Figlio morto in un incidente, la madre si chiude in se stessa: dato secondario per il risarcimento

Riconosciuto il ristoro per i familiari del ragazzo. Esclusa però l’ipotesi della personalizzazione del danno da perdita parentale. Irrilevante il richiamo all’isolamento che ha colpito la madre.

Impatto terribile tra un ciclomotore, guidato da un ragazzo di 15 anni, e un’automobile. Lesioni gravissime per il giovane, che muore subito dopo lo scontro, e conseguenze drammatiche per la sua famiglia. Però il risarcimento riconosciuto ai parenti della vittima non può tenere in considerazione anche la scelta dei genitori di rompere ogni relazione con l’ambiente esterno a quello familiare. Cassazione, sentenza n. 22604/16, sez. Terza Civile, depositata l’8 novembre Relazioni. Una volta ricostruita la dinamica dell’incidente, i giudici hanno sancito che le responsabilità maggiori sono da attribuire proprio al giovane alla guida del ciclomotore. In sostanza, egli ha attraversato la strada in modo repentino , impedendo alla conducente dell’automobile di attuare una manovra di emergenza per evitare l’impatto. E ciò ha avuto ovvie ripercussioni sul risarcimento riconosciuto ai familiari quasi 66mila euro al padre, 100mila euro alla madre, 30mila euro al fratello e 36mila euro alla sorella. Le cifre stabilite in Tribunale e ribadite in appello vengono ora confermate, in via definitiva, dai giudici della Cassazione. Respinta, in particolare, l’obiezione mossa dai parenti del giovane, e finalizzata a vedere personalizzato e aumentato il danno parentale . Più precisamente, viene ritenuto non decisivo il fatto che la madre del giovane deceduto, in conseguenza della perdita del figlio, aveva troncato ogni forma di relazione, prima esistente, con l’ambiente esterno a quello familiare, chiudendosi in sé stessa .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 settembre – 8 novembre 2016, numero 22604 Presidente Chiarini – Relatore Grazioni Svolgimento del processo 1. A.P., G.C., M.P. e V.P. - rispettivamente genitori e fratelli di L.P., quindicenne deceduto per un sinistro stradale in cui alla guida di un ciclomotore veniva a scontrarsi con una vettura condotta dalla sua proprietaria G.M.P.B., in Umbertide il 17 gennaio 1997 - convenivano dinanzi al Tribunale di Perugia la B. e la sua compagnia assicuratrice Sai Assicurazioni per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni. Con sentenza del 18 marzo 2008 il Tribunale, ritenuto che il sinistro si fosse verificato al 70% per responsabilità di L.P. e al 30% per responsabilità della B., condannava solidalmente le convenute a risarcire A.P. nella misura di € 65.892,58, G.C. nella misura di € 100.472,60, M.P. nella misura di € 30.000 e V.P. nella misura di € 36.000, oltre accessori, detratto un acconto già versato. Avendo i congiunti del defunto proposto appello principale contro tale sentenza e avendo Fondiaria Sai S.p.A. proposto appello incidentale, la Corte d'appello di Perugia, con sentenza del 12 luglio-19 novembre 2012, respingeva entrambi i gravami. Hanno presentato ricorso A.P., G.C., M.P. e V.P., sulla base di quattro motivi, sviluppati anche con memoria ex articolo 378 c.p.c. la compagnia assicurativa, frattanto divenuta Unipolsai Assicurazioni S.p.A., si difende con controricorso, nel quale propone pure ricorso incidentale subordinato anch'essa ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 2. Il ricorso è infondato. 2.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., la violazione dell'articolo 2054, secondo comma, c.c., sostenendo che, qualora il giudice d'appello lo avesse correttamente applicato, sarebbe giunto ad accertare per il sinistro una pari responsabilità sia dei deceduto sia della B Una simile impostazione già di per sé disvela che quello che viene in effetti censurato non è un vizio di diritto, bensì un - non condiviso dai ricorrenti - accertamento di fatto in termini di ripartizione delle responsabilità. Il motivo in effetti lo conferma nelle sue argomentazioni criticando su un piano direttamente fattuale la motivazione della sentenza impugnata, adducendo per inficiare l'accertamento cui è pervenuta il fatto che sarebbe stato ampiamente posto in rilievo, in atto di appello, come il Giudice di primo grado avesse omesso di rilevare come la stessa CTU . aveva escluso la presenza di tracce di frenata da parte dell'auto condotta dalla B. , elemento da cui viene quindi desunta e illustrata, per quanto sinteticamente, una ricostruzione alternativa delle modalità del sinistro, così da concludere nel senso che si sarebbe dovuto escludere radicalmente la circostanza che l'attraversamento della vittima fosse stato repentino e preclusivo alla B. di attuare la manovra di emergenza . La sostanza del motivo, dunque, è fattuale, e ciò lo conduce alla inammissibilità. 