Scivoloso il bordo della piscina, caduta consequenziale: a rischio il risarcimento

Scenario dell’episodio è un ‘Centro sportivo’ della Polizia di Stato. L’uomo, vittima del capitombolo, ha addebitato la disavventura alla presenza, sul bordo della piscina, di acqua e di un liquido scivoloso. Ma è necessaria una ricostruzione più precisa della caduta, anche analizzando la condotta tenuta dall’uomo.

Passo falso sul bordo – bagnato – della piscina consequenziale la caduta non altrettanto, invece, il risarcimento dei danni. Tutta da dimostrare, difatti, la responsabilità dei proprietari della struttura, soprattutto a fronte della condotta – non proprio attentissima – tenuta dalla persona rimasta vittima del capitombolo Cass., sent. n. 9009/2015, Terza Sezione Civile, depositata oggi . Scivolata. Scenario della vicenda è il Centro sportivo ‘Tor di Quinto’ della Polizia di Stato a Roma lì, difatti, nell’estate del 1993, un componente della Polizia è vittima di una caduta, frutto di una scivolata sul bordo della piscina che fa parte della struttura. Non irrilevanti le lesioni riportate dall’uomo, come attestato anche dal riconoscimento di una percentuale invalidante permanente del 7 per cento . E anche tale dato conduce i giudici d’Appello, in assoluta controtendenza rispetto a quanto stabilito in Tribunale, a ritenere dotata di fondamento la richiesta di risarcimento avanzata dall’uomo nei confronti del Ministero dell’Interno e del ‘Fondo di assistenza del personale della Polizia di Stato’ la cifra riconosciuta, per la precisione, è di quasi 11mila euro. Evidente, per i giudici, la responsabilità del Ministero e del ‘Fondo’, alla luce di una gestione disattenta della sicurezza della piscina, sul cui bordo, già bagnato , era presente, in occasione della caduta, anche liquido scivoloso . Condotta. Ma, ora, la visione tracciata in secondo grado viene messa seriamente in discussione dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dal Ministero e dal ‘Fondo’, ritengono quantomeno lacunosa la ricostruzione fatta in Appello, e fondata sul nesso tra il liquido presente a bordo della piscina e la caduta lamentata dall’uomo . A meritare maggiore attenzione, peraltro, secondo i giudici, è anche la condotta tenuta dalla vittima del capitombolo, soprattutto perché il rischio di scivolare sul bordo di una piscina, trattandosi di una superficie normalmente bagnata, va doverosamente calcolato ed evitato – ad esempio, spiegano i giudici, utilizzando calzature adeguate e, comunque, adeguandosi alla massima prudenza – e quindi non si può invocare, una volta che una caduta dannosa si è verificata, come fonte di responsabilità l’esistenza di una situazione di pericolo che rientra nel rischio generico proprio dei luoghi, evitabile in base ad una condotta normalmente diligente . E tale ultima considerazione spinge il ragionamento ancora un passo avanti per i giudici, difatti, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente della persona danneggiata, fino addirittura a rompere il nesso tra fatto ed evento dannoso . Ciò vale, a maggior ragione, quando, come in questo caso, ci si trova di fronte ad una ricostruzione troppo generica della vicenda, ricostruzione limitata alla presenza di acqua e di un liquido scivoloso sul bordo della piscina. Evidente, in maniera clamorosa, la necessità di un approfondimento, nuovamente affidato ai giudici d’Appello, i quali dovranno esaminare con attenzione anche i dettagli, prima di poter valutare l’ipotesi di una responsabilità del Ministero e del ‘Fondo’ nella caduta subita dall’uomo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 gennaio – 6 maggio 2015, numero 9009 Presidente Amendola – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo Con sentenza in data 4 aprile 2011 numero 1440, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma numero 25291/2002, ha accolto la domanda proposta dall'appellante S.F. nei confronti del Ministero dell'Interno e del Fondo di Assistenza del personale della Polizia di Stato per il risarcimento danni subiti dal F. a seguito di una caduta in data 25 giugno 1993 sul bordo della piscina del centro sportivo di Tor di Quinto della Polizia di Stato ha, quindi, condannato gli appellati, in solido tra loro, al pagamento di E 10.930,00, oltre interessi dalla sentenza al saldo e rivalsa delle spese processuali. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell'Interno e il Fondo di Assistenza del personale della Polizia di Stato, svolgendo tre motivi. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata. Motivi della decisione 1. La Corte di appello ha ritenuto dimostrato che sul bordo della piscina, dove cadde il F., vi era acqua e un liquido scivoloso . Tanto sulla scorta della deposizione del teste F. C., il quale, peraltro, per quanto risulta dalla stessa decisione impugnata, sulla natura del liquido scivoloso nulla sapeva aggiungere . Sulla base di tale premessa la Corte territoriale ha ritenuto integrata la dimostrazione della violazione da parte degli odierni ricorrenti del principio del neminem laedere, ravvisando la sussistenza dell'elemento oggettivo della presenza di sostanze solitamente non rinvenibili in quel luogo e di quello soggettivo della loro non visibilità o rilevabilità con la normale diligenza . Ha, quindi, liquidato il danno subito dal F. sulla base della c.t.u., riconoscendo una percentuale invalidante permanente del 7% anche tenendo conto di altro incidente occorso al F. nel 1994 , successivamente, cioè, a quello per cui è causa. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla presenza o meno di materiale oleoso sul bordo della piscina, la sua idoneità a determinare l'evento e la percettibilità dello stesso. Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di appello ha fondato la decisione sulla esclusiva deposizione del teste C., peraltro amico dell'originario attore, senza spiegare per quale motivo riteneva, invece, inattendibile, in quanto interessato alla causa l'altro testimone, Angelo Melle, che aveva escluso la presenza di liquidi scivolosi sul bordo della piscina, e ciò, sebbene costui, in ragione delle sue mansioni di bagnino, poteva conoscere lo stato dei luoghi al momento del sinistro meglio di chiunque altri. Osserva che, in ogni caso, la motivazione risulta insufficiente e contraddittoria, dal momento che non chiarisce se veramente era presente sul bordo della piscina del materiale oleoso e se veramente questo era impercettibile. 2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 cod. civ Al riguardo parte ricorrente premesso che la Corte di appello ha fondato l'affermazione di responsabilità sul disposto dell'articolo 2043 cod. civ. osserva che nella motivazione della decisione impugnata non vi è traccia del riscontro dell'elemento soggettivo e del nesso causale, il cui onere avrebbe fatto carico all'attore. Lamenta, dunque, che, ad onta del richiamo al principio del neminem laedere, la Corte di appello abbia postulato una responsabilità di tipo oggettivo, prescindendo da una condotta colposa o dolosa ascrivibile agli enti convenuti e dalla stessa esistenza di un nesso causale a quest'ultimo riguardo, precisa che il teste C. non aveva affatto riferito che sul bordo della piscina vi erano acqua e un liquido scivoloso , bensì che nel punto in cui il F. è caduto vi era acqua e sostanza oleosa di cui non so precisare la natura , non risultando, in tal modo, verificato se la caduta era dovuta alla presenza di acqua o dell'altro non precisato materiale. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione o falsa applicazione dell'articolo 2056 cod. civ Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello si sia limitata a recepire la relazione di c.t.u. senza valutare se la riduzione complessiva dell'integrità psico-fisica fosse ascrivibile all'evento per cui è causa, tenutoyInche di altri due episodi lesivi subiti dal F. successivamente all'evento per cui è causa. 2. 1 primi due motivi di ricorso, suscettibili di esame unitario per la stretta connessione delle censure, meritano accoglimento nei limiti di cui si dirà di seguito. 2.1. Va innanzitutto ribadito che in materia di prova il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sé, affidato al libero apprezzamento del giudice del merito, al quale sono riservate l'individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all'uopo, la valutazione delle prove, il controllo della relativa attendibilità e concludenza nonché la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ex plurimis, Cass. Sez. Unite, 22 maggio 2013, numero 13175 , risultando la cognizione della Corte di cassazione, ai sensi del numero 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ. nel testo qui applicabile ratione temporis anteriore alla novella di cui al d.l. numero 83 del 2012 cony. in L. numero 134 del 2012 circoscritta alla coerenza e congruità logica delle argomentazioni poste dal decidente a fondamento della pronuncia ex