Insidia stradale: la velocità eccessiva non esclude la responsabilità del gestore della strada

In caso di sinistro stradale, la velocità superiore al limite consentito tenuta dal conducente del veicolo non vale ad escludere la responsabilità dell’ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada se quest’ultima è in cattivo stato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15859/15, depositata il 28 luglio. Il caso. Due coniugi convenivano in giudizio Anas s.p.a. per vederla condannata al risarcimento dei danni da loro subiti in occasione di un sinistro stradale, nel quale la loro autovettura, dopo aver sbandato ed essere uscita di strada a causa del cattivo stato della sede stradale – priva di segnalazione di pericolo e di guard rail , nonché ricoperta di acqua e fango –, cadeva nella scarpata sottostante. La società convenuta eccepiva che la responsabilità del sinistro non poteva essere ascritta ad un’insidia stradale, bensì doveva essere imputata all’eccessiva velocità superiore a quella massima consentita tenuta dalla conducente. Il Tribunale adito condannava l’Anas al risarcimento dei danni. Proposto appello da parte di Anas, la Corte d’appello territoriale riduceva l’importo dovuto a titolo di risarcimento. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione Anas, lamentando l’omessa valutazione da parte del giudice di merito delle risultanze probatorie dalle quali emergeva l’eccessiva velocità dell’autovettura dei coniugi, in forza delle quali doveva essere esclusa la responsabilità della ricorrente per l’incidente o, quantomeno, essere riconosciuto un concorso di colpa dei danneggiati. Nel danno da insidia stradale va sempre valutato il comportamento del danneggiato. Preliminarmente, gli Ermellini hanno ricordato che nell’ipotesi di danno da insidia stradale, non può effettivamente prescindersi dalla valutazione del comportamento del danneggiato, dal momento che, qualora tale comportamento risultasse colposo, la responsabilità dell’ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada potrebbe essere completamente esclusa, o comunque potrebbe essere ravvisato un concorso di colpa del danneggiato stesso, valutabile ex art. 1227, comma 1, c.c. Concorso del fatto colposo del creditore . La valutazione dell’eventuale responsabilità colposa del danneggiato, tuttavia, è compiuta discrezionalmente dal giudice del merito, al fine di ricostruire l’effettiva sequenza causale del danno e la sua possibile ripartizione tra più parti. La responsabilità dell’ente non può essere esclusa. Nel caso di specie, la Corte d’appello territoriale risulta aver effettivamente ricostruito, tra gli elementi della fattispecie concreta, il comportamento del conducente dell’autoveicolo, giungendo alla conclusione che non poteva attribuirsi a tale condotta la responsabilità esclusiva o prevalente del sinistro. La Corte di merito, infatti, con motivazione congrua, ha ritenuto raggiunta la prova della responsabilità esclusiva di Anas in ordine alla presenza sul tratto stradale di acqua, fango e terriccio, nonché in relazione alla mancanza di segnalazione di pericolo e di protezione tramite guard rail nonostante l’elevata pericolosità di tale tratto stradale posto all’uscita di una curva ed in concomitanza con l’apertura di una scarpata . Ne deriva il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 maggio – 28 luglio 2015, n. 15859 Presidente Segreto – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio Nell'ottobre ‘92 C.S. e la moglie T.D. convenivano in giudizio Anas spa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da loro subiti in occasione dell'incidente stradale del omissis allorquando la loro autovettura, condotta dalla T. , dopo aver sbandato ed essere uscita di strada sulla SS n. nei pressi di omissis - a causa del cattivo stato della sede stradale, priva di segnalazione di pericolo e di guard rail , nonché ricoperta di acqua e fango - cadeva nella sottostante scarpata. Nella costituzione in giudizio di Anas spa - la quale eccepiva che la responsabilità dell'incidente doveva ascriversi non ad un'insidia stradale, ma alla condotta di guida della T. , la cui velocità eccedente quella massima consentita 30 km/h aveva fatto sì che l'autovettura non fosse trattenuta dal terrapieno posto a margine della carreggiata - interveniva la sentenza n. 1332/05 con la quale il tribunale di Catanzaro condannava l'Anas al risarcimento dei danni liquidati in Euro 175.072,06 in favore del C. , ed in Euro 674,05 in favore della T. . Interposto appello da parte di Anas, veniva emessa sentenza n. 231/11, con la quale la corte di appello di Catanzaro, in parziale accoglimento del gravame, riduceva il quantum risarcitorio a favore del C. nell'importo di Euro 150.072,06. Avverso questa sentenza viene da Anas spa proposto un motivo di ricorso per cassazione, al quale resistono con controricorso la T. ed i figli eredi di C.S. , nel frattempo deceduto. Motivi della decisione p.1. Con l'unico motivo di ricorso Anas deduce - ex articolo 360, 1A co. n. 5 cod.proc.civ. - omessa ed insufficiente motivazione, in relazione ad un fatto decisivo e controverso del giudizio in particolare, per avere il giudice di merito omesso di valutare le risultanze probatorie attestanti la velocità eccessiva dell'autovettura della T. , con conseguente scavalcamento del terrapieno di contenimento. La considerazione di tali risultanze doveva comportare l'esclusione della sua responsabilità per l'incidente o, quantomeno, l'affermazione di un concorso di colpa dei danneggiati. p.2. La censura non può trovare accoglimento. In linea di principio, va