L’assicurazione copre solo i danni occorsi durante l’esecuzione dei lavori: nessuna limitazione di responsabilità ma solo dell’oggetto

In tema di assicurazione, attiene all’oggetto del contratto la clausola con cui si individua l’oggetto della garanzia nel fatto accidentale verificatosi in relazione allo svolgimento dell’attività dichiarata in scheda di copertura. Non trattandosi di clausola limitativa della responsabilità, non è necessaria la specifica approvazione preventiva per iscritto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 18635 del 22 settembre 2015. Il caso. Il titolare di una ditta individuale di impianti termoidraulici veniva citato in giudizio dalle eredi di un uomo deceduto per effetto di esalazioni di monossido di carbonio dovute ai lavori effettuati dal convenuto in un appartamento dello stabile dove abitava la vittima. Il convenuto chiamava in causa la propria compagnia assicurativa per essere manlevato, ma il giudice di primo grado, pur accogliendo la domanda, condannava in via esclusiva il convenuto principale a risarcire i danni, così negando la sussistenza delle condizioni per l’operatività della garanzia. Interposto gravame, la corte d’appello riformava in parte la pronuncia, accogliendo la domanda di garanzia e conseguentemente condannando a risarcire il danno, in solido con il convenuto principale, la compagnia assicurativa. Quest’ultima si rivolge quindi alla Corte di cassazione. In claris non fit interpretatio. La ricorrente osserva che, tra le clausole del contratto di garanzia, in particolare tra quelle che contemplavano le garanzie aggiuntive, era presente una specifica condizione che permetteva di estendere la copertura assicurativa ai danni insorti dopo l’esecuzione dei lavori e che la relativa casella, a differenza di altre, non era stata barrata dall’assicurato. Ebbene, a giudizio della compagnia assicurativa, in presenza di un testo contrattuale così chiaro, non vi era spazio per i criteri sussidiari della interpretazione di buona fede e dell’ interpretatio contra stipulatorem , cui aveva fatto ricorso la Corte territoriale per estendere la copertura assicurativa. A tal proposito, la Suprema Corte, in accoglimento della censura, non condivide l’affermazione dei giudici di merito secondo cui un’interpretazione di buona fede della clausola in contestazione imporrebbe di ritenere in ogni caso ricompresi nel rischio assicurato i pregiudizi il cui dinamismo fosse comunque insorto in occasione dell’esecuzione del contratto, dal momento che la dipendenza dell’eziologia del sinistro dalle opere realizzate dal convenuto era, evidentemente, condizione imprescindibile perché egli medesimo – e a maggior ragione il suo assicuratore – potesse essere chiamato a risponderne. A fronte del chiaro tenore della clausola è poi ritenuto altrettanto condivisibile l’assunto dell’impugnante secondo cui non sussisterebbero i presupposti per l’operatività del criterio dell’ interpretatio contra stipulatorem di cui agli artt. 1366 e 1370 c.c Clausole limitative dell’oggetto della contratto o della responsabilità. Ciò premesso, i Giudici di legittimità riconoscono che la questione fondamentale da risolvere al fine di sancire l’operatività o meno della manleva è l’ascrivibilità all’area dell’oggetto del contratto – piuttosto che a quella della limitazione della responsabilità – della condizione volta ad espungere dall’operatività della garanzia i danni non avvenuti durante l’esecuzione dei lavori. In via di principio, sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell’art. 1341 c.c. con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto , quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito – nel senso che, lungi dall’essere finalizzate alla specificazione del rischio contrattuale, sempre consentita, appaiono volte a un suo completo svuotamento – mentre attengono all’oggetto del contratto e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma , le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, ne individuano con esattezza il contenuto. Invero, il dilemma interpretativo non è di poco conto poiché se la clausola fosse inquadrata nella prima categoria, se ne dovrebbe sancire la nullità in quanto clausola vessatoria non approvata per iscritto, con conseguente estensione della responsabilità dell’assicuratore anche ai danni verificatisi al termine dei lavori. Classificazione della clausola oggetto di contestazione. Ebbene, a giudizio degli Ermellini, la clausola in contestazione, piuttosto che essere volta ad alleggerire il rischio assicurato in dipendenza del tipo di colpa che ha connotato il comportamento del garantito, o del tipo di inadempimento di cui lo stesso deve rispondere, appare destinata a circoscrivere l’ambito dei sinistri che le parti hanno voluto porre a carico dell’assicuratore, individuandoli soltanto in quelli che si verifichino nel corso dell’esecuzione dei lavori. Né appare ragionevolmente sostenibile che un condizione di tal fatta limiti in ambiti così ristretti il rischio