Strada dissestata, ma la buca non è “a tradimento”: nessun risarcimento dal Comune

Nel caso specifico di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto permette di escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità dell’ente pubblico per difetto di manutenzione della strada pubblica.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 6425, depositata il 30 marzo 2015. Il caso. Il tribunale di Cagliari rigettava la domanda di una donna nei confronti del Comune per il risarcimento dei danni subiti dalla sua moto, causati da una buca, coperta di terriccio, presente sul manto stradale. I giudici di Cagliari ritenevano che fosse stata acquisita la prova liberatoria della responsabilità dell’ente pubblico, imputando alla condotta colposa del conducente efficacia causale esclusiva. Infatti, considerando la generale situazione di degrado, agevolmente percepibile dall’utente, una guida accorta, prudente e tecnicamente adeguata non avrebbe portato alla perdita del controllo del veicolo. L’attrice ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 2051 c.c. danno cagionato da cosa in custodia , secondo cui sussisterebbe una presunzione di responsabilità a carico dell’ente pubblico. La Corte di Cassazione rileva che i giudici di merito non avevano escluso l’applicabilità della presunzione ex art 2051 c.c., ma avevano rilevato il superamento di tale presunzione, sulla base dell’esclusiva efficienza causale della condotta di guida della donna. Rilevante il comportamento del danneggiato. Il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti, sottolineano gli Ermellini, non può prescindere da un modello relazionale, per cui la cosa deve essere vista nel suo normale interagire col contesto dato, in modo tale che una cosa inerte può definirsi pericolosa quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante. Di conseguenza, se il contatto con la cosa provoca un danno per l’abnorme comportamento del danneggiato, manca il presupposto per l’attivazione della presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., atteggiandosi, in tale situazione, la cosa come mera occasione e non come causa del danno. Nel caso specifico di danno da insidia stradale , la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto permette di escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità dell’ente pubblico per difetto di manutenzione della strada pubblica. Infatti, quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata mediante delle normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del guidatore nel dinamismo causale del danno. In questo modo, è possibile affermare che tale comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 febbraio – 30 marzo 2015, numero 6425 Presidente Finocchiaro – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo e motivi della decisione E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. Con sentenza in data 11.02.2013 il Tribunale di Cagliari, rigettando l'appello proposto da A.O., ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Sinnai di rigetto della domanda proposta dall'appellante nei confronti del Comune di Maracalagonis per il risarcimento dei danni subiti da motoveicolo di sua proprietà in ragione di € 1.883,30, asseritamente dipendenti da una buca, coperta di terriccio, presente sul manto stradale. Il Tribunale - corretta, in diritto, la motivazione del primo Giudice, laddove aveva escluso l'applicabilità del disposto dell'ars. 2051 cod. civ. - ha tuttavia ritenuto che, nella specie, fosse acquisita la prova liberatoria della responsabilità dell'ente pubblico, ascrivendo alla condotta colposa del conducente efficacia causale esclusiva e ciò per la considerazione che, avuto riguardo alla generale situazione di degrado della strada, agevolmente percepibile dall'utente, una guida accorta, prudente e tecnicamente adeguata non avrebbe potuto condurre alla perdita del controllo del motoveicolo e alla sua successiva caduta. 2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione A.O. formulando due motivi. Il Comune di Maracalogonis ha resistito con controricorso. 3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 4. Con i motivi di ricorso si denuncia a ai sensi dell'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio b ai sensi dell'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ. sussistendo a carico dell'Ente pubblico una presunzione di responsabilità ex art. 2051 cod. civ 4.1. Il primo motivo è inammissibile, alludendo al vizio della omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione previsto dall'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. nel testo anteriore alla novella di cui al d.l. numero 83 del 2012 conv. in L. numero 134 del 2012, che si applica ai ricorsi avverso le sentenze pubblicate come quella in oggetto successivamente al 11.09.2012. 4.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che la decisione impugnata non ha affatto escluso, in astratto, l'applicabilità della presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ., ma ha, in concreto, rilevato il superamento di siffatta presunzione, sul presupposto dell'esclusiva efficienza causale della condotta di guida del conducente del motoveicolo di proprietà della ricorrente. Si rammenta che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti non può prescindere da un modello relazionale, per cui la cosa deve essere vista nel suo normale interagire col contesto dato, talchè una cosa inerte può definirsi pericolosa quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante. Pertanto se il contatto con la cosa provochi un danno per l'abnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per l'operare della presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., atteggiandosi in tal caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno Cass., 4 novembre 2003, numero 16527, in motivazione . In particolare si ritiene che, in tema di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la configurabilità dell'insidia e della conseguente responsabilità della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica, dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso Cass., 16 maggio 2013, numero 11946 Cass. 22 ottobre 2013 numero 23919 in motivazione . 5. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. numero 55/2014, seguono la soccombenza. La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1.600,00 di cui € 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13.