Presidi di sicurezza adeguati: la banca non risponde per i furti segnalati

L’adozione di un sistema generale di allarme ed il mandato di vigilanza ad una ditta specializzata, costituiscono presidi adeguati a garantire l’inviolabilità dei locali di una banca anche nelle ore notturne. L’elusione di tale sistema costituisce, pertanto, un evento imprevedibile ed al di fuori della sfera di controllo della banca medesima, che non può dirsi dunque responsabile per le conseguenze lesive di eventuali episodi di furto tempestivamente segnalati.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 2952/17 depositata il 3 febbraio, con cui la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha definitivamente respinto la domanda risarcitoria di una società, avente ad oggetto la somma portata da un assegno circolare emesso dalla banca convenuta. Assegno che, tuttavia, quest’ultima si era rifiutata di pagare alla ditta ricorrente, allegandone la provenienza furtiva e precisando di non aver mai emesso il titolo, abusivamente formato su moduli in bianco, oggetto di furto tempestivamente segnalato. Adeguatezza sistemi di sicurezza, accertamento di merito insindacabile. Invero già la Corte d’appello, nella pronuncia qui impugnata, evidenziava come la banca in questione avesse posto in essere tutte le misure necessarie per dare sicurezza ai locali ove erano custoditi i titoli. Né poteva darsi rilievo – secondo i giudici territoriali – al successivo presunto comportamento omissivo della banca, consistente nella mancata adozione di adeguate misure pubblicitarie in ordine all’avvenuto furto. Statuizione confermata dalla Corte di Cassazione, secondo cui non può formare oggetto di censura – come invece prospettato dalla ricorrente – l’omessa descrizione delle modalità di furto o dell’elusione del sistema di sicurezza. Sul punto, difatti, i giudici di merito hanno già condotto un accertamento riguardo l’adeguatezza dei sistemi di sicurezza e prevenzione adottati dalla banca, sulla base di una valutazione prognostica ex ante e non ex post ossia in considerazione del mero risultato , come invece richiesto dalla ricorrente. Oltretutto la Corte territoriale ha rinvenuto nella particolare abilità degli autori del furto, la causa dell’elusione del sistema di sicurezza. In altre parole, la Suprema Corte respinge le censure della società ricorrente, in quanto essenzialmente mirate ad una ricostruzione e valutazione dei fatti sostitutiva di quella svolta insindacabilmente dai giudici di merito. Oltre un anno dal furto, divulgazione irrilevante. Per quanto riguarda, poi, la doglianza relativa al mancato assolvimento degli obblighi di pubblicità e comunicazione del furto, la Cassazione dà centrale rilievo, al fine di escluderne la rilevanza causale, alla distanza temporale del fatto. Invero, la divulgazione della notizia sui media deve ritenersi del tutto ininfluente quando, come nel caso de quo, le conseguenze lesive dell’evento si siano verificate ad oltre un anno di distanza da esso. Parte ricorrente aveva viceversa prefigurato l’astratta necessità della pubblicità mediante i giornali, citando alcune pronunce della Corte Suprema, relativamente ad episodi ove tuttavia le banche avevano svolto un ruolo attivo nella produzione dell’evento lesivo. Di tal ché in dette ipotesi specifiche si era ritenuto necessario dare pubblicità anche mediante diffida ai possibili prenditori, sul rilievo preliminare dell’efficacia causale di tale cautela. Ma nel caso di specie trattasi di un’ipotesi diversa – conclude la prima sezione civile – essendo stato escluso con accertamento di fatto insindacabile, proprio il rilievo causale di tale ulteriore condotta attiva della banca che ha subito il furto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 novembre 2016 – 3 febbraio 2017, n. 2952 Presidente Giancola – Relatore Acierno Fatti di causa La Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado ha respinto la domanda risarcitoria proposta dalla s.p.a. Sagam nei confronti della Banca Popolare di Milano ed avente ad oggetto la somma di L. 17.500.000 portata da un assegno circolare emesso dalla banca convenuta che l’istituto bancario si era rifiutato di pagare allegandone la provenienza furtiva e precisando di non aver mai emesso il titolo, abusivamente formato su moduli in bianco, oggetto