plurimis Cass. 13 settembre 2013, numero 20973 Ciò premesso e precisato, altresì, che, nella specie, le ragioni della decisione si risolvono nei sintetici spunti sopra pressoché integralmente riportati, ritiene il Collegio che mentre non è sindacabile la valutazione di inattendibilità della deposizione di Angelo Melle, perché, sia pure succintamente, motivata con un possibile interesse del testimone alla causa in quanto addetto al controllo dell'ambiente circostante la piscina nell'evidente presupposto che si potesse formulare, nei confronti del medesimo testimone, seppure non evocato in giudizio, un addebito per omessa prevenzione le deduzioni di parte ricorrente colgono nel segno laddove censurano l'obiettiva carenza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico che ha indotto il Giudice di appello, sulla base degli elementi acquisiti dall'altra testimonianza, a un convincimento opposto a quello del giudice di prime cure sui punti nodali della controversia, e cioè la natura del liquido presente sul bordo della piscina, la sua avvistabilità e quindi, l'esistenza di una correlazione causale tra la caduta lamentata dall'originario attore e una condotta, dolosa o colposa, addebitabile agli enti convenuti secondo il precetto generale del neminem laedere invocato nella stessa sentenza. 5.2. Valga considerare che il rischio di scivolare sul bordo di una piscina, trattandosi di una superficie normalmente bagnata proprio a ragione dell'attività che vi si svolge, va doverosamente calcolato ed evitato ad es. utilizzando calzature adeguate e comunque adeguandosi alla massima prudenza , non potendosi poi invocare, una volta che una caduta dannosa si è verificata, come fonte di responsabilità l'esistenza di una situazione di pericolo che rientra nel rischio generico proprio dei luoghi, evitabile in base a una condotta normalmente diligente. Va, altresì, considerato che, allorquando venga invocata, come nel caso specifico, la regola generale dettata dall'articolo 2043 cod. civ., grava sul danneggiato l'onere della prova di un'anomalia dello stato dei luoghi, se non necessariamente integrante gli estremi della c.d. insidia o trabocchetto, comunque, idonea a prefigurare una condotta colposa o dolosa della parte convenuta, fornendo, quindi, almeno implicitamente la prova dell'elemento soggettivo ex articolo 2043 cod. civ., comunque necessaria. Inoltre tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex articolo 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex articolo 2043 cod. civ., quale quella che risulta evocata nel caso specifico, il comportamento colposo del danneggiato che sussiste anche quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo può in base ad un ordine crescente di gravità o atteggiarsi a concorso causale colposo valutabile ai sensi dell'articolo 1227, primo comma, cod. civ. , ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell'articolo 2051 cod. civ. e a maggior ragione ove si inquadri la fattispecie del danno nella previsione di cui all'articolo 2043 cod. civ In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso. 5.3. Nel caso di specie, quali che siano state le precise espressioni usate dal teste C. con riguardo al liquido presente sul bordo della piscina e cioè sia che il teste abbia riferito della presenza di acqua e di un liquido scivoloso , come ha inteso il giudice di appello, sia, piuttosto, che si sia limitato a parlare di materiale oleoso , come puntualizza parte ricorrente la mancanza di qualsiasi ulteriore specificazione in ordine alle circostanza della caduta e, anzi, la precisazione da parte della stessa Corte di appello che il testimone non era stato in grado di precisare la natura del liquido in questione rendono insuperabilmente insufficiente la motivazione, in fatto, della sentenza impugnata e, correlativamente, apodittico il giudizio svolto in diritto circa l'ascritta violazione del principio del neminem laedere. Vanno, dunque, accolti nei limiti sopra precisati il primo e il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo. La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, per una nuova valutazione dei fatti dedotti in giudizio, sopperendo al rilevato deficit motivazionale e facendo applicazione dei principi sopra esposti. La regolazione delle spese del giudizio di cassazione resta affidata al giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei limiti in motivazione cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.