2.2 Il secondo motivo, invocando l'articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 4 c.p.c., denuncia la violazione degli articoli 1226, 2043 e 2056 c.c., per omessa pronuncia da parte del giudice d'appello sulla richiesta di aggiornamento della quantificazione dei danni commisurandola alle tabelle dei Tribunale di Milano dei 2009, laddove il giudice di prime cure aveva applicato le - meno favorevoli - tabelle del 2007. A tacer d'altro, la richiesta suddetta, come ammettono gli stessi ricorrenti, è stata presentata per la prima volta nella comparsa conclusionale del grado d'appello ne è pertanto evidente la tardività, che giustifica la sua non considerazione da parte della corte territoriale, rendendo infondato il motivo. 2.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., ancora violazione degli articoli 1226, 2043 e 2056 c.c., lamentando altresì omesso esame di fatto decisivo e discusso, ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., e alternativamente, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., nullità per violazione dell'articolo 112 c.p.c., il tutto per omessa pronuncia su domanda di adeguamento dei danno morale da perdita parentale, che non sarebbe stato personalizzato. La censura prospetta che, a differenza di quanto sarebbe stato ritenuto dal giudice d'appello, non è in discussione che il danno esistenziale o quello morale soggettivo abbiano perduto autonomia risarcitoria a seguito delle sentenze di San Martino, bensì che nell'appello ciò che si sosteneva era che i dati fattuali idonei ad integrarli dovevano essere recuperati in chiave di personalizzazione del danno da perdita parentale, il che non era avvenuto e questa doglianza viene poi supportata da elementi fattuali, richiamando una prova dichiarativa assunta all'udienza del 5 novembre 2002 nel giudizio di primo grado da cui sarebbe emerso che la madre del giovane deceduto, in conseguenza alla perdita del figlio, aveva troncato ogni forma di relazione prima esistente con l'ambiente esterno a quello familiare chiudendosi in se stessa ed altrettanto era accaduto per il marito, il che doveva riflettersi sull'adeguamento del danno da perdita parentale . Così impostato, allora, il motivo ritorna nuovamente su un piano fattuale, in quanto adduce pretese risultanze probatorie per dimostrare che la decisione dei giudice d'appello sarebbe stata in realtà una omessa decisione. Non è dunque realmente denunciata alcuna violazione delle norme, sostanziali e processuali, invocate nella rubrica del motivo né d'altronde non può negarsi che, come emerge dallo stesso motivo e si riscontra nella sentenza motivazione, pagina 8 , la corte territoriale sia incorsa in una effettiva omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c. avendo, seppure in modo assai conciso, risposto al quarto motivo d'appello attinente proprio al danno da perdita parentale. Il motivo, in conclusione, non dimostra consistenza. 2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione degli articoli 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo e discusso, per avere il giudice d'appello omesso di riconoscere il danno morale jure hereditatis nonostante che L.P. non fosse deceduto all'istante, bensì in un momento posteriore al sinistro. Il motivo non è sufficientemente specifico, in quanto si limita ad asserire che nella sentenza di primo grado, a pagina 14, si sarebbe dato atto di un decesso posteriore, senza peraltro riportare il passo relativo peraltro una valutazione di primo grado non è un fatto decisivo cui il giudice di secondo grado deve assolutamente attenersi e, nel caso di specie, come illustra lo stesso motivo in esame, il giudice d'appello ha preso una sua posizione sul momento del decesso, affermando che il giovane risulta essere deceduto all'istante e non vi è alcun elemento probatorio che possa evidenziare che lo stesso si sia reso conto di ciò che stava accadendo . Che poi vi fossero o meno, come pure adduce il motivo, risultanze degli atti che avrebbero portato a dare conto del contrario è una questione fattuale, in ordine alla quale, per di più, il motivo rimane generico, non indicando quali sarebbero tali esiti probatori. Anche questo motivo, quindi, non merita accoglimento. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale subordinato deve altresì essere emessa la condanna - solidale, per il comune interesse processuale - dei ricorrenti principali alla rifusione al controricorrente delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 3200, oltre a € 200 per esborsi e oltre agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dei comma 1 bis dello stesso articolo 13.