Deputato siciliano sospeso dall’incarico, esclusa indennità

Ai deputati della Regione Sicilia che siano stati sospesi dall’incarico a causa della commissione di gravi reati, e poi assolti con sentenza passata in giudicato, non verranno corrisposte le indennità previste dall’art. 97, T.U. del pubblico impiego, mancando i presupposti affinché si possa ricorrere all’interpretazione analogica, costituiti dalla mancanza di una norma specifica e dalla presenza di elementi di identità tra le specie da regolare.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 8278 del 9 aprile 2014. Il fatto. Un uomo era stato sospeso dalla carica di onorevole per la commissione di reati ex art. 15 l. n. 55/1990, successivamente veniva reintegrato nello status di deputato regionale e veniva assolto dai reati contestati. Pertanto conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Assemblea regionale siciliana, chiedendo la condanna di quest’ultima alla corresponsione dell’indennità e delle connesse spese oltre alla ricostruzione previdenziale e al versamento dei relativi contributi, per il periodo di sospensione della carica. Il Tribunale di Palermo rigettava la domanda, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche in appello la decisione veniva confermata, pertanto l’onorevole ricorreva per cassazione. Il deputato chiede l’assegno. Il ricorrente sosteneva che secondo la disciplina ex art. 97, T.U. dei dipendenti pubblici, doveva essergli corrisposto un assegno alimentare non superiore alla metà dello stipendio durante la sospensione e in caso di sospensione revocata, avrebbero dovuto corrispondergli gli assegni non percepiti, con esclusione delle indennità per servizi e funzioni speciali e salva la deduzione per l’assegno alimentare. In sostanza richiedeva l’applicazione analogica della norma che prevedeva tali indennità per i pubblici dipendenti. L’analogia va esclusa. Per il Collegio il motivo è da rigettarsi, in quanto l’applicazione analogica richiesta non può trovare accoglimento. Difatti per le peculiarità legate alla autonomina speciale di cui gode la Regione siciliana, non sussistono i presupposti per l’estensione analogica alla specie in argomento, delle disposizioni previste per il pubblico impiego. Difatti i giudici di legittimità applicano al caso di specie il seguente principio l’art. 97 del T.u. del pubblico impiego del 1957 n. 3 – secondo il quale al dipendente sospeso in collegamento ad un procedimento penale, poi assolto con sentenza passata in giudicato, spetta un assegno alimentare non superiore alla metà dello stipendio durante la sospensione e quando la sospensione è revocata ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, con esclusione delle indennità per servizi e funzioni speciali e salva la deduzione dell’assegno alimentare – non è suscettibile di interpretazione analogica rispetto ai deputati della Regione siciliana che, sospesi ai sensi dell’art. 15 l. n. 55/1990, siano stati poi assolti con sentenza passata in giudicato, mancando i presupposti affinché si possa ricorrere all’interpretazione analogica, costituiti dalla mancanza di una norma specifica e dalla presenza di elementi di identità tra le specie da regolare .Alla luce di tale principio il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 febbraio – 9 aprile 2014, n. 8278 Presidente Berruti – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. L'On. C.A.D.S. , eletto nel all'Assemblea regionale siciliana, fu sospeso dalla carica con dPCM del 28 dicembre 1995, di accertamento della sospensione di diritto dalla carica, ai sensi dell'art. 15 della L. n. 55 del 1990, commi 4 bis e 4 ter, essendo stato condannato con sentenza penale non definitiva, in data 5 dicembre 1995, per la commissione di uno dei reati individuati dal suddetto art. 15. In data omissis fu reintegrato nello status di deputato regionale, con decreto del Presidente dell'Assemblea regionale del 15 maggio 1996, essendo stato sospeso dal Consiglio di Stato il decreto di sospensione. Successivamente, fu assolto con sentenza definitiva del 20 dicembre 2002. Nel 2003, convenne in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Assemblea regionale siciliana, chiedendo la condanna di quest'ultima alla corresponsione dell'indennità e delle connesse spese quantificate , oltre alla ricostruzione previdenziale e il versamento dei relativi contributi, per il periodo di sospensione dalla carica dal omissis . Il Tribunale di Palermo, dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, rigettò la domanda. La Corte di appello di Palermo rigettò l'impugnazione sentenza del 15 giugno 2010 . 