Bimbo sfugge al genitore e viene investito: condotta imprudente e risarcimento ridotto

Il ragazzino, oggi uomo adulto, ha riportato serie ripercussioni fisiche. Confermato il suo diritto ad un adeguato ristoro economico. Cifra però tagliata alla luce della colpevole e imprudente condotta tenuta in strada.

Attimo di disattenzione dei genitori. Il figlio piccolo ne approfitta per lanciarsi in strada, dove, purtroppo, viene centrato da un’automobile, riportando lesioni fisiche serie. Legittima la richiesta di risarcimento sulla cifra però influisce anche la colpa che va attribuita al bambino, oggi diventato adulto Cassazione, sentenza numero 5787, sezione III civile, depositata oggi . Incidente. A far partire la battaglia giudiziaria son stati ovviamente i genitori del bambino investito da un’automobile, richiamando le gravi ripercussioni da lui riportate a seguito del brutto incidente. Una volta accolta la richiesta di risarcimento, però, la cifra viene fissata tenendo conto del 20 per cento di responsabilità attribuita al figlio della coppia, responsabilità emersa alla luce del fatto che egli aveva improvvisamente attraversato la carreggiata, sfuggendo all’accompagnamento del padre . Su questo punto hanno concordato i giudici del Tribunale e della Corte d’appello poi. E sempre su questo punto si sofferma ora il ricorso presentato in Cassazione dal legale della giovane vittima – oramai diventata un uomo adulto – dell’incidente e mirato ad ottenere un risarcimento pieno . Comportamento. Invece per i magistrati del Palazzaccio” è corretta la visione che, tenendo conto della dinamica con cui si è svolto l’incidente, addossa una parte di colpa all’allora bambino. In sostanza, il comportamento imprudente da lui tenuto all’epoca ha purtroppo reso drammatico il sopraggiungere della vettura sulla carreggiata. Non vi sono dubbi, difatti, sull’ attraversamento improvviso della strada da parte del bambino, che era sfuggito di mano al genitore che lo accompagnava e si era spostato verso il centro della carreggiata nel momento in cui transitava la vettura poi autrice dell’investimento . Legittima, quindi, sanciscono i giudici, la riduzione percentuale del danno e, ovviamente, del risarcimento . Irrilevante invece il richiamo difensivo al fatto che la vittima era una persona minorenne o comunque incapace di intendere e di volere .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2016 – 8 marzo 2017, numero 5787 Presidente / Relatore Chiarini Fatti di causa Con sentenza numero 115/2013 del 16 febbraio 2013 preceduta da sentenza non definitiva numero 175/2008 del 15 marzo 2008 , la Corte di Appello di L'Aquila rigettava l'appello proposto da M. R. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo numero 753/2005 la quale, nel decidere sulla domanda di risarcimento danni da investimento di pedone originariamente proposta da E. R. e C. P. quali esercenti la potestà genitoriale su M. R., all'epoca minore di età nei confronti di G. Z., S. S. e della Allianz Subalpina S.p.A. poi Allianz Assicurazioni S.p.A. , aveva ritenuto sussistente una concorrente responsabilità, nella misura del 20%, di M. R. nella causazione del sinistro, per aver improvvidamente attraversato sfuggendo all'accompagnamento del padre la carreggiata all'atto del sopraggiungere dell'autovettura di parte convenuta. Avverso le menzionate sentenze non definitiva e definiva della Corte Aquilana M. R. propone ricorso per cassazione, articolato su cinque motivi. Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Giova preliminarmente precisare come i cinque motivi di ricorso siano formulati senza la riconduzione nell'ambito di una delle ragioni di impugnazione tassativamente stabilite dall'articolo 360 cod. proc. civ. e senza la specificazione delle norme di diritto asseritamente violate la descritta lacunosità non costituisce tuttavia causa di inammissibilità delle doglianze in tal guisa proposte, dacché, non richiedendo il ricorso per cassazione la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle ipotesi descritte dalla citata disposizione, l'articolato contenuto delle censure esposto nel libello introduttivo e il riferimento alla nullità della decisione impugnata consentono alla Corte di procedere alla corretta qualificazione dei vizi lamentati e di individuare i principi di diritto di cui si denuncia la violazione sul tema, cfr., Cass., Sez. U., 24/07/2013, numero 17931 Cass. 31/10/2013, numero 24553 Cass. 16/03/2012, numero 4233 Cass. 03/08/2013, numero 14026 . 