Il risarcimento è possibile se l’offesa supera la soglia minima di tollerabilità

La risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è collegata alla necessità che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto o immaginari.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19327, depositata il 12 settembre 2014. Il caso. L’attore conveniva in giudizio un comandante dei Carabinieri per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, da lui patiti in dipendenza di fatti lesivi dei suoi diritti alla riservatezza e all’immagine. In particolare, espose che il comandante aveva redatto una nota nella quale menzionava un ordine di cattura spiccato nei suoi confronti per il reato di procurata infermità mentale, nonché la circostanza che egli sarebbe stato mantenuto in tutto dalla vecchia genitrice, vedova e pensionata. Tanto in primo grado, quanto in secondo, la domanda attorea veniva rigettata. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello ricorreva l’allora attore. La lesione di diritti inviolabili. A giudizio della Corte di Cassazione, il giudice di merito, senza affatto negare la ricorrenza, nella fattispecie, di un illecito aquiliano, si è mosso nella prospettiva che era tuttavia mancata qualsivoglia allegazione e prova in ordine alla effettiva esistenza e alla entità del pregiudizio di cui l’attore aveva chiesto di essere risarcito. La risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è legata alla necessità che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto o immaginari, come quello alla felicità Cass., SS.UU., n. 26972/08 . Infatti, il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza Cass., n. 7211/09 Cass., n. 26972/08 . Nel caso di specie, manca qualsivoglia allegazione e prova in ordine alla enucleabilità di un danno non patrimoniale risarcibile. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 26 giugno – 12 settembre 2014, n. 19327 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. Il relatore, cons. A.A. esaminati gli atti, osserva 1. P.D.S. convenne innanzi al Tribunale di Pescara D.R., già comandante della Stazione dei Carabinieri di Bisenti, per ivi sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, da lui patiti in dipendenza di fatti lesivi dei suoi diritti alla riservatezza e all'immagine. Espose che il R., in risposta a informazioni di carattere economico sollecitate dalla Commissione per il gratuito patrocinio, aveva redatto una nota nella quale menzionava un ordine di cattura spiccato nei suoi confronti per il reato di procurata infermità nonché la circostanza che egli sarebbe stato mantenuto in tutto dalla vecchia genitrice, vedova e pensionata. Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò le avverse pretese. 2. Con sentenza del 19 novembre 2004 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto dal soccombente gravarne, la Corte d'appello, in data 28 dicembre 2010 lo ha respinto. Nel motivare il suo convincimento il decidente ha preliminarmente osservato che nessuna doglianza era stata formulata dall'appellante in ordine al rigetto della richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, di talché sul relativo punto la decisione del Tribunale doveva ritenersi ormai passata in giudicato. Ha poi rilevato che la nota informativa inviata dal R. certamente eccedeva i limiti dell'istanza da evadere, atteso che la notazione dei precedente penale a carico del D.S. non rientrava sotto alcun profilo tra le informazioni di carattere patrimoniale ed economico che la Commissione per il gratuito patrocinio di Parma aveva sollecitato. Ha tuttavia escluso che l'informativa poté causare all'attore un effettivo e concreto pregiudizio risarcibile, segnatamente rimarcando l'assoluta mancanza di allegazioni e prove in ordine alla effettiva sussistenza di un danno non patrimoniale. Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte P.D.S., formulando un unico, articolato motivo. L'intimato non ha svolto alcuna attività difensiva. 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall'art. 360 bis, inserito dall'art. 47, comma 1, lett. a della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. Queste le ragioni. 4. Nell'unico motivo di ricorso l'impugnante lamenta a vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito alla valuta tane dei documento a firma R. b vizio di motivazione della sentenza impugnata sotto il profilo della liceità della condotta, del contenuto non diffamatorio del documento e dell'insussistenza dell'estremo della comunicazione a più persone c vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione d vizio d pendente da travisamento del fatto e violazione e falsa applicazione di norme di diritto. La proposta domanda - ribadisce - era volta ad ottenere il risarcimento del danno non già in connessione al semplice trattamento di un dato personale, ma piuttosto alla diffusione illecita di fatti di rilevanza penale riguardanti il ricorrente, con conseguente violazione del diritto all'oblio, presidiato dagli artt. 2 e 27 della Costituzione. Tale attività sarebbe, secondo l'esponente, di per sé idonea a ledere l'onore e oggettivamente offensiva per il destinatario, considerato che in essa erano configurabili i delitti di rivelazione di segreti d'ufficio e di diffamazione. Infine - aggiunge - la liquidazione del danno morale ben può essere effettuata con criteri equitativi. 5. Ora, a prescindere dalla non rituale formulazione dei motivi, assolutamente distonici rispetto al paradigma normativo delineato nell'art. 360 cod. proc. civ., le critiche sono all'evidenza eccentriche rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato. Il giudice di merito, senza affatto negare la ricorrenza, nella fattispecie, di un illecito aquiliano, si è mosso nella prospettiva che era tuttavia mancata qualsivoglia allegazione e prova in ordine alla effettiva esistenza e alla entità del pregiudizio di cui l'attore aveva chiesto di essere risarcito. E tanto in sostanziale continuità con la giurisprudenza di questa Corte Regolatrice che, a partire dal noto arresto 11 novembre 2008, n. 26972 delle sezioni unite, costantemente lega la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, olla necessità che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità, segnatamente rimarcando che il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 della Costituzione, impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza Cass. civ. sez. un. 11 novembre 2008, n. 26972 Cass. civ. 25 marzo 2009, n. 7211 . L'inemendabile aspecificità delle censure si risolve nella sostanziale assenza di critiche alla scelta decisoria operata dal giudice di merito in punto non solo di incontestabilità della negativa valutazione della sussistenza, nella fattispecie, di danni di carattere patrimoniale, ma anche della mancanza di qualsivoglia allegazione e prova in ordine alla enucleabilità di un danno non patrimoniale risarcibile. Il ricorso appare pertanto destinato al rigetto . A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione, non ritenendole infirmate dalle deduzioni esposte nella memoria di parte ricorrente. La proposta impugnazione deve conseguentemente essere rigettata. La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia in ordine alle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.