Sinistro stradale a Genova, ma non per questo si esclude l’applicazione delle tabelle di Milano

Deve ritenersi incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle tabelle di Milano consente di pervenire.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10263, depositata il 20 maggio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Genova respingeva il gravame proposto contro la sentenza del tribunale di La Spezia, che aveva accolto solo parzialmente le domande di un uomo di risarcimento danni dovuti ad un sinistro stradale in cui era morto il fratello. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver quantificato erroneamente il danno morale sofferto, quale fratello della vittima, in base alle tabelle di Genova invece di quelle di Milano. Una valida soluzione. La Corte di Cassazione sottolinea che le tabelle, siano esse giudiziali o normative , costituiscono uno strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c., non già di derogarvi, e di ottenere una quantificazione del danno rispondente ad equità, nell’effettiva esplicazione di poteri discrezionali, e non rispondenti ad arbitrio. Nello specifico, le tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa , nonché ad evitare ingiustificate diversità di trattamento. Il precedente orientamento giurisprudenziale. In precedenza si escludeva la necessità per il giudice di motivare riguardo all’applicazione delle tabelle in uso presso il proprio ufficio giudiziario dovendolo fare invece in caso di utilizzo di altre tabelle , in quanto fondate sulla media dei precedenti del medesimo, con il fine di uniformare, almeno nell’ambito territoriale, i criteri di liquidazione del danno. Inoltre, si escludeva che tale attività di quantificazione del danno fosse di per sé soggetta a controllo in sede di legittimità, se non sotto l’esclusivo profilo del vizio di motivazione. Cambio di rotta. Invece, con la sentenza n. 12408/2011 , la Corte di Cassazione ha mutato orientamento, ritenendo che la mancata adozione da parte del giudice di merito delle tabelle di Milano in favore di altre, comprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, integrasse una violazione di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c Parametro di riferimento. Inoltre, è stato precisato dagli stessi giudici di legittimità che i parametri delle tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto deve quindi ritenersi incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle tabelle di Milano consente di pervenire. Nel caso di specie, la Corte d’appello si era limitata ad affermare che dovesse essere applicato il consueto criterio di liquidazione del danno non patrimoniale a persona abitualmente in uso presso il tribunale di Genova, del quale questa Corte condivide il fondamento . Riteneva poi congrua la liquidazione operata dal primo giudice, seppure con l’inesatta dizione della non convivenza”, in quanto comunque compresa nello scaglione di liquidazione del danno a fratelli conviventi . Con queste considerazioni, però, i giudici territoriali avevano violato i principi già enunciati dagli Ermellini. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 febbraio – 20 maggio 2015, n. 10263 Presidente Petti – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 1/9/2010 la Corte d'Appello di Genova ha respinto i gravami interposti dal sig. C.D. in via principale e dalla società Fondiaria-Sai s.p.a. in via incidentale in relazione alla pronunzia Trib. La Spezia, di parziale accoglimento della domanda proposta dalle signore P.S. e C.M. nei confronti dei sigg. V.M. e D.G.M. nonché della compagnia assicuratrice La Fondiaria Assicurazioni s.p.a. di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di sinistro stradale all'esito del quale era deceduto in data il loro, rispettivamente, marito e padre sig. C.A. , in ragione del ravvisato concorso di colpa del medesimo nella determinazione del medesimo nella misura del 30%. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il sig. C.D. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico complesso motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso la società Fondiaria-Sai s.p.a Motivi della decisione Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto”, in relazione all'art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c. nonché omessa, insufficiente o contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c Lamenta che erroneamente la corte di merito ha quantificato il danno morale sofferto, quale fratello della vittima, in base alle Tabelle di Genova anziché di quelle di Milano. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, i criteri di valutazione equitativa, la cui scelta e adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, debbono essere idonei a consentire di addivenirsi ad una liquidazione congrua, sia sul piano dell'effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione -nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti sul territorio nazionale v., da ultimo, Cass., 23/1/2014, n. 1361 . In tema di liquidazione del danno l'equità si è infatti in giurisprudenza intesa nel significato di adeguatezza e di proporzione , assolvendo alla fondamentale funzione di garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale , con eliminazione delle disparità di trattamento e delle ingiustizie così Cass., 7/6/2011, n. 12408 equità non vuoi dire arbitrio, perché quest'ultimo, non scaturendo da un processo logico-deduttivo, non potrebbe mai essere sorretto da adeguata motivazione. Alla nozione di equità è consustanziale l'idea di adeguatezza e di proporzione. Ma anche di parità di trattamento . I criteri da adottarsi al riguardo debbono consentire pertanto una valutazione che sia equa, e cioè adeguata e proporzionata v. Cass., 7/6/2011, n. 12408 , in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, in ossequio al principio per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento ad essi causalmente ascrivibile v., da ultimo, Cass., 23/1/2014, n. 1361 . Essendo la liquidazione del quantum dovuto per il ristoro del danno inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimazione, è altresì da escludersi che l'attività di quantificazione del danno sia di per sé soggetta a controllo in sede di legittimità, se non sotto l'esclusivo profilo del vizio di motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle argomentazioni cfr., da ultimo, Cass., 7/6/2011, n. 12408 Cass., 19/5/2010, n. 12918 Cass., 26/1/2010, n. 1529 , giacché il giudice è tenuto a dare conto dell'esercizio dei propri poteri discrezionali e, perché la liquidazione equitativa non risulti arbitraria, è necessario che fornisca l'indicazione, anche se sommariamente, delle