Omicidio mafioso ed accesso al fondo di rotazione da parte dei congiunti

In caso di omicidio commesso per vendetta in danno di chi aveva fino ad allora contrastato le attività di un’organizzazione criminale di stampo mafioso, i congiunti che agiscano per ottenere il risarcimento dei danni patiti, possono accedere al fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso?

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8646/16, depositata il 3 maggio. Il fatto. Per ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito dell’omicidio del fratello, carabiniere ucciso per vendetta da due appartenenti ad un clan camorristico, i congiunti convenivano davanti al Tribunale di Napoli uno degli autori condannato definitivamente dal giudice penale a 18 anni di reclusione e al risarcimento dei danni a favore dei congiunti , nonchè il Ministero dell’Interno e il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. Con la stessa domanda chiedevano pure accertarsi che il reato posto in essere rientrava tra quelli legittimanti l’accesso al Fondo di rotazione ai sensi della l. n. 512/99. Tale domanda non trovava accoglimento né in primo grado, né in appello. I congiunti proponevano, quindi, ricorso in Cassazione. Notifica a mani del carabiniere alla residenza anagrafica del collaboratore di giustizia. In via preliminare, la Corte affronta la questione della rinotifica del ricorso introduttivo al convenuto nel frattempo ammesso al programma di protezione previsto per i collaboratori di giustizia , eseguita nella sua residenza anagrafica, qualificandola come rituale. Ritiene, infatti, il Collegio che, per la peculiarità delle condizioni di espletamento del servizio di protezione dei collaboratori di giustizia, la previsione dell’art. 139 c.p.c. in tema di persone addette alla casa” a mani delle quali validamente operare la consegna dell’atto da notificare vada estesa anche a quegli agenti delle forze dell’ordine che, per essere presenti sul posto della residenza anagrafica del collaboratore di giustizia sotto protezione ed essendosi interposti all’ufficiale notificante che tentava di raggiungere il destinatario ed anzi avendo ricevuto l’atto stesso, devono reputarsi ivi presenti in quanto comandato proprio – o almeno anche – per le finalità di protezione del collaboratore di giustizia e possono allora qualificarsi in relazione, latu sensu , di servizio, tale con quest’ultimo da restare obbligati, in dipendenza del loro ufficio, alla successiva consegna dell’atto . Omicidio mafioso . Per quanto riguarda poi il merito del ricorso, la Corte di Cassazione lo accoglie in applicazione del seguente principio di diritto in caso di omicidio commesso per vendetta in danno di chi aveva fino ad allora contrastato le attività di un’organizzazione criminale di stampo mafioso spetta ai congiunti della vittima, i quali agiscano contestualmente in via diretta per il risarcimento del danno da uccisione nei confronti dell’autore del crimine e per il caso in cui la relativa domanda sia accolta, il diritto di accesso ai benefici di cui alla legge n. 512/99, nei limiti e con le modalità di erogazione previsti da tale legge e dai regolamenti di attuazione . Per tali ragioni, la S.C., cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità, affinchè riesamini entrambe le domande dei congiunti della vittima quella di risarcimento del danno contro l’autore del reato di cui malamente è stata omessa qualsiasi disamina nel merito e quella del loro diritto di accesso al fondo di rotazione previsto dalla l. n. 512/99, alla luce del principio sopra richiamato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 gennaio – 3 maggio 2016, numero 8646 Presidente Frasca – Relatore De Stefano Svolgimento del processo p.1. - Per conseguire il risarcimento dei danni - patrimoniali, biologici e morali - patiti per l’uccisione del fratello M.S. , appuntato dei Carabinieri in servizio presso il Nucleo Operativo di omissis , in data da parte di due appartenenti ad un clan camorristico, M.G. e M. convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli uno degli autori, tale S.T. , nonché il Ministero dell’Interno ed il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. Per il brutale