Asfalto ghiacciato ma niente catene: automobilista responsabile per l’incidente

Respinta definitivamente l’ipotesi di un risarcimento a carico della Provincia, ente proprietario di quel tratto stradale. La disavventura vissuta dalla conducente, finita fuori strada, è addebitabile proprio alla condotta azzardata da lei tenuta.

Lastra di ghiaccio fatale per l’automobilista il veicolo finisce fuori strada. Impossibile, però, pretendere un risarcimento dalla Provincia. Ciò alla luce dell’imprudenza commessa, ossia non avere montato sui pneumatici catene da neve Cassazione, ordinanza n. 22865, sezione Sesta Civile, depositata il 9 novembre 2016 . Catene. La disavventura si verifica nel Modenese, a metà dicembre del 1999. Difficile il contesto climatico esemplare la temperatura media, pari a neanche un grado. Inevitabile che la strada si presenti in condizioni precarie, visto il freddo. Così non è strano che un’automobilista, alla guida della propria vettura, venga tradita dalla presenza di una lastra di ghiaccio . La donna perde il controllo del veicolo, che finisce fuori strada, e riporta alcune ferite. Ciò nonostante, i giudici, sia in Tribunale che in Appello, respingono l’ipotesi di un risarcimento a carico della Provincia, ente proprietario della strada luogo dell’incidente. Come si spiega questa decisione? Con un solo, semplice dato di fatto la condotta azzardata tenuta dall’automobilista, che non ha montato catene da neve . E questo elemento è ritenuto decisivo anche dai magistrati della Cassazione. In sostanza, viene ribadito che la donna ha su di sé la responsabilità per l’incidente, non avendo prestato attenzione alla segnaletica , non avendo previsto un pericolo prevedibile e, come detto, non avendo montato catene da neve . Di conseguenza, nessun addebito è possibile nei confronti della Provincia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 settembre – 9 novembre 2016, n. 22865 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione 1. P.G. il 18. 12.1999 rimase vittima d'un sinistro stradale, allorché il veicolo sii cui viaggiava finì f rari strada a causa d'una lastra di ghiaccio. Per ottenere il risarcimento dei danni causati dal sinistro la vittima convenne dinanzi al Tribunale di Modena la Provincia di Modena, invocandone la responsabilità quale ente proprietario della strada. Il Tribunale rigettò la domanda ritenendo insussistente la colpa della provincia. La Corte d'appello di Bologna rigettò il gravarne di P.G Tale sentenza è stata impregnata per cassazione da P.G 2. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di ultrapetizione, consistito nel Batto che la Corte d'appello avrebbe ritenuto dimostrata la sussistenza del caso fortuito, ire assenza di allegazione e di prova di esso da parte della provincia. Il motivo è manifestamente infondato, alla lisce del principio secondo cui il rilievo d'ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis , in guanto il regime delle eccezioni si pone in frazione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d'ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di alle azione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto Sei. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Rv. 626194 . Nel caso di specie, la sussistenza del caso fortuito quale circostanza idonea ad escludere la responsabilità civile non è ovviamente una eccezione in senso stretto, e dunque poteva essere rilevata d'ufficio dal giudice. 3. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente propone plurime censure, così riassumibili a la Corte d'appello ha erroneamente ravvisato la colpa della vittima in una condotta inesigibile all'epoca dei fatti ovvero il non avere montato sul proprio veicolo gomme da neve, nel 1999 non ancora in commercio b la Corte d'appello ha malamente valutato le prove raccolte, svalutando quelle dedotte dalla vittima e dando credito a quelle prodotte dall'amministrazione c la Corte d'appello ha capovolto il riparto dell'onere probatorl0 stabilito dall'art. 2051 c .c., esigendo dalla vittima la prova della propria non responsabilità 3. 1. Il motivo è inammissibile in tutti i profili in cui si articola. Quanto al profilo sub a , esso è irrilevante, in quanto la Corte d'appello ha ritenuto sussistere una copa della vittima per non avere impiegato, su una strada che l'avrebbe richiesto, 'gomme termiche o catene . L'uso della disgiuntiva o comporta che, anche a ritenere improprio - ma sarebbe accertamento di merito - il r ferimento alle `gomme termiche , la motivazione resterebbe comunque validamente sorretta dal riferimento al mancato uso di catene da neve. 3.2. Quanto al profilo sub b , esso è inammissibile poiché sotto le vesti della violazione di legge vi si censura in realtà il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove censura, come noto, non prospettabile in questa sede. 3.3. Quanto al profilo sub c , infine, esso è infondato. La Corte d'appello non ha infatti addossato all'attrice la prova della propria incolpevolezza. Ha, più semplicemente, ritenuto provata ex actis la condotta colposa della vittima, consistita nel non avere prestato attenzione alla segnaletica, non avere previsto un pericolo prevedibile, e non avere montato catene da neve. 4. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la Corte d'appello avrebbe errato nel trascurare di considerare che, quand'anche la vittima avesse tenuto una condotta colposa, questa sarebbe stata al più una concausa del danno, ex art. 1227 c.c., ma non la causa esclusiva. 4. 1. Anche questo motivo è inammissibile. La ricorrente infatti non censura in iure 1'applicazione dell'ars. 1227 c.c. ovvero la violazione dei criteri ivi stabiliti per valutare l'entità del concorso di colpa della vittima dell'illecito , ma sollecita da questa Corte un vero e proprio accertamento di fatto, cioè stabilire se la colpa della vittima sia stata esclusiva o meno. 5. Si propone pertanto il rigetto del ricorso . 2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Motivi della decisione 3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria. 4. Nella memoria depositata dalla ricorrente si torna ad insistere sul fatto che a la colpa della pubblica amministrazione, per i danni causati da beni di sua proprietà, si presume ai sensi dell'art. 2051 c.c. b l'esistenza del caso fortuito non poteva essere rilevata d'ufficio, ma doveva essere eccepita dalla provincia convenuta. La prima di tali affermazioni tuttavia non è pertinente, la seconda è giuridicamente non corretta. Non è pertinente la prima, perché la Corte d'appello non ha affatto invertito l'onere della prova ha semplicemente ritenuto che la Provincia avesse vinto la presunzione posta a suo carico dall'ars 2051 c.c. dimostrando la colpa della vittima, il quale come noto costituisce una delle ipotesi di caso fortuito ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 2563 del 06/02/2007, Rv. 594374 . Non è corretta la seconda, giacché nel nostro ordinamento processuale la regola è quella della rilevabilità d'ufficio, e solo nei casi espressamente previsti dalla legge le eccezioni non possono essere esaminate, se sia mancata l'iniziativa di parte principio, quest'ultimo, ribadito per ben due volte dalle Sezioni Unite di questa Corte dapprima da Sez. U, Sentenza n. 1099 del 03/02/1998, Rv. 515986, e quindi da Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Rv. 626194 . 5. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. 6. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - rigetta il ricorso condanna P.G. alla rifusione in favore di Provincia di Modena delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di curo 2.900, di cui 200 per spese vive, oltre cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di P.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.