2. Con il primo motivo, il ricorrente rileva la nullità della consulenza tecnica di ufficio espletata nel corso del giudizio di appello sotto un duplice profilo per omesso avviso alle parti della data di inizio delle operazioni peritali, con derivante compromissione del diritto di difesa, segnatamente delle facoltà di nomina di un proprio consulente tecnico di parte e di produzione di documenti all'ausiliario officioso per avere il c.t.u. risposto a quesiti differenti da quelli formulati dal giudice, in specie omettendo la richiesta valutazione sulla menomazione della capacità lavorativa specifica patita dall' attore. Il motivo è inammissibile. In applicazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ed altresì di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa specificamente, Cass., 19 aprile 2012 numero 6118 Cass., 27 maggio 2010 numero 12992 Cass., 20 ottobre 2006 numero 22540 . Nella specie, disattendendo siffatto onere, parte ricorrente ha totalmente mancato di precisare il momento del giudizio di appello in cui sarebbe avvenuta la deduzione della qui rilevata nullità peraltro non predicabile con riferimento alle valutazioni ultra mandatum compiute dall'ausiliario, prive di conseguenze inficianti della consulenza Cass. 08/01/2000, numero 117 Cass. 22/06/2004, numero 11594 , circostanza oltremodo imprescindibile integrando gli asseriti vizi procedurali della consulenza tecnica di ufficio cause di nullità relative, da eccepire dalla parte pregiudicata, a pena di decadenza, nella prima udienza o nella prima difesa successiva al deposito dell'elaborato peritale officioso, restando altrimenti il vizio definitivamente sanato tra le tante, cfr. Cass. 24/01/2013, numero 1744 Cass. 08/04/2010, numero 8347 Cass. 25/10/2006, numero 22843 . 3. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per motivazione apparente sulla valutazione dei danni riportati dall'attore in conseguenza del sinistro, specificamente per avere detta sentenza prestato acritica adesione alle conclusioni rassegnate nell'elaborato peritale officioso in tema di quantificazione delle lesioni permanenti, conclusioni tuttavia connotate da palese illogicità ed ingiustizia. Anche questo motivo è inammissibile. Come ripetutamente affermato dal giudice della nomofilachia, in tema di ricorso par cassazione par vizio di motivazione, la parte che addebita alla consulenza tecnica d'ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa o nella sentenza che l'ha recepita ha l'onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione i passaggi salienti della consulenza non condivisi o ritenuti erronei e di riportare, poi, il contenuto specifico delle puntuali critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla ex plurimis, Cass. 03/06/2016, numero 11482 Cass. 02/02/2015, numero 1815 Cass. 12/02/2014, numero 3224 Cass. 13/06/2007, numero 13845 . Il motivo illustrato dal ricorrente è in tutta evidenza difforme dal descritto paradigma, non riportando nemmeno le parti della consulenza disapprovate e limitandosi ad una critica delle valutazioni peritali tanto generica quanto apodittica. 3. Del pari apodittico si profila il terzo motivo di ricorso, con cui, sub specie di omessa motivazione sul punto decisivo della controversia relativo all'ammontare del risarcimento in favore di soggetto minore , parte ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia considerato il carattere ingravescente delle conseguenze lesive riportate dal minore, e cioè che una percentuale di invalidità del 20% abbia effetti ben più gravi su un bambino di tre anni rispetto ad una persona adulta. Fermi e ribaditi i circoscritti confini delle censure di natura motivazione disegnati dal novellato articolo 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. applicabile ratione temporis alla fattispecie , va detto come il motivo in esame non soltanto non prospetti una delle ipotesi di anomalie motivazionali integranti violazioni di legge costituzionalmente rilevanti individuate dalla elaborazione giurisprudenziale di questa Corte ovvero un vizio attinente all'esistenza della motivazione in sé, come la mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , la motivazione apparente , il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile basti il richiamo a Cass., sez. unumero , 22 settembre 2014 numero 19881 e a Cass., sez.unumero , 7 aprile 2014 numero 8053 , ma si risolva in una argomentazione di carattere astratto e generale, priva cioè di qualsivoglia doglianza riferita alla entità della liquidazione del danno in concreto operata. 