La mancata trascrizione dell’accettazione di eredità legittima il recesso da un preliminare?

L’art. 1481 codice civile richiede, per la sua applicazione, la prova di un pericolo concreto ed attuale.

La Sezione Terza Civile della Cassazione sentenza n. 13264 depositata il 28 giugno ha rigettato il ricorso teso alla affermazione della responsabilità a carico di un notaio per l’attività prestata in occasione di una compravendita. Il caso. Con riferimento ad una compravendita, l’acquirente convocava in giudizio le parti venditrici e il notaio che aveva curato l’atto, per ottenere il risarcimento dei danni e, nei confronti del notaio, anche la risoluzione del contratto professionale e la restituzione del compenso. Il problema della continuità nella serie dei trasferimenti. Infatti, acquistato il bene nel 1997, due anni dopo, nel 1999, la parte acquirente aveva stipulato un preliminare di vendita avente ad oggetto il medesimo bene e, contemporaneamente, aveva stipulato un contratto d’acquisto di un appartamento nel quale intendeva trasferirsi, versando una caparra. Tuttavia, in vista della stipula del contratto definitivo avente ad oggetto il bene di cui alla compravendita del 1997 , il notaio della parte promissaria acquirente aveva rilevato una assenza di regolare continuità nella serie dei trasferimenti di proprietà, con rischio di evizione dell’acquirente. Il legittimo” recesso del promissario acquirente. Su queste basi il promissario acquirente aveva ritenuto a suo dire legittimamente di recedere per giusta causa dal contratto preliminare, per cui l’attore, venuta meno la disponibilità di denaro derivante dalla vendita dell' immobile, aveva dovuto, a sua volta, recedere dal preliminare di acquisto avente ad oggetto il nuovo appartamento, perdendo la caparra e sostenendo spese inutili sia per il preventivato trasloco, sia per la provvisione riconosciuta all’agenzia di intermediazione. Il giudizio dei giudici di merito. Sia il Tribunale, sia la Corte d’appello, rigettavano le richieste fatte valere nei confronti del notaio. In sostanza, quanto al professionista, si trattava di una mancata trascrizione di una accettazione di eredità, da cui non poteva farsi discendere una responsabilità nei termini invocati, trattandosi di omissione sanabile ai fini della continuità delle trascrizioni. Non è giuridicamente esatto che per alienare un immobile la serie continua di trascrizioni è necessaria”. Secondo la Suprema Corte, non è giuridicamente esatto l'assunto per cui la mancanza della trascrizione dell'accettazione dell’eredità sia di per se stessa lesiva della situazione del promittente alienante tanto da poter fare presumere che solo per tale motivo il promissario acquirente abbia receduto dal contratto preliminare. Piuttosto, è corretta la sentenza laddove fa gravare sull'attore l'onere della prova del danno che si assume provocato dall'inadempimento, costituendo oggetto della prova relativa non solo l’avvenuto recesso del promissario acquirente, ma anche le ragioni di questa recesso. Prova che, nella specie, la Corte di merito ha ritenuto non raggiunta, senza che il ricorrente abbia censurato in alcun modo la relativa motivazione. Il mero timore” di rivendita del bene da parte di terzi e la corretta applicazione dell’art. 1481 codice civile. Secondo tale disposizione pericolo di rivendica , il compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia. Inoltre, il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita. Il pericolo deve essere concreto ed attuale. Ebbene, secondo gli Ermellini, è corretta in diritto la sentenza impugnata laddove richiede la prova di un pericolo concreto ed attuale ai sensi dell’art. 1481 codice civile. Va infatti ribadito l'orientamento che ritiene applicabile per analogia al contratto preliminare la norma da ultimo richiamata. Questa, in caso di preliminare di compravendita, va interpretata nel senso che è consentito al promissario acquirente di sottrarsi all'obbligo di stipulare il contratto definitivo soltanto quando sussista il pericolo concreto ed attuale che la cosa possa essere rivendicata da terzi, per cui non rileva il mero timore.