Inciampa in un tombino ma il testimone oculare non viene indicato subito. Scelta legittima dell’istante

Qualora in atto introduttivo sia stata proposta istanza istruttoria di prova testimoniale senza indicare il nome del teste, e quest’ultimo, tuttavia, sia successivamente indicato entro i termini che il rito consente per il completo dispiegamento delle istanze istruttorie, tale legittima scelta dell’istante non può assumere alcun significato a lui sfavorevole ex art. 116 c.p.c

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14706/16, depositata il 19 luglio. Il caso. Il Tribunale di Nicosia accoglieva la domanda, proposta dall’appellante nei confronti del Comune di Gagliano Castelferrato, di risarcimento dei danni che l’attore avrebbe subito in conseguenza di una caduta per inciampo in una pedana di ferro di copertura di fognatura urbana, condannando pertanto il convenuto per responsabilità aquiliana per insidia a risarcirli nell’ammontare di una certa somma. Avendo il Comune proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Caltanissetta lo accoglieva, rigettando quindi la domanda attorea, ritenendo non sufficientemente provato il fatto della caduta sul tombino. Presenta ricorso in Cassazione l’appellante denunciando vizio motivazionale per omesso, insufficiente e contraddittorio esame su elementi decisivi, e la violazione dell’articolo 184 c.p.c Per la Suprema Corte il ricorso è fondato. Il teste oculare della caduta. Questi elementi decisivi sono riferibili, innanzitutto, alle dichiarazione di un teste che si era dichiarato teste oculare della caduta, ritendendo, la Corte territoriale, che le stesse fossero affette da varie incongruenze e comunque non reputando tout court inattendibile il teste, bensì desumendo una situazione di grave incertezza. A ciò faceva seguito che l’attore, negli atti di ricovero medico che allega al processo, non aveva riferito ai sanitari la dinamica dell’incidente, né indicato eventuali soggetti che avevano assistito alla caduta. Quanto al fatto che il teste non sia stato subito indicato nell’atto di citazione, la Corte territoriale aveva reputato che, non indicando il nome del teste nell’atto di citazione, l’attore avesse posto in essere un comportamento processuale valutabile a suo sfavore. Il giudice collocava quindi questa mancata indicazione nel quadro probatorio. Ma per la Suprema Corte non risulta utilizzabile a fine probatorio neanche nella più infima misura il fatto che l’attore si sia servito dell’articolo 184 c.p.c. anziché presentare ogni sua istanza istruttoria in modo completo già nell’atto di citazione, come invece ha fatto la Corte d’appello di Caltanissetta. Il motivo, pertanto. merita accoglimento. Come la sostanza del motivo denuncia poi nella sua seconda parte, la Corte ha strutturato sotto il profilo motivazionale un quadro probatorio” che presenta evidenti illogicità e carenze, per cui anche questo motivo è meritevole di accoglimento. Il ricorso deve dunque essere accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla stessa Corte territoriale la quale dovrà attenersi al seguente principio di diritto qualora in atto introduttivo sia stata proposta istanza istruttoria di prova testimoniale senza indicare il nome del teste, e quest’ultimo, tuttavia, sia successivamente indicato entro i termini che il rito consente per il completo dispiegamento delle istanze istruttorie, tale legittima scelta dell’istante non può assumere alcun significato a lui sfavorevole ex articolo 116 c.p.c. .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 marzo – 19 luglio 2016, numero 14706 Presidente Chiarini – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. Con sentenza numero 327/2007 il Tribunale di Nicosia accoglieva la domanda, proposta da V.C. nei confronti del Comune di Gagliano Castelferrato, di risarcimento dei danni che l’attore avrebbe subito in conseguenza di una caduta per inciampo in una pedana di ferro di copertura di fognatura urbana, condannando pertanto il convenuto per responsabilità aquiliana per insidia a risarcirli nell’ammontare di Euro 6696,20, oltre accessori e spese di lite. Avendo il Comune proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 14 dicembre 2011 - 3 marzo 2012, lo accoglieva, rigettando quindi la domanda attorea, ritenendo non sufficientemente provato il fatto della caduta sul tombino. 