Frapporre ostacoli ingiustificati all’equa riparazione significa violare la carta europea dei diritti dell’uomo

In caso di esecuzione forzata nei confronti del Ministero della Giustizia per ottenere il pagamento dell’equa riparazione ai sensi della legge Pinto, le somme diverse da quelle destinate al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria, nonché agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia, esulano dalle disposizioni di cui all’art. 1 ter d.l. 16.9.2008, n. 143 e art. 1 d.l. 25.5.1994, n. 313 e, pertanto, sono pignorabili nelle forme della procedura esecutiva presso terzi, in assenza di una chiara ed espressa disciplina di senso contrario.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6078/2015, depositata il 26 marzo. Il caso. Una signora aveva visto riconosciuto il diritto al pagamento dell’equa riparazione ai sensi della Legge Pinto per l’eccessiva durata di un processo. Promuoveva così atto di pignoramento presso terzi nei confronti del Ministero della Giustizia per le somme detenute dalla Banca d’Italia, quale tesoriere provinciale dello Stato di Reggio Calabria, per conto del Ministero stesso. Quest’ultimo si opponeva sostenendo che la forma del pignoramento presso terzi non poteva essere utilizzata. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e la questione finiva al cospetto della Suprema Corte. Ostacolare l’equa riparazione Gli Ermellini ricordano che la legge n. 89/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento la possibilità di ricorrere alle Corti territoriali per ottenere l’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, evitando di adire direttamente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Purtroppo però, i giudici di merito con mezzi definiti inaccettabili” frappongono spesso ostacoli di ogni genere per impedire l’effettività della legge, frustrando le giuste pretese del cittadino. Nel caso di specie, il giudice di merito, con la dichiarazione di impignorabilità dei beni appartenenti al Ministero della Giustizia, aveva reso impossibile l’esecuzione della condanna ai sensi della legge Pinto e aveva creato” delle disposizioni normative in realtà inesistenti. Nello specifico, l’art. 1, comma 1348, legge n. 296/2006 aveva dichiarato impignorabili alcuni fondi di proprietà del Ministero della Giustizia. Si trattava in particolare dei fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria nonché gli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della Giustizia, degli uffici giudiziari e della direzione Nazionale Antimafia e della Presidenza del Consiglio dei Ministri . Tutte le altre somme diverse da quelle indicate erano liberamente pignorabili nelle forme dell’esecuzione forzata presso terzi. Così aveva fatto la ricorrente andando ad aggredire gli importi corretti. Successivamente è intervenuto l’art. 1 ter, d.l. n. 143/2008 convertito in legge n. 181/2008 il quale prevede l’applicazione della speciale procedura di cui all’art. 1, d.l. n. 313/94 alle somme destinate al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria nonché agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia . Di fatto l’art. 1 ter in questione ha imposto la disciplina speciale d.l. n. 313/94 proprio per le sole somme che la legge n. 296/2006 aveva dichiarato impignorabili. Ma nulla incide sul pignoramento intrapreso dalla signora. Pretendere invece, come tenta il Ministero, di estendere l’art. 1 ter anche ai fondi non previsti da quelli tassativamente indicati significa sostenere un’interpretazione priva di fondamento normativo e creare dal nulla una norma che in realtà non esiste, violando l’art. 12 delle Preleggi. L’articolo in questione ricorda infatti che, interpretando la legge, non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore . Il dato testuale è, in altre parole, considerato come limite invalicabile e non derogabile così anche Cass. n. 3359/1975 e Cass. n. 12081/2003 . D’altra parte, prosegue la Cassazione, se si accogliesse la tesi del Ministero, la norma sarebbe incostituzionale poiché contrasterebbe con i precetti della Corte di Strasburgo che considera principio di civiltà prevedere che gli stati membri stanzino adeguatamente le somme destinate alla soddisfazione del creditore senza ostacoli. In altre parole, una norma che impedisce il ristoro del danneggiato sarebbe contraria ai principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e sarebbe quindi di essere costituzionalmente illegittima vedi pronunce Corte Cost. nn. 348/2007 e 349/2007 e verrebbe immediatamente disapplicata. In conclusione quindi i fondi del Ministero della Giustizia diversi da quelli tassativamente