Contratto di locazione ad uso transitorio privo dei requisiti di legge: nulla la clausola di durata, salva quella relativa al canone

Nell’ipotesi di contratto di locazione ad uso transitorio, senza il rispetto dei requisiti di legge, la nullità della clausola relativa alla sua durata pronunciata dal giudice del merito non comporta anche nullità della pattuizione contrattuale relativa alla quantificazione del canone, ove questo sia stato validamente determinato dalle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale.

La terza sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 16191, depositata in cancelleria il 30 luglio 2015, si è occupata di un caso di contratto di locazione ed uso transitorio privo dei requisiti specifici richiesti dalla legge, in cui sono tuttavia emersi profili di validità ed efficacia del contratto con specifico riferimento all’importo del canone. Il fatto. La vicenda odierna concerne due azioni di sfratto, l’una per finita locazione e l’altra per morosità, entrambe intentate dai locatori in danno della conduttrice e con riferimento ad un contratto di locazione ad uso transitorio, della durata complessiva di quattro mesi. La conduttrice si costituiva nelle procedure rilevando la nullità del contratto di locazione, nella parte e nella misura in cui lo stesso, senza la previsione della specifica causa richiesta dalla legge per la sussistenza del requisito della transitorietà, derogava alla durata legale del contratto di locazione di quattro anni più quattro. Chiedeva al giudice di pronunciare la maggiore durata della locazione nonché la determinazione del canone. In primo grado la domanda degli attori era rigettata, avendo il Tribunale rilevato la nullità del contratto di locazione privo della registrazione ex art. 1, comma 346, l. n. 311/04. In sede di appello principale ed incidentale la sentenza veniva riformata. La Corte territoriale infatti escludeva che dalla mancata registrazione del contratto potesse derivare la sua nullità, puntualizzando come ad essere nulla fosse solo la clausola concernente la durata del rapporto locativo. Ad ogni buon conto il contratto di locazione era risolto per morosità della conduttrice che, dallo spirare del termine di durata del contratto ad uso transitorio, non aveva più corrisposto alcun canone. La sentenza era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dalla conduttrice che si doleva, essenzialmente, dalla mancata rideterminazione del canone di locazione da parte della Corte di Appello, ancorché richiesto. La nullità parziale del contratto. Gli Ermellini evidenziavano che il giudice di seconde cure, premettendo che la mancata registrazione del contratto di locazione non ne comporta nullità ma inefficacia, poi eliminata per effetto della successiva registrazione, avesse semplicemente statuito la nullità parziale del contratto, perché stipulato per uso transitorio nonostante la mancanza dei requisiti di legge, affermando, per il resto, la piena riconducibilità del contratto di locazione nell’alveo del modello ordinario della durata di quattro anni più quattro. La validità della pattuizione sul canone salvaguardia dell’autonomia negoziale. Da ciò è derivata la piena validità ed efficacia della previsione contrattuale relativa all’importo del canone di locazione che, quindi, restava applicabile tra le parti proprio nella misura individuata in contratto. Per cui nessuna omissione poteva essere individuata nella sentenza della Corte di Appello con riferimento alla censura sollevata dalla ricorrente, giacché il canone di locazione era stato dalla stessa ricondotto allo schema legale secondo cui il suo ammontare è liberamente affidato all’autonomia negoziale. Il ricorso era così respinto con conferma della sentenza di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 maggio – 30 luglio 2015, numero 16191 Presidente Segreto – Relatore Stalla Svolgimento del processo Nel febbraio 2010 Po.Fe. e Ma. intimavano sfratto per finita locazione nei confronti di P.C., conduttrice di un appartamento di loro proprietà locato ad uso transitorio - al canone complessivo di Euro 1500,00 - dall'ottobre 2009 al gennaio 2010. Nel maggio 2010 i medesimi attori intimavano alla P. sfratto per morosità in relazione al suddetto contratto di locazione. La P. si costituiva in entrambi i giudizi, eccependo la nullità del contratto nella parte in cui derogava, in assenza del requisito della transitorietà dell'uso, alla scadenza legale di quattro anni più quattro nonché nella parte in cui determinava convenzionalmente il suddetto canone. Chiedeva pertanto che, respinte le domande degli attori, venisse affermata la maggior durata contrattuale, nonché rideterminato il corretto ammontare del canone annuo. In esito a riunione dei due giudizi ed a mutamento del rito, interveniva sentenza numero 916/11 con la quale l'adito tribunale di Genova respingeva le domande degli attori, in quanto basate su un contratto di locazione che doveva ritenersi nullo, perché non registrato ex articolo 1, comma 346, legge 311/04. Proposto appello principale dalla P. ed appello incidentale dai Po., veniva emessa sentenza numero 244/12 con la quale la corte di appello di Genova, in riforma della prima decisione - escludeva che la mancata registrazione del contratto ne implicasse la nullità - dichiarava invece la nullità della sola clausola contrattuale concernente la durata del rapporto che determinava ex lege in anni quattro più quattro - dichiarava la risoluzione del medesimo per la morosità della P. la quale non aveva più versato alcun canone dal gennaio 2010 - condannava quest'ultima al pagamento delle spese di entrambi i gradi di merito. Avverso questa sentenza viene dalla P. proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai quali resistono con controricorso i Po Motivi della decisione p.1 . Con il primo motivo di ricorso la P. lamenta - ex articolo 360 1^ co. numero 5 cpc - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, insito nel mancato accertamento dell'ammontare del canone di locazione nella specie dovuto. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la stessa lacuna, ma - ex articolo 360 1^ co. numero 3 cpc - sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. nonché 1339 e 1446 cod.civ p.2 . Si tratta di motivi suscettibili di trattazione unitaria, poiché entrambi incentrati - ora come carenza motivazionale ed ora come violazione della normativa sostanziale e processuale - sulla mancata considerazione, da parte della Corte di Appello, della domanda della conduttrice volta ad ottenere l'accertamento del canone locativo nella specie dovuto. Essi non possono trovare accoglimento, risultando finanche inammissibili là dove mostrano di non cogliere l'effettiva ratio decidendi della corte territoriale. Va infatti considerato che quest'ultima non ha dichiarato la nullità integrale del contratto di locazione, bensì la sua nullità parziale limitatamente alla clausola di durata. Tale decisione si pone in relazione con la mancata conferma della tesi recepita dal primo giudice, secondo cui il contratto di locazione in oggetto doveva reputarsi integralmente nullo, in quanto non registrato ex articolo 1, comma 34 6, legge 311/04. Orbene, dopo aver stabilito - con ragionamento qui non censurato - che la mancata registrazione del contratto al momento della sua stipulazione non determinava ex se la nullità del medesimo, ma unicamente la sua inefficacia poi venuta meno per effetto di registrazione successiva , la corte territoriale ha ravvisato la suddetta nullità parziale sotto il diverso profilo della difformità del contratto stipulato per uso transitorio dalle forme obbligatorie di cui agli accordi territoriali locali approvati con il decreto ministeriale previsto dall'articolo 4, co. 2 l. 431/98. Preso atto che il contratto in oggetto non era stato stipulato nel rispetto di tale disposizione, e che il conduttore aveva chiesto, ex articolo 13, 5^ comma, legge 431/98, che la locazione venisse ricondotta al modello ordinario previsto dalla medesima legge, ha concluso la corte di merito nel senso che tale schema comporta che il canone possa essere liberamente determinato ragione per cui non può ritenersi nulla la pattuizione relativa al canone contenuto nel contratto mentre deve ritenersi nulla quella relativa alla durata, per la quale la legge del 1998 prevede che il contratto abbia durata di quattro anni più quattro sent.pag.7 . Su tale assunto - nemmeno questo censurato - è dunque evidente che il giudice di merito ha ritenuto valido il contratto di locazione nella parte in cui stabiliva il canone liberamente determinabile dalle parti perché relativo ad un contratto di locazione stipulato successivamente al venir meno del regime vincolistico. Ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la corte di merito non ha affatto omesso di pronunciarsi sulla sua domanda di determinazione del canone locativo, ma l'ha decisa ritenendo nella specie applicabile lo stesso canone liberamente stabilito dalle parti nell'ambito di un contratto che è stato ritenuto - in parte qua - del tutto legittimo. La ratio decidendi è stata dunque nel senso che - non ricorrevano nella specie i presupposti per l'eterodeterminazione giudiziale della prestazione ex articolo 1339 del cod.civ., ovvero ai sensi della disciplina locatizia vincolistica non più applicabile, posto che si verteva di canone validamente stabilito dalle parti nell'esercizio della loro autonomia negoziale - non ricorreva nella specie l'ipotesi di nullità del contratto ex articolo 1446 codice civile per indeterminatezza del suo oggetto, dal momento che l'entità del canone dovuto andava appunto ragguagliata a quella così stabilita dalle parti. Tale argomentare esclude, da un lato, che vi sia stata pretermissione di pronuncia asseritamente rilevante ex articolo 112 c.p.c. e, dall'altro, che il giudice di merito sia incorso in vizi logico-giuridici di sorta. Anche in ragione del fatto che la determinatezza o, quantomeno, l'agevole determinabilità del canone per il periodo di vigenza contrattuale successivo all'8 gennaio 2010 doveva qui desumersi mediante la instaurazione del rapporto tra il canone complessivamente pattuito in Euro 1500,00 per il periodo intercorrente tra l'ottobre 2009 ed il gennaio 2010, ed il periodo annuo” preso a riferimento temporale dalla conduttrice nella propria domanda. Posto che nessun canone era stato dalla P. corrisposto successivamente al gennaio 2010, correttamente è stata ritenuta fondata la domanda di risoluzione del contratto reputato, come detto, complessivamente valido dal giudice di merito per l'inadempimento di quest'ultima. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.