assassinio, seguito ad una rapina occasionata dal casuale rinvenimento della vittima mentre non si trovava in servizio e ad un feroce pestaggio, lo S. era stato definitivamente condannato dal competente giudice penale a diciotto anni di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore della vedova e della figlia della vittima, riconoscendosi nelle sentenze che egli, esponente del clan I. , aveva agito per vendetta contro il Carabiniere, avendo questi in passato contrastato le sue condotte illecite con la presenza continua nel rione omissis , dove il malvivente abitava e dove in passato aveva avuto anche una batteria di fuoco. Con la stessa domanda i M. chiesero pure accertarsi che il reato posto in essere dallo S. rientrava tra quelli legittimanti l’accesso al Fondo di rotazione ai sensi della legge 512/99, con condanna dello S. e del Ministero dell’Interno al pagamento di Euro 150.000 o della diversa somma ritenuta di giustizia. Il solo Ministero si costituì, negando la sussistenza dei requisiti di accesso al Fondo ex lege 512/99 e comunque invocando la spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo e, all’esito di istruttoria documentale, il tribunale, nulla disponendo su quella di condanna dell’autore del reato al risarcimento, rigettò domanda di accesso al Fondo, compensando le spese di lite del grado. Avverso tale sentenza, resa il 31.10.08 col numero 11062, interposero appello i M. , cui resistette il Ministero ma, nonostante la produzione di documentazione sull’intervenuto riconoscimento dell’accesso al fondo anche per la figlia e per i genitori della vittima, l’adita corte territoriale rigettò il gravame, escludendo le lamentate omissioni di pronuncia sulla domanda diretta nei confronti dell’autore del reato per il difetto di tempestiva sottoposizione al primo giudice degli elementi di diritto costituenti la domanda, nonché sulle domande per le provvidenze di cui alle leggi 466/80 e 302/90, riguardo alle quali ultime escluse la sussistenza dei requisiti per il difetto della convivenza a carico dell’ucciso mentre ribadì la non spettanza neppure del diritto all’accesso al fondo di rotazione, sia perché gli attori non si erano costituiti parte civile nel procedimento penale a carico dell’autore del delitto, sia perché essi non sarebbero stati legittimati ad agire contro la P.A. per il risarcimento dei danni derivanti da quel delitto, siccome non creditori di prestazioni assistenziali ai sensi delle leggi 302/90 e 466/80 da opporre al Fondo. Per la cassazione di tale sentenza, resa dalla corte partenopea il 23.7.13 col numero 2990, hanno proposto ricorso per cassazione i M. , affidandosi a due motivi, cui ha replicato il Ministero dell’Interno con controricorso, con esclusiva eccezione di tardività del ricorso eseguita nuova notificazione del ricorso allo S. , è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. con proposta di ordine di rinnovazione della notifica del ricorso allo S. , nel frattempo ammesso al programma di protezione previsto per i collaboratori di giustizia. Tuttavia, all’adunanza in camera di consiglio della sesta sezione civile di questa Corte del 12.11.15 è stata disposta la rimessione del ricorso alla discussione in pubblica udienza del 15.1.16, per la quale i soli ricorrenti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione p.2. - In via preliminare, deve finalmente qualificarsi rituale la rinotifica del ricorso introduttivo allo S. , eseguita alla sua residenza anagrafica di omissis . Al riguardo - non può di ufficio riscontrare o valutare questa Corte - e, d’altra parte, a stretto rigore neppure rilevando direttamente - se quella possa o meno corrispondere alla sede di un comando territoriale di forze dell’ordine o di polizia, dinanzi alla certificazione dei competenti servizi dell’anagrafe di quel Comune sul fatto che proprio lì lo S. ha la sua residenza anagrafica e che quindi egli abitualmente ivi dimora - né rileva che la rinnovazione sia stata eseguita a mani di soggetto che sull’avviso di ricevimento si qualifica sic et simpliciter carabiniere . p.2.1. Attesa la qualità di litisconsorte necessario per le ragioni già esposte nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. datata 