indicati nell’art. 1, d.l. n. 143/2008 sono liberamente pignorabili e il ricorso della danneggiata veniva accolto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 novembre 2014 – 26 marzo 2015, numero 6078 Presidente Salmé – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo B.G. convenne in giudizio il Ministero della Giustizia esponendo di avere promosso atto di pignoramento presso terzi sottoponendo ad esecuzione forzata somme detenute dalla Banca d'Italia, quale Tesoriere Provinciale dello Stato di Reggio Calabria, per conto del Ministero della Giustizia. Precisò che il titolo esecutivo nasceva dal provvedimento di condanna giudiziale del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 10.000,00 per equa riparazione da irragionevole durata del processo. Instaurata la fase esecutiva, la Banca d'Italia rendeva dichiarazione positiva. Il Ministero propose opposizione agli atti esecutivi sostenendo che la forma del pignoramento presso terzi non poteva essere utilizzata. Il giudice dell'esecuzione si riservava sulla richiesta di sospensione rigettandola. Il Ministero propose reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c. che fu accolto con provvedimento del 16.11.2009. La B. introdusse il giudizio di merito ai sensi dell'articolo 617 c.p.c Resistette il Ministero. Il tribunale, con sentenza del 23.2.2011, accolse l'opposizione proposta dal Ministero e dichiarò la nullità del pignoramento presso terzi. Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria B.G. . L'intimato non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in legge 13 novembre 2008 numero 181. Con il secondo motivo si denuncia falsa applicazione dell'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in legge 13 novembre 2008 numero 181. Con il terzo motivo si propone questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in legge 13 novembre 2008 numero 181 in relazione agli artt. 2, 3, 10, 11, 24, 80 e 111 Cost I primi due motivi, esaminati congiuntamente, sono fondati per le ragioni e nei termini che seguono. La legge numero 89 del 2001 ha introdotto nell'ordinamento italiano la possibilità di ricorrere alle Corti territoriali per ottenere la cd. equa riparazione per l'irragionevole durata del processo. La finalità della cd. legge Pinto era quella di evitare che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo fosse adita direttamente. Lo Stato Italiano, però, condannato ripetutamente, oltre che dalle Corti di merito, anche dalla Corte di Giustizia Europea, continua a frapporre ostacoli di ogni tipo alla reale riparazione del danno causato alla vittima della violazione del par. 6 della Carta dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali nonché dell'articolo 2 della legge 89/2001 queste le norme che sanciscono il diritto di ogni individuo ad un processo sollecito . In sostanza, attraverso la cd. dichiarazione di impignorabilità dei beni appartenenti al Ministero della Giustizia, l'esecuzione dei decreti di condanna è praticamente impossibile. L'articolo 1, comma 1348 della legge numero 296/06 ha dichiarato impignorabili alcuni fondi di proprietà del Ministero della Giustizia. Sono stati, pertanto, pignorati nelle forme dell'espropriazione forzata presso terzi, fondi diversi da questi, non ricompresi nella previsione normativa. Successivamente, interviene l'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in Legge 13 novembre 2008 numero 181 - che ha esteso la disciplina sui pignoramenti da eseguirsi nelle forme di cui all'articolo 1 del D.L. 25 maggio 1994 numero 313, anche ai fondi del Ministero della Giustizia precedentemente dichiarati impignorabili. Il Giudice dell'Esecuzione del Tribunale di Reggio Calabria ha preso atto della diversità delle somme pignorate rispetto a quelle previste dalla legge come impignorabili ed anche rispetto a quelle per le quali è stata sottratta la possibilità di procedere presso terzi. Ma il Ministero della Giustizia ha proposto opposizione e poi reclamo al Collegio sostenendo la tesi secondo cui, tale ultima normativa si applicherebbe anche a quei fondi del Ministero della Giustizia diversi da quelli dichiarati impignorabili e non contenuti nella tassativa previsione di legge. Il Collegio ha riscontrato il fumus boni juris per sospendere la procedura esecutiva presso terzi in attesa della decisione nel merito. È necessario ripercorrere la normativa succedutasi negli anni in materia di pignoramenti su somme di pertinenza del Ministero della Giustizia. L'articolo 1, comma 294-bis della legge 23 dicembre 2005, numero 266 inserito dall'articolo 1 comma 1348 della legge 296/06 rende impignorabili i fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria nonché gli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale Amministrato dal Ministero della Giustizia e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della Giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione Nazionale Antimafia e della Presidenza del Consiglio dei Ministri . Con tale norma, quindi, il legislatore ha inteso rendere impignorabili i fondi del Ministero della Giustizia destinati agli scopi ivi tassativamente indicati. Tutte le altre somme diverse da quelle contenute nella norma indicata sono liberamente pignorabili nelle forme della esecuzione forzata presso terzi. Ciò è tanto vero che la dichiarazione del terzo Banca d'Italia solo nel primo caso è negativa, mentre nel secondo caso fondi diversi, quali Irpef, Fua, Irap e simili è positiva, con conseguente accantonamento delle somme e senza riserve. Successivamente, è intervenuto l'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in Legge 13 novembre 2008 numero 181 il cui tenore testuale è il seguente 1. L'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, numero 313, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, numero 460, e successive modificazioni, si applica anche ai fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria, nonché agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della giustizia, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia . Tale articolo 1 del D.L. 313/94 prevedeva delle procedure speciali per i fondi appartenenti alle Prefetture. Il senso dell'articolo 1 ter del D.L. 16 settembre 2008 numero 143 convertito in Legge 13 novembre 2008 numero 181 è chiaro l'articolo 1 del D.L. 313/94 è applicabile alle sole somme destinate al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria nonché agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia . Il Ministero della Giustizia sostiene, invece, l'estensione di tale norma anche ai fondi non previsti nella stessa e diversi da quelli ivi tassativamente indicati. Ma un tale interpretazione non trova alcun addentellato normativo. Tutte le altre somme diverse da quelle destinate al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria nonché agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia esulano dalla recente disposizione e rimangano, pertanto, pignorabili nelle forme della procedura esecutiva presso terzi, in assenza di una chiara ed espressa disposizione di senso contrario . Diversamente, si verrebbe a creare una norma che in realtà non esiste, con palese violazione dell'articolo 12 delle Preleggi. L'interpretazione propugnata oltrepassa i limiti imposti dal citato articolo 12 delle Preleggi, con un'inammissibile sostituzione al legislatore. La nuova norma che ne deriverebbe consentirebbe la pignorabilità nelle forme previste dal libro III, Titolo II, Capo II c.p.c., secondo la speciale procedura ivi prevista anche dei fondi diversi da quelli indicati, peraltro tassativamente, nell'articolo 1 ter del DL 143/08. Ma una tale interpretazione si pone in irrimediabile conflitto con il dato letterale dell' articolo 1 ter DL 143/08. Anche la Corte di cassazione ha spesso affermato che, per quanto si possa interpretare estensivamente una norma, non si può andare oltre il suo dato testuale, costituendo questo un limite invalicabile ex articolo 12 delle Preleggi fra le varie Cass. 16.10.1975 numero 3359 Cass.13.11.1979 numero 5901 Cass. 23.9.1985 numero 4711 Cass. 18.8.2003 numero 12081 . La chiarezza ed univocità del testo normativo non consentono la lettura propugnata. Del resto, la nuova norma indica gli stessi fondi contenuti nel precedente articolo 1 comma 1348 della legge 27 dicembre 2006 numero 296 che li dichiarava allora impignorabili. Dal 27 dicembre 2006 in poi, il Giudice dell'Esecuzione ha dichiarato improcedibili per impignorabilità le procedure che riguardavano detti fondi, mentre, se il pignoramento ricadeva su fondi diversi quali, Irap, Fua, Irpef e simili , il Giudice procedeva all'assegnazione delle somme accantonate, ritenendole ovviamente pignorabili. La difesa dell'Amministrazione, presentandosi alle varie udienze, controllava le dichiarazioni di Terzo e se il pignoramento ricadeva sui fondi pignorabili Irap, Fua, Irpef e simili dichiarava di non aver nulla in contrario all'assegnazione e non presentava alcuna opposizione. Oggi, dopo l'entrata in vigore del citato D.L. 143/08, sotto il profilo dell'individuazione dei fondi liberamente pignorabili non è cambiato nulla. La nuova norma, infatti, impone la procedura di cui al D.L. 313/94 ai pignoramenti riguardanti esattamente i medesimi fondi che la legge 296/06 aveva dichiarato impignorabili. Le due norme articolo 1 D.L. 143/08 e articolo 1 comma 1348 1. 