Il diritto di difesa in giudizio va garantito, ma non a spese degli altri

Nell’assicurazione di responsabilità civile, l’assicurato non ha diritto sempre e comunque alla rifusione da parte dell’assicuratore delle spese sostenute per resistere all’azione del terzo danneggiato, ai sensi dell’art. 1917, comma 3, c.c. tale diritto deve infatti escludersi quando l’assicurato abbia scelto di difendersi senza averne l’interesse né potendone ritrarre utilità, ovvero in mala fede, ovvero abbia sostenuto spese sconsiderate.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 5479 del 19 marzo 2015. Il caso. A seguito di un sinistro stradale occorso tra due veicoli assicurati dalla medesima Compagnia, gli eredi del proprietario di uno dei mezzi deceduto per cause diverse dal sinistro , convenivano in giudizio la proprietaria dell’altro veicolo e l’assicuratore, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti dal de cuius . La proprietaria del veicolo convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in subordine, formulava domanda di garanzia nei confronti del proprio assicuratore, chiedendo altresì che quest’ultimo fosse condannato a rifonderle le spese sostenute per resistere all’azione proposta dalle eredi del danneggiato. Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea, ma nulla statuiva sulle domande subordinate formulate dalla convenuta proprietaria. Interposto gravame contro la decisione, il Giudice dell’impugnazione rigettava le domande spiegate dall’assicurata sul presupposto che quest’ultima avrebbe potuto fare a meno di costituirsi in giudizio. La parola passa, quindi, ai Giudici di legittimità. Nessuna violazione del diritto di difesa. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, negandole il diritto ad ottenere dal proprio assicuratore la rifusione delle spese sostenute per resistere all’azione del terzo danneggiato, violerebbe plurime disposizioni di legge, ma soprattutto si porrebbe in contrasto col diritto costituzionalmente garantito di difendersi in giudizio. Ebbene, la Suprema Corte, nel rigettare il motivo di ricorso, esclude radicalmente qualunque pregiudizio del diritto di difesa così come riconosciuto dall’art. 24 Cost. Invero, con ineccepibile pragmatismo, i Giudici di legittimità osservano che non può confondersi il diritto di difendersi in giudizio, oggetto di copertura costituzionale, con quello di farlo a spese altrui, che copertura costituzionale non ha. Il criterio di reciprocità nel rapporto obbligatorio. Sotto altro profilo, poi, gli Ermellini respingono la tesi della ricorrente, che ribadisce la fondatezza della sua domanda di ottenere la rifusione delle spese di resistenza da parte dell’assicuratore sul presupposto che l’art. 1917, comma 4, c.c. attribuisce all’assicurato tale diritto in ogni caso . All’uopo, rileva la considerazione per cui anche il contratto di assicurazione, come tutti i contratti, deve essere eseguito con correttezza art. 1175 c.c. e con buona fede art. 1375 c.c. . I suddetti doveri impongono ad entrambe le parti del rapporto obbligatorio l’obbligo di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o legali. Alla luce di tali principi, dunque, deve ritenersi che all’assicurato sia imposto di non avvalersi della facoltà di resistere in giudizio se ciò non solo non possa arrecargli alcun vantaggio, ma anzi esponga l’assicuratore all’onere di rifondere all’assicurato spese avventatamente sostenute. L’obbligo di salvataggio si applica anche all’assicurazione della responsabilità civile. Da ultimo, il ricorso è giudicato infondato altresì nella parte in cui sostiene l’erroneità della decisione impugnata per aver ritenuto applicabile, nel caso di specie, il c.d. obbligo di salvataggio imposto dall’art. 1914 c.c., in virtù del quale l’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno. A giudizio della ricorrente, infatti, il suddetto obbligo non troverebbe applicazione nell’ambito del contratto di assicurazione della responsabilità civile. Nel respingere il motivo di gravame, la Suprema Corte osserva che non può escludersi l’applicazione dell’art. 1914 c.c. al suddetto contratto, in quando il medesimo rientra nel genus delle assicurazioni contro i danni. Né tantomeno può dubitarsi del fatto che l’obbligo di salvataggio debba trovare applicazione anche con riferimento alle spese di resistenza. Invero, il contratto di assicurazione della responsabilità civile pone a carico dell’assicuratore sia l’obbligo di tenere indenne l’assicurato