Tamponamento stradale? Se la controversia è di particolare semplicità, sì alle spese di lite dimezzate

La controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni causati da un c.d. tamponamento” stradale, causativo di soli danni a cose, deve ritenersi rientrante tra le cause di particolare semplicità”, con la conseguenza che il giudice di merito ha facoltà di liquidare le spese di lite in misura ridotta fino alla metà dei minimi tariffari.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19945/15, depositata il 6 ottobre. Il caso. Il giudice di pace aveva rigettato la domanda proposta da un uomo nei confronti di due donne e di una compagnia assicuratrice al fine di vederle condannate al risarcimento dei danni da lui patiti a seguito di un sinistro stradale. Interposto gravame avverso tale decisione, il tribunale accoglieva la domanda dell’attore. Avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione l’uomo, lamentando che il tribunale avrebbe sottostimato il danno, non riconoscendo né il danno da fermo tecnico del veicolo, né il danno da mora. Secondo la ricostruzione del ricorrente, inoltre, il tribunale avrebbe errato in punto di liquidazione delle spese di lite, liquidando compensi professionali dovuti per il primo ed il secondo grado di giudizio in misura inferiore a quella risultante dall’applicazione dei minimi tariffari vigenti ratione temporis . Il caso di specie rientra tra le controversie di particolare semplicità. Inammissibili, secondo gli Ermellini, le prime due censure sollevate dal ricorrente, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso sotteso all’art. 366 c.p.c Quanto alla terza doglianza sollevata dal ricorrente, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto di intuitiva evidenza che il tribunale abbia ritenuto di avvalersi della facoltà di dimidiazione degli onorari a causa della facilità della trattazione della controversia. Che questo sia stato il percorso decisionale del tribunale, proseguono dal Palazzaccio, è facilmente deducibile sia dall’oggetto della controversia, cioè il risarcimento di danni a cose causati da un tamponamento, sia dalla modestia degli interessi economici in gioco, sia dal contenuto della sentenza d’appello – contenuta in meno di una facciata -. La motivazione della sentenza impugnata, tuttavia, secondo il Supremo Collegio, necessità di essere corretta mediante l’integrazione del seguente principio di diritto la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni causati da un c.d. tamponamento” stradale, causativo di soli danni a cose, deve ritenersi rientrante tra le cause di particolare semplicità” di cui all’art. 4, comma 2, l. 794/1942 la cui permanenza in vigore è stata sancita dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 179/2009 , con la conseguenza che il giudice di merito, all’esito di tale controversia, ha facoltà di liquidare le spese di lite in misura ridotta fino alla metà dei minimi tariffari . Per tutte le ragioni sovraesposte, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 settembre – 6 ottobre 2015, n. 19945 Presidente Finocchiaro – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. È stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c. 1. R.A. convenne F.M.G. , M.M. e la Unipolsai s.p.a. dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza d'un sinistro stradale. Il Giudice di pace rigettò la domanda, mentre il Tribunale - adito dal soccombente in grado di appello - la accolse. 2. Coi primi due motivi di ricorso il ricorrente lamenta che il tribunale avrebbe sottostimato il danno sia trascurando di accordare al danneggiato il danno derivante dalla sosta tecnica del veicolo, conseguente alla necessità di riparazione sia il danno da mora. Ambedue le questi motivi sono inammissibili per violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente, infatti, non indica in quale atto e cin quali termini abbia espressamente richiesto sia il danno conseguente alla sosta tecnica del veicolo, sia quello da mora. 3. Il terzo motivo di ricorso, col quale il ricorrente lamenta la erronea liquidazione delle spese di lite, appare manifestamente infondato. Infatti, sebbene il tribunale parrebbe aver liquidato compensi professionali dovuti per il primo ed il secondo grado di giudizio in misura inferiore a quella risultante dall’applicazione dei minimi tariffari vigenti ratione temporis, ovvero quelli previsti dal d.m. 20.7.2012 n. 140, appare evidente che il Tribunale abbia evidentemente ritenuto di avvalersi della facoltà, accordatagli dall'art. 4 l. 13.6.1942, n. 794, di ridurre gli onorari della metà, quando la causa risulti di facile trattazione, E nel nostro caso, più che di facile trattazione, di elementare trattazione si dovrebbe discorrere. Sarà dunque possibile a questa Corte cassare la sentenza e, decidendo nel merito, dichiarare corretta la liquidazione degli onorari compiuta dal Tribunale. Quanto alle spese c.d. vive, il calcolo compiuto dal ricorrente appare falsato - e quindi corretta è la sentenza impugnata dall'inclusione nelle spese dei cc.dd. diritti di scritturazione e fotocopiatura, previsti dall'art. VIII della tariffa allegata al d.m. 585/94, nel caso di specie non spettanti perché al momento della pronuncia della sentenza d'appello vigeva la nuova tariffa approvata col d.m. 127/04, la quale non prevedeva più tale rimborso. Ed è noto che le Sermoni Unite di questa Corte hanno stabilito che nel caso di mutamento delle tariffe forensi nel corso del giudizio, il giudice deve applicare la nuova tariffa, ancorché la prestazione professionale abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate Sez. U, Sentenza n. 17405 del 12/10/2012, Rv. 623533 . 2. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Motivi della decisione 3. Il Collegio condivide la relazione appena trascritta. Non convincenti, per contro, appaiono i rilievi formulati dalla ricorrente con la memoria del 1.9.2015. 4. In merito al primo ed al secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce di avere ritualmente formulato la domanda di risarcimento del danno da c.d. fermo tecnico nell'atto di citazione e soggiunge che in ogni caso in materia di responsabilità aquiliana l'attore può limitarsi a chiedere il risarcimento di tutti i danni , senza necessità di indicarli nominativamente. 4.1. Queste osservazioni, quale che ne sia la esattezza nel merito, non son pertinenti rispetto alle ragioni di inammissibilità del primo motivo di ricorso esposte nella relazione. Nel ricorso, infatti, si lamenta che il Tribunale non avrebbe liquidato alcune voci di danno, sebbene richiesto così il ricorso, p. 5 si lamenta, quindi, un'omessa pronuncia. Ora, è principio più che consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, dal quale il ricorrente sembra prescindere, quello secondo cui l'art. 366 c.p.c. ed il principio di autosufficienza da esso sotteso impongono, a chi lamenti una omessa pronuncia del giudice di merito su una domanda ritualmente formulata, di indicare nel ricorso per cassazione in quale atto ed in che termini abbia formulato quella domanda, del cui omesso esame si duole. Onere previsto a pena di inammissibilità e che, nel nostro caso, il ricorrente non ha adempiuto. V'è solo da aggiungere come non corrisponda al vero quanto dedotto dal ricorrente nella memoria, ovvero che il ricorso indica, a pag. 3, quando e dove sarebbero state formulate le domanda non esaminate dal giudice d'appello a pag. 3 del ricorso infatti sono indicate le richieste formulate dall'odierno ricorrente in sede di appello, non quelle formulate nell'atto di citazione. Va da sé che se la richiesta di condanna del convenuto al pagamento del danno da fermo tecnico e di quello da mora sono state davvero formulate solo in appello, esse sarebbero a fortiori inammissibili ex art. 345 c.p.c 4.2. In merito al terzo motivo di ricorso, il ricorrente formula in sostanza due rilievi alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. a il giudice di merito, al quale sia presentata una nota spese analitica, ha l'onere di spiegare le ragioni della propria scelta quando intenda liquidare somme inferiori, anche nel caso ritenga che la controversia sia stata di facile trattazione nel caso di specie, invece, il Tribunale non aveva affatto motivato la propria decisione b il d.m. 127/04 non ha affatto abrogato il compenso dovuto all'avvocato a titolo di diritto di collazione degli scritti , previsto dalla voce VII, n. 80, dell'Allegato 1 al suddetto decreto. 4.3. Ambedue questi rilievi non paiono decisivi ai fini dell'accoglimento del ricorso. Per quanto riguarda la misura degli onorari, è di intuitiva evidenza che il Tribunale abbia ritenuto di avvalersi della facoltà di dimidiazione degli onorari, a causa della facilità della trattazione della controversia. Tanto si desume a dall'oggetto della controversia, ovvero il risarcimento di danni a cose causati da un tamponamento b dalla modestia degli interessi economici in gioco c dal contenuto oggettivo della sentenza d'appello, contenuta in meno d'una facciata dattiloscritta. Il ricorso va dunque rigettato, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata, la quale deve intendersi integrata dal seguente principio di diritto La controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni causati da un c.d. tamponamento stradale, causativo di soli danni a cose, deve ritenersi rientrante tra le cause di particolare semplicità di cui all'art. 4, comma 2, della l. 13.6.1942 n. 794 la cui permanenza in vigore è stata sancita dall'art. 1, comma 1, d. lgs. 1 dicembre 2009, n. 179 , con la conseguenza che il giudice di merito, all'esito di tale controversia, ha facoltà di liquidare le spese di lite in misura ridotta fino alla metà dei minimi tariffari. 4.4. Per quanto attiene, infine, alla doglianza con cui il ricorrente lamenta una liquidazione delle spese di lite in misura inferiore a quelle effettivamente sostenute, v’è da rilevare come il ricorrente sia nel vero quando deduce che il diritto di collazione , già previsto dalla voce n. 83 della tariffa allegata al d.m. 585/94, continui ad essere previsto dall'art. VII, voce n. 80, del d.m. 127/04. Si tratta, purtuttavia, di un compenso professionale, e come tale soggetto anch'esso alla regola di cui all'art. 4 l. 742/42, sopra ricordata, e non di spese vive, per le quali soltanto non è consentita al giudice nessuna dimidiazione. Di talché, anche ad includere tale diritto di collazione nei compensi dovuti all'avvocato, la liquidazione compiuta dal giudice di merito, e tenuto conto della dimidiazione, non scende al di sotto della metà del minimo tariffario, e non è perciò illegittima. 5. Non è luogo a provvedere sulle spese, a causa della indefensio dei resistenti . P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - dichiara inammissibile il ricorso - da atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.