“Tranquilla” domenica allo stadio: chi risponde dello zigomo rotto alla spettatrice?

Non è ravvisabile nessuna responsabilità per custodia in capo alla società calcistica, quando una spettatrice venga colpita da un corpo contundente durante un match. In queste ipotesi, non si tratta di danno riconducibile alla natura del bene custodito, né all’uso che ne è stato fatto dal custode, bensì al comportamento illecito di un terzo, rispetto al quale lo stadio ha rappresentato esclusivamente il contesto nell’ambito del quale è maturata la vicenda.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 26901, della Corte di Cassazione, depositata il 19 dicembre 2014. Il caso. Una donna conveniva davanti al Tribunale una società calcistica, quale custode dello stadio cittadino, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti mentre assisteva ad una partita di calcio. La donna, in particolare, era stata colpita da un moschettone da trekking , lanciato da un anello” dello stadio superiore al suo, riportando la frattura all’arco zigomatico. A fondamento della domanda di condanna al risarcimento, l’attrice deduceva sia la responsabilità contrattuale, sia quella aquiliana della convenuta, ai sensi dell’art. 2043 Risarcimento per fatto illecito e 2051 Danno cagionato da cosa in custodia c.c Il Tribunale adito respingeva la domanda attorea, ritenendo inapplicabile le norme predette. Aggiungeva che la soluzione sarebbe potuta essere diversa se la donna avesse agito ai sensi dell’art. 2050 c.c. Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose . La donneggiata, successivamente, proponeva appello, deducendo che il Tribunale erroneamente aveva respinto la domanda anziché applicare d’ufficio la norma ritenuta appropriata. La Corte di merito, rigettando il gravame, confermava la sentenza di primo grado. L’art. 2043 c.c. è norma generale e ricomprende anche la fattispecie di responsabilità ex art. 2050 c.c.? La donna ricorreva allora in Cassazione, denunciando violazione degli artt. 2043, 2050 e 2051 c.c., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. In particolare, la ricorrente ribadiva quanto sostenuto in appello, ovvero che l’art. 2043 c.c. in quanto norma generale, comprendeva ogni altra fattispecie di responsabilità civile, ivi inclusa quella di cui all’art. 2050 c.c La società sportiva era responsabile in quanto custode dello stadio? Infine, sosteneva che la responsabilità doveva essere addebitata alla convenuta ai sensi dell’art. 2052 c.c. poiché quale custode dello stadio aveva l’onere di controllare che gli spettatori non vi introducessero corpi contundenti. Mancanza dei presupposti. Il ricorso è inammissibile. Spiega la Cassazione che, nell’affermare il dovere del giudice di esaminare la fattispecie anche in relazione all’art. 2050 c.c., la ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare di aver prospettato tutti i presupposti di diritto e di fatto per l’applicazione della norma, pur non avendola espressamente menzionata. D’altra parte, è pacifico in sede di legittimità che, la domanda avente ad oggetto la responsabilità per danni ai sensi dell’art. 2050 costituisce domanda nuova e diversa rispetto a quella proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c. Cass., n. 24799/2005 . Inoltre, la ricorrente non aveva specificato sotto quale aspetto il caso in esame doveva ritenersi assoggettabile all’art. 2050 c.c Non aveva nemmeno individuato quale sarebbe stata l’attività pericolosa fonte di responsabilità. Spiega la Corte Suprema che, in sostanza, nel ricorso manca una convincente prospettazione dei principi e dei criteri in base ai quali la responsabilità doveva essere imputata alla società sportiva in modo da dimostrare gli errori in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata. Nessuna responsabilità per fatto illecito La Cassazione, pertanto, ritiene di dover applicare il principio affermato dalla Corte territoriale, in base al quale non è ravvisabile nella specie una responsabilità della società per colpa, ai sensi dell’art. 2043 c.c., trattandosi di evento non controllabile, a fronte delle migliaia di spettatori delle partite e della natura dell’oggetto contundente, facilmente occultabile e di per sé solo non contundente né pericoloso . nemmeno per danno da cosa in custodia. Inoltre, va confermata la pronuncia di seconde cure che ha escluso la responsabilità per custodia, trattandosi di danno riconducibile non alla natura del bene custodito, né dall’uso che ne è stato fatto dal custode, bensì al comportamento illecito di un terzo, rispetto al quale lo stadio ha rappresentato esclusivamente il contesto nell’ambito del quale è maturata la vicenda ed è maturata per ragioni attinenti all’esagitazione del pubblico non per effetto della peculiare conformazione o delle modalità di gestione del luogo . Sulla base di tali argomenti, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 ottobre – 19 dicembre 