assicurato, da essere finalizzata a una indebita eliminazione in toto dello stesso, considerato che notoriamente la maggior parte degli incidenti avvengono proprio durante la fase di realizzazione delle opere. Ciò stante, la clausola in oggetto non poteva considerarsi vessatoria e perciò era da considerare del tutto legittima pur in assenza di una specifica approvazione per iscritto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 luglio – 22 settembre 2015, n. 18635 Presidente Petti – Relatore Amendola Svolgimento del processo Con citazione notificata il 9 ottobre 2002 M.A.R. , C.S. e G.A.M. convennero innanzi al Tribunale di Roma P.P. , chiedendo il ristoro dei danni subiti a seguito della morte di C.E. , rispettivamente, figlio e fratello delle prime, nonché marito della terza. Esposero che il loro congiunto era deceduto per effetto delle esalazioni di monossido di carbonio dovute a lavori a suo tempo effettuati, senza le dovute cautele, in altro appartamento del medesimo stabile condominiale dal convenuto, titolare di una ditta individuale di impianti termoidraulici. Resistette il P. , il quale chiese ed ottenne di chiamare in causa Fondiaria SAI s.p.a., per esserne manlevato in caso di soccombenza. La chiamata, costituitasi, negò la sussistenza delle condizioni per l'operatività della garanzia, non rientrando il sinistro tra i rischi coperti dalla polizza. Il giudice adito condannò il convenuto al pagamento in favore di G.A.M. , della somma di Euro 189.000,00, rigettando ogni altra domanda. Proposto gravame principale dal P. e incidentale dalla M. e dalla C. , la Corte d'appello ha accolto, per quanto di ragione, l'appello principale, per l'effetto condannando Fondiaria SAI, in solido con P.P. , al risarcimento dei danni, come determinati dal giudice di prime cure, in favore di G.A.M. ha confermato nel resto l'impugnata sentenza. Per la cassazione di detta decisione ricorrono a questa Corte M.A.R. , C.S. e G.A.M. , formulando un solo motivo. Resiste con controricorso Fondiaria SAI s.p.a., che propone altresì ricorso incidentale affidato a cinque motivi. La stessa società ha peraltro proposto autonoma impugnazione, di contenuto praticamente sovrapponibile a quella spiegata nel controricorso. Hanno ad essa resistito, con distinti atti difensivi, M.A.R. , C.S. e G.A.M. nonché P.P. . Quest'ultimo e Fondiaria SAI hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Vanno preliminarmente esaminate, e confutate, le eccezioni di inammissibilità del ricorso e della stessa costituzione in giudizio di Fondiaria SAI s.p.a., proposte da M.A.R. , da C.S. e da G.A.M. . Sostengono le esponenti che l'impugnazione non sarebbe mai stata notificata al procuratore della controparte officiato nel giudizio di merito che l'atto di appello sarebbe stato proposto tardivamente e senza il rispetto delle formalità prescritte che la società assicuratrice sarebbe decaduta dall'impugnazione per averla avanzata oltre l'anno dal deposito della sentenza. Sotto altro profilo rilevano poi che in ogni caso la procura speciale di cui all'art. 366 cod. proc. civ. non sarebbe stata rilasciata dal legale rappresentante della società assicuratrice, non essendo stato prodotto l'atto che abilitava chi l'aveva conferita a nominare un difensore aggiungono anche che, in base alla legge notarile, questo avrebbe dovuto essere versato in originale e non in copia di tale copia, peraltro, hanno dichiarato di disconoscere comunque la conformità all'originale. 2 Le eccezioni sono destituite di ogni fondamento. Quelle volte a far valere l'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata, peraltro articolate anche con confusi richiami all'atto di gravame, nella totale inottemperanza agli oneri imposti dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sono resistite dall'invincibile rilievo che il ricorso autonomamente proposto da Fondiaria SAI risulta notificato all'avvocato Cristian Coppotelli, indicato come difensore di M.A.R. , di C.S. e di G.A.M. nell'intestazione della sentenza impugnata il controricorso con relativo ricorso incidentale della medesima parte è stato invece notificato all'avvocato Stefano Menicacci, a ministero del quale il ricorso principale è stato proposto. Quanto poi alla pretesa tardività dell'impugnazione, rilevato che il ricorso principale è stato consegnato per la notifica il 16 novembre 2012, e quindi ben prima della scadenza del termine lungo di cui all'art. 327 cod. proc. civ., decorrente dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 5 ottobre 2011, quello incidentale è stato notificato entro i termini di cui al comb. disp. degli artt. 370 e 369 cod. proc. civ Peraltro, benché la sovrapponibilità della linea difensiva in esso spiegata, con quella svolta nel ricorso proposto in via autonoma, depotenzi l'incidenza di una sua eventuale tardività, non sembra inutile ricordare che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, alla quale si intende dare continuità, l'art. 334 cod. proc. civ., che consente alle parti, contro le quali sia stata proposta impugnazione o che siano state chiamate a integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331 cod. proc. civ. , di proporre impugnazione incidentale, anche quando abbiano lasciato decorrere il termine ordinario o abbiano fatto acquiescenza, è volto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo laddove anche l'avversario tenga analogo comportamento, di talché, in difetto di limitazioni oggettive, esso trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall'impugnazione principale cfr. Cass. civ. 9 dicembre 2014, n. 25848 Cass. civ. 24 aprile 2012, n. 6470 . 