Danno morale terminale vs danno biologico terminale

Diversamente dal danno morale terminale, il danno biologico terminale, quale pregiudizio della salute che anche se temporaneo è massimo nella sua entità ed intensità in quanto conduce a morte un soggetto in un sia pure limitato ma apprezzabile lasso di tempo, si è ravvisato come sempre esistente” per effetto della percezione”, anche non cosciente”, della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita.

Così la Terza Sezione Civile nella sentenza n. 21060/2016, depositata il 19 ottobre 2016. Il fatto. Dopo 10 giorni di coma dall'essere stato investito mentre procedeva con il ciclomotore nella propria corsia, decedeva il conducente e i suoi congiunti proponevano l’azione di risarcimento. Il Tribunale accoglieva parzialmente le richieste di risarcimento. Nel successivo giudizio di appello, la Corte territoriale respingeva le doglianze relative tra le altre all’insufficiente liquidazione del danno biologico e del danno morale iure hereditatis . I congiunti hanno proposto ricorso in Cassazione lamentando 1 il mancato riconoscimento del danno biologico iure hereditatis , essendo il congiunto deceduto non dopo poche ore bensì dopo dieci giorni dall'evento 2 la mancata personalizzazione del danno morale iure hereditatis 3 l'erronea liquidazione effettuata in tema di danno morale iure hereditatis , operata senza tener conto di tutte le circostanze del caso concreto 4 il mancato riconoscimento del danno cd. edonistico/esistenziale 5 il mancato riconoscimento del danno esistenziale. I diversi presupposti per il riconoscimento del danno biologico terminale e del danno morale terminale c.d. danno tanatologico o catastrofale . La Terza Sezione, accogliendo i primi tre motivi di ricorso, ha colto l’occasione per ricordare la distinzione tra danno morale terminale e danno biologico terminale. Anzitutto per la configurabilità del cd. danno tanatologico indicato in termini di danno morale terminale o da lucida agonia o catastrofale o catastrofico subito dalla vittima per la sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l'ineluttabile approssimarsi della propria fine, assume rilievo il criterio dell'intensità della sofferenza provata, a prescindere dall'apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso della vittima . Nel caso, invece in cui tra le lesioni colpose e la morte conseguente intercorra un apprezzabile lasso di tempo come nel caso di specie, ovvero dieci giorni è risarcibile il danno biologico terminale, peraltro trasmissibile iure hereditatis . A differenza del danno morale terminale, il danno biologico terminale che è pregiudizio della salute temporaneo ma al contempo massimo per entità ed intensità conducendo alla morte un soggetto, si è ravvisato come sempre esistente” così ad esempio Cass. n. 18163/2007 per effetto della percezione, anche non cosciente, della gravissima lesione dell'integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita. Il risarcimento del danno biologico terminale. Secondo la Cassazione nel caso di specie ha errato la Corte territoriale nel negare il risarcimento del danno biologico terminale sul presupposto della insussistenza dello stato di lucidità nel breve lasso temporale intercorso tra l'incidente ed il decesso della vittima, laddove codesto costituisce invece il presupposto del diverso danno morale terminale. Infatti, il danno biologico terminale si fonda sul differente presupposto della persistenza in vita della vittima per un apprezzabile lasso di tempo e tale spazio temporale è stato ritenuto sussistere in ipotesi di sopravvivenza sia per pochi giorni e, addirittura, di un giorno solo, vale a dire per periodi di tempo inferiore a quello di cui trattasi. Del tutto irrilevante per il danno biologico terminale invece è la circostanza che durante tale periodo la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità. Spetterà ora alla Corte d'appello la nuova decisione, tenendo conto delle indicazioni della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 marzo – 19 ottobre 2016, n. 21060 Presidente Vivaldi – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 28/11/2012 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dai sigg. G.R. , C.F. e G.S. in relazione alla pronunzia Trib. Roma 29/10/2004, di parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti del sig. D.V.R. e della società L.L. s.r.l. nonché della compagnia assicuratrice Genertel s.p.a. di risarcimento dei danni iure proprio e iure hereditatis sofferti in conseguenza del decesso, dopo 10 giorni di coma, del congiunto sig. G.I. , all’esito di sinistro stradale avvenuto il a omissis direzione omissis , cagionato dal D.V. che alla guida dell’autovettura Bmw 520 tg. omissis , di proprietà della società L.L. s.r.l., collideva violentemente con il ciclomotore condotto dal predetto G.I. dopo aver invaso, in fase di sorpasso, la corsia di pertinenza di quest’ultimo. La corte di merito ha ritenuto in particolare infondate le doglianze degli odierni ricorrenti e allora appellanti relative all’asseritamente insufficiente liquidazione del danno biologico e del danno morale loro spettante iure hereditatis al mancato riconoscimento del danno edonistico o esistenziale al mancato riconoscimento di alcune voci di danno patrimoniale subite dai genitori danno emergente da spese universitarie e per l’acquisto della cappella di famiglia danno da lucro cessante . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. G.R. , C.F. e G.S. , in proprio e nella qualità, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria. Resistono con separati controricorsi la società Genertel s.p.a. e la società L.L. s.r.l., che hanno presentato anche memoria. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 2043, 2059 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno biologico iure hereditatis , pur essendo nella specie il loro congiunto Ivano deceduto non già nell’immediatezza o a poche ore di distanza dall’evento lesivo bensì dopo 10 giorni dall’incidente stradale. Con il 2 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056, 2059 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente liquidato in un importo fisso il danno morale iure hereditatis , senza procedere alla relativa personalizzazione . Con il 3 motivo denunziano omesso esame di fatto decisivo per l giudizio, in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c Si dolgono che la corte di merito abbia liquidato il danno morale iure hereditatis senza tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto età dell’G.I. di 25 anni all’epoca del sinistro, la dinamica del sinistro, l’intensa sofferenza della vittima, che subiva un trauma cranico-encefalico, fratture multiple delle pareti dei seni mascellari e sferoidale, della pareti del’orbita oculare di sinistra e dell’avambraccio di sinistra, nonché vaste aree contusive diffuse su tutto il corpo . Con il 4 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2043, 2059 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si dolgono che la corte di merito abbia rigettato la domanda di risarcimento danno c.d. edonistico/esistenziale costituito dal mutamento in peius delle proprie abitudini e condizioni di vita in conseguenza del decesso del congiunto , non valutato neanche nell’ambito del danno morale. Con il 5 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si dolgono che la corte di merito non abbia riconosciuto, sulla base della prova presuntiva, il subito danno esistenziale. I primi tre motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati. Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha già avuto modo di affermare, per la configurabilità del c.d. danno tanatologico indicato in termini di danno morale terminale o da lucida agonia o catastrofale o catastrofico v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26772 Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26773 , subito dalla vittima per la sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l’ineluttabile approssimarsi della propria fine, assume rilievo il criterio dell’intensità della sofferenza provata v. Cass., 20/8/2015, n. 16993 Cass., 8/4/2010, n. 8360 Cass., 23/2/2005, n. 3766 Cass., 1/12/2003, n. 18305 Cass., 19/10/2007, n. 21976 Cass., 24/5/2001, n. 7075 Cass., 6/10/1994, n. 8177 Cass., 14/6/1965, n. 1203. In tema di c.d. danno catastrofico v. già Cass., 2/4/2001, n. 4783 , a prescindere dall’apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso della vittima. Per converso, in ipotesi di morte cagionata dalla lesione, allorquando come nella specie tra le lesioni colpose e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo nel caso, 10 giorni , è invero risarcibile il danno biologico terminale v. Cass., 28/8/2007, n. 18163 , e per il tempo di permanenza in vita v. Cass., 16/5/2003, n. 7632 , il diritto di credito al relativo risarcimento essendo quindi trasmissibile iure hereditatis v. Cass., 23/2/2004, n. 3549 Cass., 1/2/2003, n. 18305 Cass., 16/6/2003, in 9620 Cass., 14/3/2003, n. 3728 Cass., 2/4/2001, n. 4783 Cass., 10/2/1999, n. 1131 Cass., 29/9/1995, n. 10271 . Diversamente dal danno morale terminale, il danno biologico terminale, quale pregiudizio della salute che anche se temporaneo è massimo nella sua entità ed intensità v. Cass., 23/2/2004, n. 3549 in quanto conduce a morte un soggetto in un sia pure limitato ma apprezzabile lasso di tempo v. Cass., 23/2/2005, n. 3766 , si è ravvisato come sempre esistente , per effetto della percezione , anche non cosciente , della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita v. Cass., 28/8/2007, n. 18163 . Orbene, nell’affermare che gli odierni appellanti . non hanno fornito la benché minima prova dello stato di lucidità di G.I. nella breve frazione temporale di sopravvivenza 10 giorni , e nell’escludere che il G. , nel breve periodo di sopravvivenza abbia conservato vigilanza e coscienza di sé e dell’ambiente circostante, ritenendo insussistente il presupposto del suo stato di lucidità nel breve lasso temporale intercorso tra l’incidente ed il decesso , pervenendo quindi a concludere che a tale stregua la vittima non ha potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire la sofferenza da lucida consapevolezza della morte imminente, sicché è da negarsi la risarcibilità del danno c.d. tanatologico, la corte di merito ha disatteso i suindicati principi. Ha in particolare erroneamente argomentato dall’insussistenza dello stato di lucidità nel breve lasso temporale intercorso tra l’incidente ed il decesso della vittima, che costituisce invero il presupposto del diverso danno morale terminale, laddove il danno biologico terminale si fonda sul differente presupposto della persistenza in vita della vittima per un apprezzabile lasso di tempo, che si è da questa Corte ravvisato sussistere in ipotesi di sopravvivenza pure per pochi giorni, e addirittura di un giorno v. Cass., 23/2/2004, n. 3549, in motivaz. , e quindi per un periodo di tempo inferiore a quello come nella specie protrattosi per 10 giorni cfr. Cass., 31/10/2004, n. 23183 Cass., 16/5/2003, n. 7632 , irrilevante al riguardo essendo la circostanza che durante tale periodo la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità. Con particolare riferimento ai restanti 4 e 5 motivo, va posto in rilievo come, nell’affermare che in caso di morte del prossimo congiunto un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale c.d. danno da rottura del rapporto parentale non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane , essendo necessaria la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare e nell’ulteriormente precisare che tale onere di allegazione . va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche , laddove nella specie gli odierni appellanti che si sono limitati ad invocare presunzioni e fatti notori del tutto inidonei ai fini della dimostrazione dei fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita dei familiari superstiti dal fatto, incontestato, che la vittima, figlio primogenito, era convivente con la propria famiglia, che era studente in architettura prossimo alla laurea, che era subentrato nelle attività imprenditoriali della famiglia si evincerebbe che sullo stesso la famiglia aveva investito enormemente in termini umani e professionali inoltre dal fatto che il nucleo familiare non risultava travagliato da particolari divisioni o incomprensioni dovrebbe presumersi la notevole intensità del dolore per la prematura perdita del congiunto , la corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione del principio enunziato in particolare nell’espressamente richiamata Cass. n. 10527 del 2011. All’accoglimento, nei suindicati termini, dei primi tre motivi di ricorso, assorbita ogni altra e diversa questione e rigettati gli altri, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.