2. Ha presentato ricorso V.C. , sulla base di due motivi, il primo denunciante vizio motivazionale per omesso, insufficiente e contraddittorio esame su elementi decisivi, e il secondo violazione o falsa applicazione dell’articolo 184 c.p.c. L’intimato non si è difeso. Motivi della decisione 3. Il ricorso è fondato. 3.1 Per meglio comprenderlo è anzitutto opportuna una sintesi della motivazione della sentenza impugnata. La corte territoriale, a fronte di un gravame in cui l’appellante aveva sostenuto l’assenza di una adeguata prova sull’effettivo verificarsi dei fatti addotti da controparte, con particolare riguardo alla inattendibilità dell’unico teste su cui si sarebbe fondata la sentenza di primo grado, riesamina gli esiti di quel che ritiene il quadro probatorio. Anzitutto, analizza le dichiarazioni del teste M.E. , che si era dichiarato teste oculare della caduta, ritenendola realmente affetta da varie incongruenze, come prospettato dall’appellante, ma comunque non reputando tout court inattendibile il teste, bensì desumendo una situazione di grave incertezza tale contrasto nelle dichiarazioni rese dal M. non chiarisce in maniera inequivoca quello che effettivamente si è verificato, e pone seri dubbi di attendibilità sulle dichiarazioni del teste . A questo punto, evidentemente per sciogliere tale incertezza, il giudice d’appello procede a elencare e vagliare ulteriori elementi che, come si vedrà dalla conclusione, stima idonei a dissipare ogni dubbio. Il primo è l’appunto che il teste non è stato subito indicato dall’attore in atto di citazione - in riferimento al teste M. , di cui immediatamente prima era stata vagliata la testimonianza senza peraltro sollevare una questione di inammissibilità della testimonianza per tardività processuale. A ciò fa seguito il fatto che l’attore, negli atti di ricovero medico che allega al processo, susseguitisi nei giorni successivi alla caduta, e nello stesso primo ricovero del 5.1.2002, non riferisce ai sanitari la dinamica dell’incidente, come è plausibile che avvenga, né che l’incidente si era verificato a causa di una pedana mal posta su una fognatura, né indica eventuali responsabilità o soggetti che avevano assistito a tale caduta . Inoltre, giudica la corte non chiarito l’ambito della deposizione del fratello dell’attore, V.A. - quindi un ulteriore teste -, il quale sarebbe intervenuto la sera stessa della caduta, cioè il 4 gennaio 2002, e aveva dichiarato di aver accompagnato all’ospedale il fratello nell’immediatezza dell’incidente, che la stessa sera sarebbe stato sottoposto a una radiografia e poi da lui riaccompagnato a casa per ritornare in ospedale l’indomani . La corte osserva che di tale fatto non viene documentato alcunché perché l’attore non avrebbe allegato alcun referto di pronto soccorso del 4 gennaio 2002 in cui si facesse riferimento al controllo radiografico, ma solo una cartella clinica attestante ingresso il 5 e uscita il 7 gennaio 2002, nella quale non era neanche indicata la genesi della caduta e anche il teste M. , continua la corte, non dà alcuna contezza della presenza e dell’intervento nell’immediatezza del fratello dell’attore. Infine, nota la corte che l’azione giudiziaria è stata proposta ben quasi dieci mesi dopo la caduta senza che prima fosse emerso alcunché in ordine alla prospettata responsabilità del Comune . Tutto questo, secondo il giudice d’appello, costituirebbe il quadro probatorio , il quale fornirebbe un esito necessariamente carente in ordine alla ricostruzione dei fatti così come narrati dall’attore ne discende l’accoglimento dell’appello. 