Sinistro stradale: la fattura delle riparazioni non basta a provare il danno subito

In tema di risarcimento del danno conseguente a sinistro stradale, la produzione della fattura delle riparazioni non basta ad assolvere l’onere probatorio se non è accompagnata da una quietanza o da un’accettazione.

È quanto stabilito dalla Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15176/15, depositata il 20 luglio. Il caso. La carrozzeria attrice conveniva in giudizio una compagnia di assicurazioni al fine di vederla condannata al pagamento delle riparazioni effettuate alla vettura di una donna, affermandosi cessionaria del credito di quest’ultima nei confronti dell’automobilista sua controparte in un sinistro stradale da ascrivere alla responsabilità di quest’ultimo. Il gdp di Viterbo rigettava la domanda, e la sentenza veniva confermata in appello dal Tribunale di Viterbo. Avverso tale pronuncia, ricorreva per cassazione la carrozzeria, contestando l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui non era stato assolto da parte dell’attore l’onere probatorio circa l’effettivo valore della riparazione. Il ricorrente, inoltre, lamentava altresì la mancata valutazione da parte del giudice di merito della perizia effettuata dalla compagnia assicurativa, la cui richiesta di esibizione non era stata accolta. La fattura non costituisce prova del danno. I Giudici di legittimità hanno confermato come la fattura prodotta dalla ricorrente non possa essere considerata prova del danno, non essendo accompagnata da una quietanza o da un’accettazione e provenendo dalla stessa parte che intende valersene in giudizio. Non solo la fattura dimostra che i lavori effettuati dalla carrozzeria avevano interessato anche parti del veicolo che non erano state interessate dal sinistro, in accordo a quanto emerso dalle risultanze testimoniali. Né l’ammissione di responsabilità dell’altro conducente coinvolto nell’incidente – risultante dalla contestazione amichevole di sinistro, può costituire, secondo i Giudici di Piazza Cavour, prova che le riparazioni siano state effettivamente svolte queste ultime, poi, essendo esborsi, non possono essere liquidate in via equitativa. L’ordine di esibizione rientra nella discrezionalità del giudice. Quanto al lamentato mancato accoglimento della richiesta di esibizione della perizia espletata dalla società assicurativa, gli Ermellini hanno sottolineato che l’ordine di esibizione, per costante giurisprudenza del Supremo Collegio, rientra nel potere discrezionale del giudice, talché ne risulta precluso il sindacato in sede di legittimità. Sulla base delle considerazioni sovraesposte, pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 giugno – 20 luglio 2015, n. 15176 Presidente Finocchiaro – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione. 1. La Carrozzeria di D.G. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Viterbo, la Milano Assicurazioni s.p.a. e - sulla premessa di essere cessionaria del credito di M.C.C. conseguente al sinistro stradale tra questa e B.E., asseritamente da ricondurre a responsabilità di quest'ultimo - chiese che la stessa fosse condannata al pagamento della somma di curo 3.360, come da fattura attestante le avvenute riparazioni. La società di assicurazione rimase contumace. Il Giudice di pace rigettò la domanda. 2. Nei confronti della sentenza è stato proposto appello da parte dell'attore soccombente e il Tribunale di Viterbo, con sentenza del 24 ottobre 2013, ha respinto l'appello, condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre la Carrozzeria di D.G., con atto affidato a due motivi. La UNIPOL SAI Assicurazioni s.p.a., già Milano Assicurazioni, non ha svolto attività difensiva in questa sede. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. S. Con il primo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ., degli artt. 1226, 2056, 2697, 2702, 2703 e 2729 cod, civ., nonché degli arti. 143 e 149 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, contestando l'affermazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non assolto l'onere probatorio, da parte dell'attore, circa l'effettivo valore della riparazione. 5.1. Il motivo non e fondato. La sentenza impugnata ha affermato che dalla documentazione prodotta dall'odierno ricorrente - e in particolare dalla fattura - non poteva ritenersi dimostrata l'effettiva entità dei danni e che non era ammissibile una liquidazione in via equitativa. A fronte di tale motivazione la Carrozzeria ricorrente ribadisce che la prova dovrebbe desumersi dalla fattura e dalla contestazione amichevole di sinistro, secondo cui la colpa dell'incidente appartiene al conducente B., come emergerebbe anche dalla deposizione dello stesso. Si osserva, invece, che la fattura non costituisce, di per sé, prova del danno, tanto più che non è accompagnata da una quietanza o da un'accettazione sentenza 19 luglio 2011, n. 15832 e che proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla, per di più nella qualità di cessionaria del credito e, d'altra parte, la fattura dimostra che i lavori hanno interessato anche parti della vettura rivestimento posteriore che, in base alla stessa deposizione testimoniale riportata in ricorso, non era stata interessata dall'urto. L'ammissione di responsabilità contenuta nella contestazione amichevole di sinistro, del resto, non può costituire prova dell'effettivo svolgimento delle riparazioni né, trattandosi di esborsi, è ammissibile una liquidazione in via equitativa. 6. Con il secondo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all'ars. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli arti 115 e 210 cod. proc. civ. e dell'art. 149 del d.lgs. n. 209 del 2005, contestando che il giudice di merito non abbia dato rilievo alla perizia effettuata dalla società di assicurazione e non abbia accolto la richiesta di esibizione della stessa ai sensi del citato art. 210. 6.1. II motivo non è fondato. Si osserva, al riguardo, che la giurisprudenza di questa Corte è costante nell'affermare che l'ordine di esibizione di cui all'art. 210 cod. proc. civ. rappresenta esercizio di un potere discrezionale non sindacabile in sede di legittimità v., tra le altre, l'ordinanza 16 novembre 2010, n. 23120, e le sentenze 7 luglio 2011', n. 14968, e 25 ottobre 2013, n. 24188 . Per il resto, la valutazione della perizia compiuta dalla società di assicurazione involge, in modo palese, una decisione di merito che non può essere rinnovata in questa sede. 7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato . Motivi della decisione 1. La ricorrente ha depositato una memoria alla trascritta relazione, insistendo per l'accoglimento del ricorso. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. Le osservazioni contenute nell'indicata memoria non spostano i termini del problema e si risolvono nella riproposizione di argomenti già vagliati nella depositata relazione. Esse si risolvono, infatti, nell'evidente tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito. 2. II ricorso, pertanto, è rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della società di assicurazione intimata. Sussistono peraltro le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.