L’incompletezza della cartella clinica mette nei guai il medico

In tema di responsabilità medica, l’irregolare tenuta della cartella clinica non esclude la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta del medico ed il danno subito dal paziente, ma al contrario, in virtù del principio di prossimità della prova, consente il ricorso a presunzioni a sfavore del medico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22639/16 depositata l’8 novembre. Il caso. Il Tribunale di Napoli respingeva la domanda proposta nei confronti di due chirurghi da altrettanti pazienti per il risarcimento del danno subito per un errore professionale incorso durante alcune operazioni. A seguito di conforme sentenza di rigetto da parte della Corte d’appello, i pazienti ricorrono dinanzi alla Corte di Cassazione con ricorso articolato su plurime doglianze. Cartella clinica. Il Collegio ritiene fondato il ricorso e, in particolare, i motivi relativi alla significatività probatoria della cartella clinica . La Corte territoriale aveva infatti ritenuto insussistente la prova del nesso causale in quanto dalla ctu emergeva che la complicanza subita dai ricorrenti era dovuta ad un evento iatrogeno non precisabile vista l’incompletezza della cartella clinica . Con tale argomentazione i giudici facevano gravare sul paziente l’incompletezza della cartella clinica con evidente travisamento del consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema. Onere della prova. Essendo un obbligo del sanitario quello di curare adeguatamente la documentazione della cartella clinica, la sua incompletezza, in virtù del principio della prossimità della prova, fa scattare la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico qualora la sua condotta sia astrattamente idonea a cagionare il danno lamentato dal paziente cfr. Cass. n. 10060/10 . Come costantemente affermato dalla giurisprudenza infatti, il nesso causale sussiste anche quando, con un criterio necessariamente probabilistico, è possibile ritenere che la prestazione del medico, laddove correttamente eseguita, avrebbe potuto evitare il danno. La difettosa tenuta della cartella clinica non esclude dunque di per sé la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta del medico e le conseguenze dannose subite dal paziente, ma consente il ricorso alle presunzioni, evitando così che l’imperfetta compilazione della cartella vada a tradursi in un danno nei confronti di colui il quale abbia diritto alla prestazione sanitaria cfr. Cass. n. 1538/10 . Avendo dunque i giudici territoriali invertito completamente l’insegnamento della Corte di nomofilachia, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 ottobre – 8 novembre 2016, numero 22639 Presidente Chiarini – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 1 luglio 2004 il Tribunale di Napoli ha respinto la domanda, proposta da A.B. ed E.S., nei confronti di E.I. e A.A. per il risarcimento dei danni che avrebbero cagionato per errore professionale rispettivamente in due interventi chirurgici alla B. effettuati - il primo dallo I. il 7 settembre 1991 e il secondo dall'A. il 3 giugno 1994 - presso l'Azienda Ospedaliera Cardarelli di Napoli, nonché le correlate domande risarcitorie avverso la Gestione Liquidatoria della ex Usi 40 e le relative compagnie assicuratrici. Avendo B. e S. proposto appello principale e la Gestione Liquidatoria proposto appello incidentale, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 30 novembre 2012-29 gennaio 2013, ha rigettato l'appello principale e dichiarato inammissibile l'appello incidentale. 2. Hanno presentato ricorso B. e S. sulla base di sei motivi, sviluppandoli anche con memoria ex articolo 378 c.p.c. si difende con controricorso e con memoria ex articolo 378 c.p.c. Allianz S.p.A. 2.1 Il primo motivo del ricorso denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 1218 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., nullità della sentenza. In primo luogo si osserva che il giudice d'appello ha rigettato il gravame per mancato adempimento dell'onere della prova da parte degli attuali ricorrenti in ordine al nesso causale tra gli interventi e il danno, ritenendo che, anche se il rapporto è contrattuale e non extracontrattuale come aveva ritenuto il giudice di primo grado , su di essi grava tale onere probatorio. Adducono pertanto i ricorrenti che il paziente ha l'onere di provare il contratto o contatto sociale, l'aggravamento o l'insorgenza della patologia, e allegare l'inadempimento del debitore, che dovrà dimostrare l'assenza del nesso causale, cioè che l'evento è derivato da un fatto a sé non imputabile. In questo caso dalla consulenza di parte del Dott. P.M. e dalla relazione di una c.t.u. espletata in un giudizio contro l'Inps avviato da B. che era stata prodotta in questo giudizio emergerebbe l'adempimento dell'onere probatorio attoreo. Inoltre i ricorrenti sostengono che il giudice d'appello non avrebbe valorizzato adeguatamente ai fini probatori le modalità di tenuta della cartella clinica che, in quanto incompleta, avrebbe dovuto essere appunto valorizzata in senso opposto a quello seguito nella sentenza. 2.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115-116 c.p.c., per essersi la corte territoriale fondata solo su alcuni brani decontestualizzati della relazione M., senza considerarla integralmente inoltre la corte non avrebbe tenuto conto degli ulteriori elementi di prova acquisiti. Dalla suddetta relazione di parte sarebbe invero emerso che l'errore iatrogeno sussisteva nel primo intervento, pur non essendo individuabile per incompletezza della cartella, e che nel secondo intervento l'errore era consistito nella scelta di una operazione eccessivamente demolitoria. 2.