Da quando decorre la prescrizione per il risarcimento dei danni da illecito permanente?

In tema di illecito permanente, i danni si verificano momento per momento mentre il diritto al risarcimento sorge e può essere esercitato in ogni istante, pertanto il termine di prescrizione decorre de die in diem, man mano che i danni stessi accadono .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12701 depositata il 19 giugno 2015. Il fatto. Una serie di società esercenti attività di distribuzione di prodotti petroliferi per il riscaldamento, oltre che per altri usi, conveniva in giudizio il Ministero dell’Industria Commercio e Artigianato, poi Ministero delle Attività Produttive chiedendone la condanna ai sensi dell’art. 2043 c.c. per i danni subiti per il mancato adeguamento dei margini minimi obbligatori per la distribuzione di quel tipo di prodotti, omissione protrattasi per oltre 10 anni. Il Tribunale di Roma adito dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ma la causa gli veniva rimessa a seguito dell’annullamento della prima pronuncia da parte dei Giudici d’appello. A seguito della riassunzione da parte delle società attrici, il Tribunale rigettava la domanda ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione proposta dal Ministero, pronuncia confermata della Corte di secondo grado che individuava il momento della decorrenza della prescrizione alla data dell’ultima fissazione dei margini minimi obbligatori da parte di una commissione istituita dal Ministero nel 1982, nonostante l’istituzione stessa di detta commissione fosse stata successivamente ritenuta illegittima dal giudice amministrativo. Avverso quest’ultima sentenza ricorrono in Cassazione le società coinvolte. L’eccezione di prescrizione tempestività. In primo luogo, le ricorrenti lamentano la tardività dell’eccezione di prescrizione da parte del Ministero essendo stata proposta solo nell’atto di costituzione nel giudizio di riassunzione, dopo la dichiarazione da parte della Corte d’appello della giurisdizione del giudice ordinario. La censura non è ammissibile poiché formulata per la prima volta nel giudizio di legittimità, non risultando introdotta tempestivamente né nel giudizio di riassunzione in primo grado, né in quello d’appello. La decorrenza della prescrizione. In secondo luogo, le società censurano la sentenza d’appello per aver fatto decorrere la prescrizione dal giorno dell’ultima fissazione dei minimi obbligatori – nel 1982 – da parte della commissione ritenuta successivamente illegittima dal Consiglio di Stato, il quale contemporaneamente affermava l’obbligo del Ministero dell’Industria di fissare annualmente i margini minimi obbligatori. A detta delle ricorrenti, il termine di decorrenza andrebbe dunque individuato al 29/30 dicembre di ogni anno, quale ultimo momento utile per il Ministero per l’assunzione dei provvedimenti obbligatori in oggetto, oppure in alternativa, alla data di soppressione effettiva della commissione o della pubblicazione della sentenza del CdS. Illecito permanente e prescrizione del diritto al risarcimento. Alla luce del fatto che l’adempimento derivante dalla statuizione del giudice amministrativo non è mai stato osservato, i Supremi Giudici non ritengono condivisibile la sentenza impugnata. L’omissione di provvedere all’adeguamento dei minimi obbligatori si è infatti protratta negli anni causando ulteriori effetti dannosi per il patrimonio delle società attrici, comportamento che costituisce un illecito permanente caratterizzato dall’essere la fonte di un diritto al risarcimento ex art. 2043 c.c. che sorge in modo continuo ma che pure in modo continuo si prescrive, se non esercitato nel momento in cui si produce . Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 marzo – 19 giugno 2015, numero 12701 Presidente Chiarini – Relatore Armano Svolgimento del processo Con atto di citazione del 5 febbraio 92 la Toscogas s.p.a ed altri esercenti l'attività di distribuzione all'ingrosso o al dettaglio di prodotti petroliferi per il riscaldamento ed altri usi - la B.A. s.numero c, la Drusian s.a.s, la S.S. & amp C. s.a.s., la Ditta Casacci Petroli, a COBEL s.r.l, la BENUCCI-TERNI s.numero c, la Fratelli L.C. e R. & amp C, gli Eredi di Ci.Al. , la A.C. Carburanti s.r.l - hanno citato in giudizio il Ministero dell'Industria Commercio Artigianato, poi Ministero delle Attività Produttive, ed il Cip, ora CIPE, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. subiti per il mancato adeguamento dei margini minimi obbligatori per la distribuzione dei prodotti petroliferi per il riscaldamento hanno dedotto che a causa di tale omissione avevano operato per circa 10 anni sulla base di un margine minimo obbligatorio mai adeguato. Il Tribunale di Roma ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e la Corte di appello di Roma, a modifica della decisione di primo grado, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo la causa davanti al Tribunale. A seguito di riassunzione da parte delle ditte oggi i ricorrenti, il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda, ritenendo fondata l'eccezione di prescrizione proposta dal Ministero dell'Industria Commercio Artigianato e dal Cip. La Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado. Avverso questa sentenza propongono ricorso la Toscogas s.p.a e le altre ditte esercenti l'attività di