ribadito che anche nell'ipotesi di danno da insidia stradale - qui invocata ex articolo 2043 cod.civ., ancorché quest'ultima fattispecie non esaurisca la responsabilità da manutenzione stradale della PA - la valutazione del comportamento del danneggiato è in effetti di imprescindibile rilevanza potendo tale comportamento, se ritenuto colposo, escludere del tutto la responsabilità dell'ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada, o quantomeno fondare un concorso di colpa del danneggiato stesso valutabile ex articolo 1227, primo comma, cod.civ. in tal senso, tra le altre Cass. n. 15383 del 06/07/2006 Cass. n. 15375 del 13/07/2011 Cass. n. 999 del 20/01/2014 . Ne deriva dunque che, in caso di insidia o trabocchetto stradale, la responsabilità colposa di tale ente va certamente riguardata anche nell'eventuale concorso del fatto colposo del danneggiato elemento, quest'ultimo, che il giudice del merito è tenuto a discrezionalmente valutare al fine di ricostruire l'effettiva eziologia del danno e la sua possibile ripartizione tra più parti Cass. n. 18713 del 16/08/2010 . Non risulta tuttavia che la corte di appello la cui decisione è stata peraltro censurata solo sotto il profilo motivazionale, e non anche della violazione o falsa applicazione dell'articolo 2043 cod.civ. e delle altre norme di riferimento si sia discostata da tale principio, laddove essa nel confermare l'analogo accertamento del primo giudice ha effettivamente ricostruito, tra gli elementi della fattispecie concreta, anche il comportamento di guida della T. per giungere infine alla conclusione sent. pag.8-9 della non condivisibilità dell'assunto di Anas, secondo cui la responsabilità esclusiva o quantomeno prevalente dell'accaduto sarebbe da imputare alla imprudente condotta di marcia della T. . Sulla scorta di una valutazione logica, lineare e completa delle risultanze istruttorie sent. pag. 9 , la corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova della responsabilità esclusiva di Anas quanto, in particolare, a - presenza sul tratto stradale di acqua proveniente da una fontana limitrofa , con fango e terriccio - mancanza di segnalazione di pericolo e di protezione tramite guard rail , nonostante l'elevata pericolosità di tale tratto stradale, in quanto posto all'uscita di una curva ed in concomitanza con l'apertura di una scarpata di circa 30 mt La corte di merito ha altresì confutato, in maniera succinta ma sufficientemente chiara, anche il ragionamento opposto da Anas e ribadito pure nella censura di legittimità in esame , secondo cui il fatto che l'autovettura della T. non fosse stata trattenuta dal terrapieno di contenimento denoterebbe di per sé l'elevata velocità del mezzo. Ha infatti osservato la corte territoriale, ribaltando sul piano logico tale osservazione, che si trattava di un terrapieno di scarsa consistenza per altezza e materiale di composizione e come tale non idoneo ad impedire lo sbandamento ed il precipizio nella scarpata nemmeno da parte di un'autovettura che procedesse a moderata velocità sent. pag. 9 . Tale convincimento è stato dalla corte di merito tratto da una valutazione complessiva della fattispecie, così come desumibile dalle risultanze in atti e, in particolare, dalle deposizioni dei testi ritenuti attendibili e qualificati perché, pur non avendo assistito all'incidente, erano tuttavia pervenuti sul posto subito dopo l'accaduto , e dall'apparato fotografico sullo stato dei luoghi. Orbene, il motivo di ricorso per cassazione si limita a sollecitare il sovvertimento di questo convincimento sulla scorta di una diversa e più gradita valutazione delle risultanze probatorie asseritamente attestante, appunto, il concorso di colpa della T. . Segnatamente, di quelle risultanze deposizioni testimoniali verbale di sopralluogo dei Carabinieri di Catanzaro dalle quali dovrebbe evincersi, al contrario, che sul punto dell'incidente esisteva segnaletica di velocità massima 30 Km/h, e che l'osservanza di tale velocità massima avrebbe di per sé determinato il trattenimento dell'autovettura da parte del terrapieno. Senonchè, la corte di appello - come detto - ha dato conto di questi due elementi con una motivazione del tutto congrua, giungendo ad una opposta - e qui non sindacabile - valutazione in fatto. È principio consolidato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvo i casi tassativamente previsti dalla legge . Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione ex multis, Cass. n. 8718 del 27/04/2005 . Si è inoltre stabilito Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013 Cass. n. 12799 del 6/6/2014 che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento non già quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo, tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. E che si verta, nella specie, proprio di una siffatta ed inammissibile istanza di revisione nel merito, è reso evidente dalla pedissequa riproposizione in ricorso del testimoniale e di talune produzioni documentali, oltre che da quanto dichiarato dalla stessa parte ricorrente a sintesi della propria doglianza ric. pag. 8 , secondo cui si deve ritenere che attraverso il materiale probatorio a disposizione, operando un semplice ragionamento per presunzioni, la corte avrebbe potuto concludere nel senso di ritenere la condotta di guida concorrente nella determinazione dell'incidente . Il che - in assenza di vizi logici e di carenze motivazionali - pacificamente esula dal vaglio di legittimità. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM 10 marzo 2014 n. 55. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.