15.7.15 e in dipendenza della ricostruzione della ivi richiamata Cass. Sez. Unumero , 29 agosto 2008, numero 21927, della responsabilità del Ministero quale surrogatoria, per fini solidaristici, di quella dell’autore del delitto dello S. , del resto autore del solo fatto cui gli originari attori ricollegano tutte le responsabilità invocate a vario titolo in giudizio, la ritualità della notifica agli altri soggetti avrebbe in ogni caso imposto, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., la rinnovazione della prima notifica a quegli, siccome malamente eseguita presso la Direzione centrale di polizia criminale servizio centrale di protezione per i collaboratori di giustizia, visto che essa andava comunque effettuata presso la residenza anagrafica del destinatario Cass. 19 novembre 2007, numero 23838 . p.2.2. Deve ora in via definitiva ritenersi che, per la peculiarità delle condizioni di espletamento del servizio di protezione dei collaboratori di giustizia, la previsione dell’art. 139 cod. proc. civ. in tema di persone addette alla casa a mani delle quali validamente operare la consegna dell’atto da notificare vada estesa anche a quegli agenti delle forze dell’ordine che, per essere presenti sul posto della residenza anagrafica del collaboratore di giustizia sotto protezione ed essendosi interposti all’ufficiale notificante che tentava di raggiungere il destinatario ed anzi avendo ricevuto l’atto stesso, devono reputarsi ivi presenti in quanto comandati proprio - o almeno anche - per le finalità di protezione del collaboratore di giustizia e possono allora qualificarsi in relazione, lato sensu, di servizio, tale con quest’ultimo da restare obbligati, in dipendenza del loro ufficio, alla successiva consegna dell’atto. E ad analoga conclusione deve giungersi a maggior ragione per il caso, non provato né allegato, in cui la residenza anagrafica del soggetto ammesso a detto programma coincida con la sede di un comando territoriale di forze dell’ordine in quanto l’accertamento dell’abituale dimora in quel medesimo luogo comporta l’instaurazione di analogo rapporto tra il rappresentante di quelle forze dell’ordine ed il comando e, correlativamente, con chi per obblighi di ufficio è ivi dimorante in via abituale. 2.3. Pertanto, deve qualificarsi validamente eseguita la nuova notificazione del ricorso per cassazione al litisconsorte necessario S. in data 27.5.15 a mani del carabiniere M. ? XXXXXXX alla residenza anagrafica del primo, quale collaboratore di giustizia ammesso a programma di protezione e può passarsi all’esame delle doglianze sulle quali si articola il ricorso dei germani M. . 3. - Destituita di qualsiasi fondamento è poi l’unica eccezione formulata dal controricorrente, di tardività del ricorso. Avverso la sentenza depositata il 23.7.13 la spedizione per la notifica a mezzo posta almeno all’Avvocatura Generale dello Stato si è avuta mercoledì 22.10.14 e, cioè, il penultimo giorno utile in applicazione del termine annuale, maggiorato beninteso - non comportandone l’oggetto della controversia alcuna esenzione - della sospensione feriale all’epoca ancora di quarantasei giorni, dovendo applicarsi due volte per avere il termine coinvolto due periodi annuali successivi di sospensione su quest’ultimo punto, v., tra le prime, Cass. 17 maggio 1979, numero 2823, seguita da innumerevoli altre, fino a - tra molte - Cass. 29 settembre 2009, numero 20817, ovvero a Cass., ord. 6 novembre 2011, numero 23634, ovvero ancora a Cass. 8 maggio 2015, numero 9320 . D’altra parte, si applica anche alle notifiche eseguite direttamente dall’avvocato ai sensi della legge numero 53 del 1994 per tutte Cass. 3 luglio 2014, numero 15234 Cass. 27 aprile 2015, numero 8489 il noto principio della scissione degli effetti della notifica tra colui che vi dà impulso e colui che la riceve e beninteso ove questa - come accade nella specie - abbia buon fine pertanto, il termine è rispettato da chi ne è onerato appunto con la sola spedizione del piego raccomandato che contiene l’atto da notificare, certificata dal timbro di accettazione dell’ufficio postale ovvero, pur non essendo questo il caso, con le modalità proprie dell’attestazione del tempo delle comunicazioni o notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o p.e.c. . p.4. - Ciò posto, va rilevato che M.G. e M. articolano due motivi di ricorso - un primo, di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 numero 3 in relazione all’art. 112 cpc, nonché ex art. 360 comma 1 numero 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con cui ad un tempo essi ribadiscono avere il tribunale del tutto omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento in via diretta contro l’autore del delitto e rimarcano come gli elementi di fatto a sostegno di quella fossero gli stessi a sostegno della domanda di accesso al fondo di rotazione, vale a dire la brutale uccisione del fratello con delitto ricollegabile ad associazione per delinquere di stampo mafioso - un secondo, di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 numero 3 in relazione all’art. 4, punto 2, e art. 6 della legge 512 del 1999 , con cui insistono per il riconoscimento del diritto all’accesso al fondo di rotazione, perché il delitto era stato commesso per agevolare l’attività dell’associazione di stampo mafioso, perché gli attori erano stati parte di un giudizio civile e perché mai essi avevano invocato le leggi del 1980 e del 1990. p.5. - Il primo motivo è fondato, sia pure interpretato come riferito - secondo quanto si evince dal contesto complessivo della doglianza - al sostanziale rigetto da parte della corte di appello della domanda avanzata in via principale fin dal primo grado nei confronti dell’autore del delitto nonostante la plateale omissione di pronuncia da parte del primo giudice. p.5.1. A questo riguardo, è evidente, in primo luogo, che appunto il tribunale ha del tutto omesso di prendere in considerazione la domanda principale di condanna diretta del responsabile del delitto per uccisione di congiunto, mentre la corte di appello, pure ammettendo tale omissione, la ha colmata di ufficio rilevando una possibile nullità della domanda, per tardività della specifica allegazione dei configurare un rigetto implicito di quella. Ma un rigetto implicito, tale da escludere il pronuncia rilevante ai fini dell’art. 112 cod. proc. civ., presuppone l’incompatibilità logico-giuridica delle tesi espressamente accolte con quelle poste a base della domanda non scrutinata tra molte Cass. 29 aprile 2006, numero 10052 Cass. 2 aprile 1997, numero 2871 Cass. 11 maggio 1978, numero 2316 mentre nella specie il tribunale, stando a quanto si ricava dalla stessa sentenza qui gravata, ha semplicemente escluso i presupposti del diritto vantato nei confronti del Ministero, identificandoli in una serie di circostanze di fatto assolutamente diverse e quindi per la indipendenti da quelle rilevanti per la ricostruzione della condotta dolosa a fondamento della civile responsabilità dell’autore. p.5.2. Alla fondatezza dell’originario motivo di appello male la corte territoriale ha poi contrapposto la tesi dell’inammissibilità della domanda - da un lato, perché ogni eventuale carenza di esposizione dei fatti costitutivi avrebbe dovuto indurre già il primo giudice non certo a disattendere sic et simpliciter la domanda, ma ad attivare i suoi poteri di impulso previsti dall’art. 164 cod. proc. civ. - ad ogni buon conto, perché quella carenza con tutta evidenza neppure sussiste, attesa l’evidente unitarietà dei fatti costitutivi posti a base della domanda contro l’autore materiale del delitto e contro il fondo di rotazione, cioè l’efferato delitto e le sue motivazioni, nel quadro della natura sussidiaria della responsabilità del soggetto pubblico pure invocata con lo stesso atto. p.5.3. La domanda di risarcimento diretto avanzata nei confronti dell’assassino andava così esaminata nel merito e, tanto non avendolo fatto i giudici di primo e di secondo grado, sul punto la gravata sentenza va senz’altro cassata, affinché il giudice del rinvio finalmente vi provveda, beninteso impregiudicato l’esito delle sue valutazioni al riguardo. p.6. - Il secondo motivo è anch’esso fondato, una volta riscontrato come risulti idoneamente chiara la prospettazione, da parte degli allora attori M. , ai giudici del merito del diritto di accesso al fondo di rotazione previsto dalla legge numero 512 del 1999 in