Out le luci della scala, capitombolo nel palazzo: nessun risarcimento dei danni

Nessun dubbio sulle lesioni riportate dalla persona vittima della caduta. Ma manca l’elemento decisivo, ossia la ‘prova provata’ che la dinamica dell’episodio abbia avuto il ‘la’ nel malfunzionamento dell’impianto di illuminazione dello stabile.

Piede in fallo, capitombolo inevitabile. Con relativi danni fisici. Contesto un condominio, a cui viene attribuita, dalla persona finita a terra, la responsabilità per la disavventura. Fatale, secondo tale visione, il difetto dell’impianto di illuminazione dello stabile. Ma manca, in questa ottica, la ‘prova provata’ che l’episodio si sia svolto come raccontato dal ‘protagonista’ Ciò comporta l’azzeramento di ogni ipotesi di responsabilità a carico del condominio Cassazione, sentenza n. 22787, sez. VI Civile, depositata oggi . E luce non fu Nessun dubbio, però, è stato espresso, sin dall’inizio della vicenda giudiziaria, dalla persona – un uomo – che ha riportato alcuni danni fisici a seguito della caduta a provocare il capitombolo è stato l’ improvviso spegnimento dell’illuminazione – regolata da un timer – nell’area delle scale condominiali . Ciò, secondo l’uomo, rende responsabile il condominio. Eppure la conseguente richiesta di risarcimento dei danni viene ritenuta non legittima dai giudici. Più precisamente, in Corte d’Appello viene spiegato che è mancata la dimostrazione della reale dinamica del sinistro , e ciò a prescindere dalla prova, comunque, carente del difettoso funzionamento del timer dell’impianto di illuminazione delle scale condominiali . Condominio salvo. Troppi dubbi, troppe incertezze, quindi, secondo i giudici di merito. E tale visione non viene minimamente scalfita dalle obiezioni mosse dall’uomo col ricorso proposto in Cassazione difatti, i giudici del ‘Palazzaccio’ confermano la decisione emessa in Appello, considerando assolutamente non plausibile la richiesta di risarcimento dei danni avanzata nei confronti del condominio. Decisiva la constatazione che non è stata messa sul tavolo la dimostrazione della circostanza che la caduta fosse stata causata dall’interruzione del funzionamento dell’impianto di illuminazione delle scale condominiali . E tale lacuna è fondamentale soprattutto perché, spiegano i giudici, qualora ci si trovi di fronte a una cosa di per sé statica e inerte e che richieda che l’agire umano, e, in particolare, quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa , è necessario, per la prova del nesso causale , dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione . Manca, quindi, il ‘pezzo’ centrale del puzzle, ossia la prova diretta o indiretta del nesso causale tra l’evento e il dedotto malfunzionamento dell’impianto di illuminazione . Ciò basta per liberare il condominio da ogni responsabilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 2 luglio – 27 ottobre 2014, numero 22787 Presidente Finocchiaro – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo e Motivi della decisione 1. Con sentenza in data 17 aprile 2012 la Corte di appello di Roma -- decidendo sull'appello proposto da D.C. - ha confermato la sentenza del Tribunale di Terracina di rigetto della domanda proposta dall'appellante nei confronti del Condominio Appia per il risarcimento ex art. 2043 o 2051 cod. civ. dei danni conseguenti ad una caduta asseritamente provocata dall'improvviso spegnimento dell'illuminazione nell'area delle scale condominiali ha, dunque, condannato l'appellante al pagamento delle spese del grado in favore del Condominio e delle Assicurazioni Generali s.p.a., terza chiamata in garanzia, compensando, invece, le stesse spese nei rapporti tra queste ultime parti. In particolare la Corte di appello ha rilevato che mancava la dimostrazione della reale dinamica del sinistro e che - a prescindere dalla prova, comunque, carente del difettoso funzionamento del timer dell'impianto di illuminazione delle scale condominiali - ciò che rilevava, ai fini dell'accoglimento della domanda, non era il difetto in sé e il ritardo dell'amministrazione condominiale nel porvi rimedio, ma che tale difetto di funzionamento fosse stato la causa della caduta dell'attore. La mancanza della relativa prova precludeva l'accoglimento della stessa domanda anche sotto il profilo dell'art. 2051 cod-. civ 2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione D.C. formulando due motivi. Generali Italia s.p.a., quale conferitaria del ramo di azienda assicurativo della Direzione per l'Italia di Assicurazioni Generali s.p.a., in persona della rappresentante e mandataria Generali Business Solutions s.c.p.a., ha resistito con controricorso. Nessuna attività difensiva è stata svolta dal Condominio. 3. Con i motivi di ricorso si denuncia I ai sensi dell'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione o falsa applicazione degli articolo 2043, 2051 e 2697 cod. civ. per travisamento del fatto, nonché ai sensi dell'art. 360 numero 4 cod. proc. civ. nullità della sentenza in relazione agli articolo 116, 132, 193 e 194 cod. proc. civ. per motivazione totalmente insufficiente, illogica e contraddittoria e/o ex art. 360 numero 5 cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio questione di costituzionalità in relazione all'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. come novellato dalla L. 134/2012 II violazione e falsa applicazione ex art. 360 nnumero 3, 4 e/o 5 cod. proc. civ. in relazione all'art. 246 cod. proc. civ. e agli articolo 184 e 189 cod. proc. civ. per inammissibilità e/o inutilizzabilità dei documenti prodotti dal Condominio dopo l'ammissione dei mezzi istruttori e nullità della sentenza per correlativo vizio di omessa assoluta motivazione ex art. 360 co. 1 numero 4 cod. proc. civ. in relazione all'art. 132 cod. proc. civ. e/o numero 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. 4. Prima di ogni altra considerazione si osserva che l'art. 360 numero 5 cod. proc. civ., come novellato dal d.l. numero 83 del 2012, conv. con modif. in L. numero 134 del 2012, si applica ai sensi dell'art. 54, co. 3 del medesimo decreto alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, id est alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012. E poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 17 aprile 2012 risulta irrilevante la questione di legittimità costituzionale proposta dal ricorrente in relazione alla norma novellata, nonché irrituale e improprio il riferimento in ricorso al vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio . 4.1. Ciò precisato - quanto al primo motivo - si osserva che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della normativa di riferimento e dei principi che regolano l'onere della prova, ritenendo che, in relazione al fatto dedotto caduta conseguente a un difetto di custodia e manutenzione delle parti condominiali gravasse sull'odierno ricorrente, parte istante per il risarcimento, l'onere di provare, in relazione all'art. 2043 cod. civ., il collegamento causale tra la condotta colposa ascritta al Condominio e la caduta, nonché sotto il profilo allegato dal C. in via subordinata dell'art. 2051 cod. civ. la dimostrazione del collegamento causale tra la cosa in custodia e il fatto. Di tal chè risultava assorbente la considerazione del difetto di allegazione, prima ancora che di prova, in ordine alle circostanze di fatto e, segnatamente, alla circostanza che la caduta fosse stata causata dall'interruzione del funzionamento dell'impianto di illuminazione delle scale condominiali. 4.2. Merita puntualizzare, con specifico riferimento all'azione di responsabilità per cosa in custodia, che l'art. 2051 cod. civ. non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa. In particolare questa Corte è costante nel ritenere che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è oggettivamente configurabile qualora la cosa custodita sia di per sè idonea a sprigionare un'energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provare il danno scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc. . Qualora per contro si tratti di cosa di per se statica e inerte e richieda che l'agire umano, e in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità trii da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard--rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc. . Cass. 13 marzo 2013, numero 6306 Cass. 05 febbraio 2013, numero 2660 Cass. 09 dicembre 2009, numero 25772 Cass. 04 novembre 2003, numero 16527 . Ne consegue - anche agli effetti dell'art. 2051 cod. civ. - la correttezza del rilievo svolto dalla Corte di appello circa l'insufficienza degli elementi traibili dal giudizio medico-legale sulla compatibilità tra la caduta e le lesioni, ben potendo essere diverse e altre rispetto al malfunzionamento dell'impianto di illuminazione le cause della stessa caduta. 4.3. Escluso, dunque, un error in indicando - quanto alle ulteriori censure svolte con il primo motivo di ricorso in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie e alla congruità della motivazione - si osserva, innanzitutto, che il vizio di motivazione previsto dall'art. 1.32 cod. proc. civ. e dall'art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, rinviando genericamente e per relationem al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, nè disamina logico giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito cfr. Cass. 21 dicembre 2010, numero 25866 Cass. 22 maggio 2007, numero 11880 . Per converso la motivazione deve ritenersi adeguata - secondo le indicazioni desumibili dal combinato disposto dell'art. 132 e degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ., allorquando il raggiunto convincimento del giudice risulti da un esame logico e coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, siano state ritenute di per se sole idonee e sufficiente a giustificarlo, mentre non si deve dare conto dell'esito dell'esame di tutte le prove prospettate o comunque acquisite cfr. Cass. 4 marzo 2011, numero 5241 Cass, 12 aprile 2011, numero 8294 Cass. 28 ottobre 2009, numero 22801 Cass. 27 luglio 2006, numero 17145 Costituisce, inoltre, principio del tutto pacifico che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvo i casi, che qui non ricorrono, tassativamente previsti dalla legge . 4.4. Orbene, facendo applicazione di tali principi al caso di specie, è evidente che la invocata violazione dell'obbligo di motivazione non sussiste, giacchè il giudice di appello ha dato conto delle proprie valutazioni, attraverso argomentazioni complete e appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonchè frutto di accurata disamina delle risultanze processuali. Gli argomenti di segno contrario svolti da parte ricorrente non introducono alcun elemento scardinante nel processo argomentativo della decisione impugnata, eludendone, nella sostanza, il punto centrale, laddove si mette in evidenza che manca la prova diretta o indiretta del nesso causale tra l'evento e il dedotto malfunzionamento dell'impianto di illuminazione. In definitiva il primo motivo va rigettato. 5. Anche il secondo motivo va rigettato. Esso, per un verso, è manifestamente infondato, dal momento che l'asserito richiamo di stile a tutti gli atti e scritti difensivi prodotti non smentisce il rilievo contenuto nella decisione impugnata in ordine alla mancata tempestiva deduzione dell'incapacità dei testi del Condominio subito dopo l'espletamento della prova e alla mancata reiterazione delle eccezioni istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni e, per altro verso, risulta privo di specificità, giacche non chiarisce quale rilevanza decisiva abbiano avuto le ridette deposizioni testimoniali, nonché la produzione documentale effettuata tardivamente dal Condominio. Deve, infatti, osservarsi che nessun argomento risulta tratto nella decisione impugnata in ordine a detta produzione documentale mentre --- con riguardo alla prova orale - si afferma che senta che sia neppure necessario esaminare le deposizioni dei testi indicati dai convenuti e che hanno reso dichiarazioni contrarie alla tesi dell'attore, ci à che rende non meritevole di accoglimento la domanda risarcitoria e la mancata dimostrazione della reale dinamica dell'incidente . In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della resistente alla stregua dei parametri di cui al D.M. numero 55/2014, seguono la soccombenza. La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell'applicabilità dell'art 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della resistente in € 3.200,00 di cui € 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dall'art. 1 bis dello stesso art. 13.