2014, n. 26901 Presidente Travaglino – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 4 novembre 2011 M.T. ha convenuto davanti al Tribunale di Palermo la s.p.a. U.S. Città di Palermo, quale custode dello stadio cittadino, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti il omissis , mentre assisteva alla partita di calcio omissis . In tale occasione è stata colpita al viso da un moschettone da trekking, lanciato da un anello dello stadio superiore al suo, in corrispondenza della curva sud, riportando la frattura dell'arco zigomatico. L'attrice ha dedotto a fondamento della domanda di condanna sia la responsabilità contrattuale, sia la responsabilità aquiliana della convenuta, ai sensi degli art. 2043 e 2051 cod. civ La convenuta ha resistito, chiedendo in via cautelativa l'autorizzazione a chiamare in causa la s.p.a. Assicurazioni generali per esserne garantita. La compagnia assicuratrice si è costituita, contestando anch'essa la responsabilità dell'assicurata. Con sentenza 14 giugno 2005 il Tribunale ha respinto la domanda attrice, ritenendo inapplicabili gli art. 2043 e 2051 cod. civ Ha soggiunto che la soluzione avrebbe potuto essere diversa ove la danneggiata avesse agito ai sensi dell'art. 2050, prospettando la responsabilità della convenuta per l'esercizio di attività pericolosa. La M. ha proposto appello, deducendo fra l'altro che erroneamente il Tribunale ha respinto la domanda anziché applicare di ufficio la norma ritenuta appropriata. Con sentenza 19 febbraio - 24 marzo 2010 n. 444 la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, ponendo a carico dell'appellante le spese processuali. La M. propone ricorso per cassazione, a cui resiste la s.p.a. Assicurazioni generali, tramite il suo procuratore s.c.p.a. GBS Generali Business Solutions. La U.S. Città di Milano non ha depositato difese. Motivi della decisione 1.- La Corte di appello ha ritenuto inammissibile perché nuova la domanda di condanna della U.S. Città di Palermo ai sensi dell'art. 2050 cod. civ., sul rilievo che nel giudizio di primo grado l'attrice ha fatto valere esclusivamente la responsabilità contrattuale della convenuta, o la sua responsabilità extracontrattuale, ai sensi degli art. 2043 e 2051 cod. civ., fattispecie diverse da quella di cui all'art. 2050. Ha escluso che ricorra responsabilità ai sensi dell'art. 2043, non potendosi addebitare a colpa della società convenuta il mancato controllo sui tifosi in ingresso allo stadio, in quanto spetta alle forze dell'ordine procedere alle perquisizioni personali ed al sequestro degli oggetti ritenuti pericolosi. Ha ritenuto inapplicabile l'art. 2051 cod. civ., trattandosi di danno provocato non da cose in custodia, ma dal comportamento di altro spettatore, ed ha escluso che ricorrano gli estremi della responsabilità contrattuale con la motivazione che l'acquisto del biglietto attribuisce solo il diritto di assistere all'evento sportivo non comporta assunzione di responsabilità per il comportamento illecito dei terzi. 2.- Con l'unico motivo, denunciando violazione degli art. 2043, 2050 e 2051 cod. civ. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente ribadisce quanto già sostenuto in appello, cioè che l'art. 2043 è norma di carattere generale, che comprende in sé ogni altra fattispecie di responsabilità civile, ivi inclusa quella di cui all'art. 2050 cod. civ. che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto di non poter pronunciare su tale ulteriore profilo di responsabilità, trattandosi di domanda fondata sugli stessi presupposti di fatto e di diritto già compresi nell'ambito di applicazione della norma generale. Ribadisce che la responsabilità avrebbe dovuto essere comunque addebitata alla convenuta ai sensi dell'art. 2051 poiché ad essa, quale custode dello stadio, incombeva l'onere di controllare che gli spettatori non vi introducessero corpi contundenti. 3.- Le censure sono in parte inammissibili, in parte non fondate. 3.1.- Sono inammissibili perché, nell'affermare il dovere del giudice di esaminare la fattispecie anche in relazione all'art. 2050 cod. civ., la ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare di avere prospettato, con la domanda introduttiva del giudizio, tutti i presupposti di diritto e di fatto per l'applicazione della norma, pur non avendola espressamente menzionata, e avrebbe dovuto richiamare sul punto il contenuto dell'atto di citazione. L'attribuzione della responsabilità per danni ai sensi dell'art. 2050 cod. civ. richiede normalmente l'accertamento di presupposti di fatto peculiari e diversi da quelli propri della responsabilità per fatto illecito prevista dalla norma generale dell'art. 2043 cod. civ., ed infatti la giurisprudenza ritiene che la domanda avente ad oggetto il relativo accertamento costituisca domanda nuova e diversa rispetto a quella proposta ai sensi dell'art. 2043 Cass. civ. Sez. 3, 24 novembre 2005 n. 24799 Idem, 6 aprile 2006 n. 8095 . L'applicazione di un diverso principio è ipotizzabile solo a condizione che la parte interessata dimostri di avere dedotto in giudizio tutti i connotati, di diritto e di fatto, della fattispecie di cui il giudice dovrebbe d'ufficio individuare la disciplina. 