3.2 Ora, dei due motivi addotti dal ricorrente, per logica giuridica è corretto esaminare per primo quello che viene rubricato come secondo, nel quale si denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 184 c.p.c. secondo il ricorrente, con una affermazione che appare, quantomeno, arbitraria , il giudice d’appello ha censurato che il teste M. non sia stato subito indicato nell’atto di citazione. Il motivo è chiaramente di rito, e altrettanto chiaramente il ricorrente ha interesse a proporlo. Infatti la corte territoriale, come sopra si è visto nella sintesi tracciata, reputa, implicitamente ma inequivocamente, che, non indicando il nome del teste nell’atto di citazione, l’attore abbia posto in essere un comportamento processuale valutabile a suo sfavore è presumibile che la corte si sia connessa all’articolo 116, secondo comma, c.p.c. laddove prevede che il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno delle parti stesse nel processo , intendendo peraltro la corte per parti non solo quelle sostanziali ma anche il difensore . Invero, il giudice d’appello colloca questa mancata indicazione nel quadro probatorio, e precisamente in un quadro che reputa in complesso sfavorevole alla veridicità dei fatti allegati dall’attore. È ictu oculi insostenibile una siffatta posizione, in uno schema processuale in cui, secondo il testo ratione temporis applicabile dell’articolo 184 c.p.c. - ovvero quello introdotto dall’articolo 18 I. 26 novembre 1990 numero 253, antecedente al testo attualmente vigente derivante dall’articolo 2 d.l. 14 marzo 2005 numero 35, convertito con modifiche in l. 14 maggio 2005 numero 80, come modificato dall’articolo 1 l. 28 dicembre 2005 numero 263 -, proprio i termini di cui alla suddetta norma sono destinati al dispiegamento completo delle istanze istruttorie. Non risulta pertanto utilizzabile a fine probatorio neanche nella più infima misura il fatto che l’attore si sia avvalso dell’articolo 184 c.p.c. anziché presentare ogni sua istanza istruttoria in modo completo - inclusivo, quindi, dei nomi dei testi - già nell’atto di citazione, come invece ha fatto la Corte d’appello di Caltanissetta. Il motivo, pertanto, merita accoglimento. 3.3 Il motivo del ricorso rubricato come primo denuncia omesso, insufficiente e contraddittorio esame di elementi decisivi, ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., del quale nella presente causa è applicabile ratione temporis il dettato dell’articolo 360, primo comma, numero 5 nel testo anteriore all’articolo 54 d.l. 22 giugno 2012 numero 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012 numero 134. In questo motivo, in sostanza, il ricorrente ulteriormente avanza nella censura di quello che il giudice d’appello ha qualificato il suo quadro probatorio. E lo fa in due parti, la prima attinente alla valutazione del suddetto giudice sulla testimonianza M. - e qui, in effetti, si tratta di una inequivoca proposta di valutazione alternativa, che non ha quindi spazio davanti al giudice di legittimità -, e la seconda rilevante il contrasto tra quanto era stato evidenziato dal giudice di prime cure e quanto dichiarato - senza spendere parola per confutare in modo specifico la prima sentenza al riguardo - dal giudice di secondo grado. In particolare, il ricorrente evidenzia che il Tribunale aveva dato atto della produzione documento 3 attoreo di certificazione rilasciata dal Pronto soccorso del presidio ospedaliero omissis attestante che, in data 4.1.2002, alle 21 00 V.C. si era presentato riferendo di essere caduto inciampando in una botola di fognatura sporgente in Via omissis nel comune di a conferma delle dichiarazioni del teste V.A. . Invece, come già si è visto, effettivamente il giudice d’appello afferma che l’attore non allega alcun referto di pronto soccorso del 4.1.2002 con il riferito controllo radiografico e che ciò fa sì che di quanto raccontato dal fratello dell’attore sull’avere soccorso il fratello nell’immediatezza, sull’avere accompagnato il fratello al pronto soccorso e sull’averlo poi riaccompagnato a casa non viene documentato alcunché . Si tratta peraltro di una evidente illogicità, dal momento che non può configurarsi come assenza della prova