relazione alla sola azione civile, sia pure contestualmente proposta, per i danni derivanti dal delitto di criminalità mafiosa. p.6.1. La problematica della responsabilità - principale o sussidiaria poco importa - dello Stato per i danni patiti dalle vittime dei reati non viene qui in rilievo nei suoi termini generali, come delineati dalla nota Direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004 limitata peraltro ai casi di reati violenti e intenzionali, quando i loro autori siano rimasti ignoti o siano impossidenti e dal successivo d.lgs. 9 novembre 2007, numero 204, anche alla luce della prima interpretazione datane dalla Corte di Giustizia UE Corte giust. UE, 30.1.2014, Paola C., causa C-122/13, sia pure con dichiarazione di manifesta incompetenza . Infatti, tale cospicua problematica riguarda proprio la generalizzazione - finora esclusa, come è noto, dall’ordinamento nazionale - di tutela riparatoria per la generalità dei reati violenti e intenzionali in caso di impossibile rivalsa patrimoniale verso gli autori in ordine ai quali la Commissione Europea ha deferito la Repubblica italiana alla Corte di Giustizia in data 16.10.14, come si rileva dal comunicato stampa all’indirizzo url http //eurocia.eu/rapid/pressrelease_IP-14-1146_it.htm, in ordine al quale questa Corte ha già optato per l’opportunità di attendere la decisione della Corte di Giustizia Cass., ord. 11 settembre 2015, numero 18003 e non anche quelle sole ipotesi, quale quella che viene qui in considerazione, in cui quella tutela è stata apprestata, siccome collegata a reati di criminalità organizzata. p.6.2. Per questa limitazione dell’ambito della questione sottoposta in concreto a questa Corte non viene in considerazione nemmeno il recente d.lgs. 15 dicembre 2015, numero 212 in G.U. del 5.1.16 Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI. 15G00221 GU Serie Generale numero 3 del 5-1-2016 , del resto in vigore soltanto a far tempo da data successiva alla presente decisione 20.1.16 e relativo ad aspetti diversi dalla tutela riparatoria delle vittime del reato. p.6.3. Ma, a stretto rigore, neppure può venire in considerazione nella specie, se non altro riguardando soprattutto il momento organizzativo e quello della materiale erogazione delle somme a carico dello Stato, relative essendo questa ad un tempo logicamente successivo all’eventuale accoglimento della domanda principale nei confronti dell’autore del crimine quale indefettibile presupposto per l’attivazione della responsabilità sussidiaria dello Stato, il sopravvenuto d.P.R. 19 febbraio 2014, numero 60 Regolamento recante la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura, a norma dell’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, numero 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, numero 10 . p.6.4. Infatti, ciò che va verificata nella fattispecie è la portata e l’ambito di applicazione del co. 2 dell’art. 4 della legge 22 dicembre 1999, n 512 riferito nel testo originario essendo intervenuti solo in tempo successivo il d.l. 2 ottobre 2008, numero 151, cono. con mod. in L. 28 novembre 2008, numero 186, nonché la legge 15 luglio 2009, numero 94, che hanno introdotto o modificato alcune delle disposizioni rilevanti di cui all’art. 4 della citata legge vigente al momento della proposizione dell’azione 5.10.04 alle persone fisiche e agli enti costituiti in un giudizio civile, nelle forme previste dal codice di procedura civile, per il risarcimento dei danni causati dalla consumazione dei reati di cui al comma 1, accertati in giudizio penale. Il precedente comma 1 si riferisce a ai delitti previsti dall’art. 416-bis cod. penumero b a quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal medesimo articolo e quindi avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali c a quelli commessi al fine di agevolare le attività delle associazioni di tipo mafioso. p.6.5. Indubitato - siccome accertato nelle sentenze penali di condanna richiamate in ricorso e poste a base della pretesa - che l’efferato delitto dello S. sia stato commesso per vendetta contro il malcapitato M. per la sua attività di fattivo contrasto sul territorio alle attività del clan camorristico di cui il rimo faceva parte, è indubbio che un’attività di evidente rappresaglia sia stata nella specie posta in essere per agevolare le attività delle associazioni di tipo mafioso per l’eccezionale forza deterrente che ne deriva sul territorio e che, pertanto, da un punto di vista oggettivo sussistono i requisiti per accedere al fondo di rotazione. Infatti, una rappresaglia o vendetta contro chi normalmente e continuamente contrasta o manifesta rigore nell’esercizio delle sue pubbliche funzioni contro un’associazione per delinquere connotata, come quella camorristica, da una presenza capillare sul territorio, ha un’indubbia ed intuitiva efficacia dissuasiva, per la riaffermazione del prepotere militare sul medesimo ed il monito, di indiscutibile persuasività, sull’effettività delle attività di violenta reazione di cui quella, attraverso i suoi affiliati, è capace di porre in essere in ogni circostanza. E tanto senza considerare che la stessa efferatezza del crimine, commesso con una degenerazione belluina di condotta dalla sorpresa della vittima in un momento di intimità fino alla rapina ed al bestiale pestaggio perpetrato ai suoi danni, ha di per sè l’efficacia dimostrativa propria di un delitto idoneo a conseguire la riaffermazione sul territorio del potere arbitrario ed assoluto di vita e di morte rivendicato da quelle organizzazioni. A maggior ragione nei confronti delle vittime, dirette o indirette, dei delitti di rappresaglia la solidarietà dello Stato - posta, per condivisa interpretazione, alla base della normativa in esame - deve manifestarsi con maggiore incisività, per rafforzare la risposta riparatoria e consolidare un certo affidamento nella medesima, se non altro quale - benché pallido - surrogato della mancata tutela preventiva. Esula, invece, dalla prospettazione degli odierni ricorrenti e dalla comune esegesi della normativa in esame ogni valutazione di vera e propria colpa dell’Amministrazione dello Stato nella predisposizione di efficaci mezzi di contrasto contro tali delitti, come posti in essere da strutture organizzate, di indiscutibile efficienza e criminale ferocia e la relativa questione viene quindi lasciata impregiudicata in questa sede. p.6.6. Ora, i M. possiedono i requisiti soggettivi previsti dalla legge 512 del 1999, i quali sono non solo differenti, per essere differenziate le posizioni giuridiche rispettivamente fondate come si esprime la recente Cass., ord. 20 ottobre 2015, numero 21306, rimarcando la natura di veri e propri diritti soggettivi pieni e perfetti in capo alle vittime, secondo quanto già precisato da Cass. Sez. Unumero , 20 agosto 2008, numero 21927 , ma comunque del tutto indipendenti, da quelli previsti dalle altre normative di provvidenze a favore di vittime di delitti di pari o analoga gravità. Essi sono indubbiamente persone fisiche costituite in un giudizio civile per il risarcimento dei danni - nella specie e per quanto visto, quelli da uccisione di congiunto, oggetto di pacifico riconoscimento da parte degli interpreti e di questa Corte di legittimità - derivanti da uno dei delitti previsti dal comma 1 dell’art. 4 di quella legge e quei delitti sono stati accertati in sede penale con sentenza irrevocabile derivando la necessità di riferire, nella locuzione adoperata nel testo della disposizione in esame, il participio passato accertati all’immediatamente precedente sostantivo reati e non anche al meno immediato sostantivo danni . In altri termini, in mancanza di espressa limitazione nella normativa in esame, deve escludersi sia che il diritto all’accesso sia riconosciuto solo de futuro, atteso il chiaro richiamo all’emissione di una sentenza di condanna successiva al 30.9.82 in una normativa innovativa introdotta nel 1999, sia che quell’accesso sia consentito solo in favore di coloro che, oltre ad essere costituiti in un giudizio civile, abbiano anche previamente conseguito una condanna nei confronti degli autori dei delitti in sede esclusivamente civile e cioè al risarcimento dei danni, generica o specifica poco importa. La diversità della formulazione del primo e del secondo comma consente invero di collegare l’accesso ad una previa condanna solo ai soggetti costituiti parte civile in un giudizio penale, mentre