ragioni del processo logico sul quale essa è fondata cfr. Cass., 30/5/2002, n. 7896 Cass., 30/5/1995, n. 6061 Cass., 4/5/1989, n. 2074 Cass., 13/5/1983, n. 3273 . A tale stregua, la quantificazione di un ammontare che si prospetti non congruo rispetto al caso concreto, in quanto irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso v. Cass., 31/8/2011, n. 17879 , e pertanto sotto tale profilo non integrale, depone nel senso di adozione di un sistema di quantificazione per ciò stesso a palesarsi inidoneo a consentire al giudice di pervenire ad una valutazione informata ad equità, legittimando i dubbi in ordine alla sua legittimità. Valida soluzione si è ravvisata essere invero quella costituita dal sistema delle tabelle v. Cass., 7/6/2011, n. 12408 Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972. V. altresì Cass., 13/5/2011, n. 10527 . Pur se oggetto di forti critiche in dottrina, essendosi il sistema tabellare ritenuto lesivo della dignità umana, da epoca risalente il giudice, anche laddove non imposto dalla legge, fa ricorso all'ausilio di tabelle v. Cass., 9/1/1998, n. 134 . Tale sistema d'altro canto costituisce solo una modalità di calcolo tra le molteplici utilizzabili per l'adozione, quanto al danno morale da reato, del criterio della odiosità della condotta lesiva, e quanto al c.d. danno esistenziale, del criterio al clima di intimidazione creato nell'ambiente lavorativo dal comportamento del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al nucleo familiare in conseguenza di esso, v. Cass., 19/5/2010, n. 12318 . Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all'art. 1226 c.c. v. Cass., 19/5/1999, n. 4 8 52 , non già di derogarvi e di addivenire ad una quantificazione del danno rispondente ad equità, nell'effettiva esplicazione di poteri discrezionali, e non già rispondenti ad arbitrio quand'anche equo . Lo stesso legislatore, oltre alla giurisprudenza, ha fatto ad esse espressamente riferimento. Mentre in tema di responsabilità civile da circolazione stradale, il D.Lgs. n. 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica nazionale i cui importi sono stati da ultimo aggiornati con D.M. 6 giugno 2013, in G.U. 14 giugno 2013, n. 138 per la liquidazione delle invalidità c.d. micropermanenti fino a 9 punti , in caso di assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per le c.d. macropermanenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali per l'affermazione che tali tabelle costituiscono il c.d. notorio locale v. in particolare Cass., 1 giugno 2010, n. 13431 , la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui, nell'avvalersene, il giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza v. Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972 . Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una vocazione nazionale , in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare o quantomeno ridurre al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell'art. 3 Cost., comma 2, questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle lesioni di non lieve entità dal 10% al 100% conseguenti alla circolazione v. Cass., 7/6/2011, n. 12408 Cass., 30/6/2011, n. 14402 . Essendo l'equità il contrario dell'arbitrio, la liquidazione equitativa operata dal giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità solamente laddove risulti non congruamente motivata, dovendo di essa darsi una giustificazione razionale a posteriori v. Cass., 7/6/2011, n. 12408 . Si è al riguardo per lungo tempo esclusa la necessità per il giudice di motivare in ordine all'applicazione delle tabelle in uso presso il proprio ufficio giudiziario, essendo esse fondate sulla media dei precedenti del medesimo, e avendo la relativa adozione la finalità di uniformare, quantomeno nell'ambito territoriale, i criteri di liquidazione del danno v. Cass., 2/3/2004, n. 418 , dovendo per converso adeguatamente motivarsi la scelta di avvalersi di tabelle in uso presso altri uffici v. Cass., 21/10/2009, n. 22287 Cass., 1/6/2006, n. 13130 Cass., 20/10/2005, n. 20323 Cass., 3/8/2005, n. 16237 . Essendo la liquidazione del quantum dovuto per il ristoro del danno non patrimoniale inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimazione, si escludeva altresì che l'attività di quantificazione del danno fosse di per sé soggetta a controllo in sede di legittimità, se non sotto l'esclusivo profilo del vizio di motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle argomentazioni cfr., da ultimo, Cass., 19/5/2010, n. 12918 Cass., 26/1/2010, n. 1529 . In particolare laddove la liquidazione del danno si palesasse manifestamente fittizia o irrisoria o simbolica o per nulla correlata con le premesse in fatto in ordine alla natura e all'entità del danno dal medesimo giudice accertate v. Cass., 16/9/2008, n. 23725 Cass., 2/3/2004, n. 4186 Cass., 2/3/1998, n. 2272 Cass., 21/5/1996, n. 4671 . La Corte Suprema di Cassazione è peraltro recentemente pervenuta a radicalmente mutare tale orientamento. La mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, si è ravvisato integrare violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, v. Cass., 7/6/2011, n. 12408, ove sì è altresì precisato che al fine di evitarsi la declaratoria di inammissibilità del ricorso per la novità della questione non è sufficiente che in appello sia stata prospettata l'inadeguatezza della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorre che il ricorrente si sia specificamente doluto, sotto il profilo della violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle elaborate a Milano e che, inoltre, nei giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate, quelle tabelle abbia anche versato in atti. Si è quindi al riguardo ulteriormente precisato che i parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire v. Cass., 30/6/2011, n. 14402 . Orbene, laddove ha immediatamente affermato che dev'essere applicato, nel caso in esame, il consueto criterio di liquidazione del danno non patrimoniale a persona abitualmente in uso presso il Tribunale di Genova, del quale questa Corte condivide il fondamento”, e laddove ha ritenuto congrua” la liquidazione operata dal giudice di prime cure, seppure con l'inesatta dizione della non convivenza, in quanto comunque compresa nello scaglione di liquidazione del danno a fratelli conviventi”, la corte di merito ha nell'impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi. Della medesima s'impone pertanto la cassazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Genova, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei medesimi applicazione. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, Corte d'Appello di Genova, in diversa composizione.