Per il risarcimento dall’assicurazione è sufficiente l’autenticità del contrassegno apposto sul veicolo

In tema di assicurazione per danni da circolazione di veicoli, il terzo danneggiato non è tenuto ad effettuare accertamenti sul pagamento del premio assicurativo, potendo fare ragionevole affidamento sull’apparenza della situazione come risultante dall’esposizione del contrassegno e del certificato.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3378/15, depositata il 20 febbraio. Il caso. A seguito di un incidente stradale e delle gravissime lesioni riportate da uno dei conducenti coinvolti, il curatore provvisorio di quest’ultimo conveniva in giudizio il conducente dell’altro veicolo, nonché la compagnia assicuratrice, per il risarcimento dei danni. La compagnia assicuratrice eccepiva il difetto di copertura assicurativa per mancato pagamento del premio. In primo grado la richiesta di risarcimento trovava accoglimento ma la Corte d’appello riformava la pronuncia, rigettando ogni domanda proposta nei confronti della compagnia assicuratrice. La curatrice del conducente ferito impugna la sentenza d’appello in Cassazione. Contratto assicurativo e contrassegno. La ricorrente ritiene che i giudici di merito abbiano erroneamente escluso la responsabilità dell’assicurazione basandosi sulla confusione tra contratto assicurativo, dalla durata convenzionale annuale rinnovabile, e attestato, con durata limitata a 5 giorni. I due atti avrebbero funzioni differenti in quanto, se il contratto ha efficacia vincolante tra le parti, il contrassegno e l’attestato, che devono essere esposti sul veicolo assicurato, svolgono la diversa funzione di dimostrazione dell’adempimento degli obblighi assicurativi nei confronti delle autorità e dei terzi danneggiati, i quali, essendo appunto terzi rispetto al contratto assicurativo, ovviamente ne ignorano i contenuti. L’esposizione del contrassegno genera in tal senso una presunzione di esistenza del rapporto assicurativo, quindi è sufficiente per la condanna dell’assicuratore al risarcimento dei danni provocati dal veicolo assicurato. Per il terzo danneggiato rileva il contrassegno . I motivi così formulati sono fondati. La Suprema Corte richiama il principio costantemente affermato in sede di legittimità secondo il quale, in tema di assicurazione per danni provocati dalla circolazione di veicoli, il terzo danneggiato non è tenuto ad effettuare accertamenti in ordine al pagamento dei premi, potendo fare ragionevole affidamento sull’apparenza della situazione come risultante dall’esposizione del contrassegno e dell’attestato, come afferma l’art. 127, d.lgs. n. 209/05. Ne consegue che, ai fini della promovibilità dell’azione di risarcimento nei confronti dell’assicuratore, è condizione necessaria e sufficiente l’autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo. Il contrassegno ed il certificato assicurativo operano infatti nell’interesse esclusivo e a tutela dei terzi danneggiati in quanto assolvono alla funzione di comunicare l’esistenza di una copertura assicurativa del veicolo, restando esonerato il danneggiato dall’onere di dimostrare che il contratto sia ancora in vigore. A ciò si aggiunga che l’assicuratore risponde nei confronti del terzo danneggiato e nei limiti del massimale anche quando il sinistro sia avvenuto entro il termine di tolleranza di cui all’art. 1901 c.c. e non sia stato pagato il nuovo premio. Per questi motivi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 novembre 2014 – 20 febbraio 2015, n. 3378 Presidente Petti – Relatore D’Amico Svolgimento del processo N.A., quale curatore provvisorio di N.F., convenne in giudizio G.C. e la Allsecures Assicurazioni s.p.a. oggi Axa Assicurazioni s.p.a. nonché V.R. e Alpi Assicurazioni s.p.a. per ottenere il risarcimento del danno subito da N.F. nell'incidente verificatosi il OMISSIS . Allegava l'attrice che N.F. viaggiava, quale trasportato, sull'Alfa Romeo condotta da G.C. e che tale auto era venuta in collisione con la Golf di proprietà di V.R. , condotta da R.G. , assicurata con Alpi Assicurazioni. Nell'incidente N. riportò gravissime lesioni e del relativo pregiudizio chiese in via solidale il risarcimento ai convenuti. Si costituì Allsecures ora Axa Assicurazioni eccependo il difetto di copertura assicurativa della autovettura condotta da G. . Resistettero R.G. e V.R. , proprietaria della Golf, negando ogni responsabilità dello stesso R. , conducente dell'auto. La V. propose domanda riconvenzionale per il danno subito dal proprio veicolo ed agì non solo nei confronti di G. e della compagnia assicuratrice ma anche nei riguardi di M. e di Re. , indicati quali proprietari della vettura guidata da G. . Il Tribunale affermò la responsabilità esclusiva di G. nella produzione del sinistro e condannò in solido quest'ultimo e la