3.2.- In secondo luogo la ricorrente non specifica sotto quale aspetto il caso in esame dovrebbe ritenersi assoggettabile all'art. 2050 cod. civ. quale sarebbe l'attività pericolosa fonte di responsabilità l'organizzare una partita di calcio? . l'aprire lo stadio al pubblico? o il frequentare lo stadio da parte del pubblico .? . Manca una convincente prospettazione dei principi e dei criteri in base ai quali la responsabilità dovrebbe essere imputata alla società convenuta, sì da dimostrare gli errori in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata. Va comunque condiviso il principio enunciato dalla Corte di appello per cui non è ravvisabile nella specie una responsabilità della società per colpa, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., trattandosi di evento non controllabile, a fronte delle migliaia di spettatori delle partite e della natura dell'oggetto contundente di cui qui si tratta, facilmente occultabile e di per sé solo non contundente né pericoloso. Vanno altresì condivise le argomentazioni in base alle quali è stata esclusa la responsabilità per custodia, trattandosi di danno riconducibile non alla natura del bene custodito, né dall'uso che ne è stato fatto dal custode, bensì al comportamento illecito di un terzo, rispetto al quale lo stadio ha rappresentato esclusivamente il contesto nell'ambito del quale è maturata la vicenda ed è maturata per ragioni attinenti all'esagitazione del pubblico non per effetto della peculiare conformazione o delle modalità di gestione del luogo. 3.3.- Per le ragioni fin qui esposte la motivazione della sentenza impugnata è idonea a giustificare la decisione e deve essere confermata. Non altrettanto potrebbe dirsi in relazione ad altre argomentazioni, quali quella per cui la responsabilità contrattuale della società convenuta, derivante dalla vendita del biglietto, sarebbe limitata all'obbligo di attribuire allo spettatore il diritto di assistere all'evento sportivo, o quella per cui il controllo degli ingressi sarebbe questione che interessa esclusivamente la responsabilità delle forze dell'ordine. In realtà chi organizzi la manifestazione sportiva è tenuto ad attribuire al pubblico - quale corrispettivo del biglietto di ingresso - non solo il diritto di assistere alla partita, ma anche la garanzia di condizioni minime di agibilità del luogo e di protezione dell'incolumità personale, quanto meno rispetto ai rischi più gravi di violenze e vandalismi, trattandosi di eventi divenuti frequenti e prevedibili. Donde l'obbligo di adottare le misure idonee a prevenire tali rischi, tramite adeguati controlli all'ingresso ed altre misure, quali l'individuazione dei soggetti violenti e pericolosi, il loro allontanamento, i divieti di frequentare lo stadio, e simili. Trattasi di misure la cui adozione grava in primo luogo sulla società organizzatrice dell'incontro, e che, se omesse, giustificano l'addebito di responsabilità, sia a titolo contrattuale, sia anche a titolo extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2049 cod. civ Fra di esse rientrano i controlli all'ingresso delle forze dell'ordine che - essendo strumenti ausiliari dell'attività d'impresa, nei confronti dei terzi impegnano la responsabilità dell'impresa stessa, che sarebbe quindi chiamata a risponderne 1228 cod. civ., art. 2049 cod. civ. . Resta il fatto che il ricorso non è stato proposto in questi termini. Da esso non risulta se la società convenuta fosse l'organizzatrice della partita e dello spettacolo sportivo, o se fosse invece solo proprietaria o titolare dei diritti di gestione dello stadio, considerato che le si è addebitata una responsabilità per custodia. Non è stato dedotto né dimostrato se la vicenda rientri fra quelle, prevedibili ed evitabili, di cui l'organizzatore dovrebbe essere tenuto a rispondere circostanza che nella specie è dubbia, data la natura dell'oggetto contundente, probabilmente facile da nascondere alle perquisizioni, e la difficoltà di prevenire e di evitare comportamenti del genere di quello in oggetto, nella confusione e nel clima esagitato delle curve , durante le partite di calcio. In sintesi, la vicenda è seria e pone problemi da non sottovalutare. I criteri di individuazione della responsabilità sono tuttavia molteplici, delicati e complessi, e avrebbero dovuto essere dettagliatamente esaminati e sviscerati in ogni loro aspetto, di diritto e di fatto, ben più di quanto non sia stato fatto nel caso in esame. 4.- Il ricorso non può che essere rigettato. 5.- Considerata la natura della controversia e la mancanza di sicuri orientamenti interpretativi in materia, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.