non trattati dalle parti o non esaminati dal giudice di merito Cass., 30/09/2015, numero 19424 Cass., 16/04/2014, numero 8872 Cass., 26 giugno 2013, numero 16180 Cass., 12/10/2009, numero 21587 d’altro canto, il contenuto di detto certificato si appalesa anodino, se non equivoco, risultando la contestuale iscrizione del Pi. anche quale coltivatore diretto attività lavorativa il cui svolgimento non è stato anch’esso mai dedotto negli scritti difensivi , la qual cosa non sembra conciliabile con una particolare abilitazione alla professione di pavimentista. In accoglimento dei primi due motivi di ricorso, cassata la pronuncia impugnata e decidendo nel merito la lite, va rigettata la domanda di risarcimento dei danni per perdita della capacità lavorativa specifica proposta da Pi.Ma. nei confronti degli eredi di Sante Pietrangeli e della H.D.I. Assicurazioni S.p.A Risulta per l’effetto assorbito il vaglio sulla fondatezza degli ulteriori motivi di ricorso, denuncianti asserite violazioni di legge o nullità del procedimento afferenti il regolamento delle spese di lite segnatamente, la corretta applicazione del principio della soccombenza o il contenuto della statuizione come inclusiva o meno del rimborso delle cd. spese generali . Il peculiare svolgimento della controversia, connotato da contrastanti pronunce ad opera dei giudici investiti della stessa, giustifica ad avviso della Corte, l’integrale compensazione tra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito della lite, rigetta la domanda risarcitoria proposta da Pi.Ma Compensa le spese di lite.