dalle richieste risarcitorie del terzo danneggiato, sia quello di rifondergli le spese sostenute per difendersi in giudizio contro il medesimo. Entrambe le obbligazioni mirano a coprire lo stesso rischio, ossia l’impoverimento la prima lo copre nel caso in cui derivi dal sorgere d’un debito la seconda lo copre se derivi dall’affrontare una spesa. Da ciò consegue che l’eventualità che l’assicurato debba sostenere spese per resistere in giudizio costituisce un rischio assicurato”, non meno dell’eventualità di dover risarcire il terzo danneggiato. Se dunque il rischio di sostenere spese di resistenza è un danno, e forma anch’esso oggetto di copertura assicurativa, anche per esso sussiste il dovere dell’assicurato di fare quanto gli è possibile” per evitarlo o diminuirlo, secondo la previsione di cui al comma 1 dell’art. 1914 c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 novembre 2014 – 19 marzo 2015, n. 5479 Presidente Russo – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il 4.2.2004 a Napoli si verificò un sinistro stradale che coinvolse due veicoli di proprietà, rispettivamente, di C.M. e A.C. . Ambedue i mezzi erano assicurati contro i rischi della r.c.a. dalla società Fondiaria SAI s.p.a 2. Deceduto il sig. C.M. - per cause diverse dal sinistro -, le sue eredi R.T. , C.N. e C.R. nel 2006 convennero dinanzi al Giudice di Pace di Napoli A.C. e la Fondiaria SAI s.p.a., chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti da C.M. in conseguenza del sinistro sopra descritto. 3. A.C. si costituì e chiese in via principale il rigetto delle domande attoree. In subordine, chiese di essere tenuta indenne dal proprio assicuratore della r.c.a., la Fondiaria SAI s.p.a Chiese altresì che, in ogni caso, il proprio assicuratore fosse condannato a rifonderle le spese sostenute per resistere all'azione proposta delle eredi del danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c 4. Il Giudice di Pace di Napoli con sentenza 5.2.2009 accolse la domanda attorea, e condannò le convenute al pagamento in favore delle attrici di Euro 800. Nulla statuì quel giudice in merito alla domanda di garanzia proposta da A.C. . 5. La sentenza di primo grado venne appellata da A.C. , lamentando l'omessa pronuncia sulla domanda di garanzia e su quella di rifusione delle spese di resistenza. Il Tribunale di Napoli, con sentenza 27.9.2010 n. 9715, rigettò l'appello, sul presupposto - in estrema sintesi - che l'assicurata avrebbe potuto fare a meno di costituirsi nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace sia per mancanza di interesse non potendole derivare alcun pregiudizio dall'eventuale soccombenza sia per violazione dell'obbligo di salvataggio art. 1914 cc , il quale avrebbe imposto alla assicurata di non aggravare il danno causato. 6. La sentenza di appello è stata impugnata da A.C. sulla base di due motivi. Nessuno degli intimati si è difeso in questa sede. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assumono violati gli artt. 88, 91, 92, 100, 1175, 1914, 1917, 1932, 2041, 2697, 2727, 2729 c.c. 2, e 111 cost Vi si sostiene che la sentenza impugnata, negando all'assicurata il diritto ad ottenere dal proprio assicuratore la rifusione delle spese sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato, sarebbe erronea in diritto perché a l'assicurato ha il diritto costituzionalmente garantito di difendersi in giudizio b l'art. 1917, comma 3, c.c., con previsione inderogabile pone le spese di resistenza sostenute dall'assicurato in ogni caso a carico dell'assicuratore c l'art. 1917, comma 3, c.c., attribuisce all'assicurato il diritto a ripetere dal proprio assicuratore le spese di resistenza a prescindere dall'interesse a resistere alla domanda proposta dal danneggiato d il diritto dell'assicurato alla rifusione delle spese di resistenza non è soggetto alle prescrizioni di cui all'art. 1914 c.c. obbligo dell'assicurato di attenuare il danno , perché quest'ultima norma si applica solo all’assicurazione contro i danni . 1.2. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. Nella parte in cui lamenta la violazione degli artt. 88, 91, 92, 100, 1175, 1932, 2041, 2697, 2727, 2729 c.c. 2, 24 e 111 cost. - citati del tutto a sproposito - il motivo è inammissibile, essendo quelle appena indicate norme che non vengono in alcun modo in rilievo nel presente giudizio. 