4. Con gli ultimi due motivi, il ricorrente censura il ritenuto concorso di colpa del minore nella causazione del sinistro sotto due distinti profili - dal punto di vista processuale, una pronuncia del genere non poteva essere resa nei confronti dei coniugi R. e C., attori quali esercenti la potestà genitoriale sul minore M. R., nemmeno in accoglimento della tempestivamente spiegata domanda riconvenzionale della compagnia assicuratrice, in quanto domanda da rivolgere nei confronti dei coniugi in proprio per inosservanza del dovere di vigilanza sul minore quarto motivo - quale omessa motivazione su punto controverso, non evincendosi nella sentenza impugnata se la condotta colposa reputata concausa dell'evento sia stata ascritta al minore o ai suoi genitori, ed in ogni caso con statuizione erronea, nell'un caso per la mancata considerazione delle condizioni del soggetto incapace e nell'altro per l'impossibilità di ridurre il risarcimento spettante al minore per un comportamento ai genitori imputabile quinto motivo . I motivi, congiuntamente esaminabili, sono infondati. In punto di fatto, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, appare chiaro dalla lettura della sentenza gravata come la Corte territoriale abbia con apprezzamento di merito invero nemmeno specificamente contestato ravvisato un fatto munito di efficienza causale sulla produzione del sinistro nel contegno imprudente del minore M. R., del quale è stato accertato un attraversamento improvviso della strada, compiuto sfuggendo di mano al genitore che lo accompagnava e spostandosi verso il centro della carreggiata nel momento in cui transitava la vettura poi autrice dell'investimento. Ciò posto, a confutazione della prima doglianza, va nuovamente riaffermato che in tema di risarcimento del danno, il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell'evento dannoso è, ai sensi dell'articolo 1227, primo comma, cod. civ. - rilevabile d'ufficio dal giudice sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente , per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un'eccezione in senso proprio, avente natura di mera difesa orientamento consolidato Cass., Sez.U, 03/06/2013, numero 13902 Cass. 15/10/2013, numero 23372 Cass. 10/11/2009, numero 23734 . E la riduzione percentuale del danno in ragione dell'entità percentuale dell'efficienza causale del soggetto danneggiato, in quanto esclude o attenua il nesso di causalità tra condotta e danno e fissa pertanto un limite al principio della condicio sine qua, trova applicazione anche qualora la vittima sia una persona minore o comunque incapace di intendere di volere. Con indirizzo esegetico affatto scalfito dalle argomentazioni del ricorrente, questa Corte ha più volte chiarito che quando la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l'obbligo del responsabile di risarcire quest'ultimo si riduce proporzionalmente, ai sensi dell'articolo 1227, comma primo, cod. civ., anche nel caso in cui la vittima fosse incapace di intendere e di volere per minore età o altra causa , in quanto la locuzione fatto colposo contenuta nel citato articolo 1227 deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, e non quale sinonimo di comportamento colposo, per cui l'indagine deve essere limitata all'accertamento dell'esistenza della causa concorrente nella produzione dell'evento dannoso, prescindendo dalla imputabilità del fatto all'incapace e dalla responsabilità di chi era tenuto a sorvegliarlo così Cass. 22/06/2009, numero 14548 Cass. 10/02/2005, numero 2704 Cass. 05/05/1994, numero 4332 . 5. Disatteso il ricorso, vanno dichiarate non ripetibili le spese di lite sostenute dal ricorrente, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questo giudizio. Avuto riguardo all'epoca di proposizione del ricorso per cassazione posteriore al 30 gennaio 2013 , la Corte dà atto dell'applicabilità dell'articolo 13, comma 1- quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228 in base al tenore letterale della disposizione, il rilievo della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dichiara non ripetibili le spese di lite sostenute da parte ricorrente. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1- quater , del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.