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 febbraio – 28 giugno 2016, numero 13264 Presidente Travaglino – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1. R. R. conveniva in giudizio il notaio P.M. e le sorelle M.C. P. e L. P., esponendo che, in data 18 giugno 1997, aveva acquistato da queste ultime, con rogito a ministero del notaio M., l'appartamento specificato in atti che in data 16 febbraio 1999 aveva stipulato un preliminare di compravendita, avente ad oggetto lo stesso immobile, con C. C., contattato per il tramite dell'agenzia immobiliare Tullicam che parallelamente aveva stipulato con E.D.S. tramite diversa agenzia immobiliare un preliminare d'acquisto avente ad oggetto un altro appartamento specificato in atti, versando cinque milioni di lire a titolo di caparra ed acquisendone il possesso per il compimento dei lavori di ristrutturazione, con successivo trasloco degli arredi che, in vista della stipulazione del definitivo con il C., questi era stato informato, dal notaio G., da lui incaricato della vendita, di un'assenza di regolare continuità nella serie dei trasferimenti di proprietà dell'appartamento, con rischio di evizione dell'acquirente che il C. aveva ritenuto legittimamente di recedere per giusta causa dal contratto preliminare che esso istante, venuta meno la disponibilità di denaro derivante dalla vendita dell'immobile, era dovuto, a sua volta, recedere dal preliminare di acquisto concluso col D.S., con perdita della caparra che le ulteriori perdite erano costituite dall'esborso per le provvigioni all'agenzia Tullicam £ 1.297,14 , dai costi per il trasloco dei propri arredi 6.522,85 , dai costi per la trascrizione dell'atto di accettazione dell'eredità della dante causa delle sorelle P. E 686,90 . Deducendo che di questi fatti e dei conseguenti danni avrebbero dovuto rispondere le proprietarie venditrici del primo immobile, sorelle P., ed il notaio rogante, P.M., chiedeva che ne fosse dichiarata la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e fosse dichiarato risolto il contratto professionale col notaio M., con condanna delle convenute al risarcimento dei danni e del notaio M. anche alla restituzione del compenso. 1.1. Si costituiva in giudizio il notaio P.M., contestando le domande ed assumendo di avere svolto diligentemente l'incarico, dovendo semmai eventuali omissioni imputarsi al notaio che aveva curato le successioni di A. T. e della sua avente causa, A. P., quest'ultima dante causa delle sorelle P. contestava inoltre i danni richiesti e la sussistenza del nesso di causalità con il comportamento illegittimo attribuitole. Chiedeva il rigetto delle domande ed, in caso di accoglimento, la condanna in manleva delle sorelle P Si costituivano anche queste ultime e sostenevano la responsabilità del notaio per non avere compiuto i dovuti accertamenti invocavano la mancanza di ogni loro colpa per essere state inconsapevoli che era stato ignorato un chiamato all'eredità di A. T., dante causa della P. loro dante causa , ed evidenziavano la loro buona fede, dimostrata dal fatto che, una volta emersa l'esistenza di questo chiamato all'eredità, avevano offerto una garanzia per l'eventuale evizione. Chiedevano quindi il rigetto delle domande ed, in caso di accoglimento, la condanna in manleva del notaio M 1.2. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 13 marzo 2008, così provvedeva rigettava la domanda proposta da R. R. contro il notaio P.M. condannava solidalmente M.C. P. e L. P. al pagamento della somma di E 686,90 in favore di R. R., con gli interessi legali, rigettata ogni altra domanda rigettava la domanda proposta da M.C. e L. P. contro P.M. condannava il R. al pagamento delle spese processuali sostenute dal notaio M., liquidate nell'importo di E 5.028,63 dichiarava le spese di giudizio compensate per metà tra il R. e le sorelle P., ponendo a carico dell'attore la residua metà, liquidata nell'importo complessivo di E 3.142,00. 2. Avverso la sentenza proponeva appello principale R. R Le appellate si costituivano, contestando il gravame le sorelle P. proponevano appello incidentale. Con la decisione qui impugnata, pubblicata il 27 settembre 2012, la Corte d'Appello di Milano ha accolto parzialmente l'appello principale e rigettato l'incidentale, compensando per tre quarti le spese del primo grado tra il R. e le P. e condannando queste ultime al pagamento del quarto restante ha regolato allo stesso modo le spese del giudizio di appello tra le medesime parti ed ha condannato il R. al pagamento delle spese del grado in favore del notaio M 3. R. R. propone ricorso affidato a tre motivi. M.C. P. e L. P. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale con quattro motivi erroneamente numerati come cinque . Motivi della decisione RICORSO PRINCIPALE 1. Col primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2230, 1218, 1223, 1175, 1176, 1374, 1375 cod. civ., ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., sostenendosi l'errore della Corte d'Appello che ha escluso la responsabilità del notaio P.M. nello svolgimento dell'incarico affidatole per la redazione dell'atto di compravendita dell'immobile venduto dalle sorelle P. al P. Il ricorrente lamenta che il notaio non verificò la regolare continuità delle trascrizioni né si accertò che non vi fosse alcun rischio di evizione per l'acquirente. Sottolinea che -come emerso in giudizio la signora A. P. non aveva trascritto l'accettazione dell'eredità del coniuge e deduce che il notaio M., non avendo riscontrato questa mancanza di continuità delle trascrizioni, sarebbe stata gravemente inadempiente la Corte d'Appello, pur avendo riconosciuto la circostanza, avrebbe errato nell'escludere che fosse causalmente connessa con i pregiudizi lamentati dal R Vengono quindi svolte ulteriori considerazioni in merito all'inadempimento del notaio ed ai danni provocati al R. dal recesso del promissario acquirente, C 1.1. Connesso al primo motivo, in quanto riguardante il dedotto grave inadempimento del notaio M., è il secondo motivo del ricorso principale, col quale si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. , nonché violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 cod. civ. Il ricorrente ripropone, sotto altro aspetto, gli argomenti già esposti col primo motivo, sostenendo che la Corte d'Appello avrebbe omesso di esaminare il fatto storico della mancata continuità delle trascrizioni riguardanti l'immobile di via Flumendosa per la mancanza della trascrizione dell'accettazione di eredità del coniuge A. T. suo dante causa quanto alla proprietà dell'immobile de quo da parte della signora P Si sarebbe trattato di un fatto che, già da solo, avrebbe determinato l'impossibilità di vendere al promissario acquirente C., laddove il rischio di evizione sarebbe stata solo un'ulteriore e aggiuntiva conseguenza, determinata sempre dalla mancata trascrizione dell'accettazione di eredità della Signora P. . Il ricorrente aggiunge che proprio la mancata trascrizione avrebbe portato anche all'emersione concreta del pericolo di evizione , che non sarebbe stato possibile evitare, avendo il notaio G. incaricato del rogito dell'atto di compravendita tra il R. ed il C. segnalato come non fosse applicabile la tutela prevista dal numero 7 dell'articolo 2652 cod. civ. proprio a causa della mancata trascrizione dell'accettazione. 2. 1 motivi, da trattarsi congiuntamente per l'evidenziata connessione, non meritano di essere accolti. Per la comprensione della decisione giova premettere che non sono contestati i seguenti fatti in data 24 marzo 1990 era morto, senza testamento, A. T., lasciando quali eredi legittime la moglie, A. P. indicata in atti anche come P. , e due sorelle queste ultime avevano rinunciato all'eredità con atto notarile del 18 settembre 1990 in data 20 settembre 1990 era stata presentata all'ufficio del registro la dichiarazione di successione del T., dalla quale risultava quale unica erede la moglie A. P. non vi era trascrizione dell'accettazione dell'eredità T. da parte della P. in data 18 agosto 1991 era morta quest'ultima, lasciando testamento olografo pubblicato con verbale del 19 settembre 1991 a rogito del notaio M., col quale la P. aveva attribuito a titolo di legato alle nipoti M.C. e L. P. l'immobile di che trattasi l'acquisto a titolo di legato risultava dai registri immobiliari in data 10 giugno 1997 questo immobile era stato venduto dalle P. al R. con atto a rogito del notaio P.M. rep. numero 3438 racc. numero 1121 in data 16 febbraio 1999 il R. aveva concluso con C. C., per il tramite dell'agenzia immobiliare Tullicam S.r.l., un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto detto immobile. Questo riepilogo è sufficiente a sgomberare il campo da due equivoci riscontrabili negli atti di parte non vi era alcun legittimario pretermesso rispetto all'eredità T., trattandosi di successione legittima, avente ad oggetto denaro ed una pluralità di beni, mobili ed immobili, oltre quello in contestazione A. P., coniuge del de cuius, avendo rinunciato le altre chiamate a titolo di eredi legittime, sorelle del de cuius, era l'unica chiamata ad aver accettato l'eredità T. e ad essere divenuta erede, pur senza avere trascritto nei pubblici registri accettazione espressa od atto comportante accettazione tacita ai sensi dell'articolo 2648 cod. civ. 2.1. Dato quanto sopra, la Corte d'Appello di Milano ha dato conto delle seguenti due ulteriori emergenze processuali il R. non ha prodotto alcun documento da cui risulti in modo diretto il motivo di recesso del C. ed anzi era mancante tra gli atti prodotti in appello anche il contratto preliminare concluso tra le parti, che tuttavia risultava prodotto in primo grado cfr. pag. 6 della sentenza il notaio G. aveva affermato che aveva saputo da una delle sorelle P. che vi fosse un chiamato per rappresentazione, figlio di una delle sorelle T., ma che egli non aveva potuto accertare tale circostanza inoltre, M.C. e L. P. non hanno fornito alcun elemento che possa consentire l'identificazione del chiamato per rappresentazione non indicato nella denuncia di successione di A. T. e non risulta pertanto neppure provata l'esistenza in vita di detto asserito chiamato alla data del 16.2.1999, in cui il R. ha concluso il contratto preliminare di compravendita con C. cfr. pag. 7 della sentenza . Questi accertamenti in fatto non sono censurati dal ricorrente. 2.2. In diritto, la Corte d'Appello ha quindi fondato la decisione di rigetto delle domande risarcitorie avanzate dal R. sui seguenti due rilievi 1 l'omessa trascrizione dell'accettazione dell'eredità di A. T. da parte di A. P. non risulta causalmente connessa con i pregiudizi lamentati dal R. in relazione alla mancata conclusione del contratto definitivo di vendita dell'immobile che aveva acquistato da M.C. e L. P. , proprio in ragione della mancata dimostrazione del motivo di recesso del C. e della mancanza di prova dell'esistenza e/o dell'attuale esistenza in vita di un chiamato per rappresentazione un, non meglio identificato, figlio di una delle due sorelle del T., senza che sia stato accertato nemmeno quale delle due avesse avuto figli, come sottolineato dalla Corte d'Appello 2 in ogni caso , l'esistenza di un chiamato che avrebbe ancora potuto accettare l'eredità di A. T., non essendo ancora prescritto il relativo diritto numero d.r. per un periodo pressappoco di un anno , non avrebbe potuto giustificare il rifiuto del C. di concludere il contratto definitivo, non sussistendo il pericolo attuale e concreto di evizione ai sensi dell'articolo 1481 cod. civ. La Corte di merito giustifica questa affermazione con la considerazione che il pericolo di evizione sarebbe stato meramente presuntivo sia perché il chiamato era rimasto inerte per più di otto anni sia perché non avrebbe potuto essere certo che, se questi avesse accettato l'eredità del T., l'immobile sarebbe stato attribuito in quota al medesimo, in quanto nell'eredità di A. T. vi erano altri beni immobili, nonché denaro e titoli, per un valore di gran lunga superiore a quello dell'immobile in contestazione cfr. pagg. 7-8 della sentenza . I motivi di ricorso contestano la prima ratio decidendi, senza censurare -come detto i due accertamenti fattuali che vi stanno a base nessuno dei due motivi si occupa direttamente della seconda ratio decidendi, né critica il ricorso nel caso di specie all'articolo 1481 cod. civ. ovvero confuta l'interpretazione che ne è stata data. 3. Con la prima delle due affermazioni su riportate, la Corte d'appello -con motivazione che smentisce l'assunto che sta a base del secondo motivo di ricorso, secondo cui il giudice del merito non avrebbe esaminato il fatto storico della mancanza della continuità delle trascrizioni ha preso atto di questa mancanza e l'ha ascritta a responsabilità del notaio M Considerato il tenore della decisione, non colgono nel segno gli argomenti illustrati col primo motivo, in quanto sono volti a sostenere che il notaio fu inadempiente ai propri obblighi professionali, ma non a dimostrare come questo inadempimento nient'affatto escluso dal giudice a quo sia stato causa dei danni lamentati dal R Ed invero, sebbene sia imputabile anche al notaio M. oltre che al notaio che curò le successioni la mancata trascrizione dell'accettazione dell'eredità T. da parte della P., trattasi di omissione sanabile ai fini della continuità delle trascrizioni. Quanto alla possibilità di ripristinare la continuità delle trascrizioni senza alcun pregiudizio per l'ultimo acquirente è sufficiente richiamare l'articolo 2650, comma secondo, cod. civ. a norma del quale quando l'atto anteriore di acquisto è stato trascritto, le successive trascrizioni o iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo, salvo il disposto dell'articolo 2644 cod. civ. quest'ultimo, a sua volta, prevede che gli atti enunciati nell'articolo 2643 cod. civ., tra cui i contratti che trasferiscono la proprietà dei beni immobili, non hanno effetto riguardo a terzi che a qualunque titolo abbiano acquistato diritti sugli immobili in base ad atto trascritto od iscritto anteriormente. Poiché nel caso di specie non vi è stata alcuna trascrizione od iscrizione intermedia a favore di terzi diversi dalle parti in causa , si sarebbe potuto procedere -come di fatto si è proceduto a trascrivere l'accettazione tacita dell'eredità T. effettuata dalla P. mediante il lascito testamentario a titolo di legato in favore delle P., così assicurando la continuità delle trascrizioni, ai sensi dell'art_ 2650, comma secondo, cod. civ. Questa trascrizione ha ripristinato l'ordine delle trascrizioni dall'acquisto del T., per il tramite della successione della P. e dell'acquisto del legato da parte delle P., fino alla vendita al R. pertanto, quest'ultimo ben avrebbe potuto vendere al promissario acquirente C., senza che risultassero pregiudicati diritti di terzi iscritti o trascritti anteriormente. In sintesi, non è giuridicamente esatto che per alienare un immobile . la serie continua di trascrizioni è necessaria , come si legge in ricorso così a pag. 19, ma cfr. anche pag. 31 . Quindi, non è giuridicamente esatto l'assunto -su cui si basa gran parte delle argomentazioni del ricorrente che la mancanza della trascrizione dell'accettazione dell'eredità sia di per sé stessa lesiva della situazione del R. quale promittente alienante, tanto da poter fare presumere che solo perciò il C. sia receduto dal contratto preliminare. Piuttosto, è corretta la sentenza laddove fa gravare sull'attore l'onere della prova del danno che si assume provocato dall'inadempimento, costituendo oggetto della prova relativa non solo l'avvenuto recesso del promissario acquirente, ma anche le ragioni di questo recesso. Prova che, nella specie, la Corte ha ritenuto non raggiunta, senza che il ricorrente abbia censurato in alcun modo la relativa motivazione sopra riportata . 3.1. Quanto, poi, alle argomentazioni del ricorrente volte a dimostrare l'esistenza di un pericolo di evizione, si osserva che esse si limitano a palesare un pericolo solo astrattamente esistente. Invece, è corretta in diritto la sentenza laddove richiede la prova di un pericolo concreto ed attuale, ai sensi dell'articolo 1481 cod. civ. Va qui ribadito l'orientamento di questa Corte, seguito dal giudice di merito, che ritiene applicabile per analogia al contratto preliminare la norma da ultimo richiamata. Questa, in caso di preliminare di compravendita, va interpretata nel senso che è consentito al promissario acquirente di sottrarsi all'obbligo di stipulare il contratto definitivo soltanto quando sussista il pericolo concreto ed attuale che la cosa possa essere rivendicata da terzi cfr. già Cass. numero 5979/94, secondo cui la facoltà di cui all'articolo 1481 cod. civ, presuppone non il mero timore di pretese del terzo sull'oggetto del contratto ma che risulti concretamente la volontà del terzo di promuovere azioni volte ad ottenere il riconoscimento dei suoi asseriti diritti sul bene e che la . sospensione non sia contraria a buona fede, ricorrendo tali condizioni allorché il pericolo di azioni siffatte si connoti per serietà e concretezza, si da escludere la presenza di un pretesto dell'obbligato per rifiutare l'adempimento dovuto nello stesso senso anche Cass. numero 24340/11, citata in sentenza, e, di recente, Cass. numero 3390/16 . 3.1.1.-E' vero che, come sostenuto in ricorsa, in ogni momento, entro il decennio dall'apertura della successione, avrebbe potuto accettare l'eredità T. l'altro eventuale chiamato, in modo che il bene acquistato dal terzo nella specie, quello delle legatarie P. era potenzialmente idoneo ad essere rivendicato come parte di una comunione ereditaria e che, in tale eventualità, non sarebbe stata operante la tutela assicurata ai terzi dall'articolo 2652 numero 7 cod. civ. perché mancava la trascrizione dell'acquisto dell'erede apparente. Tuttavia, il giudice a quo non si è fermato alla constatazione della fattispecie astratta. Ha presupposto che la rivendicazione, in tutto od in parte, di detto bene, dopo il primo lascito testamentario e la successiva vendita al R., sarebbe stata possibile soltanto se fosse realmente esistito un chiamato a succedere pro-quota nella stessa eredità T. se, in caso positivo, avesse avuto a disposizione un tempo significativo per la relativa accettazione od avesse manifestato un qualche interesse essendo comunque, nelle more, da escludere che l'eredità fosse giacente, sia pure pro-quota, essendovi già un erede cfr. Cass. numero 2611/01 se, ancora, in caso di accettazione e di eventuale azione di petizione, si fosse costituita la comunione ereditaria che, appunto, presuppone accettazione di tutti i chiamati cfr. Cass. numero 5443/94 se all'esito della divisione il bene conteso fosse stato attribuito proprio all'erede ultimo accettante. Eventualità, tutte, escluse in concreto dal giudice di merito con riferimento, come detto, alla mancata prova dell'esistenza del chiamato per rappresentazione al fatto che questi era rimasto inerte per più di otto anni e che comunque, alla data del recesso da parte del promissario acquirente, il tempo residuo per accettare l'eredità era ridotto a meno di un anno al fatto che il compendio ereditario, anche privato del bene in contestazione, era più che capiente per soddisfare le ragioni dell'ipotetico condividente -che sarebbe succeduto nella quota di un terzo , senza che il ricorrente abbia censurato la decisione, sia quanto al riscontro dei fatti appena esposti, sia quanto all'applicabilità nella specie dell'articolo 1481 cod. civ., sia infine quanto all'apprezzamento dell'inattualità e della mancanza di concretezza del pericolo di evizione. In conclusione, il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno rigettati. 4. Col terzo motivo, il ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1476 obbligazioni del venditore , 1218, 1175, 1176, 1374, 1375 cod. civ. ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. , censura il rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei confronti delle sorelle P Il ricorrente sostiene che queste ultime avrebbero saputo che esisteva, nell'ambito della successione di A. T., un erede pretermesso dal de cuius , ma avrebbero celato il fatto, approfittando della grave negligenza commessa dal notaio M. e soltanto dopo le sollecitazioni del notaio G. si ricordarono di avere un cugino che sarebbe stato chiamato all'eredità T Deduce che a causa di questa sleale reticenza, le sorelle pozzi si sarebbero dovute ritenere responsabili in concorso col notaio M 4.1. Il motivo non merita di essere accolto, in primo luogo, perché il comportamento sleale attribuito alle sorelle P. risulta privo di efficienza causale rispetto al danno paventato dal ricorrente, considerato quanto detto sopra a proposito del pericolo di evizione. in secondo luogo, è inammissibile poiché si basa su un fatto storico conoscenza da parte delle P. dell'esistenza di un chiamato per rappresentazione all'eredità T. che le stesse hanno sempre negato e che non risulta accertato dal giudice di merito nemmeno quanto all'asserito rapporto di parentela tra le P. ed il T., risultando soltanto che le prime fossero nipoti della P., cioè legate da rapporto di parentela diretta con quest'ultima, e non col marito . Il ricorrente dà per scontati fatti non accertati, senza censurare questo mancato accertamento. In conclusione il terzo motivo del ricorso principale va rigettato. Ricorso incidentale 5. Col primo motivo le ricorrenti incidentali P. denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2230, 1218, 1223, 1175, 1176, 1374, 1375 e 2697 cod. civ. , al fine di censurare la loro condanna al pagamento della somma di E 686,90 in favore del R., a titolo di rimborso delle spese sostenute per la trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità T. da parte della loro dante causa P Sostengono che questa spesa avrebbe dovuto essere ascritta a responsabilità del notaio M., con conseguente condanna di quest'ultima al pagamento della somma corrispondente in favore del R 5.1. La medesima censura è riproposta, sotto altri profili, col secondo e col terzo motivo, con i quali si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 649, comma primo, e 2648 ult. co . e vizio di omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio in riferimento all'articolo 360 numero 5 cpc circa la conferma della condanna delle convenute al pagamento delle spese di trascrizione della mancata accettazione tacita di A. T. e sul rigetto della domanda di manleva spiegata nei confronti del notaio M. . 