1.3. Nella parte restante il motivo è infondato. È infondato, in primo luogo, nella parte in cui sostiene che l'assicurato avrebbe diritto alla rifusione delle spese di resistenza sol perché l'art. 24 cost. gli attribuisce il diritto di difendersi in giudizio. È evidente che la ricorrente confonde il diritto di difendersi in giudizio, oggetto di copertura costituzionale, con quello di farlo a spese altrui, che copertura costituzionale non ha. 1.4. Il ricorso è altresì infondato nella parte in cui sostiene che l'art. 1917, comma 3, attribuisce all'assicurato il diritto di ottenere la rifusione delle spese di resistenza in ogni caso . Anche il contratto di assicurazione, come tutti i contratti, deve essere eseguito con correttezza art. 1175 c.c. e con buona fede art. 1375 c.c. . I doveri di correttezza e buona fede impongono al creditore di non aggravare inutilmente, e senza propria necessità, la posizione del debitore. Tanto si legge nella Relazione ministeriale al codice civile, ove si afferma che l'art. 1175 c.c. richiama nella sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore . Tale criterio di reciprocità, collocato nel quadro di valori introdotto dalla Carta costituzionale, deve essere inteso come una specificazione degli inderogabili doveri di solidarietà sociale imposti dall'art. 2 della Costituzione. La sua rilevanza si esplica pertanto nell'imporre, a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, anche a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o legali ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 22819 del 10/11/2010, Rv. 614831 Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 18/09/2009, Rv. 610222 Sez. 3, Sentenza n. 10182 del 04/05/2009, Rv. 608010 Sez. U, Sentenza n. 28056 del 25/11/2008, Rv. 605685 Sez. 1, Sentenza n. 21250 del 06/08/2008, Rv. 604664 Sez. 1, Sentenza n. 23273 del 27/10/2006, Rv. 593456 . Con riferimento al nostro caso, l'applicazione di tali principi impone all'assicurato di non avvalersi della facoltà di resistere in giudizio, se ciò non solo non possa arrecargli vantaggio alcuno, ma anzi esponga l'assicuratore all'onere di rifondere all'assicurato spese avventatamente sostenute. 1.5. Il ricorso è, ancora, infondato nella parte in cui pretenderebbe che l'assicurato abbia diritto a ripetere dal proprio assicuratore le spese di resistenza anche quando non avesse interesse a resistere all'azione del terzo danneggiato e ciò per le medesime ragioni appena indicate al § precedente. 1.6. Il ricorso è, infine, manifestamente infondato, nella parte in cui sostiene l'erroneità della decisione impugnata, per avere fatto applicazione dell'art. 1914 c.c. al contratto di assicurazione della responsabilità civile. Il contratto di assicurazione della responsabilità civile rientra nel genus delle assicurazioni contro i danni, consistendo in una assicurazione di patrimoni, ed essendo il patrimonio dell'assicurato una cosa in senso giuridico. Ad esso è pertanto applicabile l'art. 1914 c.c., come questa Corte viene ripetendo da oltre cinquant'anni Sez. 3, Sentenza n. 13958 del 14/06/2007, Rv. 597580 Sez. 1, Sentenza n. 11877 del 07/11/1991, Rv. 474538 Sez. 3, Sentenza n. 2793 del 11/07/1957, Rv. 881473 . Né può dubitarsi del fatto che l'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. debba trovare applicazione anche con riferimento alle spese di resistenza. Il contratto di assicurazione della responsabilità civile pone a carico dell'assicuratore - lo riconosce la stessa ricorrente - due diverse obbligazioni una è quella di tenere indenne l'assicurato dalle richieste risarcitorie del terzo danneggiato l'altra è quella di rifondergli le spese sostenute per difendersi in giudizio dalle pretese del terzo danneggiato. L'una e l'altra di tali obbligazioni mirano a coprire il medesimo rischio l'impoverimento la prima lo copre nel caso in cui derivi dal sorgere d'un debito la seconda lo copre se derivi dall'affronta re una spesa. La prima garanzia dunque forma oggetto d'una assicurazione di patrimoni, la seconda d'una assicurazione contro il rischio di perdite pecuniarie. Da quanto esposto consegue che l'eventualità che l'assicurato debba sostenere spese per resistere in giudizio costituisce un rischio assicurato , non meno dell'eventualità di dover risarcire il terzo danneggiato. Se dunque il rischio di sostenere spese di resistenza è un danno, e forma anch'esso oggetto di copertura assicurativa, anche per esso sussiste il dovere dell'assicurato di fare quanto gli è possibile per evitarlo o diminuirlo, secondo la previsione di cui al primo comma dell'art. 1914 c.c 1.7. Deve dunque escludersi che il