Approccio imprudente col gradino: nessun risarcimento per la caduta

Respinta definitivamente la richiesta presentata da un avvocato, vittima di un capitombolo in un immobile di proprietà di una azienda. Decisivo il fatto che egli abbia tenuto una condotta disattenta nell’affrontare la scala.

Approccio sbagliato e il gradino diventa una trappola. Ciò rende inutile la richiesta di risarcimento avanzata dalla persona vittima della disavventura Cassazione, ordinanza n. 1231/2017, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Imprudenza. Appuntamento di lavoro per un avvocato. L’impegno, però, è subito cancellato. Il professionista, difatti, rimane vittima di un brutto incidente inciampa su un gradino della scala di un immobile , di proprietà di una azienda editoriale. Secondo il legale, ovviamente, l’episodio è da addebitare alla responsabilità della società, destinataria di una richiesta di risarcimento. Di parere diverso, però, sono i giudici, che evidenziano la mancanza di pericolosità nella scala, risultata dotata di corrimano e ben illuminata . Ciò significa che decisivo è stato l’errore compiuto dall’avvocato che ha approcciato in malo modo la scala , muovendosi con scarsa attenzione. Questa visione viene condivisa anche dalla Cassazione. Inutili le obiezioni proposte dal professionista, che, da un lato, ha spiegato di non avere difficoltà deambulatorie e,, dall’altro, ha evidenziato che altre persone erano inciampate sullo stesso gradino . Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è evidente che la condotta tenuta dal legale, e caratterizzata da imprudenza , è stata la causa esclusiva della caduta.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 novembre 2016 – 18 gennaio 2017, n. 1231 Presidente Amendola – Relatore Sestini Ragioni della decisione E' stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c. La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda proposta dall'avv. M. S. per il risarcimento dei danni dal medesimo riportati per essere inciampato su un gradino della scala di un immobile di proprietà della Editoriale Bresciana s.p.a. La Corte ha rilevato che l'attore non aveva provato le esatte modalità della caduta risultando a tal fine inammissibile la prova offerta a mezzo di un capitolo di p.t. articolato solo in sede di gravame e ha affermato che la domanda sarebbe stata comunque da respingere in quanto, difettando il requisito della pericolosità della scala risultata dotata di corrimano e ben illuminata , doveva escludersi un rapporto causale fra il modo di essere della scala e la caduta, mentre il modo di relazionarsi ad essa avrebbe dovuto essere diverso da quello con cui l'ha affrontata l'attore . Con i due motivi del presente ricorso, l'avv. S. contesta l'affermazione del difetto di efficienza causale della conformazione della scala. Col primo che prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2051 cc , dopo aver evidenziato di avere potuto individuare un teste solo dopo che era stata pronunciata la sentenza di primo grado e dopo aver rilevato che le modalità dell'infortunio avrebbero potuto essere riscostruite a mezzo di presunzioni, il ricorrente si duole che la Corte abbia escluso la pericolosità della scala peraltro disattendendo le diverse valutazioni del c.t.u. ed abbia erroneamente individuato l'onere probatorio gravante sull'attore assolto con la dimostrazione della caduta e delle peculiarità della scala e quello incombente sulla convenuta che avrebbe dovuto dimostrare l'imprevedibilità oggettiva ovvero l'eccezionalità del comportamento del danneggiato ovvero l'intervento di un fatto estraneo interruttivo di quel nesso eziologico, perché da solo idoneo a provocare l'evento . Col secondo motivo violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 cc , si censura -in quanto del tutto apodittica l'individuazione della causa della caduta nel modo in cui l'attore si era relazionato alla scala e si evidenzia che non era emerso che il S. avesse difficoltà deambulatone e che -al contrario era risultato che altre persone erano inciampate sullo stesso gradino. I due motivi -che si esaminano congiuntamente vanno disattesi. Premesso che la decisione impugnata è basata sulla considerazione che la condotta modo di relazionarsi del S. fu la causa esclusiva della caduta in una condizione di non pericolosità della scala , deve ritenersi che la Corte abbia correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento all'art. 2051 cc, che consentono di individuare il caso fortuito nella condotta imprudente dello stesso danneggiato cfr., per tutte, Cass. n. 9546/2010 . Va esclusa, d'altra parte, la possibilità di censurare l'apprezzamento della condotta del S. in termini di caso fortuito, giacché, involgendo valutazioni di merito, tale apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. n. 6753/2004 e Cass. n. 472/2003 . Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese di lite . A seguito della discussione svolta in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, rilevando come la Corte di merito abbia sottolineato, a monte, la carenza di prova sulle esatte modalità della caduta. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna alle spese di lite. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.