Sintomi lievi di malattia al momento della firma non impediscono l’indennizzo al lavoratore inabilitato

In tema di assicurazioni, al momento della stipula contrattuale, il lavoratore deve espressamente indicare le eventuali patologie sofferte. Tuttavia se lo stesso presenti sintomi non univoci e modesti di malattia, senza dichiararli, che in corso d’opera, poi, portino alla dichiarazione di inabilità a lavorare, avrà comunque diritto all’indennizzo spettantegli in forza della polizza stipulata.

E’ stato così affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12838, depositata il 6 giugno 2014. Il caso. Il lavoratore marittimo, dichiarato inabile alla navigazione con decreto della Capitaneria di Porto di Napoli nel ‘96, richiedeva la condanna della compagnia assicurativa, in forza della polizza di inidoneità a navigare , stipulata con la stessa nel 1989. In primo grado, il Tribunale di Genova respingeva la domanda, ritenendo l’inoperatività della polizza assicurativa poiché il sinistro era rappresentato da una malattia manifestatasi e conosciuta dal lavoratore, che l’aveva taciuta, prima della stipulazione. Interposto appello, il Tribunale adito, invece, condannava la compagnia assicuratrice al pagamento dell’indennizzo e degli interessi legali, spettanti al lavoratore sulla base della polizza stipulata. Successivamente, la compagnia adiva la Suprema Corte. Spetta alla compagnia assicurativa provare il fatto impeditivo e estintivo . Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, numero 3, c.p.c., con riferimento all’art. 2697 c.c. onere della prova , dal momento che la Corte d’appello aveva accollato alla convenuta l’onere di dimostrare che la malattia inabilitante fosse nota al lavoratore prima della stipula del contratto di assicurazione, mentre, a giudizio della società, era onere dell’attore fornire la prova contraria. La prova non era stata fornita ed inoltre, dalle stesse dichiarazioni del lavoratore, era emerso che al momento della stipula questi aveva già evidenziato alcuni sintomi della malattia, senza però farne menzione alla compagnia. Questo primo motivo veniva ritenuto infondato dalla Cassazione, accogliendo l’orientamento del giudice di secondo grado, secondo cui il palesarsi di sintomi modesti non implicava la manifestazione della malattia a termini di contratto, richiedendosi per questa la sussistenza di una diagnosi clinica di sintomi inequivocabili. La Corte d’appello non ha quindi violato il principio secondo cui è onere dell’assicurato fornire la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, poiché la prova che la malattia si sia manifestata successivamente alla stipula era stata fornita positivamente dal lavoratore in forza di tutte le risultanze di causa e dall’accertamento medico-legale del ’96, che per la prima volta ne attestava lo stato patologico inabilitante. La Corte ha, quindi, applicato il principio secondo cui, una volta che l’attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda, è onere del convenuto fornire la prova del fatto estintivo o impeditivo. Nel caso di specie, il lavoratore era stato più volte visitato dalle autorità sanitarie legittime e ritenuto, sino al ’95, idoneo alla navigazione, nonostante l’insorgenza di alcuni sintomi. La mancata consapevolezza di malattia non è reticenza. Con il secondo motivo di ricorso, la compagnia assicurativa lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1893 c.c. Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave , poiché la mancata segnalazione dei sintomi da parte del lavoratore al momento della stipula contrattuale, anche se non ascrivibile a dolo o colpa grave, legittimava la compagnia a ridurre proporzionalmente l’indennizzo. La Corte adita ha ritenuto infondato il motivo poiché la norma sopracitata presuppone che l’assicurato abbia reso dichiarazioni inesatte o reticenti. In tal caso la mancata esplicitazione dei sintomi in occasione della stipula del contratto di assicurazione non implicò dichiarazioni inesatte o reticenti, poiché si trattava di sintomi modesti e non univoci, non denotanti alcuna consapevolezza di malattia nel lavoratore. La Suprema Corte non censura la decisione del giudice di secondo grado, che ha attuato il principio per cui, in tema di assicurazioni sulla vita, non può ritenersi reticente l’assicurato che, al momento della stipula del contratto, ometta di segnalare all’assicuratore l’esistenza di sintomi ritenuti dai medici in quel momento ambigui, aspecifici e non allarmanti. Per i suddetti motivi, la Corte rigettava il ricorso, confermando la decisione di secondo grado, e condannava la parte ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 aprile – 6 giugno 2014, numero 12838 Presidente Berruti – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio C.L.M. conveniva avanti al tribunale di Genova la Levante Assicurazioni S.p.A. poi Carige Assicurazioni S.p.A. , chiedendo che la stessa venisse condannata al pagamento dell'indennizzo spettantegli - in forza della polizza di inidoneità a navigare stipulata con la convenuta il 23 febbraio ‘89 - in quanto lavoratore marittimo dichiarato inabile alla navigazione con decreto 29 luglio ‘96 della Capitaneria di Porto di Napoli. Nella costituzione in giudizio della compagnia assicuratrice ed in esito a ctu, interveniva la sentenza 17 luglio 2003 con la quale il tribunale adito respingeva la domanda, ritenendo l'inoperatività della polizza assicurativa poiché il sinistro era nella specie rappresentato da una malattia manifestatasi e conosciuta dal C. , che l'aveva taciuta, prima della stipulazione. Interposto appello, interveniva la sentenza numero 731 dell'11 giugno 2007 con la quale la corte di appello di Genova, in accoglimento del gravame, condannava la compagnia assicuratrice al pagamento a titolo di indennizzo della somma di Euro 51.645,59 oltre interessi legali e rivalutazione annuale. Avverso tale sentenza viene proposto ricorso per cassazione dalla Carige Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A., sulla base di quattro motivi resiste il C. con controricorso. Motivi della decisione p.1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, 1^ co., numero 3 cpc, con riferimento all'articolo 2697 cod.civ. poiché la corte di appello aveva accollato ad essa convenuta l'onere di dimostrare che la malattia inabilitante era nota al C. prima della stipula del contratto di assicurazione, nonostante che fosse onere dell'attore fornire la prova della circostanza contraria. Tale prova non soltanto non era stata fornita, ma risultava dalle dichiarazioni dell'attore e dalla ctu disposta in primo grado che, al momento della stipula, il C. aveva già evidenziato taluni sintomi della malattia da lui riferiti in occasione di due ricoveri ospedalieri , senza peraltro farne menzione alla compagnia assicuratrice. p.1.2 Il motivo è infondato perché la corte di appello, dopo aver interpretato con ragionamento non censurato la clausola numero 6 del contratto di assicurazione nel senso che la copertura assicurativa operasse esclusivamente in caso di invalidità permanente derivante da malattia manifestatasi dopo la stipulazione della polizza sent. pagg. 9-10 , ha ritenuto che il palesarsi, prima di tale momento, di sintomi modesti e non univoci non implicasse vera e propria manifestazione della malattia” a termini di contratto richiedendosi, per quest'ultima, la sussistenza di una diagnosi clinica o, quantomeno, di sintomi inequivocabili. Su tale premessa, la corte territoriale non ha violato il principio - desumibile dall'articolo 2697 cod.civ. - secondo cui è onere dell'assicurato fornire la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto e, tra questi, del fatto che la malattia si sia manifestata successivamente alla stipula, ma ha ritenuto che tale prova fosse dal C. stata positivamente fornita in forza di tutte le risultanze di causa e, non ultimo, dell'accertamento medico-legale del '96 che per la prima volta ne attestava lo stato patologico qui rilevante - in tale situazione, fosse onere della società convenuta provare che i sintomi già riportati dal C. prima della stipulazione fossero univoco e noto indice rivelatore della preesistenza di tale stato patologico. Così facendo, la corte territoriale ha applicato il principio per cui, una volta che l'attore abbia fornito la prova dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda, è onere del convenuto fornire la prova del fatto estintivo o impeditivo Cass. 5192/98 8164/00 ed altre . Valutando nel merito i risvolti fattuali della vicenda ed operando il bilanciamento delle emergenze probatorie acquisite, la corte territoriale ha poi ritenuto che tale onere fosse rimasto insoddisfatto sent. pag. 15 per la inconcludenza degli elementi di segno contrario addotti a tal fine dalla compagnia assicuratrice posto che - il C. era stato più volte visitato dalle autorità sanitarie marittime e ritenuto, fino al ‘95, idoneo alla navigazione, pur dopo l'insorgenza di quei sintomi - la malattia in questione, ancorché ereditaria, aveva colpito soltanto uno dei quattro fratelli dell'assicurato - lo stesso ctu in primo grado aveva rilevato come i sintomi pregressi fossero inizialmente modesti e non rivelatori della patologia invalidante. Esclusa pertanto la dedotta violazione normativa sotto il profilo della corretta distribuzione dell'onere probatorio, la censura si risolve nel suscitare una diversa valutazione di merito di questi elementi della fattispecie, qui inammissibile. p.2.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 1893 codice civile, poiché la mancata segnalazione dei sintomi da parte del C. al momento della stipula contrattuale, quand'anche non fosse ascrivibile a dolo o colpa grave, legittimava purtuttavia la compagnia assicuratrice a ridurre proporzionalmente l'indennizzo, come stabilito dalla norma menzionata. p.2.2 Il motivo è infondato perché l'articolo 1893 cod.civ. presuppone che l'assicurato abbia reso dichiarazioni inesatte o reticenti. Ciò è esattamente quanto la corte di appello - in esito ad una determinata e non sindacabile ricostruzione probatoria della vicenda, come testé riassunta § 1.2 - ha qui escluso. Da quanto argomentato dalla corte territoriale, infatti, si desume logicamente che la mancata esplicitazione dei sintomi in occasione della stipula del contratto di assicurazione