di furto tempestivamente segnalato. A sostegno del rigetto della domanda la Corte ha affermato la banca aveva posto in essere le misure di prevenzione necessarie a dare sicurezza ai locali ove erano custoditi i titoli e non poteva darsi rilievo al successivo comportamento omissivo in ordine alla mancata adozione di misure pubblicitarie adeguate in ordine all’avvenuto furto. Al riguardo, la Corte ha evidenziato che il giudice di primo grado era caduto in errore per aver fatto erroneo affidamento sulla risonanza di un fatto, divulgato dalla stampa, costituito dal furto di un ingente numero di moduli in danno di un istituto di credito, a distanza di un anno dall’accaduto. Il tempo trascorso, secondo la Corte d’Appello, doveva indurre a ritenere indimostrata ed indimostrabile l’incidenza causale della pubblicità sul danno subito dal prenditore. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. Sagam. Ha resistito con controricorso la Banca Popolare. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 166 cod. proc. civ. e 82 R.D. n. 1736 del 1933 per non avere la Corte d’Appello considerato che non era stata fornita la prova che i titoli fossero in bianco, così violando i principi regolatori dell’ onus probandi . La censura viene prospettata anche in ordine al vizio di omessa motivazione su tale profilo. In mancanza di tale prova, ovvero se titoli fossero stati trafugati precompilati, rivivrebbe il regime cartolare. La censura è inammissibile per difetto di specificità in quanto non risulta, dall’esame della pronuncia impugnata, che le ragioni della censura siano state affrontate ed abbiano costituito parte del thema decidendum del giudizio di secondo grado. Non è sufficiente, pertanto, che la ricorrente abbia genericamente dedotto di aver contestato che i titoli non fossero in bianco, come invece ritenuto, con giudizio di fatto insindacabile dalla Corte d’Appello, senza allegarne e provarne l’avvenuta contestazione quanto meno nel giudizio di secondo grado. Ugualmente inammissibile la consequenziale censura relativa all’applicabilità del regime giuridico relativo al rapporto cartolare. La prospettazione giuridica dell’applicabilità di tale normativa di settore contrariamente a quella codicistica propria della responsabilità aquiliana, non risulta dedotta nei gradi di merito, mancando ogni allegazione e prova al riguardo. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 2043 cod. civ. nonché il vizio di motivazione in ordine a due punti controversi e decisivi per il giudizio. Il primo punto decisivo riguarda la responsabilità della banca per non aver impedito la sottrazione e trafugamento dei moduli in bianco, non essendo state specificate le modalità con le quali l’istituto ha concretamente posto in essere tutte le cautele necessarie ad evitare l’evento, tanto più perché non era possibile nella specie procedere all’ammortamento. Il controllo del sistema di vigilanza era stato eseguito ben sei mesi prima del furto e la Corte non ha giustificato l’affermazione secondo la quale vi sarebbe stata un’elusione del sistema di vigilanza dovuto alla particolare abilità dei ladri, né è stata spiegata la modalità di esecuzione del furto e le ragioni del malfunzionamento del sistema di vigilanza. Il secondo punto decisivo riguarda il comportamento successivo di non attivazione di misure di pubblicità adeguate. L’orientamento della giurisprudenza di legittimità contrario alle conclusioni della Corte d’Appello, imponendo l’assolvimento da parte della banca dell’obbligo della corretta informazione di terzi, anche ex art. 2043 cod. civ La motivazione al riguardo è insufficiente e contraddittoria in quanto non spiega il processo logico secondo il quale la pubblicità del furto non avrebbe dovuto essere acquisita, conservata ed utilizzata dal terzo prenditore. Nel terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 47 della Costituzione, dell’art. 82 del r.d. n. 1736 del 1933 e dell’art. 49 d.lgs n. 385 del 1993. I principi affermati dalla Corte d’Appello secondo la quale sarebbe sufficiente dimostrare di aver installato un sistema d’allarme per escludere la responsabilità aquiliana, farebbero venire meno la funzione tipica dell’assegno circolare che è quella di essere un mezzo sicuro di pagamento la cui provvista è garantita dall’emittente. Se dovesse