6. A prescindere dall'inammissibile riferimento alla norma dell'articolo 360 numero 5 cod. proc, civ. nel testo non più in vigore atteso che, essendo stata la sentenza pubblicata il 27 settembre 2012 si applicherebbe, tutt'al più, la norma introdotta dall'articolo I 54 del d.l. numero 83 del 2012 cony. nella l. numero 134 del 2012 , i motivi sono manifestamente infondati. La Corte d'appello ha correttamente rilevato che la trascrizione dei testamento olografo di A. P., dal quale risultava l'accettazione tacita dell'eredità di A. T., era necessaria per la continuità delle trascrizioni riguardanti l'immobile di Milano, via Flumendosa numero 47. Nel rapporto con il R. la trascrizione e le relative spese erano pertanto onere di M.C. e L. P., in quanto venditrici dell'immobile loro attribuito a titolo di legato . 6.1. La lunga illustrazione a sostegno dei motivi in esame non scalfisce questa, che è l'evidente, unica, ragione per la quale la pretesa delle P. risulta manifestamente infondata, consentendo di trarre le conclusioni di cui appresso quanto al primo motivo, anche se il notaio M. le avesse informate della necessità della trascrizione dell'accettazione tacita dell'eredità T. come si è detto che avrebbe dovuto fare, perché la trascrizione in parola era comunque necessaria ai sensi dell'articolo 2650 cod. civ. , la spesa relativa sarebbe stata comunque a loro carico -trattandosi di spesa inevitabile, a meno di rinunciare alla vendita dell'immobile di provenienza ereditaria quindi, è assurda la pretesa di farne sostenere l'onere al notaio rogante, a titolo di risarcimento danni per violazione di un obbligo di informazione il cui rispetto non avrebbe potuto preservarle dall'esborso quanto ai motivi secondo e terzo, i rapporti tra le legatarie P. e gli eredi testamentari della P. sono evidentemente estranei al presente giudizio, mentre è corretta la decisione della Corte di gravare della spesa le venditrici P. nei rapporti con l'acquirente R I primi tre motivi del ricorso incidentale vanno perciò rigettati. 7. Col quarto motivo del ricorso incidentale erroneamente rubricato come quinto , si denuncia violazione e falsa applicazione ed omessa motivazione in ordine al regolamento delle spese liquidate in primo ed in secondo grado, in riferimento all'articolo 92 cod. proc. civ., ai sensi dell'articolo 360 numero 3 e numero 5 cod. proc. civ. Le ricorrenti sostengono che la compensazione parziale non sarebbe stata motivata. 7.1. Il motivo è inammissibile. Vi è stata una soccombenza reciproca parziale, che tuttavia ha comportato l'accoglimento di una delle domande avanzate dal R. nei confronti delle P Va fatta applicazione del principio per il quale la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell'articolo 92, secondo comma, cod. proc. civ., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un'esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente così Cass. numero 2149/14 . In conclusione, sia il ricorso principale che l'incidentale vanno rigettati. La soccombenza reciproca rende di giustizia la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità. Avuto riguardo all'epoca di proposizione di entrambi i ricorsi posteriore al 30 gennaio 2013 , la Corte dà atto dell'applicabilità dell'art_13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228 nei confronti delle ricorrenti incidentali. Non sussistono invece i presupposti per l'applicazione della norma nei confronti del ricorrente principale in quanto ammesso al gratuito patrocinio. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi principale ed incidentale, li rigetta entrambi. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali in solido, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.