Campionario rubato in albergo, certo il danno, ma non l’ammontare: spazio alla valutazione equitativa del giudice

Non può legittimamente rigettarsi la domanda risarcitoria sul presupposto che manchi la prova del danno se la prova mancante riguardi non il verificarsi del danno in sé, ma il preciso ammontare del danno.

Così la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23520/15, depositata il 17 novembre. Il caso. Una s.r.l. conveniva in giudizio una struttura alberghiera al fine di vederla condannata al risarcimento dei danni subiti a seguito della sottrazione di due valigie contenenti il campionario di preziosi in possesso di un rappresentante dalla camera dell’albergo ove egli alloggiava. Il Tribunale accoglieva la domanda, liquidando tuttavia a titolo di risarcimento del danno un importo minore rispetto a quello richiesto dalla società attrice, e la Corte d’appello respingeva la domanda di quest’ultima finalizzata ad ottenere l’integrale risarcimento. Avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione la società soccombente in appello. Danno certo nell’an ma non nel quantum supplisce la valutazione equitativa. Premessa fondamentale da cui muovono gli Ermellini è che, ai sensi dell’art. 1226 c.c., qualora il verificarsi non solo del fatto dannoso, ma anche del danno sia stato provato nella sua materiale esistenza, laddove non sia possibile provarne l’esatto valore deve trovare spazio la valutazione equitativa del giudice. Ne deriva, proseguono i Giudici del Palazzaccio, che non può legittimamente rigettarsi la domanda risarcitoria sul presupposto che manchi la prova del danno se la prova mancante riguardi non il verificarsi del danno in sé, ma il preciso ammontare del danno la funzione della valutazione equitativa, infatti, è proprio quella di supplire alla difficoltà della parte di fornire una quantificazione precisa quando l’esistenza del danno sia certa, il danneggiato abbia fornito degli elementi ai quali ancorare la quantificazione e non sia possibile fornire la prova del suo esatto ammontare . Documenti e testimonianze indicate dalla società danneggiata andavano almeno utilizzate come parametro. Nel caso di specie, la società danneggiata ha fornito l’elenco dettagliato dei preziosi consegnati al rappresentante ed ha provveduto ad individuare come testi diversi orefici che avevano già visionato il campionario entrambi gli elementi, concludono dal Palazzaccio, avrebbero dovuto costituire quanto meno parametri di riferimento per una valutazione equitativa . Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 ottobre .- 17 novembre 2015, n. 23520 Presidente Finocchiaro – Relatore Rubino Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. Nel 2005 la società Il Conio Artistico Fiorentino ICAF s.r.l. conveniva in giudizio l’Hotel Piave C. & amp P. s.r.l. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della sottrazione di due valigie contenenti il campionario di preziosi per 280.000, 00 Euro circa, in possesso del rappresentante V.A. , dalla camera dell'albergo ove questi si trovava per un breve soggiorno finalizzato proprio a far visionare il campionario ai clienti di zona. 2. La domanda dell'attrice veniva accolta dal Tribunale di Venezia, che liquidava i danni in favore della società in Euro 21.601,94. 3. Proposto appello dall'Hotel Piave e appello incidentale dalla società che chiedeva l'intera liquidazione del pregiudizio subito, la Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza n. 1605 del 2014 qui impugnata, pur ritenendo che non vi fossero dubbi sulla dinamica dei fatti, e quindi sulla responsabilità dell'albergo nella sottrazione dei preziosi, rigettava la domanda della società Il Conio per mancanza della prova del danno. 4. Avverso la decisione della Corte d'Appello di Venezia, adottata con sentenza n. 1605 del 9.4.2014, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la società Il Conio Artistico Fiorentino ICAF s.r.l. articolato in due motivi 1 con il primo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1785 bis e 2697, 2727 e 2729 c.c., in rapporto con l'art. 1226 c.c, con riferimento all'art. 360 n. 3 e 5, oltre omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su punto decisivo 2 con il secondo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1783, comma 2 c.c. in rapporto agli artt. 1226 e 2056 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., come novellati in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. 5. Resiste l'Hotel Piave C. & amp P. s.r.l. con controricorso. 6. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato manifestamente fondato. 7. I due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi ed appaiono fondati. Va premesso che la sentenza impugnata a pag. 5, conferma la indiscussa e piena responsabilità dell'albergatore nel verificarsi del furto. Essa rileva che risultano pacifici in quanto non contestati i fatti come descritti nella sentenza impugnata e relativi alle modalità di svolgimento del furto quali emergenti dalle indagini di polita giudiziaria e sostanzialmente configuranti una grossa disattenzione in capo all'albergatore il ladro o i ladri sono riusciti ad introdursi nell'albergo in un'ora, le otto del mattino, in cui normalmente vi è afflusso dei clienti alla sala colazione ma non necessariamente alla reception, onde anche la sola presenza dei due dipendenti addetti alle funzioni di ricevimento e portineria avrebbe potuto assicurare un sufficiente controllo dato che, in concreto, le pesanti e ingombranti valigie sono state trasportate dal piano ove si trovava la camera fino al piano terra e trasportate all'esterno e che nei giorni precedenti si erano registrati movimenti sospetti di persone estranee all'albergo che andavano e venivano . Però poi a pag. 6, pur affermando, dapprima, che certamente deve considerarsi provata la detenzione da parte del V. di valigie di preziosi, subito dopo rigetta integralmente la domanda di risarcimento danni perché nessun teste ha potuto riferire sul contenuto interno di essa e ne trae la conclusione che ciò precluda l'accesso alla valutazione equitativa da parte del giudice. Tale affermazione integra una violazione dell'art. 1226 c.c. in quanto, laddove il verificarsi non solo del fatto dannoso ma anche del danno sia stato provato nella sua materiale esistenza sottrazione delle valigie contenenti il campionario di preziosi in possesso del Viaggi , qualora non sia possibile provarne l'esatto valore si apre il campo alla valutazione equitativa del giudice. Non può legittimamente rigettarsi la domanda risarcitoria affermandosi che manchi la prova del danno se la prova mancante sia relativa non al verificarsi del danno in sé ma al preciso ammontare del danno nel caso di specie, all'esatto contenuto delle valigie sottratte , in quanto la specifica funzione della valutazione equitativa è proprio quella di supplire alla difficoltà della parte di fornire una quantificazione precisa quando l'esistenza del danno sia certa, il danneggiato abbia fornito degli elementi ai quali ancorare la quantificazione e non sia possibile fornire la prova del suo esatto ammontare. Nel caso di specie, la società danneggiata aveva fornito l'elenco dettagliato dei preziosi consegnati al Viaggi, che costituiva non un semplice riepilogo ma il documento di trasporto che doveva accompagnare la mercé che costituiva il campionario ha provveduto inoltre a far ascoltare come testi diversi orefici che avevano già visionato il campionario. La corte d'appello, nell'ambito del suo potere di valutazione delle risultanze istruttorie, ha ritenuto inutilizzabile il documento di accompagnamento perché proveniente dalla stessa parte danneggiata, ed ha ritenuto che dalle testimonianze delle quali il ricorrente riporta ampi stralci non emergesse una prova precisa sul contenuto interno delle valigie e tuttavia entrambi gli elementi avrebbero costituire quanto meno parametri di riferimento per una valutazione equitativa. 8. Si propone pertanto l'accoglimento del ricorso . 9. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, preso atto che le parti costituite non hanno depositato memorie, ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa. 10. Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza d'appello cassata e rinviata alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione che deciderà anche sulle spese. 11. Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, ma, stante l'accoglimento di esso, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione che deciderà anche sulle spese. Da atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.