Velocità eccessiva, e inadeguata al contesto: motociclista colpevole per il drammatico incidente

Decisiva la ricostruzione della dinamica dell’episodio al giovane, vista la condotta tenuta alla guida, è addebitabile l’incidente che gli è costato, purtroppo, la vita. Ciò rende inutile la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dai suoi familiari nei confronti del Comune, della compagnia assicurativa, e della proprietaria e conducente dell’automobile contro cui si è schiantata la moto.

Velocità eccessiva per la moto, eccessiva e, soprattutto, non adeguata alla strada percorsa ciò ha portato il conducente della ‘due ruote’ a invadere la corsia opposta, impattando, purtroppo – e in modo fatale –, con un’automobile. Evidente, quindi, la responsabilità del motociclista. E tanto basta, ovviamente, per ritenere non accoglibile la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dai familiari del ragazzo morto alla guida della propria moto Cassazione, ordinanza n. 24679, sez. VI Civile, depositata oggi . Troppo veloce Difficile da immaginare il dolore di un’intera famiglia per la perdita di un figlio Allo stesso tempo, più semplice comprendere la rabbia provata per il drammatico episodio, addebitato, però, non alla condotta della persona cara, bensì a quella della donna alla guida dell’automobile contro cui ha impattato la moto del giovane. Tale visione, però, accompagnata dalla richiesta di risarcimento dei danni – nei confronti del Comune, della compagnia assicurativa, della conducente e della proprietaria della ‘quattro ruote’ –, viene valutata come non razionale. Secondo i familiari del ragazzo morto, in sostanza, l’incidente era da ricondurre a colpa esclusiva della donna alla guida, la quale si era immessa nell’incrocio senza mantenere la destra , ma questa ricostruzione, ribattono i giudici di merito, è smentita completamente dai fatti. Niente risarcimento dei danni , quindi. E tale decisione è ora ‘sigillata’, in via definitiva, dai giudici della Cassazione, i quali mostrano di valutare come corretta e coerente la visione proposta dai giudici di merito. Decisiva, ovviamente, la dinamica dell’incidente – fondata non solo sui riscontri del consulente tecnico d’ufficio, ma anche su quelli del consulente tecnico di parte –, da cui è emerso che il fatale incidente era da ricondurre a responsabilità esclusiva del motociclista. Ciò perché egli aveva tenuto una velocità eccessiva, non consona allo stato dei luoghi ed aveva invaso l’opposta carreggiata, superando la doppia striscia continua esistente sull’asfalto . Corretto, invece, il comportamento tenuto dall’automobilista – la cui vettura proveniva da destra – anche perché non vi era alcun segnale che derogasse alla regola generale di obbligo di precedenza a destra .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 ottobre – 19 novembre 2014, n. 24679 Presidente Finocchiaro – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione. A. G.C. padre , S.C., M.L., C.D.B. e C.R. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Catania, C.M., V.M.B., le Assicurazioni generali s.p.a. e il Comune di Catania, chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti all'incidente stradale, avvenuto in data 18 dicembre 2004, nel quale il giovane G.C. figlio , alla guida di una moto, era deceduto a seguito dello scontro con la vettura di proprietà della B., condotta nell'occasione dalla M Sostennero che l'incidente era da ricondurre a colpa esclusiva della convenuta M., che si era immessa nell'incrocio senza mantenere la destra. Si costituirono tutti i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale, sentiti i testimoni e disposta una c.t.u., rigettò la domanda. 2. Proposto appello dagli attori soccombenti, la Corte d'appello di Catania, con sentenza del 20 novembre 2012, ha respinto l'appello, con condanna degli appellanti alle spese. 3. Contro la sentenza d'appello ricorrono le parti indicate in epigrafe, con unico atto affidato a due motivi. Resistono con separati controricorsi le Generali Italia s.p.a., conferitaria del ramo d'azienda delle Assicurazioni generali s.p.a., e V.M.B Il Comune di Catania non ha svolto attività difensiva in questa sede. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. I due motivi di ricorso denunciano il primo, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. il secondo, violazione e falsa applicazione degli artt. 194 e 195 del medesimo codice. 5.1. Il ricorso, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento. Nel primo motivo, infatti, si censura la presunta errata valutazione di una deposizione testimoniale, mentre nel secondo ci si duole del fatto che la Corte d'appello abbia ricostruito la dinamica del sinistro basandosi esclusivamente sulla c.t.u., senza tenere in considerazione le osservazioni contrarie contenute nella c.t. di parte. Ora, anche tralasciando che nel secondo motivo non vengono riportate - ma solo genericamente richiamate - le critiche evidenziate dal c.t. di parte, si osserva che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell'incidente, all'accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento dell'esistenza o dell'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, e 25 gennaio 2012, n. 1028 . Nel caso specifico la Corte d'appello, con sentenza bene argomentata e priva di vizi logici, nella quale ha dimostrato di tenere in considerazione anche la versione fornita dal c.t. di parte, ha ricostruito la dinamica dell'incidente, evidenziando che lo stesso era da ricondurre a responsabilità esclusiva dello sfortunato C., il quale aveva tenuto una velocità eccessiva, non consona allo stato dei luoghi, ed aveva invaso l'opposta carreggiata superando la doppia striscia continua esistente sull'asfalto. Così come ha rilevato che la vettura condotta dalla M. proveniva da destra e non vi era alcun segnale che derogasse alii regola generale di obbligo di precedenza a destra. La sentenza impugnata, poi, ha aggiunto che era rimasta del tutto sfornita di prova la tesi difensiva degli appellanti secondo cui la strada si caratterizzava per un grave dissesto sicché ne risulta destituito di fondamento ogni richiamo, contenuto nel secondo motivo di ricorso, all'art. 2051 del codice civile. È evidente, quindi, che il ricorso - che dà per scontato ciò che doveva invece essere dimostrato in sede di merito - tende ad ottenere in questa sede una nuova e non consentita valutazione di merito. 6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato . Motivi della decisione 1. In prossimità dell'udienza camerale hanno depositato memorie i ricorrenti e la Generali business solution, in qualità di mandataria della s.p.a.Generali Italia. Osserva la Corte che tali memorie non muovono, in sostanza, alcuna censura alle osservazioni contenute nella riportata relazione. Pertanto, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014,n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.