Azioni distinte per il risarcimento dei danni alle cose ed alla persona: è abuso del diritto

In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, al danneggiato non è consentito, in presenza di un danno sia alla persona, sia alle cose derivante da un unico fatto illecito già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21318/15, depositata il 21 ottobre. Il caso. Il Giudice di pace accoglieva la domanda formulata da un uomo nei confronti di un terzo e della sua compagnia assicuratrice per veder risarcito il danno subito dal proprio motociclo in occasione di un sinistro stradale. L’anno successivo, l’uomo conveniva nuovamente in giudizio il terzo e l’assicurazione al fine di vederli condannati al risarcimento del danno patrimoniale e non subito in conseguenza delle lesioni personali riportate a seguito del medesimo sinistro. Il Tribunale dichiarava improponibile la domanda, ravvisando un abuso del diritto, e la Corte d’appello dichiarava inammissibile l’appello in mancanza di una ragionevole possibilità di accoglimento. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’uomo, lamentando che il Tribunale, ritenendo integrata l’ipotesi di abuso del diritto per il frazionamento dell’azione di risarcimento, non avrebbe considerato il comportamento dilatorio ed omissivo dell’assicurazione. Il frazionamento della domanda di risarcimento è abuso del diritto. Sul punto, gli Ermellini hanno preliminarmente ricordato che le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno espressamente esteso il principio dell’abuso del diritto all’ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a giudici diversi. In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che in tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, al danneggiato non è consentito, in presenza di un danno sia alla persona, sia alle cose derivante da un unico fatto illecito già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore . Nemmeno mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento si può procedere ad una parcellizzazione del danno, continuano dal Palazzaccio, poiché una simile disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve in un abuso dello strumento processuale. Per quanto sopra esposto, dunque, la Corte, non riconoscendo alcun pregio alle doglianze svolte dal ricorrente, ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 9 settembre – 21 ottobre 2015, n. 21318 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Svolgimento del processo Un riferimento a un sinistro stradale, M.C. convenne in giudizio P.P. e le Assicurazioni Milano Spa nel 2005, per il risarcimento del danno al motociclo, conclusosi con la sentenza di condanna del Giudice di pace nel 2006 per il risarcimento del danno patrimoniale, e non, relativo alle lesioni personali. Il Tribunale di Napoli, nel decidere la domanda risarcitoria delle lesioni personali, la dichiarò improponibile, ravvisando un abuso del diritto sulla base dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche in riferimento al credito risarcitorio Sentenza 13 luglio 2012 . 2. La Corte di appello di Napoli dichiarò inammissibile l'appello in mancanza di una ragionevole possibilità di essere accolto, pronunciando ordinanza ex art. 348 bis c.p.comma 2. Avverso la sentenza di primo grado, C. propone rituale ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Le parti, ritualmente intimate, non svolgono difese. Motivi della decisione 1. Con riferimento alle censure, preliminarmente va rilevato che, nonostante nel terzo motivo si deduca una eccezione di incostituzionalità dell'art. 348 bis e dell'ars. 360 c.p.c., sulla base della parte esplicativa dello stesso, non può considerarsi prospettata una eccezione di incostituzionalità. L'esplicazione della censura, infatti, si sostanzia in affermazioni apodittiche, scollegate dalla causa, e non vi è alcun riferimento a parametri costituzionali. 2.11 Tribunale ha deciso la controversia applicando la giurisprudenza di legittimità in tema di abuso del diritto nell'ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici Sez. Un. n. 23726 del 2007 Cass. n. 28286 del 2011 . 2.1. I tre motivi sono strettamente collegati. Si invoca, con il primo, violazione e falsa applicazione dell'art. 1175 cc., omesso accoglimento della domanda, erronea valutazione dei fatti e documenti di causa, violazione dell art. 116 c.p.comma Con il secondo motivo, l'omesso esame di un fatto decisivo. In estrema sintesi si sostiene che il Tribunale, nel ritenere integrata l'ipotesi di abuso del diritto per il frazionamento dell'azione di risarcimento sulla base delle sentenze di legittimità, ha violato le norme invocate per aver applicato un principio astratto, senza verificare se il C. avesse tenuto comportamenti tali da giustificare la sanzione per non aver considerato in concreto, sotto il profilo della correttezza, il comportamento della controparte Assicurazione, che avrebbe tenuto comportamenti omissivi e dilatori rispetto al risarcimento del danno per le lesioni personali primo e secondo motivo . Con il terzo, nella parte esplicativa, si limita a richiamare delle sentenze di legittimità da cui si desumerebbero incrinature nella giurisprudenza successiva di legittimità nella applicazione del principio fatto proprio dal giudice del merito. 3. Le censure non hanno pregio e vanno rigettate. La Corte di legittimità, dopo le Sez. Un. 23726de1 2007, ha espressamente esteso il principio dell'abuso del diritto all'ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici Cass. n. 28286 del 2011 . Con quest'ultima decisione si è affermato che In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l'azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell'unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l'aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale. . Il principio, che il Collegio condivide pienamente, al contrario di quanto sostiene il ricorrente con il non conferente richiamo di alcune sentenze di legittimità, si è consolidato in molteplici pronunce cfr. Cass. n. 14374 del 2012, n. 4702 del 2015 n. 7195 del 2015 . D'altra parte, del tutto non conferente rispetto alla tematica è l'ottica assunta dal ricorrente nel censurarlo. Infatti, si lamenta che giudice del merito non avrebbe attribuito rilievo a comportamenti non scorretti dell'attore/creditore e a contrapposti comportamenti contrari alla correttezza da parte dell'Assicurazione debitrice. Invece, non vengono in rilievo i contrapposti interessi considerati da una ottica soggettivistica, ma - in un'ottica di sistema generale della tutela processuale - la mancanza di tutela apprestata dall'ordinamento costituzionale al creditore quando l'utilizzo dello strumento processuale è effettuato oltre i limiti della sua funzionalizzazione al perseguimento del diritto per cui è stato conferito cfr Cass. n. 7195 del 2015, in motivazione . 4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese processuali del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.