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione, degli articoli 61 e 191 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c., omesso esame di fatto decisivo e discusso il tutto sarebbe integrato dal diniego di disporre la richiesta c.t.u. 2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 232 c.p.c., per non avere il giudice d'appello correlato la mancata comparizione dello I. all'interrogatorio formale con gli elementi di prova acquisiti. 2.5 Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 4, c.p.c., nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia in violazione dell'articolo 112 c.p.c. la corte territoriale ha ritenuto nuova la doglianza, presentata in appello, di assenza di consenso informato, mentre in realtà in primo grado sarebbe stato addotto il complesso dei fatti per cui non vi sarebbe stata novità alcuna, anche se l'espresso riferimento al consenso era comparso solo nelle conclusioni d'appello. 2.6 Il sesto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 4, c.p.c., nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia in violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa autonoma valutazione della domanda risarcitoria dello S. a causa della patologia derivata alla moglie dei due interventi . Motivi della decisione 3. Il ricorso è fondato. Devono essere congiuntamente vagliati i primi due motivi, in quanto, a ben guardare, attengono ad un'unica questione la significatività probatoria della cartella clinica. Invero, la corte territoriale ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova del nesso causale relativamente al primo intervento - il che, poi, logicamente è ricaduto anche sull'intervento successivo - in quanto dalla consulenza tecnica di parte del Dott. P.M. emerge che la complicanza subita da A.B. deriverebbe da un evento iatrogeno non precisabile vista l'incompletezza della cartella clinica. La corte ha infatti riportato motivazione, pagine 14-15 un passo di tale relazione nel quale il consulente M. afferma È pur vero che la complicane discitica è prevista dalla neuro-chirurgia e per la quale è difficile obiettivare compiutamente l'etiogenesi, ma il fatto che si sia determinata è certamente da attribuire ad un evento iatrogeno, non meglio precisabile considerata la scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica . A tacer d'altro, allora, la corte territoriale - come si è visto che rilevano i ricorrenti nei due motivi in esame - ha fatto gravare la incompletezza della cartella clinica sul paziente, deducendone l'assenza della prova del nesso causale. La sua impostazione, però, non corrisponde al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, che nella incompletezza della cartella clinica - che è obbligo del sanitario tenere invece in modo adeguato - rinviene proprio, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, il presupposto perché scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato tra gli arresti più recenti v. Cass. sez. 3, 27 aprile 2010 numero 10060 - per cui riguardo la responsabilità professionale del medico il nesso causale sussiste anche quando, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si possa ritenere che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto fondate possibilità di evitare il danno a tal fine, la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta del medico e le conseguenze dannose sofferte dal paziente, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocare il danno, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della vicinanza alla prova , cioè della effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla - e Cass. sez. 3, 26 gennaio 2010 numero 1538 - che, sempre a proposito della responsabilità professionale del medico, puntualizza che le omissioni nella tenuta della cartella clinica al medesimo imputabili rilevano sia ai fini della figura sintomatica dell'inesatto adempimento, per difetto di diligenza, in relazione alla previsione generale dell'art. 1176, secondo comma, c.c., sia come possibilità di fare ricorso alla prova presuntiva, poiché l'imperfetta compilazione della cartella non può, in linea di principio, tradursi in un danno nei confronti di colui il quale abbia diritto alla prestazione sanitaria - sulla stessa linea v. pure Cass. sez. 3, 5 luglio 2004 numero 12273 - che sottolinea che il medico ha l'obbligo di controllare la completezza e l'esattezza del contenuto della cartella, la cui violazione configura difetto di diligenza ai sensi del secondo comma dell'art. 1176 c. c. ed inesatto adempimento della corrispondente prestazione medica , Cass. sez. 3, 21 luglio 2003 numero 11316 - per cui la difettosa tenuta della cartella clinica naturalmente non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta dei medici in relazione alla patologia accertata e la morte, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocarla, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell'onere della prova ed al rilievo che assume a tal fine la vicinanza alla prova , e cioè la effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla - e cfr. altresì Cass. sez. 3, 9 giugno 2011 numero 12686, Cass. sez. L, 13 marzo 2009 numero 6218, Cass. sez. 3, 19 aprile 2006 numero 9085 e Cass. sez. 3, 13 settembre 2000 numero 12103 . La corte territoriale, quindi, ha pienamente invertito il contenuto dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, e ciò comporta - assorbendo ogni altra questione - la cassazione della sua impugnata pronuncia. In conclusione, il ricorso deve essere accolto quanto al primo e al secondo motivo, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio ad altra sezione della corte territoriale. P.Q.M. Accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia a diversa sezione della Corte d'appello di Napoli.