L’auto non dà la precedenza e centra il ciclomotore: pari responsabilità per i due conducenti

L’azzardo compiuto dall’automobilista è compensato dall’andatura tenuta dall’uomo alla guida dello scooter. La velocità con cui egli è arrivato all’incrocio ha determinato la gravità dei danni riportati dai mezzi. Equamente divise, quindi, le colpe per l’incidente.

Impatto violento, a un incrocio, tra una vettura e un ciclomotore. Sul posto accorrono i vigili urbani, che registrano la violazione compiuta dall’automobilista per lui una multa per non avere dato la precedenza. Ciò nonostante, anche l’uomo in sella alla due ruote è ritenuto responsabile per l’incidente. Cassazione, ordinanza n. 19947, sezione Sesta Civile, depositata il 5 ottobre 2016 Colpa. Terreno di scontro legale è quello relativo al risarcimento dei danni . Su questo fronte sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado ritengono evidente un concorso di colpa alla pari tra automobilista e motociclista. Esclusa, quindi, l’ipotesi di un risarcimento totale per l’uomo alla guida del ciclomotore. E questa decisione viene ora ritenuta corretta dai magistrati della Cassazione. Respinte le obiezioni mosse dal legale del motociclista. Irrilevante, in sostanza, il fatto che i vigili urbani abbiano sanzionato l’automobilista per violazione dell’obbligo di dare la precedenza . Questo dato è compensato, secondo i giudici, dal comportamento azzardato tenuto nella guida del ciclomotore. Più precisamente, viene evidenziata la velocità troppo elevata della ‘due ruote’, velocità che difatti ha determinato, sempre secondo i giudici, la gravità dei danni riportati dai due mezzi . Accertata quindi la violazione compiuta dal motociclista, che ha completamente ignorato le regole comportamentali esigibili nelle circostanze di tempo e di luogo – ora notturna, prossimità di un incrocio – in cui si è verificato l’incidente. Logico perciò, concludono i magistrati, attribuire responsabilità anche all’uomo in sella al ciclomotore.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 luglio – 5 ottobre 2016, n. 19947 Presidente Amendola – Relatore Rubino Ragioni in fatto e in diritto della decisione E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione C. P. conveniva in giudizio S. M. e la Genertel s.p.a. quale assicuratrice di questi per la r.c.a., chiedendone la condanna alla integrazione del risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente stradale verificatosi nel 2008 tra il suo motoveicolo e la vettura del M. per responsabilità esclusiva del conducente della vettura. Il giudice di primo grado accertava un concorso di colpa al 50% e condannava i convenuti in solido a corrispondere al P. curo 500,00, pari alla differenza tra la metà del danno subito e quanto già percepito stragiudizialmente dall'assicurazione. Il P. proponeva appello contestando l'attribuito concorso di colpa, e l'impugnazione veniva rigettata dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 425\2015 depositata in data 8.1.2015. C. P. propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi cui ricorso la Genertel con controricorso. Il M., intimato, non ha svolto attività difensiva. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli arte. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. Con i primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, il ricorrente contesta che la decisione di appello sia incorsa in violazione di le.!ge in particolare dell'art. 145 del codice della strada, nonché dell'art. 116 c.p.c. e nell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, laddove ha ricostruito i fatti ritenendo che la moto condotta dal ricorrente avesse concorso a provocare l'impatto con l'auto condotta dal M Tuttavia, non sussistono le violazioni lamentate. In particolare, il ricorrente addebita alla sentenza di appello di non aver tenuto in alcun conto la specifica violazione commessa dal M. multato dai vigili sopraggiunti poco dopo il sinistro per violazione dell'obbligo di dare la precedenza. In realtà, la sentenza non ha omesso di considerare tale dato, che non la esimeva dal valutare il concorrente comportamento dell'altro conducente, ed ha confermato la valutazione di concorso di responsabilità avendo riscontrato, anche in capo al P., una violazione delle regole comportamentali esigibili in quelle circostanze di tempo e di luogo ora notturna, prossimità di un incrocio consistente in una velocità troppo elevata, che ha determinato la gravità dei danni ai due mezzi. Nessuna violazione dell'art. 116 è riscontrabile, avendo il giudice d'appello dato analiticamente conto dei motivi per i quali non ha ritenuto attendibile il teste le cui dichiarazioni concordavano con quelle del P. e non con quelle dell'unico teste sicuramente presente ai fatti, in quanto le sue dichiarazioni furono verbalizzate sul posto dagli stessi vigili. Neppure sussiste il denunciato omesso esame di una circostanza di fatto, in quanto la circostanza stessa, consistente nella condotta di guida del M., è stata oltre che oggetto del giudizio, analiticamente descritta dal giudice di appello nella ricostruzione dei fatti che egli ha ritenuto più attendibile. Gli ultimi tre motivi di ricorso, che fanno riferimento ad una nozione di vizio di motivazione più ampia e non più vigente al momento del deposito del ricorso, sono inammissibili. Si propone pertanto il rigetto del ricorso . A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, esaminata anche la memoria di parte ricorrente, ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione rispetto ai quali non reputa necessario aggiungere alcuna osservazione Il ricorso va pertanto rigettato . Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso rinci a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Liquida le spese di giudizio in complessivi curo 1800,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.