Tappeto non segnalato, un ragazzo inciampa e finisce a terra: caduta frutto di disattenzione

Respinta la richiesta di risarcimento. Esclusa la responsabilità della società proprietaria della struttura sportiva dove si è verificato l’incidente. Il capitombolo, difatti, è stato provocato, secondo i giudici, dal comportamento superficiale tenuto dal ragazzo.

Tappeto bagnato e non segnalato. Trappolone, all’interno di un impianto sportivo, per un ragazzo. Ma la caduta è addebitabile alla sua disattenzione. Niente risarcimento, quindi, dalla società proprietaria della struttura. Cassazione, ordinanza n. 15718, sezione Sesta Civile, depositata il 28 luglio 2016 Camminare. A chiamare in causa la società sono i genitori del ragazzo – minorenne all’epoca dell’incidente – obiettivo è un adeguato risarcimento dei danni subiti dal figlio . A loro avviso, difatti, è evidente che la caduta sia stata provocata da una gestione superficiale della struttura sportiva. Dalla ricostruzione dell’episodio è emerso, difatti, che il ragazzo è finito a terra a causa della presenza di un tappeto bagnato, attorcigliato su sé stesso e non adeguatamente segnalato . Quadro chiarissimo, almeno in apparenza. Perché, invece, per i giudici l’incidente è connesso al comportamento del ragazzo. Più precisamente, egli non ha prestato la dovuta attenzione nel camminare e, perciò, secondo i giudici, è inciampato in prossimità del locale piscina . Nessun dubbio, quindi, concludono ora i magistrati della Cassazione, sul fatto che il ragazzo abbia tenuto una condotta tale da far ricadere su di sé la colpa per l’incidente . E ciò, ovviamente, esclude ogni responsabilità della società proprietaria della struttura.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 giugno – 28 luglio 2016, n. 15718 Presidente Armano – Relatore Cirillo Svolgimento del processo E’ stata depositata la seguente relazione. 1. O.C. e M.M., in qualità di genitori del figlio minore A.C., convennero in giudizio il Centro sport life davanti al Tribunale di Avellino, Sezione distaccata di Cervinara, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal loro figlio in conseguenza di una caduta avvenuta asseritamente a causa della presenza di un tappeto bagnato dalla pioggia ed attorcigliato su se stesso, non adeguatamente segnalato all'interno della struttura sportiva. Si costituì il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda e sollecitando l'estensione del contraddittorio alla propria assicurazione, la Fondiaria s.p.a., la quale rimase contumace. 11 Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese. 2. Avverso la sentenza è stato proposto appello da parte degli attori soccombenti e la Corte d'appello di Napoli, con sentenza dell'8 maggio 2014, ha respinto il gravame, ha confermato la pronuncia di primo grado ed ha compensato anche le ulteriori spese di appello. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre A.C., frattanto divenuto maggiorenne, con atto affidato a due motivi. Resistono il Centro sport life e la U.A. con separati controncorsi. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2043, 2051 e 2697 del codice civile. 5.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque infondato. Quanto alla pretesa violazione dell'ari 2051 cod. civ., assume decisiva rilevanza che la Corte d'appello - con valutazione di merito non sindacabile in questa sede - ha attribuito la responsabilità dell'evento dannoso all'esclusiva colpa del Ciuffi il quale, senza porre la dovuta attenzione nel camminare, era inciampato in prossimità del locale piscina, in tal modo tenendo un comportamento idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e il danno. T sufficiente rammentare, in proposito, che tale decisione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha riconosciuto che, ai fini di cui all'art. 2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato v., tra le altre, le sentenze 22 ottobre 2013, n. 23919, 20 gennaio 2014, n. 999, e 13 gennaio 2015, n. 287 . Il motivo, non considerando la motivazione della sentenza impugnata, continua a ripetere una serie di argomentazioni finalizzate ad una diversa ricostruzione dell'accaduto, evidentemente non consentita in questa sede. 6. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all'art. 345 cod. proc. civ. cd all'art. 182 disp. att. del medesimo codice. 6.1. Il motivo è inammissibile. Da un lato, infatti, esso è formulato non tenendo conto del nuovo testo dell'ars. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. applicabile nella fattispecie ratione temporis dall'altro è formulato in modo non rispettoso del principio di autosufficienza, richiamando atti che non si sa se siano stati messi a disposizione di questa Corte dall'altro, infine, pone una questione riguardante l'atto di costituzione della società Fondiaria in grado di appello che è comunque irrilevante in questa sede, atteso l'esito della decisione di secondo grado e la compensazione delle spese disposta dalla sentenza impugnata. 7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato . Motivi della decisione. 1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. 2. I1 ricorso, pertanto, e rigettato. A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m, 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi curo 3.800, di cui curo 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. ti. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.