3 Quanto poi alla validità del mandato ad litem , le contestazioni non colgono nel segno, considerato che questo è stata rilasciato dall'avvocato F.C. , procuratore speciale del legale rappresentante della società assicuratrice, in forza di atto a rogito notar Mario Grossi di Milano, versato nel fascicolo processuale e puntualmente richiamato, in tutti i suoi estremi, in calce al ricorso e al controricorso di Fondiaria SAI. Neppure è troppo chiaro, poi, il senso delle argomentazioni svolte dalle deducenti in ordine alla necessità di produrre la procura in originale e al disconoscimento, in ogni caso, dell'eventuale fotocopia. In proposito, mentre è del tutto incongruo il richiamo all'art. 69 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, che si limita a dettare i requisiti di validità delle copie degli atti notarili, del resto rispettati, nella fattispecie, le eccezioni sulla genuinità della fotocopia sono assolutamente generiche e sono pertanto resistite dal rilievo che la contestazione della conformità all'originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile, ma va operata - a pena di inefficacia - in modo chiaro e circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume che esso differisca dall'originale cfr. Cass. iv. 3 aprile 2014, n. 7775 . 4 Passando quindi all'esame del ricorso principale, con un unico motivo M.A.R. , C.S. e G.A.M. denunciano violazione degli artt. 182, 100 e 345 cod. proc. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Oggetto delle critiche è l'affermazione del giudice di merito secondo cui M.A.R. e C.S. non avevano fornito la prova della fondatezza della loro pretesa, non avendo dimostrato di essere eredi di C.E. , segnatamente rimarcando che altro, rispetto a tale prova, è la legittimazione processuale, per la cui sussistenza è sufficiente la prospettazione della titolarità di un diritto. Rilevano per contro le esponenti che nella memoria di costituzione in appello esse avevano prodotto atto pubblico, costituito dallo stato di famiglia, comprovante la loro qualità di eredi, produzione da ritenersi legittima, alla luce del novellato articolo 182 cod. proc. civ. che l'atto notorio era già sufficiente a quel medesimo fine e che, in ogni caso, il giudice di merito avrebbe dovuto assegnare un termine per la regolarizzazione del potere di rappresentanza, sull'abbrivio dell'arresto delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 9217 del 2010. 5 Le critiche sono infondate. Occorre muovere dalla considerazione che la legitimatio ad causam , attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere di promuovere o del dovere di subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, condizione la cui verifica da effettuarsi anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo con il solo limite della formazione del giudicato interno sulla questione cfr. Cass. civ. sez. un. 9 febbraio 2012, n. 1912 - va compiuta esclusivamente alla stregua della fattispecie in astratto prospettata dall'attore, a prescindere, cioè, dalla effettiva titolarità del diritto azionato, accertamento che attiene al merito della controversia e che rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata cfr. Cass. civ. 9 aprile 2008, n. 8699 Cass. civ. 10 gennaio 2008, n. 355 Cass. civ. 8 ottobre 2008, n. 24791 . Del tutto diversa, da tali nozioni, è poi quella di capacità processuale, che è la capacità di agire nel processo, oppure nel caso in cui si agisca in nome e per conto di altri , la capacità di rappresentare la parte si parla in proposito di legittimazione processuale o di legittimazione processuale rappresentativa, e cioè del potere di essere parte del processo, in quanto se ne abbia la relativa capacità. 6 In tale contesto, del tutto improprio appare il richiamo delle impugnanti all'arresto delle sezioni unite di questa Corte 19 aprile 2010, n. 9217 che, anche con riferimento all'assetto normativo anteriore alle modifiche apportate all'art. 182 cod. proc. civ. dalla legge n. 69 del 2009, ha sancito la doverosità per il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determini la nullità della procura al difensore, di assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio. Sta di fatto che la sanatoria prevista dal secondo comma dell'art. 182 cod. proc. civ. riguarda i soli casi di difetto di assistenza, di autorizzazione o di rappresentanza ovvero di vizi della procura e non anche il caso, quale quello oggetto delle censure, in cui, a giudizio del decidente, la parte non abbia fornito la prova di un presupposto della domanda, nello specifico, della astratta titolarità del credito risarcitorio ad essa derivante dalla qualità di erede della vittima dell'evento lesivo. E sul punto, mentre assolutamente irrilevante è, all'evidenza, lo stato di famiglia riprodotto in ricorso, di talché coerentemente il giudice di merito non ne ha tenuto conto, arma spuntata è altresì il richiamo all'atto notorio, sia in quanto le ricorrenti hanno omesso di indicarne il contenuto nonché l'esatta allocazione nel fascicolo processuale, in spregio al criterio di autosufficienza del ricorso per cassazione sia in quanto, proprio ragionando in tema di prova della qualità di erede, le sezioni unite di questa Corte hanno escluso che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, possa costituire di per sé prova idonea di tale qualità, esaurendo essa i suoi effetti nell'ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, di talché resta in definitiva rimessa al giudice la valutazione delle inferenze probatorie che ne siano desumibili, anche alla luce del comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sia stata prodotta cfr. Cass. civ. sez. un. 29 maggio 2014, n. 12065 . Il ricorso principale, in definitiva, è respinto. 7.1 Passando quindi al ricorso incidentale di Fondiaria SAI, con il primo motivo lamenta la società assicuratrice violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1370 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ Oggetto delle critiche è l'affermazione del giudice di merito secondo cui l'inoperatività della garanzia per i danni non avvenuti durante l'esecuzione dei lavori, prevista alla lett. r del paragrafo intitolato Esclusioni , non riguarderebbe il sinistro del quale il P. era stato chiamato a rispondere. Tale assunto sarebbe invero basato su un incongruo richiamo ai criteri interpretativi di cui agli artt. 1366 e 1370 cod. civ., nonché su un palese travisamento della volontà dei paciscenti, come risultante dal testo del contratto, considerato anche che, in perfetta simmetria con la previsione di cui alla menzionata clausola, l'estensione della copertura assicurativa ai danni insorti dopo l'esecuzione dei lavori era specificamente contemplata tra le garanzie aggiuntive e che la relativa casella, a differenza di altre, non era stata barrata dal P. . Ne deriverebbe, secondo l'esponente, e alla luce delle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., la chiara limitazione della manleva ai soli danni verificatisi durante l'esecuzione dei lavori, non già a quelli occorsi a distanza di cinque mesi dalla loro ultimazione, con conseguente insussistenza dei presupposti per il ricorso ai criteri sussidiari della interpretazione di buona fede e dell'interpretatio contra stipulatorem di cui agli artt. 1366 e 1370 cod. civ 7.2 Con il secondo mezzo, denunciando mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, la ricorrente si duole dell'assunto secondo cui l'esclusione riguarderebbe fatti dipendenti dai lavori, ma aventi una causa autonoma e successiva , laddove le clausole in discorso facevano espresso riferimento non alle cause del danno, ma al danno stesso, escludendo quello verificatosi dopo la realizzazione delle opere. 7.3 Con il terzo motivo Fondiaria SAI denuncia violazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. per avere la Corte d'appello affermato che le menzionate condizioni contrattuali avrebbero dovuto essere approvate per iscritto, ritenendo, del tutto apoditticamente, che esse prevedevano una limitazione di responsabilità, laddove erano solo volte a circoscrivere l'oggetto del contratto. 7.4 Con il quarto motivo l'impugnante deduce vizi motivazionali, ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., con riferimento all'assunto del giudice di merito secondo cui il P. , all'atto della stipula della polizza, aveva agito come consumatore, destinatario, in quanto tale, della tutela prevista dagli artt. 1469 bis e segg. cod. civ., oggi trasfusi negli artt. 33 e segg. d.lgs. n. 206 del 2005, in contrasto con la denominazione della polizza, SaiArtigianato con la dicitura riportata sul frontespizio della stessa, ove si indicava che l'assicurato era titolare di una impresa individuale, denominata Termoidraulica con l'oggetto della garanzia, individuato nel fatto accidentale verificatosi in relazione allo svolgimento dell'attività dichiarata in scheda di copertura con l'espresso riconoscimento che l'incidente era stato causato da erroneo espletamento di una prestazione professionale con il dato incontrovertibile, infine, che la garanzia era stata attivata a seguito di un sinistro connesso alla attività imprenditoriale dell'assicurato. 7.5 Con il quinto mezzo, denunciando violazione dell'art. 1917 cod. civ., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente si duole della condanna della società assicuratrice al risarcimento dei danni in solido con l'assicurato, in spregio alla norma codicistica innanzi richiamata. 8 Le critiche svolte nei primi quattro motivi di ricorso, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondate nei sensi che qui di seguito si vanno a precisare. Anzitutto, l'assunto secondo cui una interpretazione di buona fede della clausola in contestazione imporrebbe di ritenere in ogni caso ricompresi nel rischio assicurato i pregiudizi il cui dinamismo fosse comunque allora insorto, prova troppo, considerato che la dipendenza dell'eziologia del sinistro dalle opere realizzate dal convenuto era, evidentemente, condizione imprescindibile perché egli medesimo - e a maggior ragione il suo assicuratore - potesse essere chiamato a risponderne. Si vuoi dire, con ciò, che, così inteso, il riferimento della polizza al fatto accidentale verificatosi l’esecuzione dei lavori finisce per non avere senso alcuno. Del pari condivisibile è l'assunto dell'impugnante secondo cui non sussisterebbero i presupposti per l'operatività del criterio dell' interpretatio contra stipulatorem , di cui agli artt. 1366 e 1370 cod. civ., a fronte del chiaro tenore della clausola, soprattutto se letta in connessione con le parallele previsioni delle garanzie aggiuntive, come del resto impone l'art. 1363 cod. civ 9 In realtà, la questione intorno alla quale si gioca la sorte della manleva è l’ascrivibilità all'area dell'oggetto del contratto - piuttosto che a quella della limitazione della responsabilità - della condizione volta ad espungere dall'operatività della garanzia i danni non avvenuti durante l'esecuzione dei lavori. Ora, in via di principio, sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell'art. 1341 cod. civ. con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto , quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito - nel senso che, lungi dall'essere finalizzate alla specificazione del rischio contrattuale, sempre consentita, appaiono volte a un suo completo svuotamento - mentre attengono all'oggetto del contratto e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma , le clausole che riguardano il contenuto e ì limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, ne individuano con esattezza il contenuto cfr. Cass. civ. 7 agosto 2014, n. 17783 Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8235 . Ora, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la clausola in contestazione, piuttosto che essere volta ad alleggerire il rischio assicurato in dipendenza del tipo di colpa che ha connotato il comportamento del garantito, o del tipo di inadempimento di cui lo stesso deve rispondere, appare destinata a circoscrivere l'ambito dei sinistri che le parti hanno voluto porre a carico dell'assicuratore, individuandoli soltanto in quelli che si verifichino nel corso dell'esecuzione dei lavori. Né appare ragionevolmente sostenibile che una condizione di tal fatta limiti in ambiti così ristretti il rischio assicurato, da essere finalizzata a una indebita eliminazione in toto dello stesso, considerato che notoriamente la maggior parte degli incidenti avvengono proprio durante la fase di realizzazione delle opere. 10 Non è superfluo aggiungere, per puro spirito di completezza, che condivisibili appaiono altresì le critiche in ordine all'assunto secondo cui il P. avrebbe sottoscritto la polizza in qualità di consumatore. Trattasi invero di affermazione apodittica, che omette di confrontarsi con le indicazioni, di segno contrario, contenute nella polizza, delle quali l'interprete non poteva non farsi carico in motivazione così, in particolare, l'individuazione dell'oggetto della garanzia nel fatto accidentale verificatosi in relazione allo svolgimento dell'attività dichiarata in scheda di copertura , attività che, per l'appunto, aveva carattere professionale. Si ricorda, in proposito, che, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469 bis e segg. cod. civ., relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato consumatore la persona fisica che, pur svolgendo attività imprenditoriale o professionale, conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di tale attività, mentre deve essere considerato professionista tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, con l'avvertenza che, perché ricorra la figura del professionista non è necessario che il contratto sia posto in essere nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, essendo sufficiente che esso venga concluso per uno scopo a quello connesso cfr. Cass. civ. 23 febbraio 2007, n. 4208 . Nella ritenuta fondatezza dei primi quattro motivi del ricorso incidentale di Fondiaria SAI resta assorbito l'esame del quinto. 10 In definitiva, rigettato il ricorso principale, accolto, per quanto di ragione, il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione che, nel decidere, si atterrà ai principi innanzi esposti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale accoglie, per quanto di ragione, il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.