distribuzione di prodotti petroliferi per il riscaldamento con cinque motivi, illustrati da successiva memoria. Non presentano difese gli intimati. Motivi della decisione 1. La Corte di appello ha confermato l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione formulata dal CIP e dal Ministero dell'Industria Commercio Artigianato ritenendo insussistente un obbligo per il CIP di rispettare una cadenza periodica per l'emissione dei provvedimenti di adeguamento del margine minimo obbligatorio, sul rilievo che era stato annullato dal Tar l'articolo 8 della delibera CIP numero 26 del 9-6-1982 che lo prevedeva. La Corte d'appello ha osservato che con la suddetta delibera era stato istituito un regime di sorveglianza dei prezzi al consumo per i prodotti petroliferi, mentre era stata mantenuta la determinazione autoritativa dei margini minimi obbligatori dovuti per la distribuzione, da revisionare almeno due volte l'anno, secondo la previsione dell'articolo otto. L’articolo 8 prevedeva anche la formazione di un'apposita commissione presieduta dal Ministro dell'Industria e Commercio ed Artigianato, di cui dovevano fare parte anche rappresentanti delle categorie economiche interessate, per la determinazione dei margini minimi obbligatori per la distribuzione, da rivedere almeno due volte l'anno. Una volta che il TAR aveva annullato l’articolo 8, sul presupposto che la legge non attribuiva il CIP la possibilità di delegare le sue funzioni, il potere-dovere di provvedere all'adeguamento era scattato al momento della emanazione del primo provvedimento, essendo poi irrilevante la caducazione della commissione alla quale il Cip aveva delegato tale potere, trattandosi appunto di delega che non esclude comunque la legittimazione del delegante. Di conseguenza, secondo la Corte di merito, il termine di prescrizione iniziava a decorrere dalla data dell'ultima fissazione dei margini minimi obbligatori proveniente dalla commissione, la cui istituzione è stata ritenuta successivamente illegittima dal giudice amministrativo, e risalente all'ottobre 1982. Pertanto il diritto degli appellanti era ormai prescritto all'inizio del giudizio di primo grado citazione 5-2-92 , in mancanza di validi atti interruttivi. 2. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione degli articoli 2938 e 2909 c.c. in relazione all'articolo 353 c.p.c. e omessa motivazione circa un fatto decisivo in relazione all'articolo 360 numero 3 e 5 c.p.c I ricorrenti denunziano la tardività dell'eccezione di prescrizione perché formulata dal Ministero e dal CIP per la prima volta solo nell'atto di costituzione nel giudizio di riassunzione davanti al Tribunale di Roma, dopo la dichiarazione da parte della Corte di appello della giurisdizione del giudice ordinario. Il giudice della riassunzione sul punto ometteva di pronunziarsi, accogliendo l'eccezione di prescrizione. 3. La censura è inammissibile perché la questione viene formulata per la prima volta nel giudizio di cassazione, non risultando introdotta tempestivamente né nella fase del giudizio di riassunzione ex art. 353 c.p.c. davanti al tribunale, né nel successivo giudizio di appello. Si osserva infatti che il Ministero ed il CIP - ora CIPE - hanno. sollevato l'eccezione di prescrizione davanti al Tribunale di Roma nell'atto di costituzione nel giudizio riassunto dalle società di distribuzione, dopo la dichiarazione di giurisdizione del giudice ordinario. I ricorrenti non hanno contestato la tardività dell'eccezione di prescrizione nel primo atto difensivo dopo che la stessa era stata proposta, ma essi stessi deducono di aver eccepito la tardività dell'eccezione di prescrizione solo nella memoria conclusionale del giudizio di primo grado. Si ricorda che la memoria conclusionale ha la funzione di argomentare in ordine alle eccezioni tempestivamente proposte, ma non può essere atto con il quale si formulano eccezioni nuove. Di conseguenza la eccezione di tardività formulata nella memoria conclusionale di primo grado non può considerarsi tempestivamente proposta. Successivamente nell'atto di appello, integralmente riprodotto in ricorso, le società appellanti non formulano alcun motivo di impugnazione sulla tardività dell'eccezione di prescrizione, ma il contenuto dell'atto di appello è invece una difesa nel merito in ordine all'eccezione di prescrizione, per ottenere il rigetto della eccezione di prescrizione in quanto infondata. Di conseguenza i ricorrenti, non avendo contestato tempestivamente la tardività della dedotta prescrizione nelle fasi precedenti del giudizio, non possono lamentare oggi l'omessa pronunzia del giudice d'appello, né formulare la relativa eccezione in sede di legittimità. 4. Si esaminano congiuntamente il terzo ed il quarto motivo di ricorso, preliminari all'esame del secondo e quinto motivo, che possono esaminarsi congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega. 5. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 c.c. e omessa motivazione ex art. 360 numero 3 e 5 c.p.c I ricorrenti censurano la decisione della Corte di appello di far decorrere la prescrizione dal giorno dell'ultima fissazione dei margini obbligatori, avvenuta nell'ottobre 1982. I ricorrenti si rifanno al giudicato formatosi con la sentenza del Consiglio di Stato numero 42/91. Infatti il Consiglio di Stato ha ritenuto che, venuto meno il potere imperativo della commissione a seguito della sentenza del TAR, ma non venuto meno il potere di determinazione del margine, inevitabilmente deve individuarsi proprio nel CIP l'organo abilitato all'esercizio di tale determinazione e che quindi sussiste un obbligo per esso di attuare la procedura che ha creato, con la consultazione della commissione e la relativa fissazione dei margini due volte all'anno. Il consiglio di Stato ha affermato che dall'obbligatorietà dell'azione amministrativa discende che l'inerzia manifestata dopo la diffida notificata dalle società ricorrenti assume quel carattere di illegittimità posto più volte luce dalla giurisprudenza, in quanto si sostanza in un'inerzia della Pubblica amministrazione dinanzi ad un obbligo giuridico di provvedere. Di conseguenza il Consiglio di Stato ha affermato l'obbligo del Ministero dell'Industria alla fissazione dei margini minimi obbligatori per la distribuzione,secondo le modalità indicate dalla deliberazione numero 26. Sostengono le ricorrenti che, alla luce di tale statuizione, il decorso della prescrizione dovrà farsi decorrere almeno ogni anno e dal 29 / 30 dicembre, essendo questi ultimi due giorni utili nell'anno per assumere i di provvedimenti obbligatori. In alternativa i ricorrenti ritengono che la prescrizione può farsi decorrere dal 1993 data di soppressione dell'ente o dalla data di pubblicazione della sentenza numero 42/91 del CdS. 6. Con il quarto motivo si denunzia violazione dell'articolo 2043 e 2947 c.c. e 328 vecchio testo e 158 e 81 codice penale in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c Sostengono i ricorrenti che si è in presenza di un illecito di carattere permanente per cui i danni si determinano momento per momento, l'azione risarcitoria può essere fatta valere in ogni istante con l'effetto che il termine di prescrizione del relativo diritto decorre a mano a mano che danni stessi si verificano per cui il decorso della prescrizione. 7. I motivi sono fondati nei seguenti termini. I ricorrenti hanno agito sulla base dell'articolo 2043 c.c. per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all'omesso adeguamento dei margini minimi obbligatori per la distribuzione del petrolio per il riscaldamento, lamentando un'omissione del Cip organo a cui spettava l'esercizio di tale adeguamento. La sentenza del Consiglio di Stato citata dai ricorrenti ha affermato la permanenza dell'obbligo in capo al Cip di provvedere all'adeguamento dei margini minimi obbligatori due volte all'anno. È incontestato che tale adempimento non è stato mai espletato, essendo rimasta ferma la misura dei margini minimi obbligatori all'ottobre 1982, data dell'ultima adeguamento, e che le società ricorrenti hanno operato per quasi 10 anni con il loro margine di guadagno bloccato. Alla luce di tali accertamenti è errata la statuizione della Corte d'appello che ha ritenuto che la pronunzia del Tar, che ha dichiarato illegittima la delega delle funzioni di adeguamento ad una commissione composta da rappresentanti della pubblica amministrazione e da rappresentanti delle categorie interessate, facesse venir meno l'obbligo in capo al Cip di provvedere all'adeguamento dei margini minimi obbligatori, traendone la conseguenza che il termine per esercitare l'azione di risarcimento decorreva dalla data dell'ultimo aggiornamento dei minimi prima dell'eliminazione della commissione istituita dall'articolo 8 della delibera CIP numero 26 del 9-6-1982. Invece l'omissione di provvedere all'adeguamento da parte del Cip si è protratta negli anni e gli ulteriori effetti dannosi che si producono nel patrimonio di un soggetto in conseguenza dello stato di fatto determinato dal comportamento omissivo che solo una condotta contraria può eliminare, costituiscono effetti di un illecito permanente, la cui caratteristica è di dare luogo ad un diritto al risarcimento, che sorge in modo continuo, ma che pure in modo continuo si prescrive, se non esercitato dal momento in cui si produce art. 2947, primo comma, cod. civ. . È giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, che negli illeciti permanenti i danni si verificano momento per momento, mentre il diritto al risarcimento sorge e può essere esercitato in ogni istante, con l'effetto che il termine prescrizionale decorre de die in diem, mano a mano che i danni stessi accadono Cass., 13 marzo 2007, numero 5831 Cass., 29 settembre 2006, numero numero 21190 Cass., 26 maggio 2006, numero 12647 . La sentenza va cassata in questi termini e rinviata al giudice di appello perché fissi il termine di decorrenza della prescrizione alla luce del principio sopra enunciato. Spetterà poi al giudice del merito valutare, ai fini del termine da applicare per la prescrizione, se nella condotta della pubblica amministrazione possa ravvisarsi anche un illecito penale e che tipo di reato è eventualmente riscontrabile. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla idoneità all'interruzione della prescrizione da parte delle azioni esercitate dagli enti di categoria, ed il quinto motivo di ricorso, relativo alla posizione della ditta eredi Ci.Al. , sono assorbiti dalla presente decisione. Le spese del presente giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il terzo e quarto motivo, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma che provvedere anche alle spese del giudizio di cassazione.