documentale di alcunché l’inesistenza di un referto del pronto soccorso nel caso in cui questo non attesti una radiografia. E d’altronde - si nota per inciso - non si comprende perché la corte dia per scontata la necessità di una completa conferma documentale della testimonianza di V.A. , come se il vincolo di parentela automaticamente dovesse inficiare l’attendibilità del teste e rendere necessari riscontri esterni poco più avanti, infatti, la corte annota pure che il teste M. , che essa stessa - si noti - aveva appena qualificato di dubbia attendibilità, non aveva parlato dell’intervento del fratello e in questo non mette minimamente in dubbio l’attendibilità del teste, al quale aveva appunto dedicato, in precedenza, plurime argomentazioni per smontare proprio la sicurezza della sua attendibilità affinché le sue dichiarazioni siano utilizzabili impostazione erronea Cass. sez.3, 20 gennaio 2006 numero 1109 non sussiste con riguardo alle deposizioni rese dai parenti o dal coniuge di una delle parti alcun principio di necessaria inattendibilità connessa al vincolo di parentela o coniugale, siccome privo di riscontri nell’attuale ordinamento, considerato che, venuto meno il divieto di testimoniare previsto dall’art. 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte Cost. numero 248 del 1974, l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente, in difetto di ulteriori elementi in base ai quali il giudice del merito reputi inficiarne la credibilità, per la sola circostanza dell’esistenza dei detti vincoli con le parti conformi Cass. sez.3, 24 maggio 2006 numero 12365 e Cass. sez.3, 21 febbraio 2011 numero 4202 e cfr. pure Cass. sez. 2, 6 dicembre 2007 numero 25549 e d’altronde la prova testimoniale, anche nel caso in cui si tratti di un unico teste, mai necessita, per espletare la sua valenza, riscontri esterni a suo supporto, tranne nell’ipotesi in cui si tratti - e non è indubbiamente il caso in esame - di testimonianza de relato in tal senso, e talora pure distinguendo il teste che ha preso conoscenza dal litigante, cioè de relato actoris , dal teste che ha preso conoscenza da un terzo, cioè de relato tout court , cfr. Cass. sez. 1, 19 luglio 2013 numero 17773 Cass. sez. 1, 14 febbraio 2008 numero 3709 Cass. sez. 1, 3 aprile 2007 numero 8358 Cass. sez. 1, 19 maggio 2006 numero 11844 Cass. sez. 1 8 febbraio 2006 numero 2815 Cass. sez. 3, 20 gennaio 2006 numero 1109 Cass. sez. lav., 24 marzo 2001 numero 4306 Cass. sez. lav., 4 giugno 1999 numero 5526 Cass. sez. lav., 17 ottobre 1997 numero 10297 . Da ultimo, evidenzia il ricorrente che il giudice d’appello ha inserito nel suo quadro probatorio il fatto che l’azione giudiziaria sarebbe stata proposta ben quasi dieci mesi dopo la caduta senza che prima fosse emerso alcunché sulla prospettata responsabilità del Comune. Anche in questo caso, avendo il ricorrente segnalato che era stata prodotta una raccomandata del 12 luglio 2002 con cui era stato chiesto il risarcimento dei danni al Comune, non si può non ammettere che la corte abbia pretermesso tale produzione, nel momento in cui formulava un rilievo dal contenuto con essa difficilmente compatibile. In sintesi, come la sostanza del motivo denuncia nella sua seconda parte, la corte ha strutturato sotto il profilo motivazionale un quadro probatorio che presenta evidenti illogicità e carenze, per cui anche questo motivo risulta meritevole di accoglimento. Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla stessa corte territoriale in diversa composizione, la quale dovrà attenersi al seguente principio di diritto qualora in atto introduttivo sia stata proposta istanza istruttoria di prova testimoniale senza indicare il nome del teste, e quest’ultimo tuttavia sia successivamente indicato entro i termini che il rito consente per il completo dispiegamento delle istanze istruttorie, tale legittima scelta dell’istante non può assumere alcun significato a lui sfavorevole ex art. 116 c.p.c. . P.Q.M. In accoglimento del ricorso cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione.