Responsabile il proprietario se si stacca il rimorchio in autostrada e rimane sulla corsia di marcia provocando un incidente

La presunzione de facto di mancato rispetto della distanza di sicurezza posta dall'art. 149 del codice della strada non concerne il caso del tamponamento del veicolo che per una situazione anomala costituisca un ostacolo fisso ed imprevedibile rispetto al normale andamento della circolazione stradale.

Così la Terza Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza n. 17206, depositata il 27 agosto 2015. La vicenda. Il conducente di un autocarro che, trovandosi in autostrada, andava a collidere contro un rimorchio che si era staccato dalla motrice e si trovava fermo sulla corsia di marcia, agiva nei confronti del proprietario del rimorchio e della relativa assicurazione per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. Per quanto riguarda il danno patrimoniale, invece, prima della notifica dell'atto di citazione aveva ricevuto due versamenti, tanto che è stato chiesto giudizialmente solo il risarcimento del danno non patrimoniale. Il tribunale verrebbe da dire, incredibilmente rigettava la domanda risarcitoria. Nel conseguente giudizio di secondo grado la Corte d'appello accoglieva le istanze risarcitorie, dichiarando peraltro che dalla somma determinata andavano detratti gli acconti frattanto ricevuti. La compagnia di assicurazione del rimorchio ha proposto ricorso in Cassazione per non aver la Corte d'appello ritenuto applicabile l'art. 149 c.d.s Ha resistito il danneggiato proponendo altresì ricorso incidentale. Non si può chiedere a un conducente di prevedere che un rimorchio sia fermo sulla corsia di marcia. Secondo la compagnia di assicurazione la dinamica del sinistro avrebbe dovuto essere ricostruita come un tamponamento da parte dell'autocarro, che non sarebbe stato in grado, per la mancanza della distanza di sicurezza, di fermarsi, una volta avvistato sulla carreggiata in questo senso ha lamentato la mancata applicazione dell'art. 149 c.d.s. Distanza di sicurezza tra veicoli . La Cassazione respinge però tale tesi, ricordando come il predetto art. 149 si applichi solo nel caso in cui un veicolo sia fermo sulla corsia per cause attinenti alla circolazione, e come a tale ipotesi rientrano tutti i precedenti giurisprudenziali citati dalla stessa assicurazione. Come già affermato nella sentenza n. 27134/06 gli Ermellini esplicitano il principio per cui la presunzione de facto di mancato rispetto della distanza di sicurezza posta dall'art. 149 del codice della strada non concerne il caso del tamponamento del veicolo che, per una situazione anomala, avulsa dalle esigenze del traffico, costituisca un ostacolo fisso ed imprevedibile rispetto al normale andamento della circolazione stradale . Di tale situazione anomala, dovuta o a un qualche vizio di costruzione o a scarsa manutenzione, deve essere dunque ritenuto responsabile il proprietario del rimorchio, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2054, comma 3, c.c. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo . Le somme versate per il danno patrimoniale non possono essere imputate al danno non patrimoniale. I giudici della Terza Sezione hanno poi accolto un motivo del ricorso incidentale, ovvero quello relativo alla detrazione dall'ammontare del danno liquidato dalla Corte d'appello, degli assegni ricevuti ante causam , motivando col fatto che ha errato la Corte territoriale nel detrarre dal risarcimento del danno non patrimoniale somme che erano state versate per la, diversa, voce di danno patrimoniale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 maggio – 27 agosto 2015, n. 17206 Presidente Salmè – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- B.J.T. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia - sezione distaccata di Portogruaro la Zaninello Trasporti di Boscarato Marcellina e C. S.n.c. e l'Italica Assicurazioni S.p.a. poi Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A. , per ottenere il risarcimento dei danni subiti nell'incidente accadutogli quando, mentre percorreva l'autostrada a bordo del proprio autocarro, era andato a collidere contro un rimorchio, di proprietà della prima delle convenute ed assicurato con la secondar che si era staccato dalla motrice e si era arrestato sulla corsia di marcia. La domanda venne respinta dal Tribunale. 2.- L'attore propose appello per ottenere l'accoglimento della domanda originaria e le convenute proposero appello incidentale per ottenere la restituzione degli importi già versati a titolo di acconto e la riforma della pronuncia di primo grado di compensazione delle spese di lite. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza non definitiva pubblicata il 21 luglio 2009, accogliendo l'appello principale, condannò le convenute in solido a risarcire il danno sofferto dall'appellante, rigettando l'appello incidentale, e, con sentenza definitiva pubblicata il 24 maggio 2012, determinò il danno non patrimoniale spettante all'appellante principale e condannò le appellate, in solido tra loro, al versamento, detratti gli acconti già corrisposti, rivalutati alla data della pronuncia, oltre interessi pose a carico delle appellate le spese di CTU e quelle due gradi di giudizio. 3.- Allianz S.p.A. già Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A. propone ricorso principale con un motivo, illustrato da memoria. B.J.T. si difende con controricorso e propone ricorso incidentale con due motivi. L'altra intimata non si difende. Motivi della decisione 1.- Il resistente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso principale per invalidità della procura speciale, in quanto figurerebbe come rilasciata da uno soltanto dei due procuratori della società assicuratrice ricorrente e consisterebbe in un mandato del tutto generico. L'eccezione va rigettata. Il mandato è apposto a margine del ricorso cfr., da ultimo, Cass. ord. n. 1205/15 e reca le due firme, autenticate dal difensore, dei procuratori della Allianz S.p.A. menzionati nell'epigrafe del ricorso come rappresentanti della società ricorrente secondo quanto risultante dal relativo statuto . La procura speciale non è inficiata dalla mancata espressa menzione di uno dei due nel testo a stampa del mandato, poiché la firma della procura è sufficiente ad attribuirne la paternità ad entrambi, nella qualità indicata in ricorso, e ribadita accanto a ciascuna delle due firme entrambe inoltre devono ritenersi ben autenticate dal difensore pur con un unico visto cfr. Cass. n. 27555/11, in motivazione . 2.- Con l'unico motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 149 C.d.S. decreto legislativo n. 285 del 1992 , 2043, 2054 cod. civ. e 41 cod. pen., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ La compagnia di assicurazioni censura la sentenza non definitiva nella parte in cui ha ritenuto non applicabile l'art. 149 C.d.S. ed ha ricostruito il sinistro non come tamponamento, ma come scontro tra l'autocarro Iveco guidato dall'appellante e l'ostacolo fermo rappresentato dal rimorchio lasciato lungo la carreggiata dall'autotreno di proprietà della società appellata, ritenendo questo evento non prevedibile dal veicolo che sopraggiungeva. Secondo la ricorrente principale la norma del codice della strada su menzionata si dovrebbe applicare al caso di specie, perché anche l'arresto improvviso di un veicolo costituisce un fenomeno della circolazione ed a tale ipotesi si dovrebbe ricondurre anche quella di un rimorchio che, staccatosi dalla motrice, si arresti sulla carreggiata. Dato ciò, il conducente del veicolo sopraggiungente avrebbe dovuto essere in grado di garantire l'arresto tempestivo del mezzo, mantenendo la distanza di sicurezza, sicché l'avvenuta collisione porrebbe a suo carico la presunzione della relativa inosservanza. 2.1.- Inoltre, la motivazione sarebbe incongrua ed illogica nella parte in cui avrebbe reputato come non prevedibile il fatto che sulla carreggiata vi fosse un veicolo fermo, mentre sarebbero inconferenti i rilievi della Corte d'Appello secondo cui il conducente dell'autocarro percepì che il rimorchio era fermo soltanto a breve distanza dall'ostacolo e secondo cui trova applicazione la presunzione dell'ultimo comma dell'art. 2054 cod. civ 3.- Il motivo è infondato quanto al primo profilo. L'art. 14 9 del codice della strada introdotto con decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 non si applica nel caso di veicolo fermo sulla carreggiata per cause diverse dalla circolazione, per come è fatto palese anche dalla lettera del primo comma. Questo, nel suo inciso iniziale, fa espresso riferimento alla situazione che si verifica durante la marcia” dei veicoli, imponendo ai conducenti di tenere la distanza di sicurezza, rispetto al veicolo che precede”, vale a dire rispetto al veicolo che stia circolando avanti a quello obbligato a garantire l'arresto tempestivo onde evitare collisioni. I precedenti citati in ricorso a sostegno della tesi della ricorrente si riferiscono a fattispecie in cui il veicolo tamponato, regolarmente circolante, si sia fermato per esigenze connesse alla circolazione cfr. Cass. n. 19493/07, n. 12108/06 analogamente è a dirsi per tutti i precedenti citati in memoria cfr., oltre quelli riferiti l'ipotesi tipica del tamponamento tra veicoli in movimento, Cass. n. 4021/13, relativo a tamponamento a catena di veicoli incolonnati Cass. n. 11444/98, relativo a veicolo fermo per precedente incidente . Va, in particolare affermato che la presunzione de facto di mancato rispetto della distanza di sicurezza posta dall'art. 149 del codice della strada non concerne il caso del tamponamento del veicolo che, per una situazione anomala, avulsa dalle esigenze del traffico, costituisca un ostacolo fisso ed imprevedibile rispetto al normale andamento della circolazione stradale cfr. Cass. n. 27134/06 . La norma pertanto non è applicabile al sinistro per cui è ricorso, che si è verificato perché il rimorchio si è staccato dalla motrice dell'autotreno - per come ricostruito dalla sentenza, sul punto non contestata dalla ricorrente. 3.1.- Quanto al resto, il motivo è, per un verso, inammissibile poiché involge l'accertamento dei fatti che il giudice del merito ha reso palese con motivazione congrua e logica per altro verso, infondato per la parte in cui assume che vi sarebbe stato il superamento della presunzione di cui al quarto comma dell'art. 2054 cod. civ., sulla quale la decisione si fonda. Quanto alla ritenuta imprevedibilità dell'ostacolo, la Corte d'Appello ha considerato le condizioni di tempo e di luogo del sinistro, evidenziando, in particolare, che il conducente dell'autocarro non si trovò di fronte ad un arresto improvviso del veicolo che lo precedeva, bensì - come detto - di fronte ad un ingombro fisso, che, considerati la tipologia della strada e le caratteristiche del rimorchio, oramai staccato dalla motrice e lasciato lungo la carreggiata dall'autotreno, esulava dalle situazioni normalmente prevedibili come conseguenza della circolazione. Analogamente è a dirsi quanto all'accertamento relativo ai tempi di avvistamento dell'ostacolo, avendo il giudice argomentato in punto di arresto improvviso del rimorchio causato dal meccanismo di frenatura automatica”, di condizioni di tempo e di visibilità nonché di condotta di guida del conducente dell'autocarro anche in riferimento alla velocità . Esula dal giudizio di legittimità la rivalutazione di tutte siffatte circostanze, così come preteso dalla compagnia ricorrente. 3.2.- La Corte veneziana ha ritenuto che le circostanze di fatto come sopra accertate imponessero di ritenere che l'autotreno con rimorchio presentasse qualche vizio di costruzione o non fosse stato sottoposto ad adeguata manutenzione”, con conseguente responsabilità presunta del proprietario per i danni da questi derivanti. L'assunto della ricorrente secondo cui questa ragione della decisione verrebbe ad essere superata mediante l'applicazione dell'art. 149 del codice della strada resta confutato da quanto già detto in merito all'inapplicabilità di questa norma, nonché in merito all'indagine del giudice di merito che non ha ravvisato alcuna colpa nella condotta di guida del veicolo sopraggiungente. Ed invero, una volta esclusa la presunzione di colpa del conducente del veicolo che si è scontrato con un altro fermo sulla carreggiata, a causa di un vizio di costruzione o di un difetto di manutenzione, ed escluso altro comportamento colpevole dello stesso conducente arg. da Cass. n. 4754/04, impropriamente citata a sostegno del ricorso , resta operante la presunzione di responsabilità del proprietario del secondo veicolo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2054 cod. civ. In conclusione, il ricorso principale va rigettato. 4.- Col primo motivo del ricorso incidentale, la sentenza è censurata per violazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nella parte in cui ha detratto dall'ammontare del danno complessivamente liquidato in favore di B.J.T. gli acconti già versati nelle date del 16 gennaio 1996 e del 20 gennaio 1996, secondo quanto si legge in sentenza , rivalutati alla data della pronuncia. Il ricorrente incidentale sostiene che l'errore sta nel fatto che la Corte di merito non ha considerato che gli acconti erano riferiti al danno patrimoniale, specificamente ai danni causati all'autocarro, che, come dice la stessa sentenza, non erano stati richiesti perché già pagati. A riscontro del motivo il ricorrente incidentale indica anche gli atti di controparte, riportando quanto in proposito si legge nella comparsa conclusionale in appello della compagnia di assicurazione. Quest'ultima, pur avendo depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., non ha confutato quanto sostenuto col ricorso incidentale. 4.1.- Il motivo appare fondato e va accolto. La Corte d'Appello, nel liquidare il danno non patrimoniale alla persona non avrebbe potuto detrarre gli acconti che erano stati corrisposti per il risarcimento della diversa voce del danno patrimoniale al veicolo. La sentenza va cassata sul punto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, decidendo nel merito, esclude che dall'importo liquidato a titolo di danno non patrimoniale debbano essere detratti gli acconti già corrisposti. Di conseguenza va corretto il dispositivo della sentenza, eliminando il seguente inciso detratti gli acconti versati da RAS S.p.a., rivalutati alla data odierna dalle date dei rispettivi versamenti” . 5.- Col secondo motivo il ricorrente incidentale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla decisione di rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale alla persona. Egli sostiene che il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere in re ipsa la prova dell'impossibilità di trovare lavoro per le incapacità dipendenti dalla malattia ovvero avvalersi della prova presuntiva. Richiama, quindi, gli esiti della CTU ed i documenti prodotti nei gradi di merito. Il motivo non merita di essere accolto. 5.1.- Esso è infondato per la parte in cui assume che il danno patrimoniale, in specie il danno da lucro cessante per riduzione della capacità lavorativa, possa ritenersi in re ipsa a seguito dell'accertamento di siffatta riduzione da parte del consulente tecnico medico legale. È orientamento oramai consolidato di questa Corte che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso così, da ultimo, Cass. n. 15238/14 , pur essendo evidentemente possibile fare ricorso alla prova presuntiva cfr. Cass. n. 1690/08, n. 17514/11, n. 2644/13, n. 25634/13 ed altre . 5.2.- Peraltro, la Corte di merito ha evidenziato in motivazione come, nel caso di specie, non fosse sufficiente all'accoglimento della domanda la dichiarazione dei redditi, prodotta dal danneggiato solo per l'anno 1994 -immediatamente precedente il sinistro accaduto il 23 gennaio 1995 , in presenza di altri elementi tra cui le informazioni raccolte dal consulente medico-legale atti a dimostrare che egli aveva continuato a lavorare quanto meno fino al 2004. Questo accertamento di fatto non è validamente contestato, poiché il ricorrente si limita a contrapporvi soltanto il proprio assunto di avere svolto fino al 2004 qualche lavoretto e poi basta”, senza indicare quali sarebbero le fonti di prova atte a dimostrare tale assunto, delle quali il giudice di merito non avrebbe tenuto conto non essendo idoneo allo scopo il certificato INAIL, riprodotto in ricorso ed attestante il grado di riduzione della capacità lavorativa, dal momento che questo ha la medesima portata probatoria del corrispondente accertamento medico legale, di cui all'orientamento sopra richiamato . 5.3.- Dato quanto fin qui esposto, è corretto l'argomentare del giudice di merito secondo cui il decremento di reddito non avrebbe potuto essere presunto. Trattandosi di soggetto percettore di reddito anche dopo il sinistro, malgrado la sopravvenuta riduzione della capacità lavorativa, sarebbe stato onere del danneggiato fornire, come detto in sentenza, un termine di paragone”, vale a dire dare la prova del reddito ricavato negli anni successivi al sinistro questo avrebbe potuto essere comparato con quello dichiarato nell'anno immediatamente precedente, sia per dimostrare il decremento del reddito prodottosi dopo il sinistro lucro cessante passato sia per fondare la prova presuntiva del probabile futuro decremento o mancato incremento di reddito lucro cessante futuro . In mancanza, il giudice non si sarebbe potuto servire del criterio c.d. del triplo della pensione sociale di cui all'art. 4 della legge n. 39/77 cfr., tra le altre, Cass. n. 19357/07 , così come sostenuto col secondo motivo del ricorso incidentale. Questo motivo va perciò rigettato. Considerati il rigetto del ricorso principale e di uno dei due motivi del ricorso incidentale, si ritiene di giustizia la compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi, rigetta il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata nei limiti di questo accoglimento e decide nel merito secondo quanto specificato in motivazione, eliminando dal dispositivo della sentenza impugnata il seguente inciso detratti gli acconti versati da RAS S.p.a., rivalutati alla data odierna dalle date dei rispettivi versamenti”. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.