Tribunale di Napoli sia incorso in errori di diritto, essendosi anzi conformato ai seguenti, corretti principi A Nell'assicurazione di responsabilità civile, l'assicurato non ha diritto sempre e comunque alla rifusione da parte dell'assicuratore delle spese sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c. tale diritto deve infatti escludersi quando l'assicurato abbia scelto di difendersi senza averne l'interesse né potendone ritrarre utilità, ovvero in mala fede, ovvero abbia sostenuto spese sconsiderate. B L'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, ed in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una di violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c. si assumono violati gli artt. 88, 91, 92, 100, 332 c.p.c. 75 disp. att. c.p.c. 1175, 1176, 1218, 1337, 1366, 1375, 1460, 1914, 1917, 1932, 2041, 2697, 2727, 2729, 2938 c.c 2 d. Igs. 6.9.2005 n. 206 5, 6, 8, 14, 40 codice deontologico forense 24 l. 13.6.1942 n. 794 4 d.m. 8.4.2004 n. 127 2, 24 e 111 cost. sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, che il Tribunale avrebbe adottato una motivazione a erronea, nella parte in cui ha ritenuto generiche le difese svolte dall'assicurata dinanzi al Giudice di Pace, per contrastare la pretesa risarcitoria avanzata contro di lei b erronea, nella parte in cui ha ritenuto che A.C. non avesse alcun interesse a contrastare la domanda risarcitoria proposta contro di lei la ricorrente al contrario elenca al riguardo sette diverse ragioni per le quali tale interesse doveva ritenersi sussistente tra le quali l’ amore della verità , il rischio di pagare un premio aumentato per effetto del malus, l'esigenza di evitare una condanna diretta c erronea, nella parte in cui ha ritenuto che A.C. non avesse necessità di costituirsi nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace, per effetto della contumacia del proprio assicuratore d illogica, nella parte in cui ha desunto l'inesistenza d'un giuridico interesse di A.C. a contrastare l'avversa pretesa risarcitoria, dal fatto che in appello non avesse impugnato la pronuncia di condanna al risarcimento pronunciata dal Giudice di Pace e illogica, nella parte in cui ha ritenuto che A.C. avesse immotivata mente dilatato le spese di lite f illogica, nella parte in cui ha ritenuto che l'intento speculativo di A.C. fosse desumibile dalla accuratezza con la quale il suo avvocato aveva redatto la nota spese. 2.2. Il motivo è inammissibile in tutti i suoi profili. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge, esso è inammissibile perché nella illustrazione del motivo si denunciano unicamente vizi di valutazione ovvero il giudizio sull'assenza di interesse di A.C. a difendersi dinanzi al Giudice di pace , e non errores in iudicando . 2.3. Nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione, il ricorso è inammissibile perché tutte le censure mosse dalla ricorrente chiedono una nuova e diversa valutazione di un accertamento di fatto, e cioè la sussistenza dell'interesse dell'assicurata a costituirsi in giudizio ed a resistere alla domanda di risarcimento. Ora, è sin troppo noto che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'ari . 360 n. 5 c.p.c., si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione. È altresì noto che il giudice di merito al fine di adempiere all'obbligo della motivazione non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. Ne consegue che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione del giudice del merito e che pertanto non può chiedersi al giudice di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito. Nel caso di specie il Tribunale ha dedicato ampia parte della decisione ad illustrare le ragioni per le quali ha ritenuto insussistente un concreto interesse di A.C. a difendersi in giudizio pp. 4-6 della sentenza , e dunque la motivazione non può dirsi inesistente. Nemmeno può dirsi insufficiente, perché Viter logico seguito dal giudice di merito è perfettamente ricostruibile egli assume che, anche se A.C. non si fosse costituita, nessun pregiudizio le sarebbe derivato dall'accoglimento della domanda avversa. La motivazione della sentenza impugnata, infine, non è contraddittoria, giacché non contiene in alcuna parte affermazioni tra loro giuridicamente o logicamente inconciliabili. 3. Le spese. La indefensio di tutti gli intimati esonera questa Corte dal provvedere sulle spese. P.Q.M. la Corte di Cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. rigetta il ricorso.