La sofferenza dovuta alla perdita di un congiunto non può essere risarcita due volte

Determina indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del c.d. danno morale, - non altrimenti specificato - e del c.d. danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, cha va integralmente, ma unitariamente ristorato.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25351, depositata il 17 dicembre 2015. La vicenda processuale. Il fatto da cui trae origine la sentenza in commento è tragico la morte di un motociclistica per incidente stradale. Genitori e fratello adivano il Tribunale onde ricevere il ristoro dei danni patiti nei confronti dei proprietari, dei conducenti e delle assicuratrici RcA dei veicoli coinvolti. Il primo grado veniva definito con il rigetto della domanda attorea, attesa l’attribuzione della esclusiva responsabilità dell’occorso in capo al centauro. In appello la decisione veniva riformata, con condanna risarcitoria in capo ad una delle compagnie assicuratrici. Ricorre per cassazione quest’ultima. Le censure attengono essenzialmente a violazione e falsa applicazione in ordine ai criteri di liquidazione e valutazione del danno esistenziale risarcito, oltre che a quelli di valutazione del danno non patrimoniale da morte di un congiunto. La questione, in definitiva, attiene alla duplicazione delle poste risarcitorie del danno non patrimoniale alla luce delle note sentenze di San Martino rese dalla Cassazione nel 2008. La duplicazione delle poste risarcitorie del danno non patrimoniale. La Suprema Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso. Gli Ermellini spiegano che il giudice d’appello, pur intendendo liquidare un danno da perdita del rapporto parentale unitamente al danno morale soggettivo, utilizzando una valutazione omnicomprensiva e personalizzante, ha di fatto applicato un sistema a punti . Meccanismo a punti ancorato ad una sicura presenza di un danno morale soggettivo , a cui è stata affiancata una tautologica ulteriore maggiorazione scevra dai connotati di differenziazione. In tal modo il patimento per vivere un’esistenza senza un proprio parente estinto a causa di un atto illecito di un terzo è sì risarcibile, ma non può consistere solo nella sofferenza per la perdita di un congiunto . Diversamente, come è accaduto nel caso di specie, la medesima lesione del medesimo interesse viene ad essere risarcita doppiamente. In pratica. Il danno non patrimoniale è unico. Sofferenza patita nel momento in cui si perde un congiunto e patire subendola un’esistenza in assenza del congiunto costituiscono le componenti di un medesimo complesso pregiudizio che va risarcito integralmente ed unitariamente. Per non incorrere in una inammissibile duplicazione della posta dell’unitario danno non patrimoniale , occorre allegare e provare la diversità del bene od interesse oggetto di lesione. E’ così che la personalizzazione delle tabelle pretorie es. Tribunale Roma, Tribunale Milano va ancorata ad una allegazione di patimento in concreto e non applicata in via automatica. E’ con la personalizzazione che il giudice tiene conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale, nel singolo caso, tramite l'incremento percentuale della somma dovuta a titolo risarcitorio. Si tratta di un filtro selettivo della gravità della lesione e della serietà delle conseguenze. Invero, poiché può desumersi, secondo l’ id quod plermunque accidit , che un genitore o un fratello possano soffrire per la perdita di un figlio o di un fratello , questi devono provare per ottenere una personalizzazione del danno in sede di liquidazione , di aver patito sofferenze ulteriori e più intense diremmo in senso descrittivo esistenziali di quelle ordinariamente connesse alla lesione riportata ed accertata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 ottobre – 17 dicembre 2015, n. 25351 Presidente Spirito – Relatore De Stefano Svolgimento del processo p.1. - Per la morte di C.A. , seguita a sinistro stradale occorso il in un incrocio di Roma tra la moto da lui condotta e due autovetture, i suoi genitori ed il fratello - C.S. , S.M. e C.V. - adirono con ricorso dep. il 6.11.06 il tribunale di Roma per conseguire condanna dei proprietari, dei conducenti e delle assicuratrici RcA dei due autoveicoli coinvolti rispettivamente per la vettura Fiat Panda tg. , prima contro cui aveva impattato la vittima, D.G.E. , B.S. e la Sicurtà 1879 Ass.ni per la vettura Ford KA tg. , contro cui la vittima aveva impattato dopo l'impatto con la prima, G.F. , G.E. e la Genlalloyd Ass.ni al risarcimento dei danni patiti. L'adito tribunale respinse tuttavia la domanda con sentenza 29.10.09, n. 21830, attribuendo l'esclusiva responsabilità del sinistro alla stessa vittima ma gli attori interposero appello, mentre il proprietario, la conducente e l'assicuratrice RcA della seconda vettura la Ford KA, contro cui aveva infine impattato la vittima dopo l'urto con la prima vettura proposero gravame incidentale avverso la compensazione delle spese disposte dal primo giudice. La corte di appello della Capitale accolse il primo, condannando D.G.E. , B.S. e la succeditrice di Sicurtà 1879 Ass.ni, la Zuritel spa, a pagare Euro 90.902,77 a C.S. , Euro 223.896,51 a S.M. ed Euro 173.502,78 a C.V. , oltre i soli interessi al tasso legale dalla data della pronuncia al soddisfo, nonché oltre spese legali, compensando tra le altre parti queste ultime e rigettando il gravame incidentale. Per la cassazione di tale sentenza, resa il 23.10.12 col n. 4866, ricorre oggi la Zuritel spa, affidandosi a tre motivi resistono con separati controricorsi C.S. , che dispiega altresì ricorso incidentale articolato su di un motivo, nonché S.M. e C.V. al ricorso incidentale replica con controricorso la Zuritel spa e, per la pubblica udienza del 28.10.15, il ricorrente incidentale deposita memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione p.2. - In via preliminare, va dato che nessuna censura è mossa, né dalla ricorrente principale, né dal ricorrente incidentale, alle statuizioni di assoluzione dalle pretese originarie del proprietario, della conducente e dell'assicuratrice RcA della seconda vettura la Ford KA tg. tali statuizioni passano quindi in giudicato. p.3. - Ciò posto, questi sono i termini della controversia. Parte ricorrente articola tre motivi e si duole - col primo, di violazione e falsa applicazione di norme di diritto - art. 360 1 comma n. 3 cpc nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 cpc, 1223, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 cc in ordine ai criteri di liquidazione adottati ed inerenti la valutazione del danno esistenziale - col secondo, di 1 violazione e falsa applicazione di norme di diritto - art. 360 1 comma n. 3 cpc violazione degli artt. 1226 e 2056 cc. in ordine ai criteri di valutazione adottati ed inerenti la valutazione del danno non patrimoniale da morte di un congiunto e di 2 omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio - art. 360 1 comma n. 5 cpc in ordine ai criteri di liquidazione adottati ed inerenti la valutazione del danno non patrimoniale da morte di un congiunto - col terzo, congiuntamente di 1 violazione e falsa applicazione di norme di diritto - art. 360 1 comma n. 3 cpc violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. in ordine ai criteri ai criteri di liquidazione adottati ed inerenti la valutazione del danno esistenziale in capo al sig. C.S. e di 2 omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio - art. 360 1 comma n. 5 cpc in ordine ai criteri di liquidazione adottati ed inerenti la valutazione del danno esistenziale in capo al sig. C.S. . Dal canto suo, l'intimato C.S. , genitore della vittima, dichiara di proporre appello incidentale pag. 21 del suo controricorso per violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1^ comma, n. 3, cpc nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 cpc, 2043, 2056, 2059, 1223 e 1226 cc e dei principi generali in materia di liquidazione del danno non patrimoniale, solo con riferimento alla riduzione del risarcimento nella misura del 50% operata sulla base della ritenuta non convivenza vizio di motivazione ex art. 360 n. 3 e n. 5 cpc . p.4. - Il primo motivo deduce la duplicazione della liquidazione di danno morale e danno c.d. parentale ed esso non è inammissibile per novità, essendo stato introdotto il relativo oggetto soltanto dalle scelte motivazionali della qui gravata sentenza. p.4.1. Al riguardo, la corte territoriale pie di pag. 9 e pag. 10 della gravata sentenza , premessa la necessità di evitare il rischio di duplicazione del risarcimento nel caso di attribuzione congiunta di danno morale soggettivo e di danno da perdita del rapporto parentale , proclama di addivenire ad una valutazione individualizzante , analiticamente individuata nelle sue componenti per il grado di parentela, per l'età della vittima e di ciascun danneggiato e per la convivenza, finendo con l'attribuire un totale di 28 punti di vantazione del valore di Euro 8.750 cadauno al padre, di 32 punti per la madre e di 31 punti al fratello, per poi maggiorare i corrispondenti prodotti, per considerare la sicura presenza di un danno morale soggettivo, di una ulteriore somma omnicomprensiva pari ad una percentuale del 30% per la madre, del 15% per il padre e del 10% per il fratello . p.4.2. Sia la ricorrente che i controricorrenti rileggono, interpretandola in senso diametralmente opposto, la giurisprudenza di questa Corte anteriore e successiva alle sentenze delle Sezioni Unite del 2008 soprattutto la n. 26972 , per sostenere, rispettivamente, che vi è stata e che non vi è stata alcuna duplicazione, insistendo soprattutto i secondi per la legittima personalizzazione della liquidazione. p.4.3. È però la censura della ricorrente assicuratrice quella fondata. Dall'iter motivazionale sopra riportato è evidente che la corte territoriale intende liquidare un danno da perdita del rapporto parentale in uno al danno morale soggettivo, mediante una vantazione omnicomprensiva e personalizzante eppure essa, applicati i relativi criteri derivanti dal sistema a punti , senza alcun altro riferimento se non alla sicura presenza di un danno morale soggettivo procede ad un'ulteriore maggiorazione a percentuale, oltretutto priva di indicazione delle ragioni della differenziazione. Ma tanto risolve evidentemente, per la mancanza di altra benché minima specificazione o qualificazione, il danno morale soggettivo proprio e solo nella sofferenza patita dal congiunto e rappresenta allora una vera e propria duplicazione, cioè una doppia considerazione della stessa lesione di interessi, consistente nel peculiare patimento che affligge una persona per la perdita del rapporto parentale. p.4.4. Soccorre, al riguardo, la testuale previsione di Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972 punto 4.8 . egualmente determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato . . La conclusione è stata di recente riaffermata con nettezza, tra le altre, da Cass. 8 luglio 2014, n. 15491 Cass. 23 settembre 2013, n. 21716 ed è corroborata dalla stessa giurisprudenza di questa stessa terza sezione che è poi intervenuta per delimitare i contorni di questo divieto di duplicazione giurisprudenza che precisa appunto che la considerazione separata delle componenti del pur sempre unitario concetto di danno non patrimoniale è ammessa, quando però sia evidente la diversità del bene od interesse oggetto di lesione Cass. 9 giugno 2015, n. 11851 Cass. 8 maggio 2015, n. 9320 . E, attesa la definizione data dalle Sezioni Unite nel passo motivazionale sopra ricordato, è evidente che, stando a quanto è dato conoscere in questa sede sulla base di quei soli atti legittimamente conoscibili, la sofferenza dovuta alla perdita del congiunto è stata valutata appunto due volte. p.4.5. Il motivo, pertanto, va accolto, in applicazione del seguente principio di diritto determina indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del c.d. danno morale - non altrimenti specificato - e del c.d. danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente, ma unitariamente ristorato. p.5.- Il secondo motivo è del pari fondato, sia pure solo per quanto di ragione. p.5.1. Con tale doglianza la ricorrente principale - deduce l'erronea applicazione delle stesse tabelle romane, che per la perdita del fratello prevedono non i 18 punti riconosciuti dalla corte territoriale pag. 10, decima riga, della sentenza gravata , ma soltanto 7, sicché il totale dei punti di valutazione personalizzante spettanti a C.V. si dovevano ridurre dai 31 complessivi reputati dalla detta corte a soli 20 - rimarca l'assenza di qualunque motivazione sulla personalizzazione di un ulteriore 10% rispetto a quanto previsto dalle tabelle - rammenta, infine , di avere già provveduto spontaneamente a pagare Euro 182.108,82 in favore di S.M. , Euro 82.093,18 a C.S. ed Euro 107.432,52 a C.V. , per poi ricalcolare le somme ritenute effettivamente dovute e concludere per il carattere pienamente satisfattivo di quanto già versato ad ognuno dei tre originari attori. p.5.2. Dal canto loro, nei rispettivi controricorsi, i controricorrenti insistono per la legittimità della personalizzazione del danno. p.5.3. Quanto all'erronea applicazione delle stesse tabelle romane, esclusa l'eccepita inammissibilità per novità della questione per essere stata questa indotta per la prima volta proprio dalla diretta applicazione delle tabelle romane da parte della gravata sentenza, non enuncia alcuna ragione specifica la corte territoriale a sostegno né del riconoscimento di ben 18 punti di base o di partenza alla perdita di un fratello, che essa opera, rispetto ai di poco superiori 20 punti della perdita di un figlio o di un genitore, né dell'ulteriore personalizzazione del 10% in favore del fratello. Pertanto, per omessa motivazione sul punto se non per effettivo errore di individuazione del punteggio da riconoscere al fratello, singolarmente coincidente con quello riconosciuto ai parenti in linea retta in primo grado , il motivo va accolto. p.5.4. Non si configura, però ed a stretto rigore, come motivo di impugnazione della sentenza l'argomento del carattere pienamente satisfattivo delle somme già erogate, visto che la sentenza stessa non viene censurata in modo espresso con richiesta di riforma sul punto. D'altra parte, anche i conteggi alternativi proposti v. pagine 29 e seguenti del ricorso sono sommari e privi di numerosi passaggi intermedi a fronte della meticolosa analiticità della sentenza gravata sicché non possono fondare alcuna valida critica alla pronuncia di condanna, a prescindere dal fatto che consideri o meno le somme già erogate in precedenza, nei confronti dell'assicuratrice. La relativa questione resta quindi preclusa in questa sede e, ovviamente e a maggior ragione, nel prosieguo del giudizio. p.6.-11 terzo motivo di ricorso principale riguarda la posizione del padre della vittima, lamentando la carenza di prova sul danno morale soggettivo e la personalizzazione non motivata e comunque erronea. Dal canto suo, replica C.S. adducendo la legittimità della personalizzazione in concreto operata e la corretta adduzione, da parte sua, degli elementi su cui fondarla. Poiché ben può desumersi, secondo un criterio di normalità, la sussistenza di una sofferenza intensa in capo ad un genitore che perda il proprio figlio, salve le ulteriori prove, anche contrarie, del caso concreto, il motivo risulta inammissibile in quanto non autosufficiente, perché il ricorso non riporta chiaramente - con trascrizione dei relativi passi e indicazione delle sedi processuali - gli atti del giudizi di merito nei quali le allegazioni attoree sulla sussistenza dei patimenti causati dal sinistro sarebbero state contestate. Quanto all'ulteriore profilo dell'illegittima personalizzazione, invece, la doglianza è assorbita dall'accoglimento del primo motivo. p.7. - Infine, il motivo di ricorso incidentale non può essere accolto. In primo luogo, esso invoca il testo dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. non più applicabile alla fattispecie, visto che la riforma introdotta con l'art. 54, co. 1, lett. b , del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif. in I. 7 agosto 2012, n. 134, regolava già la fattispecie, per essere stata pronunciata la qui gravata sentenza dopo il giorno 11.9.12 e precisamente il 23.10.12 ed inoltre il ricorso non rispetta né il n. 3, né il n. 6 dell'art. 366 cod. proc. civ., risultando l'esposizione dei fatti di causa assai sommaria quanto almeno alle censure mosse con l'impugnazione incidentale e comunque mancando l'indicazione della sede processuale e la trascrizione - se non dei passaggi motivazionali con cui avrebbe affrontato la questione, visto che essa parrebbe essere stata esaminata per la prima volta direttamente dalla corte territoriale nella gravata sentenza, almeno - dei documenti già agli atti e sui quali egli avrebbe potuto fondare la contestazione della non convivenza. In via dirimente, peraltro, la doglianza è infondata, per avere la corte territoriale indicato la diversità di residenza del padre come prova della non convivenza pag. 10 della gravata sentenza, riga quindicesima e seguente ed in ogni caso perché la riduzione fino al 50% per tale circostanza, in astratto del tutto idonea ad attenuare considerevolmente la sofferenza nell'immediatezza ed in prosieguo di un familiare per la perdita di un congiunto che appunto convivendo con lui avesse condiviso anche la quotidianità delle esperienze di vita, rientra certamente nell'ambito della corretta estrinsecazione del potere di valutazione equitativa ed è significativamente riconosciuta proprio fino a tale limite appunto dalle stesse tabelle romane del 2011 . p.8.- Il ricorso principale va dunque accolto per quanto di ragione essendo fondati il primo ed almeno in parte il secondo motivo , con dichiarazione di inammissibilità di quello incidentale, cassazione della gravata sentenza in relazione alle censure accolte e rinvio alla stessa corte territoriale, ma in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità in rapporto all'esito finale e complessivo della lite. p.9. - L'inammissibilità del ricorso incidentale - a differenza dell'accoglimento anche non integrale di quello principale - comporta l'applicazione al solo C.S. dell'art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, co. 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto - senza possibilità di valutazioni discrezionali Cass. 14 marzo 2014, n. 5955 - della sussistenza dei presupposti rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, a norma del co. 1-bis del detto art. 13. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale cassa la gravata sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia alla corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modif. dalla l. 228/12, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale C.S. , dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.