2. Avverso la suddetta sentenza il soccombente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. La Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Assemblea regionale siciliana resistono, con unico controricorso. Motivi della decisione 1. La Corte di merito ha confermato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, per aver adottato un atto ricognitivo e comunque per non essere dirette nei suoi confronti le domande dell'attore. Quindi, rispetto alle domande rivolte nei confronti dell'Assemblea regionale siciliana, ha ritenuto - che, correttamente il Tribunale aveva escluso il diritto dell'On. C. alla restituzione delle somme a titolo di indennità, prima ricevute e poi ripetute dall'Assemblea regionale per il periodo dal 5 al 28 dicembre nel quale, dopo la sentenza di condanna penale e prima dell'emanazione del decreto della Presidenza del consiglio dei ministri, aveva svolto le funzioni, atteso che - operando la sospensione di diritto - nessuna indennità poteva spettare nonostante lo svolgimento delle funzioni - che, correttamente era stata negata la corresponsione dell'indennità, sulla base delle seguenti argomentazioni - l'On. C. non poteva dolersi di non essere stato reintegrato nella carica con effetti giuridici ed economici, dalla data della sospensione e sino alla cessazione della stessa per effetto del provvedimento cautelare del Consiglio di Stato atteso che ai sensi della legge comma 4 quater la sospensione avrebbe dovuto cessare solo con la sentenza di assoluzione del 2002 - che, correttamente il Tribunale non aveva applicato analogicamente la disposizione prevista art. 97 del TU del pubblico impiego n. 3 del 1957 per i pubblici dipendenti, stante la differenza tra retribuzione dei dipendenti pubblici e indennità di carica per le funzioni elettive. 2. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 15, commi 4 bis, ter e quater della L. n. 55 del 1990. Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittima la ripetizione delle somme già percepite dall'Onorevole, per il breve periodo tra la sentenza di condanna non definitiva e il decreto di accertamento della sospensione, durante il quale aveva svolto le funzioni di deputato regionale. Si sostiene che, non individuando le norme in argomento il momento in cui deve operare la sospensione di diritto e dovendo questo essere individuato dall'interprete, secondo quanto ritenuto dalla Corte di legittimità in diversa fattispecie, la sospensione di diritto dalla carica di consigliere regionale a seguito di sentenza di condanna non definitiva per il reato di cui all'art. 314, primo comma, cod. pen. art. 15, comma quarto - bis, legge n. 55 del 1990 , diviene efficace nei confronti del destinatario a seguito della delibera adottata dal Consiglio regionale, successivamente alla notifica del provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri che accerta la sospensione Cass. 12 novembre 2003, n. 17020 con la conseguenza che sino a quella data il deputato deve percepire tutte le indennità. 2.1. Il motivo va rigettato. Correttamente la Corte di merito ha escluso l'indennità per il periodo in argomento, sulla base della operatività della sospensione di diritto, dal momento della sentenza di condanna. 2.2. La legge - art. 15 della legge n. 55 del 1990, come ulteriormente modificato dall'art. 2, della legge 12 gennaio 1994, n. 30, nel testo applicabile ratione temporis alla specie in esame - prevede, nell'ipotesi di condanna non definitiva per uno dei delitti previsti dal comma 1, la sospensione di diritto dalla carica comma 4 bis quindi comma 4 ter regola la procedura per l'accertamento della sospensione che, nel caso della Regione siciliana, si sostanzia nella comunicazione del Commissario dello Stato al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ”adotta il provvedimento che accerta la sospensione?”, quindi, il consiglio regionale adotta i conseguenti adempimenti di legge. Le procedure, ancorché complesse, attraverso le quali si perviene alla sospensione dalla carica, non possono avere altra natura che quella di atto meramente dichiarativo e ricognitivo della situazione già determinatasi, privo di qualsiasi