non implicò dichiarazione inesatta o reticente, proprio perché si trattava di sintomi modesti e non univoci comunque non denotanti alcuna consapevolezza di malattia nel C. in ciò confortato dalle valutazioni dei sanitari che periodicamente l'avevano sottoposto a controllo medico, reputandolo ogni volta idoneo alla navigazione . Quanto ritenuto dalla corte territoriale attua il principio per cui, in tema di assicurazione sulla vita, non può ritenersi reticente l'assicurato che, al momento della stipula del contratto, ometta di segnalare all'assicuratore l'esistenza di sintomi ritenuti dei medici in quel momento ambigui, aspecifici e comunque non allarmanti. A nulla rilevando che successivamente emerga che quei sintomi erano invece determinati da una grave malattia non ancora palesatasi né facilmente accertabile al momento della stipula del contratto Cass. numero 13604 del 21/06/2011 . p.3.1 Nel terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 342 c.p.c., atteso che la corte di appello aveva dato ingresso a doglianze generiche integranti unicamente una cieca e confusa critica alle conclusioni del ctu in primo grado . Si formula, ex articolo 366 bis cod.proc.civ. qui applicabile ratione temporis , il seguente quesito di diritto se la corte di merito, nel ritenere implicitamente ammissibile l'atto di appello nonostante la mancanza di richiami alla motivazione della sentenza impugnata, abbia violato il disposto dell'articolo 342 c.p.c. determinando, sul punto, la illegittimità della statuizione . p.3.2 Si tratta di censura inammissibile, poiché il quesito di diritto che la riassume è assai più generico ed astratto dei motivi di appello che vuoi criticare. Esso non specifica infatti in alcun modo perché i motivi di appello del C. - che non vengono riportati – dovessero ritenersi generici ex articolo 342 epe in rapporto alla sentenza di primo grado. Tale specificazione doveva reputarsi tanto più necessaria, in quanto dalla ricostruzione delle doglianze operata dalla corte di appello sent. pagg. 5-6/8-9 si evince - al contrario - la formulazione da parte del C. di due motivi di gravame adeguatamente mirati sugli elementi portanti della motivazione reiettiva del tribunale rispettivamente concernenti la mancata pregressa consapevolezza da parte sua dello stato di malattia e, comunque, l'irrilevanza di tale circostanza ai sensi di contratto doglianza, quest'ultima, disattesa . Non trova dunque riscontro agli atti - né quest'ultimo viene altrimenti fornito dalla parte ricorrente - quanto apoditticamente assunto nel quesito, e cioè che i motivi di appello fossero mancanti di richiami alla motivazione della sentenza impugnata”. Il quesito, inoltre, non deduce che l'asserita genericità dei motivi abbia in concreto comportato violazione in appello dei principi del contraddittorio e di devoluzione né tale violazione risulta essere stata proposta avanti alla corte territoriale, alla quale la compagnia assicuratrice chiese di rigettare, non già di dichiarare inammissibile, l'appello . Su tali presupposti, non può che farsi applicazione dell'orientamento consolidato di legittimità tra le tante Cass., sez. unumero , 5 febbraio 2008, numero 2658 Cass. 17 luglio 2008, numero 19769 Cass. 30 settembre 2008, numero 24339 Cass. 25 marzo 2009, numero 7197 Cass. 8 novembre 2010, numero 22704 Cass. 19 novembre 13 numero 25903 secondo cui il quesito di cui all'articolo 366 bis cit. dovendo costituire un momento di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio generale - non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, dovendo invece presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta. Esso deve in altri termini raccordare la prima alla seconda, ed entrambe alla decisione impugnata di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto. Deve pertanto ritenersi inammissibile il motivo che si riassuma in quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sugli elementi tipizzanti della fattispecie concreta. p.4.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione dell'articolo 1224 codice civile, nonché omessa motivazione su un punto controverso del giudizio relativo all'applicazione di tale norma, dal momento che la corte territoriale aveva riconosciuto al C. , oltre agli interessi legali, anche la rivalutazione annuale nonostante che si vertesse di debito di valuta e non di valore, e che l'attore non avesse fornito prova alcuna di maggior danno ex articolo 1224 2^ co.cpc. p.4.2 Il motivo è infondato, dal momento che la decisione della corte di appello si è esattamente basata sul riconoscimento della natura di valore” e non di valuta” attribuibile al debito indennitario della compagnia assicuratrice in quanto volto a reintegrare il pregiudizio subito dall'assicurato per effetto della patologia inabilitante alla navigazione da lui contratta. Ne consegue che tale debito è suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria Cass. numero 395 del 11/01/2007 Cass. numero 3268 del 12/02/2008 ed altre . Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20 luglio 2012 numero 140. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale oltre accessori di legge.