Limiti imposti dalle tabelle milanesi, risarciti i genitori della vittima di sinistro stradale

I limiti e i massimi stabiliti dalle tabelle milanesi, in tema di valutazione equitative del danno biologico, possono essere superati solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa già aver tenuto conto, dando adeguatamente atto in motivazione di tali circostanze di come esse siano state considerate.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20925/16, depositata il 17 ottobre. Il caso. Deceduta la vittima a seguito di un sinistro stradale e definito il relativo procedimento penale con applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., la moglie, i genitori, i fratelli del deceduto agirono in sede civile per il risarcimento danni. Respinte le domande risarcitorie per intervenuta prescrizione, la moglie e i congiunti convennero in giudizio l’avvocato per far valere la responsabilità professionale, richiedendo il risarcimento dei danni che avrebbero potuto conseguire ove il professionista non avesse lasciato decorrere il termine di prescrizione dell’azione civile contro il responsabile del sinistro. L’avvocato chiamò allora in manleva la propria compagnia assicuratrice. Il Tribunale di Monza dichiarò cessata la materia del contendere in relazione alla posizione della moglie e del figlio minore del deceduto, mentre qualificò il risarcimento spettante agli attori a titolo di perdita del rapporto parentale. In parziale riforma della decisione la Corte d’appello di Milano ha elevato il risarcimento riconosciuto a ciascun genitore e anche quello dovuto a ciascun fratello. Ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza i parenti del deceduto. Tabelle milanesi. A detta della Suprema Corte il ricorso è infondato in relazione alla posizione dei fratelli della vittima ai quali è stato riconosciuto un importo superiore a quello minimo previsto dalle tabelle milanesi. Per lo stesso motivo è accolto invece il ricorso dei genitori della vittima che si sono visti liquidare, invece, una somma pari alla metà dell’importo minimo tabellare. La Corte ribadisce infatti che i limiti minimi e massimi possono essere superati solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa già aver tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni configurabili secondo l’ id quod plerumque accidit , dando adeguatamente atto in motivazione di tali circostanza e di come esse siano state considerate . Deve ritenersi dunque che la Corte di merito sia incorsa nella dedotta violazione di legge quando ha riconosciuto meno del minimo in difetto di elementi che deponessero nel senso che la qualità del rapporto affettivo fra gli appellanti ed il figlio deceduto fosse scaduta al di sotto del livello ordinario. La Corte cassa dunque la sentenza il relazione alla posizione dei genitori.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 giugno – 17 ottobre 2016, n. 20925 Presidente Travaglino – Relatore Sestini Svolgimento del processo Deceduto N.L. a seguito di un sinistro stradale e definito il relativo procedimento penale con applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., la moglie anche in nome e per conto del figlio minore , i genitori e i fratelli del deceduto agirono in sede civile per il risarcimento dei danni. Respinte le domande risarcitorie per intervenuta prescrizione, la moglie e i congiunti del N. convennero in giudizio l’avv. E.A. per farne valere la responsabilità professionale, richiedendo il risarcimento dei danni che avrebbero potuto conseguire ove il professionista non avesse lasciato decorrere il termine di prescrizione dell’azione civile contro il responsabile del sinistro. L’avv. E. chiamò in manleva la propria assicuratrice Alleanza Toro Il Tribunale di Monza dichiarò cessata la materia del contendere in relazione alla posizione della moglie e del figlio minore del N. che avevano accettato l’offerta transattiva formulata dall’assicuratrice , mentre quantificò il risarcimento spettante agli altri attori a titolo di perdita del rapporto parentale, liquidando 50.000,00 Euro a ciascuno dei genitori della vittima N.M. e No.An. e 15.000,00 Euro a ciascuno dei fratelli Vittoria e N.P. . In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello di Milano ha elevato a 80.000,00 Euro il risarcimento riconosciuto a ciascun genitore e a 30.000,00 Euro quello dovuto a ciascun fratello. Ricorrono per cassazione N.M. , No.An. e Vittoria e N.P. , affidandosi a due motivi resiste, a mezzo di controricorso, la sola Generali Italia s.p.a. incorporante l’Alleanza Toro s.p.a. . Motivi della decisione 1. La Corte di Appello ha dichiarato di condividere il ragionamento logico e la motivazione della sentenza di primo grado, affermando tuttavia che gli importi liquidati non sono adeguati . Più specificamente, ha concordato sul fatto che il risarcimento dovesse essere liquidato sulla base delle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano e ha affermato che, non costituendo danno in re ipsa, il pregiudizio conseguente all’uccisione di un congiunto dev’essere allegato e provato dal danneggiato, ancorché sulla base di presunzioni. Tanto premesso, ha osservato come già il primo giudice che gli attori si erano limitati a indicare il mero rapporto di parentela e che, d’altro canto, era pacifico che il de cuius aveva costituito un proprio nucleo familiare con la moglie e il figlioletto e si era trasferito in una località diversa da quella di origine, circostanze che consentivano di presumere una indiscutibile minore frequentazione tra il de cuius e la famiglia di origine , pur non potendosi escludere che fosse residuata una vita di relazione, ancorché minima, dello stesso con i genitori e i fratelli . Tanto rilevato, la Corte ha ritenuto più adeguato liquidare l’importo di 80.000,00 Euro in favore di ciascun genitore e quello di 30.000,00 Euro per ciascun fratello importi tutti determinati in moneta attuale e comprensivi degli interessi compensativi . 