elemento di carattere valutativo e discrezionale. Si tratta, infatti, di cause di ineleggibilità, benché qualificate come non candidabilità, che il legislatore ha ritenuto di configurare in relazione al fatto di aver subito condanne o misure di prevenzione per determinati delitti di particolare gravità. Come è confermato dal rilievo che, ai sensi del quarto comma, l'elezione di coloro che versano nelle indicate condizioni è nulla e, dall'altro, dalla considerazione che la sopravvenienza del fatto da luogo a conseguenze automatiche e necessarie, quali vanno considerate, sia la decadenza di diritto a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di cui al comma 4 quinquies, sia l'istituto - di nostro interesse - della sospensione cfr. Corte Cost. n. 407 del 1992 . 2.3. Non pertinente è, quindi, la decisione Cass. 12 novembre 2003, n. 17020 invocata dal ricorrente, secondo la quale la sospensione di diritto dalla carica di consigliere regionale a seguito di sentenza di condanna non definitiva per il reato di cui all'art. 314, primo comma, cod. pen. art. 15, comma quarto - bis, legge n. 55 del 1990 , diviene efficace nei confronti del destinatario a seguito della delibera adottata dal Consiglio regionale, successivamente alla notifica del provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri che accerta la sospensione. Infatti, la decisione aveva per oggetto l'azione dell'interessato volta a contestare i presupposti della sospensione, mediante impugnazione della succitata delibera e il momento della decorrenza dei trenta giorni a disposizione del destinatario. 3. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione delle stesse disposizioni, ma sotto un profilo diverso e più generale, ai fini del riconoscimento dell'indennità e delle connesse spese quantificate , oltre che della ricostruzione previdenziale e il versamento dei relativi contributi, per il periodo di sospensione dalla carica, per l'ipotesi che, come nella specie, il consigliere sia stato assolto con sentenza passata in giudicato. A tal fine, sostiene - a che l'applicazione della disciplina prevista per i dipendenti pubblici dagli artt. 97 e 82 del T.U. del 1957 n. 3 - secondo la quale al dipendente sospeso in collegamento a procedimento penale, e poi assolto, spetta un assegno alimentare non superiore alla metà dello stipendio durante la sospensione e, quando la sospensione è revocata, ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, con esclusione delle indennità per servizi e funzioni speciali e salva la deduzione dell'assegno alimentare - non è invocata sulla base della analogia, attesa la pacifica differenza tra natura indennitaria e retributiva, ma sulla base della medesima ratio, sussistendo anche nel caso del deputato regionale l'esigenza di reintegrare la posizione economica di chi ha visto interrotto il proprio servizio pubblico per ragioni, poi rivelatosi, non a lui imputabili, secondo una linea di tendenza legislativa volta a tenere indenni i dipendenti e amministratori pubblici incolpevoli dalle conseguenze economiche negative derivanti dalla sottoposizione a giudizio per ragioni inerenti l'ufficio l.r. n. 145 del 1980, relativa al rimborso delle spese legali per i dipendenti, estesa agli amministratori dalla l.r. n. 30 del 2000, art. 24 -b che l'estensione del suddetto principio è in qualche modo suggerito” dallo stesso art. 15, comma 4 quater in argomento, secondo il quale per la durata della sospensione spetta al consigliere regionale, sebbene sospeso, un assegno pari all'indennità di carica ridotta di una percentuale fissata dalla legge regionale, il quale, nel prevedere un assegno analogo a quello previsto per i dipendenti dal t.u. scollega” il diritto all'indennità dallo svolgimento effettivo della funzione, reinserendolo nella logica della reintegrazione economica per danni subiti nell'esercizio delle funzioni pubbliche - c che l'ipotesi di specie, in cui il deputato non ha potuto svolgere la propria funzione per fatto a lui non addebitabile, è diversa da quella esaminata dalla Corte di legittimità Cass. 15 aprile 2005, n. 7921 , nella quale si è negato il diritto all'indennità, ritenendola collegata alla svolgimento della funzioni, per il periodo in cui non aveva potuto essere nominato consigliere regionale per effetto di un illegittimo ritardo nella proclamazione degli eletti da parte dell'ufficio elettorale