per chi ha prescelto la via dell’azione civile si richiede soltanto la costituzione in un giudizio che abbia ad oggetto i danni derivanti da un delitto, tra quelli indicati nel primo comma dell’art. 4, il quale sia stato già accertato in sede penale. p.6.7. Tanto risponde non solo ad un’interpretazione letterale della disposizione, ma anche alla sua ratio , di consentire l’attivazione di una sorta di responsabilità sussidiaria a fini solidaristici dello Stato quando già ci sia stato un accertamento penale di gravi delitti collegati all’attività criminosa delle organizzazioni mafiose o di impronta analoga, nei casi in cui si agisca - appunto in tempo successivo alla condanna penale, oltretutto irrevocabile come nella specie - per il risarcimento o ristoro almeno parziale dei danni civilisticamente intesi. Ed è evidente che il riferimento alle precedenti normative di concessione di elargizioni o sovvenzioni o simili, singolarmente richiamate dai giudici del merito, non ha alcuna attinenza con la fattispecie, conformemente del resto a quanto in modo esplicito argomentato dagli odierni ricorrenti. p.6.8. Infine, beninteso concretamente operando la responsabilità sussidiaria dello Stato esclusivamente in caso di accertamento della responsabilità civilistica di chi pure è già stato condannato in sede penale - e cioè, nella specie, di accoglimento della domanda civilistica dispiegata dal congiunti contro il condannato - e comunque nei limiti di operatività del fondo di rotazione stabiliti dalla legge istitutiva e dai regolamenti di attuazione, la contemporaneità degli accertamenti quello della responsabilità civilistica del condannato verso gli attori e quello dei presupposti per l’attivazione della responsabilità solidaristica dello Stato non solo non è preclusa dal tenore testuale della disposizione, ma anzi risponde a minimali esigenze di economia processuale, agevolando, per tutte le parti coinvolte, la difesa in unico contesto, con possibilità per ciascuna di avvalersi nei confronti delle altre di volta in volta controinteressate delle risultanze e delle acquisizioni probatorie. p.7. - Il ricorso va pertanto accolto, in applicazione del seguente principio di diritto in caso di omicidio commesso per vendetta in danno di chi aveva fino ad allora contrastato le attività di un’organizzazione criminale di stampo mafioso spetta ai congiunti della vittima, i quali agiscano contestualmente in via diretta per il risarcimento del danno da uccisione nei confronti dell’autore del crimine e per il caso in cui la relativa domanda sia accolta, il diritto di accesso ai benefici di cui alla legge 29 dicembre 1999, numero 512, nei limiti e con le modalità di erogazione previsti da tale legge e dai regolamenti di attuazione. p.8. - La gravata sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla medesima corte territoriale, ma in diversa composizione ed anche per le spese di legittimità da regolare alla stregua dell’esito complessivo della lite, affinché essa riesamini entrambe le domande dei M. , quella di risarcimento del danno contro S.T. - di cui malamente è stata omessa qualsiasi disamina nel merito - e quella sul loro diritto di accesso al fondo di rotazione previsto dalla legge numero 512 del 1999, alla luce del principio di diritto appena richiamato. p.9. - Se non altro perché il ricorso è accolto, non trova applicazione l’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall’art. 1, co. 1.7, della l. 24 dicembre 2012, numero 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione. p.10. - Infine, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 52, co. 2, d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196 codice in materia di protezione dei dati personali , a tutela dei diritti e della dignità delle persone coinvolte ed in ragione dell’oggetto della pronuncia - oltretutto conformemente alle esigenze di riservatezza del procedimento di accesso erette dall’art. 28 del già richiamato d.P.R. 19 febbraio 2014, numero 60, a caratteristica indefettibile degli atti relativi - deve disporsi, per il caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’omissione delle indicazioni delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.