2. Col primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 2056 c.c., in relazione agli artt. 2059 e 1226 c.c., e censurano la Corte per avere disatteso completamente i criteri di quantificazione del danno non patrimoniale per perdita del congiunto previsti nelle Tabelle milanesi e per avere liquidato un danno palesemente sproporzionato per difetto rispetto al danno subito dai congiunti . Premesso che, in relazione al danno non patrimoniale per la morte del congiunto, le tabelle milanesi prevedevano una forbice da Euro 154.350,00 a Euro 308.700,00 a favore di ciascun genitore per la morte di un figlio e da Euro 22.340,00 a 134.040,00 a favore del fratello, i ricorrenti si dolgono che la Corte abbia inopinatamente liquidato importi sensibilmente inferiori al minimo, finendo col non applicare le tabelle cui aveva affermato di volersi uniformare. Escludono i ricorrenti che potesse valere a giustificare tale riduzione la circostanza che il deceduto avesse creato un proprio nucleo familiare giacché tale circostanza risultava conforme all’id quod plerumque accidit in relazione ad una persona di 31 anni e che si fosse trasferito in località diversa da quella di origine visto che si trattava comunque di località poco distante e compresa nella stessa provincia . 3. Col secondo motivo che deduce la violazione degli artt. 2056, 2059, 1226 e 2697 c.c. , i ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui ha onerato gli attori della prova ancorché sulla base di presunzioni e/o valutazioni prognostiche di un danno che tipicamente incide sulla psicologia, sugli affetti e sul legame parentale esistente tra la vittima dell’atto illecito e i superstiti e che è insito nella perdita stessa del rapporto col congiunto. 4. Il ricorso è infondato in relazione alla posizione dei fratelli della vittima, considerato che è stato riconosciuto loro un importo superiore a quello minimo previsto dalle tabelle milanesi e che, essendo il risultato di un apprezzamento rimesso tipicamente al giudice di merito, la determinazione di un importo compreso fra il limite minimo e quello massimo non è sindacabile in sede di legittimità ove come nel caso – non siano dedotte circostanze che avrebbero dovuto indurre il giudice a discostarsi dalle tabelle. 5. A diversa conclusione ma sulla base del medesimo criterio deve pervenirsi in relazione alla posizione dei genitori della vittima, che si sono visti liquidare una somma pari alla metà dell’importo minimo tabellare. Richiamata la consolidata giurisprudenza di legittimità che attribuisce alle tabelle milanesi la natura di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ. e che consente di censurare la loro violazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., salvo non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono Cass. n. 12408/2011 , deve ribadirsi che i limiti minimi e massimi possono essere superati solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa già aver tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit, dando adeguatamente atto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate Cass. n. 3505/2016 cfr. anche Cass. n. 8557/2012 . Ciò premesso, deve ritenersi che la Corte di merito sia incorsa nella dedotta violazione di legge quando ha riconosciuto meno del minimo addirittura la metà in difetto di elementi che deponessero effettivamente nel senso che la qualità del rapporto affettivo fra gli appellanti ed il figlio deceduto fosse scaduta al di sotto del livello ordinario , ossia dei livelli tenuti presenti in sede di elaborazione delle tabelle, all’interno della forbice esistente fra il valore minimo e quello massimo. Quelli indicati dalla Corte ossia il fatto che la vittima -trentunenne avesse costituito un proprio nucleo familiare e si fosse trasferito in una località diversa da quella di origine costituiscono elementi che possono senz’altro far presumere una riduzione della frequentazione fra i genitori e il figlio, ma che sono del tutto inidonei a configurare un allentamento del rapporto affettivo genitore/figlio, la cui perdita irreversibile costituisce lo specifico oggetto della richiesta risarcitoria. Né, d’altra parte, è emerso che la parte convenuta avesse contestato che alla relazione di parentela corrispondesse un effettivo rapporto affettivo contestazione che avrebbe onerato gli attori della prova dell’intensità del loro legame con la vittima, altrimenti presunta o che la Corte abbia accertato la ricorrenza di circostanze quali la totale assenza di frequentazione o l’inimicizia tali da connotare la vicenda nel senso dell’anomalia della relazione e da giustificare lo scostamento dai valori tabellari quella che la Corte ha valutato è risultata a ben vedere una ordinaria relazione affettiva fra un figlio che ha da poco costituito un proprio nucleo familiare e la famiglia di origine, in cui è del tutto normale una diminuzione della frequentazione prima quotidiana, stante la coabitazione , ma nella quale non può presumersi in difetto di individuazione di specifici elementi di segno contrario l’affievolimento della relazione affettiva al di sotto del limite che giustifica il riconoscimento del risarcimento tabellare minimo tanto più che, liquidando ai fratelli coabitanti con i genitori importi superiori ai minimi, la Corte ha riconosciuto la persistenza di normali rapporti della vittima con la famiglia di origine . 5.1. Il ricorso va dunque accolto in relazione alla posizione di N.M. e di No.An. , con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di merito che provvederà a riliquidare il risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai genitori della vittima alla luce dei principi sopra indicati. 6. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.