ipotesi nella quale si era riconosciuta l'astratta possibilità di agire per il risarcimento del danno - d che se si ammette il risarcimento del danno corrispondente al mancato godimento del compenso per il caso di funzionario onorario illegittimamente revocato Cass. n. 60 del 1994 , a maggior ragione si deve ritenere sussistente il diritto alla reintegrazione patrimoniale del deputato sospeso per effetto di sentenza penale e poi assolto, che non ha la possibilità di agire per il risarcimento essendo legittima la sospensione dall'incarico - e che il Consiglio di Stato, nel rendere il parere richiesto dalla regione Molise n. 159 del 2000 ha ritenuto il diritto del consigliere regionale reintegrato a percepire, a titolo di indennità di carica arretrata, la differenza tra l'indennità di carica - esclusi i compensi legati alla effettiva attività - e l'assegno alimentare eventualmente percepito sulla base della legge regionale, con ulteriori effetti, nei limiti della normativa regionale in materia, sul trattamento di quiescenza tanto in considerazione della riespansione dello status dell'interessato” per intervenuta revoca di diritto della sospensione, anche con effetti retroattivi, essendo lo status rimasto in quiescenza - che ad abundantiam , il regolamento di previdenza per i deputati dell'Assemblea Regionale siciliana punto VI delle disposizioni finali, non meglio identificato temporalmente prevede, per il caso di assoluzione, la sola indennità parlamentare per il periodo di sospensione e la validità del periodo a tutti gli effetti, previo versamento dei contributi. 3.1. Il motivo va rigettato. Il ricorrente chiede l'applicazione, al deputato dell'Assemblea Regionale siciliana, sospeso di diritto ai sensi dell'art. 15 cit. e poi assolto con sentenza passata in giudicato, e per il periodo della effettiva sospensione cessata prima della sentenza , dell'art. 97 del T.U. del pubblico impiego, secondo il quale l'impiegato che si sia trovato in analoga situazione ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario e salva deduzione dell'assegno alimentare eventualmente corrisposto”. Sulla base delle argomentazioni poste a sostegno cfr. p. 3 può dirsi che, pur non invocando l'applicazione analogica, atteso che assume come presupposto la diversità di funzione tra indennità per carica pubblica elettiva e retribuzione per lavoro dipendente, invoca, in realtà, una applicazione analogica particolare, fondata sulla identità di ratio, individuata nella funzione riparatoria/risarcitoria che la reintegrazione economica avrebbe rispetto a chi, funzionario pubblico elettivo o dipendente pubblico, si sarebbe trovato incolpevolmente, ex post, nella impossibilità di svolgere la funzione e di percepire il compenso indennità o retribuzione funzione riparatoria/risarcitoria a tutela del funzionario pubblico, che accomunerebbe tutti i funzionali pubblici prescindendo dalle differenze, in mancanza di azione di risarcimento stante la liceità della sospensione. Poi, asseritamente ad abundatiam , fa presente che per i deputati dell'Assemblea regionale siciliana il regolamento di previdenza prevede, per il caso di assoluzione, la sola indennità parlamentare per il periodo di sospensione e la validità del periodo a tutti gli effetti, previo versamento dei contributi. In generale, deve dirsi che non viene in rilievo la dibattuta questione in ordine alla natura, se indennitaria o retribuiva o mista, del compenso dei funzionari pubblici elettivi, perché il ricorrente ne assume la natura indennitaria contrapposta alla natura retributiva del compenso dei dipendenti pubblici. 3.2. L'applicazione analogica richiesta non può trovare accoglimento sulla base di due argomentazioni, ciascuna idonea ad escluderla. Da un lato, l'assenza di un presupposto essenziale per l'interpretazione analogica, costituito dalla mancanza di una normativa specifica, applicabile alla specie. Dall'altro, l'inconciliabilità con i limiti propri dell'interpretazione analogica, che deve muoversi sulla traccia indicata dallo stesso legislatore, di una prospettiva interpretativa che presuppone la differenza tra le specie da regolare e individua una ratio autonoma della norma di cui si chiede l'estensione, idonea a riguardare specie diverse. 