Il consiglio dell’avvocato di procedere un passo alla volta non è da negligenti

Non viola i propri doveri professionali l’avvocato che consiglia alla cliente di avanzare domanda di divorzio, per mancata consumazione, rinviando ad un giudizio successivo la proposizione della domanda di un assegno per il proprio mantenimento.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26059, depositata il 10 dicembre 2014. Il caso. Una donna chiedeva il risarcimento dei danni nei confronti del suo avvocato per violazione dei doveri professionali, per il consiglio datole di avanzare domanda di divorzio, per mancata consumazione, rinviando ad un giudizio successivo la proposizione della domanda di un assegno per il proprio mantenimento. Secondo la Corte d’appello di Palermo, però, il consiglio di non avanzare pretese economiche contestualmente alla domanda di divorzio non era di per sé incongruo, in quanto la necessità di accertamenti peritali, eseguiti poi nel corso del giudizio, era ostativa ad una separata ed immediata pronuncia sull’ an . Il giudizio si era concluso senza che il convenuto si opponesse, mentre le questioni di natura economica avrebbero ritardato la pronuncia. In più, tali questioni erano proponibili autonomamente, con la possibilità di ottenere la decorrenza dell’assegno dal momento della domanda. Perciò, era irrilevante il profilo sulla responsabilità del professionista per non aver evidenziato l’addebitabilità al marito del fallimento del matrimonio. L’attrice ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 4 l. n. 898/1970, laddove permette la pronuncia di una sentenza relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio e la prosecuzione del giudizio per la definizione degli aspetti patrimoniali. Un procedimento celere va bene a tutti. Tuttavia, la Cassazione non rileva, nella sentenza impugnata, un’affermazione da parte dei giudici sull’impossibilità giuridica di ottenere una sentenza non definitiva sullo status. Semplicemente, la Corte d’appello di Palermo aveva evidenziato l’opportunità della scelta di non compromettere la celerità del procedimento, che costituisce l’interesse principale del cliente, introducendo delle questioni economiche. Queste, infatti, avrebbero comportato un’attività istruttoria non scindibile da quella inerente alla specifica ragione posta alla base del divorzio. Senza dimenticare la possibilità di avanzare separatamente la domanda di assegno. Perciò, la Corte d’appello di Palermo non aveva affermato che fosse impossibile, ai sensi dell’art. 4 l. n. 898/1970, ottenere una pronuncia non definitiva, ma si era limitata a considerare che i relativi tempi non fossero compatibili con una pronuncia definitiva, certamente ottenibile in un giudizio non appesantito da temi di natura economica . Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 giugno – 10 dicembre 2014, n. 26059 Presidente Vitrone – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha rigettato il gravame proposto da S.C. avverso la sentenza del Tribunale di Palermo, depositata in data 27 gennaio 2005, con la quale era stata giudicata infondata la domanda dalla predetta avanzata nei confronti dell'avv. S.F., avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno, per violazione dei doveri professionali, in relazione al consiglio di detto professionista di avanzare domanda di divorzio, per mancata consumazione, nei confronti del coniuge S.B., rinviando a un giudizio successivo la proposizione della domanda di un assegno per il proprio mantenimento. 1.1 - La corte territoriale ha rilevato che il consiglio dato dal professionista alla cliente di non avanzare pretese economiche contestualmente alla domanda di divorzio non era di per sé incongruo, atteso che la necessità di accertamenti peritali effettivamente eseguiti nel corso di quel giudizio era ostativa a una separata ed immediata pronuncia sull 'an , che costituiva il prioritario interesse della S Il giudizio, infatti, si era concluso senza opposizione da parte del convenuto, mentre le questioni di natura economica - per altro proponibili autonomamente, con possibilità di ottenere la decorrenza dell'assegno dal momento della domanda - avrebbero di certo ritardato la pronuncia relativa allo status . 1.2 - E' stata rimarcata l'irrilevanza dei profili concernenti la responsabilità del professionista per non aver evidenziato, nel primo giudizio, l'addebitabilità al marito del fallimento del matrimonio, ed è stata, infine, dichiarata l'inammissibilità dell'appello proposto in via incidentale dal F. in merito al regolamento delle spese processuali. 1.3 - Per la cassazione di tale decisione la S. propone ricorso, affidato a due motivi, cui l'avv. F. resiste con controricorso. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo si denuncia violazione dell'art. 4 della 1. n. 898 del 1970, laddove consente la pronuncia di una sentenza relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio e la prosecuzione del giudizio per la definizione delle questioni di natura patrimoniale. 2.1 - Con la seconda censura, denunciandosi violazione dell'art. 2236 cod. civ., si sostiene che la corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la responsabilità del professionista in relazione alla scelta sopra indicata, valorizzando le sollecitazioni - inidonee a tal fine - della stessa cliente. 3 - I motivi, per i quali sono stati indicati validi quesiti di diritto, vanno esaminati congiuntamente, in quanto intimamente correlati. Essi risultano in parte inammissibili, ed in parte infondati. 3.1 - Deve in primo luogo constatarsi come l'attribuzione alla corte territoriale dell'affermazione dell'impossibilità giuridica di ottenere una sentenza non definitiva sullo status non trova riscontro nella motivazione della decisione impugnata, che ha posto in evidenza, da un lato, l'opportunità della scelta di non compromettere la celerità del procedimento, che costituiva il preminente interesse della cliente, introducendo temi di natura economica, comportanti attività istruttoria non scindibile da quella inerente alla specifica ragione posta alla base del divorzio, dall'altro la possibilità con richiamo alla decisione di questa Corte n. 1031 del 1998 di avanzare separatamente la domanda di assegno. 3.2 - La Corte di appello, quindi, non ha affermato che, ai sensi dell'art. 4 della l. n. 898 del 1970, non fosse possibile ottenere una pronuncia non definitiva, ma ha semplicemente ritenuto che i relativi tempi non fossero compatibili con una pronuncia definitiva, certamente ottenibile in un giudizio non appesantito da temi di natura economica, che, per altro, avrebbero provocato una differente reazione difensiva da parte del B 4 - Al di là della evidenziata inammissibilità, precisato che manca qualsiasi riferimento, nel ricorso, a un eventuale mancato assolvimento degli oneri di natura informativa facenti capo al professionista, deve osservarsi che, alla luce dell'affermata - e non contestata - possibilità di proporre in via separata la domanda di assegno, non sussiste la dedotta responsabilità del professionista per aver scelto una strategia processuale ritenuta, secondo l'apprezzamento del giudice del merito sorretto da adeguata motivazione, e del resto non censurata, confacente agli interessi della stessa cliente. 5 - In considerazione della delicatezza del tema trattato, inerenti a scelte di natura discrezionale del difensore, va disposta la compensazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese relative al presente giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.