Responsabilità medica: oltre alla colpa va indagato il nesso causale

L'aver individuato profili di colpa nell'operato di alcuni dei medici che ebbero in cura la paziente non è ovviamente sufficiente al fine dell'affermazione di una responsabilità loro e della struttura sanitaria di appartenenza, essendo altresì necessario indagare l'esistenza del nesso causale.

Così ha deciso il Tribunale di Trento nella sentenza n. 893/2016, depositata il 22 settembre 2016. Il fatto. Ritenendo responsabili della morte della moglie, o comunque della perdita delle chanches di sopravvivenza della stessa, l'azienda sanitaria provinciale, l'ospedale nonché la guardia medica, il marito agiva in giudizio nei confronti dei suddetti soggetti per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti, iure proprio e iure hereditatis in conseguenza del decesso in particolare l'attore ha domandato da un lato il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti al decesso della moglie, configurandoli come diritto risarcitorio sia iure proprio che iure hereditatis , e dall'altro il risarcimento, iure hereditatis , del danno da perdita di chance. In particolare, veniva sostenuta la responsabilità dell'ospedale presso cui la donna aveva svolto la visita ginecologica, per non aver tempestivamente informato la paziente della positività del pap test. Inoltre veniva ritenuta la responsabilità dell'ospedale per una supposta erronea scelta del trattamento chemioterapico. Ancora, veniva sostenuta la responsabilità del dottore di turno al servizio di guardia medica la notte in cui la signora aveva iniziato ad avere dolori lancinanti che rendevano infine necessario il ricovero presso il Pronto Soccorso, ove seppur sottoposta ad un intervento di asportazione dell'appendice ritenuto peraltro tardivo dall'attore , la donna decedeva. L'attività istruttoria si è concretizzata nell'espletamento della consulenza tecnica. Nella sentenza il Tribunale ha affrontato sia il problema del danno tanatologico che del danno da perdita di chances. Il danno da morte. Interessante la sentenza in commento che distingue due profili, ovvero quello della colpa e quello del nesso causale, che spesso vengono confusi. Sotto il profilo della colpa, anzitutto, la posizione dei vari operatori, per ciò che a ciascuno attiene, è presto delineata, laddove il ritardo nella comunicazione dell’esito del pap test è incontestabile, ed in effetti incontestato, se non sotto un profilo meramente ‘quantitativo’ . A tal proposito viene ricordato come nel più generale dovere di informare il paziente, che è uno degli obblighi generati dal contratto di spedalità o assistenza che si conclude col medico, oltre che con la struttura, in virtù dell'accesso del paziente alla struttura sanitaria, non può, infatti, non a rientrare quello di rendergli noti i risultati degli accertamenti compiuti, in specie se positivi . La consulenza tecnica ha invece riconosciuto la correttezza dell’operato dei medici relativamente alla terapia adottata ovvero un trattamento chemioterapico neoadiuvante seguito da chirurgia radicale seppur diversa da quella cd. standard . Viene invece decisamente censurato li comportamento del dottore in servizio come guardia medica, sia per l’erroneità delle prescrizioni impartite e sia per il ritardo nel recarsi al domicilio della donna. Da ultimo, viene affermata la responsabilità del Pronto Soccorso in quanto i dati clinici della paziente all’ingresso avrebbero dovuto far sospettare la presenza di una patologia settica ed imporre quindi, in considerazione della grave ipertensione e febbre, il ricorso a terapia infusiva ed antibiotica. Fatte le precedenti affermazioni di colpa nell’operato, viene però per l’appunto esplicitato come ciò non sia sufficiente al fine dell'affermazione di una responsabilità loro e della struttura sanitaria di appartenenza, essendo altresì necessario indagare l'esistenza del nesso causale . Sotto questo profilo, premesso che l'indagine deve essere condotta secondo il criterio del più probabile che non”, il tribunale osserva come mentre nel caso del danno teratologico l'evento da porre in relazione alla condotta colposa sia rappresentato dalla morte, nel caso del danno da perdita di chances esso si identifichi con la perdita di un risultato utile e laddove si discute dell'integrità psico–fisica della persona tale unità possa consistere o nella possibilità di veder rallentato il decorso della malattia oppure nella possibilità di fruire di migliori condizioni di vita nel corso della malattia ovvero ancora nella possibilità di sopravvivenza . A questo punto il tribunale, supportato dalla CTU, ha escluso che la causa ultima della morte della donna sia stata secondo il criterio del più probabile che non , ricordiamolo il trattamento chemioterapico. Per quanto concerne invece l'incidenza sull'esito finale morte dei ritardi che si vennero ad accumulare nell'ultima giornata gli stessi sono stati indicati in complessive sette ore, considerate quali fattori di contenuta riduzione delle chances di sopravvivenza, e questa riduzione è stata quantificata come si potrà leggere tra poco nell'ordine del 10%. Il fatto che la patologia settica presenti di per sé un elevato tasso di natalità ha portato il tribunale ad escludere che l'inizio tempestivo della terapia avrebbe potuto scongiurare, con un'elevata probabilità, il mortale esito finale. Il danno da perdita di chance. Una volta escluso il risarcimento del danno teratologico il tribunale si è quindi soffermato su quello del danno da perdita di chance. Relativamente al ritardo nella comunicazione del referto del pap-test il tribunale ha ritenuto che la donna, in difetto di tale ritardo, avrebbe potuto sottoporsi al solo intervento chirurgico ed evitare invece il trattamento chemioterapico e dunque le deteriori condizioni di vita che quest'ultimo necessariamente comporta sia sotto il profilo fisico che sotto quello psicologico. La chances perduta, e quindi il danno risarcibile, sono stati identificati nella possibilità di conservare una migliore qualità della vita durante il decorso della malattia e, tenuto conto della durata del trattamento chemioterapico circa 2 mesi sono stati convertiti nella somma complessiva di €30.000,00, di cui la metà spettante all'erede. Relativamente invece ai ritardi avvenuti nell'ultimo giorno di vita, il tribunale ha ritenuto configurabile un danno da perdita di chances sotto forma di perdita di possibilità di sopravvivenza. Tale possibilità è stata parato affermata come contenuta e quantificata nella misura del dieci percento. Per quanto attiene alla liquidazione di tale danno il tribunale ha fatto riferimento all'invalidità totale di una persona dell'età della donna rapportando poi la somma alla percentuale di riduzione delle possibilità di sopravvivenza ovvero il 10% , e riconoscendo dunque all'attore-erede il cinquanta percento di tale importo, tendenza è stata posta a carico del medico di turno di guardia medica e in via solidale dell'azienda sanitaria della provincia.

Tribunale di Trento, sez. Civile, sentenza 16 agosto – 22 settembre 2016, n. 893 Giudice Attanasio