La società che gestisce un’autostrada deve risarcire i danni da rumore

In materia di immissioni rumorose, applicando analogicamente l’art. 844 c.c. anche ai rapporti tra privati e concessionari della PA e utilizzando il criterio comparativo per determinare la soglia di intollerabilità, se tale soglia viene superata scatta il risarcimento dei danni derivanti da inquinamento acustico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18195, depositata il 25 agosto 2014. Il caso. La società che gestisce un’autostrada propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che, pur dando atto degli interventi idonei a limitare il rumore effettuati dalla stessa, ne confermava la condanna al risarcimento dei danni nei confronti di nove cittadini danneggiati dalle immissioni sonore. La soglia di intollerabilità. Nel nostro ordinamento la mancanza di una specifica normativa applicabile ad un determinato settore, soprattutto per quelli in espansione, è risolta con il ricorso al procedimento analogico. Non vi sono ostacoli all’applicabilità del criterio comparativo differenziale per determinare la soglia dell’intollerabilità anche nei rapporti tra i privati ed i concessionari della pubblica amministrazione, che sono comunque tenuti ad osservare gli standards ambientali. Di conseguenza, l’art. 844 c.c., quale norma che disciplina in generale le immissioni, detta un parametro di riferimento che può essere utilmente applicato analogicamente anche ai rapporti con il concessionario della PA. Il cd. criterio comparativo. A giudizio della Corte di Cassazione, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione delle norme vigenti in materia di immissioni ed a tutela del diritto fondamentale della salute, costituzionalmente protetto. Ha posto in rilievo che la norma dell’art. 844 c.c., che prevede come principio guida in materia il criterio della normale tollerabilità delle immissioni, ben si coordina come il cosiddetto criterio comparativo, che assume come punto di riferimento il rumore di fondo della zona e che consiste nel confrontare il livello medio del rumore di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo soggetto alle immissioni, al fine di controllare se sussista un superamento non tollerabile del livello medio di rumore, che viene fissato in tre decibel superiore al rumore di fondo. Poiché tale soglia è stata superata, correttamente la società è stata condannata a risarcire i danni derivanti da inquinamento acustico. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 giugno – 25 agosto 2014, n. 18195 Presidente Berrutti – Relatore Armano Svolgimento del processo La Corte di appello di , con sentenza depositata il 12 febbraio 2008, ha confermato la decisione di primo grado che, in relazione ad un procedimento di cognizione ordinaria iniziato dopo un procedimento cautelare, ha dato atto che gli interventi effettuati dalla società con la costruzione di una idonea barriera avevano ricondotto le immissioni di rumore entro il limite della normale tollerabilità, ed ha confermato la condanna al risarcimento dei danni nella misura di lire 10 milioni per ciascuno dei nove danneggiati. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la con due motivi illustrati da memoria. Gli intimati non hanno presentato difese, ma hanno coferito procura per la discussione della causa. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denunzia violazione falsa applicazione dell’articolo 844 codice civile nonché degli articoli 3, 4 e 5 del D.P.C.M. 14-11-97 ex art. 360 n. 3 c.p.c. Viene formulato il seguente quesito di diritto dica la Suprema Corte se – in presenza di immissioni rumorose prodotte da traffico veicolare di un’infrastruttura autostradale e impattanti sull’immobile posto nella fascia di rispetto autostradale – desumere il superamento della normale tollerabilità attraverso l’applicazione del criterio cosiddetto comparativo differenziale dei 3 decibel rispetto al rumore di fondo, costituisca violazione e falsa applicazione dell’articolo 844 codice civile, attese le previsioni negli articoli 3, 4 e 5 del D.M.C.P. 14-11-97 e attesa la diversità di una fattispecie del genere rispetto a quelle ove vengono in rilievo sorgenti disturbanti fisse. 2. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha affermato che la mancanza di una specifica normativa applicabile ad un determinato settore, soprattutto quelli in espansione, molto frequente nel nostro ordinamento, è risolta con il ricorso al procedimento analogico che proprio perché gli articoli 2 e 32 della Costituzione individuano il diritto alla sulute quale diritto fondamentale dell’individuo e l’articolo 844 del codice civile disciplina le immissioni anche rumorose nei rapporti tra privati, esprimendo il principio di riferimento della normale tollerabilità, non vi sono ostacoli all’applicabilità del criterio comparativo differenziale per determinare la soglia dell’intollerabilità anche nei rapporti tra i privati ed i concessionari della pubblica amministrazione, che comunque sono tenuti ad osservare gli standards ambientali che perciò l’articolo 844 del codice civile, quale norma che disciplina in generale le immissioni, detta un parametro di riferimento che può essere utilmente applicato analogicamente anche ai rapporti con il concessionario della pubblica amministrazione. 3. La corte di merito ha fatto corretta applicazione delle norme vigenti in materia di immissioni ed a tutela del diritto fondamentale della salute, costituzionalmente protetto. Ha posto in rilievo che la norma dell’articolo 844 codice civile, che prevede come principio guida in materia il criterio della normale tollerabilità delle immissioni, ben si coordina come il cosiddetto criterio comparativo, che assume come punto di riferimento il rumore di fondo della zona e che consiste nel confrontare il livello medio del rumore di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo soggetto alle immissioni, al fine di controllare se sussista un superamento non tollerabile del livello medio di rumore, che viene fissato in tre decibel superiore al rumore di fondo. 4. L’applicazione della suddetta normativa non è condizionata dalla sorgente fissa o meno delle immissioni, attenendo la qualità della sorgente rumorosa all’accertamento della sua normale tollerabilità, che è un accertamento in fatto non più rivalutabile in questa sede di legittimità. 5. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043, 2059, 2697 c.c. Viene formulato il seguente quesito diritto dica la Suprema Corte se in presenza di un accertamento sulla inesistenza di lesione all’integrità psicofisica di coloro che si ritengono danneggiati e in mancanza di denuncia da parte dei medesimi di pregiudizi di tipo esistenziale conseguenti alla lesione di diritti inviolabili alla persona diversa dal diritto alla salute – riconoscere la risarcibilità di un danno non patrimoniale costituisca violazione falsa applicazione degli articoli 2043 e 2059 c.c. posti a fondamento dell’illecito civile extra contrattuale dica inoltre la Suprema Corte se riconoscere la risarcibilità del danno temporaneo alla salute in mancanza di un accertamento giudiziale e in mancanza di allegazione da parte dei richiedenti degli elementi necessari a consentire il ricorso alla prova presuntiva, costituisca violazione falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. che pone a carico del danneggiato l’onere della prova. 6. Il motivo è inammissibile per inidonea formulazione del quesito di diritto in quanto non riporta esattamente la fattispecie concreta oggetto della decisione, non censura adeguatamente la motivazione della Corte di merito, contiene deduzioni di fatto che non risultano accertate nel presente procedimento, non indica le norme erroneamente applicate e quelle effettivamente applicabili nella fattispecie e richiede una nuova valutazione in fatto dell’accertamento del danno operata dalla Corte d’appello, sorretta da motivazione logica non contradditoria conforme alla legge. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente il pagamento delle spese processuali liquidate in euro 6.000,00 oltre euro 200,00 per gli esborsi, spese generali ed accessori come per legge.