Axa Assicurazioni al ristoro del danno subito da N. disattese le domande riconvenzionali della V. respinse ogni domanda posta nei confronti di R. , di V. e di Alpi e regolò le spese di lite. Impugnarono in via principale Axa Assicurazioni e in via incidentale le altre parti. Il G.I. dispose l'integrazione del contraddittorio concedendo termine per la iterazione della notifica dei gravami a G.C. . La Corte d'appello di Genova ha respinto ogni domanda proposta nei confronti di Allsecures oggi Axa Assicurazioni s.p.a. ha dichiarato tenuto ed ha condannato N.F. e la sua curatrice, in solido, nella qualità, a rifondere alla compagnia a quanto dalla stessa versato in virtù della provvisionale disposta in corso di causa ritenuta la responsabilità esclusiva di G.C. nella produzione del sinistro per il quale è causa ha dichiarato tenuto il predetto a corrispondere ad N.A. , nella qualità di curatore di N.F. , la somma disposta dalla gravata sentenza ha dichiarato tenuto ed ha condannato G.C. a rifondere a V.R. il danno inerente al danneggiamento della vettura Golf, all'epoca condotta dal R. ha condannato G. a rifondere alle controparti R. , V. ed Alpi, in liquidazione coatta, gli oneri di lite della prima fase e della fase di appello. Propone ricorso per cassazione N.A. con tre motivi. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato la Axa Assicurazioni con due motivi. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione I ricorsi sono riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c Con il primo motivo la ricorrente principale, N.A. , quale curatrice di N.F. , denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360, co. 1 n. 5 cpc ”. La ricorrente ritiene che l'impugnata sentenza ha confuso il contratto, della durata convenzionale annuale rinnovabile, con l'attestato, che ha una durata limitata a cinque giorni. Secondo la N. il contratto e l'attestato hanno differenti funzioni sia il contrassegno che l'attestato, diversamente dal contratto, devono essere esposti sul veicolo circolante, poiché la funzione loro propria è solamente quella della dimostrazione dell'adempimento degli obblighi assicurativi nei confronti delle autorità ed a tutela dei danneggianti i quali, essendo terzi rispetto al contratto assicurativo, ne ignorarono il contenuto e non possono che fare affidamento sulla comunicazione che loro perviene da quella esposizione. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 18 co. 2 L. 990/69 ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia art. 360 co. 1 n. 3 e 5 cpc ”. Ritiene la ricorrente che l'impugnata sentenza sembra violare il chiaro tenore letterale dell'art. 18, 2 comma della l. 990/1969, la cui applicabilità non sembra potersi escludere solo perché trattasi di un contratto concluso e perfezionatosi ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 del d.P.R. 973/1970. A suo avviso l'esistenza del contrassegno genera una presunzione di esistenza del rapporto assicurativo, sicché è sufficiente che essa sia utilizzata perché l'assicuratore sia tenuto il risarcimento del danno. Nella fattispecie la prova dell'attestato è pacificamente agli atti. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 7 della L. 24.12.1969 n. 990, dell'art. 1901 c.comma 2 comma ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia art. 360 co. 1 n 3 e 5 cpc ”. Ritengono i ricorrenti che non vi era ragione di escludere l'ultraoperatività della garanzia, di ulteriori 15 giorni rispetto alla scadenza, contenuta nell'art. 1901, 2 comma, c.c., richiamata dall'art. 7 della L. 990/1969. Il legislatore infatti non distingue fra certificati aventi una durata più o meno lunga, né vincola l'applicabilità ad una durata convenzionalmente o legalmente pattuita. I tre motivi, che per la stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Emerge dall'impugnata sentenza che, essendosi l'incidente verificato dopo lo spirare del termine convenuto per la durata della garanzia due giorni dopo la scadenza , non si verte in una ipotesi nella quale possa discutersi di una eccezione afferente al rapporto fra assicurato e assicuratore, bensì in un caso evidente di carenza di copertura, per essere preventivamente venuta meno la valenza del contratto che non può essere fatto rivivere solo per tutelare l'affidamento del terzo. Secondo tale sentenza l'ipotesi regolata dall'art. 17 del D.P.R. 973/970 prevede la possibilità di stipulare contratti - di assicurazione provvisori, a particolari condizioni di polizza e di tariffa, non superiori a cinque giorni, per i veicoli posti in circolazione dai commercianti, ai fini della vendita per prova, collaudo o dimostrazione tali contratti non sono rinnovabili, neppure tacitamente, una volta scaduto il termine e la loro efficacia ed operatività verrebbe meno senza che possa ipotizzarsi un periodo di tolleranza ai sensi dell'art. 1901 c.c L'assunto non può essere condiviso. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di assicurazione per danni da circolazione di veicoli, il terzo danneggiato non è tenuto ad effettuare accertamenti se sia stato pagato il premio assicurativo o rilasciati solo il certificato ed il contrassegno, potendo fare ragionevole affidamento sull'apparenza della situazione, come gli consente l'art. 7 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 ora sostituito dall'art. 127 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 quello che rileva per la promovibilità dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore è infatti l'autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo Cass., 27 giugno 2014, n. 14636 . Si deve in tal senso rilevare che, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, il contrassegno ed il certificato di assicurazione operano nell'interesse ed a tutela del danneggiato in quanto assolvono alla funzione di comunicare ai terzi segnatamente i terzi danneggiati e gli organi accertatori del traffico la copertura assicurativa del veicolo, determinando in essi un ragionevole affidamento sulla detta comunicazione per l'effetto, il danneggiato che inoltri la sua richiesta di risarcimento per la r.c.a. all'assicuratore e che proponga contro il medesimo azione diretta, resta esonerato dall'onere di accertare se il contratto sia ancora vigente o sia stato sciolto. In forza del combinato disposto dell'art. 7 della legge n. 990 del 1969 e dell'art. 1901 cod. civ., infatti, in presenza di un certificato assicurativo e del relativo contrassegno, l'assicuratore risponde nei confronti del terzo danneggiato nei limiti del massimale, quando il sinistro sia avvenuto entro il periodo di scadenza o il termine di tolleranza di cui all'art. 1901 c.c., anche se non sia stato pagato il nuovo premio, dal momento che non è la validità del rapporto assicurativo che rileva nei confronti dei terzi ma solo l'autenticità del contrassegno Cass., 24 aprile 2001, n. 6026 . L'impugnata sentenza ha esaminato esclusivamente il tipo di contratto intervenuto fra assicurato e assicuratore, ma quello che rileva al fine del risarcimento del danno al danneggiato non è il tipo di contratto stipulato, ma esclusivamente il contrassegno o l'attestato che hanno funzione di tutela del danneggiate in quanto svolgono la funzione di comunicare ai terzi la copertura assicurativa del veicolo. Per le ragioni che precedono i motivi devono essere accolti affinché la Corte di rinvio applichi i principi di cui sopra. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2054/2 c.c. vizi della motivazione su un fatto controverso e decisivo art. 360 cpc nn. 3 e 5 ”. Sostiene la ricorrente che l'impugnata sentenza non poteva ritenere superata la presunzione di pari responsabilità delle due autovetture, accollando per intero alla condotta del G. la responsabilità del sinistro. Il motivo è infondato. In tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell'incidente, all'accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento dell'esistenza o dell'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.comma Cass., 25 gennaio 2010, n. 1028 . Nel caso di specie la motivazione è immune da vizi logici o giuridici e la decisione è sorretta da una convincente ricostruzione della fattispecie concreta alla cui stregua si è ritenuto che la condotta di guida del G. era imprudente, versando lo stesso in stato di ubriachezza e procedendo ad una velocità non moderata, come si evince dalla lunghezza delle tracce di frenata e dalla gravità dei danni subiti dall'auto e dal trasportato. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056, 1223, 1224, 1226 c.c. vizi della motivazione su fatti controversi e decisivi art. 360 epe nn. 3 e 5 ”. Ad avviso del ricorrente l'impugnata sentenza ha condannato il G. a corrispondere al danneggiato la somma liquidata dalla sentenza del Tribunale di Massa, senza tuttavia fornire alcuna motivazione al riguardo. Il motivo è infondato. L'impugnata sentenza, aderendo alla motivazione del Tribunale, ha ritenuto che la somma liquidata da quest'ultimo era congrua. Si tratta di valutazione di merito, adeguatamente motivata e insindacabile in sede di legittimità. La ricorrente invece formula contestazioni generiche e non illustra analiticamente quale sia l'errore commesso, prima, dal Tribunale e, dopo, dalla Corte d'appello. In conclusione, riuniti i ricorsi, deve essere accolto il ricorso principale e rigettato l'incidentale, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Genova che, in diversa composizione, si atterrà nella decisione ai principi di cui sopra. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta l'incidentale cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.