296/06 - nel testo sono usate le medesime parole - sono identiche nell'indicazione dei fondi soggetti alle rispettive normative. Pertanto, gli altri fondi Irap, Fua, Irpef e simili , liberamente pignorabili anche presso terzi e sempre assegnati dal Giudice dell'Esecuzione, senza alcuna opposizione, sono rimasti esattamente tali. D'altra parte, se la norma fosse interpretata nel senso inteso dal Ministero della Giustizia, la stessa, secondo recenti pronunce della Consulta, sarebbe incostituzionale per quanto attiene i crediti nascenti dalla condanna del Ministero della Giustizia all'equa riparazione per violazione della Carta dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali. La Corte di Strasburgo ha, infatti, sancito il principio di civiltà secondo cui lo stato membro è obbligato a stanziare le somme destinate alla soddisfazione del creditore senza frapporre ostacoli, pena l'ulteriore violazione dell'articolo 6 della Convenzione per mancata esecuzione della sentenza interna che accerta il diritto di credito dell'individuo nei confronti dello Stato Sezione IV, 19 giugno 2007, ricorso numero 19981/02 . La Corte Costituzionale, poi, con le due pronunce numero 348/2007 e 349/2007 ha definitivamente affermato che le leggi interne contrarie alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sono incostituzionali e rispetto ad esse va sollevata questione di legittimità. Peraltro, la Costituzione Italiana ha pienamente recepito i trattati internazionali e, pertanto, ove la legge italiana vi si ponga in insanabile contrasto, essa deve essere disapplicata, ovvero dichiarata incostituzionale. La violazione del diritto alla ragionevole durata del processo è particolarmente grave e odiosa, come il mancato rispetto della Carta dei diritti dell'Uomo, ed è di pari rango alla tortura, alla negazione della libertà di stampa e di espressione, all'impedimento dell'esercizio dei diritti civili etc. La Corte Europea sentenza del 31 marzo 2009 ha espressamente sottolineato, respingendo la tesi del Governo, che non si può chiedere ad un individuo, che ha già fatto ricorso alla cd. legge Pinto per ottenere un indennizzo per la durata eccessiva del processo, di presentare un nuovo ricorso se la sentenza di condanna non viene eseguita in tempi rapidi. Con detta pronuncia, la Corte Europea ha ulteriormente condannato lo Stato Italiano perché le sentenze emesse in forza della legge Pinto , non solo non vengono eseguite, ma vengono ostacolate con mezzi francamente inaccettabili. Non è consentito al Giudice emettere nuove norme, pena il superamento della divisione dei poteri che vede nel Parlamento l'unico organo legislativo dello Stato. Pertanto, i fondi del Ministero della Giustizia, comunque diversi da quelli tassativamente indicati dall'articolo 1 D.L. 143/08, sono liberamente pignorabili. In questo stesso senso si è già espressa anche la Corte di cassazione con l'ordinanza del 28.10.2014 numero 22854. Né è applicabile, nella specie, l'attuale disposizione dell'articolo 5 quinquies della legge numero 89 del 2001 - che prevede la modalità di pignoramento cd. diretto, vale dire nella forma dell'espropriazione diretta presso il debitore, attraverso atto notificato al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione inserito dall'articolo 6 d.l. 8.4.2013 numero 35, conv., con modificazioni, dalla 1. 6.6.2013 numero 64 . Questa norma è entrata in vigore in data 9 aprile 2013, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legge numero 35 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale numero 82 dell'8 aprile 2013. Essa regola le modalità dell'azione esecutiva ragion per cui, in mancanza di apposita disciplina transitoria, la nuova normativa non può che regolare le azioni esecutive intraprese con atti di pignoramento eseguiti successivamente alla data della sua entrata in vigore. Ciò che non è nel caso in esame, in cui il pignoramento presso terzi è stato introdotto con atto notificato il 6.12.2008. Da ultimo, le conclusioni raggiunte rendono irrilevante la prospettata questione di costituzionalità sollecitata con il terzo motivo. Conclusivamente, il ricorso è accolto e la sentenza è cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide nel merito ai sensi dell'articolo 384, comma 2, c.p.c., rigettando l'opposizione proposta dal Ministero della Giustizia. L’oggettiva complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio di merito e di quello di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione del Ministero della Giustizia. Compensa le spese del giudizio di merito e di quello di cassazione.