ritenersi sufficiente avvisare la Centrale Interbancaria l’assegno circolare perderebbe qualsiasi valore e certezza e si opererebbe un illegittimo trasferimento del rischio d’impresa. Gli ultimi due motivi possono essere trattati congiuntamente ed essere rigettati. In primo luogo deve rilevarsi, in ordine all’adeguatezza del sistema di protezione, sicurezza ed allarme di cui si era dotata la banca prima del furto, che la sentenza impugnata a pag. 5 ultimo capoverso svolge un accertamento di fatto sostenuto da motivazione ampia ed esauriente, sulla predisposizione di misure di prevenzione idonee a garantire la sicurezza dei locali anche nelle ore notturne. Precisa al riguardo la Corte territoriale che l’adozione di un sistema generale d’allarme e il mandato di vigilanza ad una ditta specializzata costituivano presidi adeguati a garantire l’inviolabilità dei locali. L’elusione di tale sistema costituisce, pertanto, secondo la Corte, un evento imprevedibile, fuori della sfera di controllo della banca. Non può, infine, formare oggetto di censura, come invece prospettato dalla parte ricorrente, l’omessa descrizione delle modalità del furto o dell’elusione del sistema di sicurezza. L’accertamento svolto dalla Corte d’Appello ha riguardato l’adeguatezza dei sistemi di sicurezza e prevenzione sulla base di una valutazione da svolgersi su base prognostica ex ante e non ex post sul mero rilievo del risultato come richiesto dalla parte ricorrente. In ordine all’evento, peraltro, la Corte d’Appello ha rinvenuto nella particolare abilità degli autori, l’elusione delle misure di prevenzione e sicurezza. In conclusione, la censura mira ad una ricostruzione e valutazione dei fatti sostitutiva di quella svolta insindacabilmente dal giudice del merito. Per quanto riguarda la censura relativa al mancato assolvimento degli obblighi di comunicazione e pubblicità verso terzi dell’avvenuto furto, deve osservarsi che la Corte d’Appello ha ritenuto centrale, nell’escludere il rilievo casuale all’attuazione di misure pubblicitarie consistenti nella diffusione della notizia attraverso giornali, la distanza temporale dal fatto oltre un anno . Da tale premessa logica ha fatto discendere che, contrariamente alla comunicazione alla rete interbancaria e presso gli enti istituzionali, la divulgazione della notizia sui media dovessi ritenersi del tutto ininfluente quando le conseguenze lesive dell’evento avvengano ad oltre un anno da esso. La valutazione svolta dalla corte territoriale è stata concretamente circoscritta all’efficacia casuale dell’invocata pubblicità al fine di evitare il danno, escludendone la sussistenza. Nel motivo di ricorso tale specifica ratio decidendi non risulta effettivamente censurata se non rilevandone una contraddittorietà argomentativa, del tutto insussistente. La parte ricorrente ha concentrato l’attenzione sull’astratta necessità della pubblicità mediante giornali, citando in particolare alcune pronunce di questa Corte n. 1859 del 2000 n. 11207 del 1992 n. 2208 del 1982 nelle quali la banca aveva svolto un ruolo attivo nella produzione dell’evento lesivo, non dotandosi di mezzi e strutture di trasporto dei titoli in bianco adeguati operando la distruzione di titoli senza le cautele necessarie, disponendo la spedizione a mezzo posta degli assegni circolari. In queste ipotesi specifiche è stata ritenuto necessario dare pubblicità anche mediante pubblica diffida i possibili prenditori, sul rilievo preliminare dell’efficacia causale di tale cautela. Nella specie, invece, è stato escluso, con accertamento di fatto del tutto insindacabile in quanto adeguatamente motivato, proprio il rilievo causale di tale ulteriore condotta attiva della banca che ha subito il furto. Quanto al terzo motivo, nonostante l’astratta prospettazione come violazione di legge, se ne deve rilevare la ripetitività in particolare per i rilievi relativi all’insufficienza delle cautele adottate. Quanto al consequenziale trasferimento del rischio d’impresa sul prenditore deve osservarsi che sulla banca gravano obblighi di cautela che, in relazione alle caratteristiche, anche temporali del fatto lesivo, la Corte d’Appello ha, con valutazione insindacabile ritenuto adeguati. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 2000 per compensi E 200 per esborsi oltre accessori di legge.