3.2.1. Rimanendo entro i limiti della questione all'attenzione della Corte, va detto che la materia è disciplinata dal legislatore. La stessa legge n. 55 del 1990, nella formulazione cit., applicabile ratione temporis, prevede, all'art. 15, comma 4 ter, ultimo periodo, che per la durata della sospensione al consigliere regionale spetta un assegno pari all'indennità di carica, ridotta di una percentuale fissata con legge regionale”. La legge della Regione Sicilia n. 20 del 1994, all'art. 1, prevede che Ai membri dell'Assemblea regionale siciliana sospesi dalla carica ai sensi del comma 4 ter dell'art. 15 della legge n. 55 del 1990 .., spetta con decorrenza dalla data della sospensione, un assegno pari all'indennità di carica ridotta di una percentuale stabilita dal Consiglio di Presidenza dell’Assemblea”. Peraltro, nell'ambito delle attribuzioni speciali della Regione, pur mancando un esplicito riferimento nello Statuto, la competenza in materia del Consiglio di Presidenza, trova conferma nell'art. 1 della legge regionale n. 44 del 1965, secondo il quale il Consiglio di Presidenza dell'Assemblea regionale siciliana stabilisce l'indennità e la diaria spettante ai membri dell'Assemblea. D'altra parte, lo stesso ricorrente ammette, anche se non indica la data della delibera, che il regolamento di previdenza della Regione siciliana prevede, per il caso di assoluzione, la sola indennità parlamentare per il periodo di sospensione e la validità del periodo a tutti gli effetti, previo versamento dei contributi. Si deve solo aggiungere che tanto trova conferma nel Regolamento delle pensioni dei deputati , approvato dal Consiglio di Presidenza nella seduta n. 38 del 28 febbraio 2012, e in vigore dal 1 gennaio 2012, dove, all'art. 15, si disciplina proprio l'ipotesi della successiva assoluzione, prevedendo, per il periodo di sospensione, la sola indennità parlamentare con esclusione di qualsiasi altro compenso, diaria o rimborso accessorio, detratto l'assegno previsto dalla legge regionale n. 20 del 1994 e si regolamenta, inoltre, anche il regime previdenziale. Di conseguenza, in presenza di una normativa specifica, peraltro prevista anche dall'ordinamento regionale e con peculiarità legate alta autonomia speciale di cui gode la Regione siciliana, non sussistono i presupposti che l'art. 12, secondo comma, delle preleggi, richiede per l'estensione analogica alla specie in argomento dell'art. 97 del T.U. del pubblico impiego. 3.2.2. Lo strumento dell'interpretazione analogica è previsto dall'art. 12 delle preleggi per l'ipotesi che manchi nel sistema una norma specifica diretta a regolare la specie. Quale strumento volto all'integrazione della norma giuridica, più che alla sua interpretazione, è legittimato dalla presunzione che, se il legislatore avesse preveduto il caso, lo avrebbe, con estrema probabilità, risolto a somiglianza di come ha risolto i casi previsti ed espressamente regolati, con la conseguenza che l'interprete può e deve muoversi solo sulla traccia indicata dallo stesso legislatore. In questa prospettiva, è essenziale il ricorso ad una norma relativa a casi simili a quello da regolare, il quale può avere elementi di diversità, ma deve avere soprattutto elementi di identità per trarre da esso, con un procedimento interpretativo, la norma specifica che occorra a regolare il caso non espressamente previsto. Procedimento interpretativo, quello richiesto dall'art. 12 cit, all'evidenza inconciliabile con la prospettiva della diversità tra indennità di funzione e retribuzione, assunta dal ricorrente, e con la evocazione di una ratio ripararatoria, comune nella diversità. Prospettiva, che impinge direttamente nella discrezionalità legislativa mediante la richiesta di un intervento che non è interpretativo, ma additivo, senza che, per richiamare una terminologia propria del Giudice delle leggi, vi siano rime obbligate poste dal legislatore entro cui muoversi. 3.2.3. Né a diversa conclusione può condurre il richiamo del ricorrente alla linea di tendenza legislativa, attuato mediante il riferimento a leggi speciali o a principi totalmente diversi per presupposti o ambito di applicabilità, che certo non è idoneo ad integrare l'ulteriore criterio dell'art. 12 delle preleggi, costituito dai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato ovvero il richiamo a un parere reso dal Consiglio di Stato rispetto ad altra Regione, che, peraltro, non estende analogicamente l'art. 97 in argomento. 4. In conclusione, il ricorso è rigettato sulla base del seguente principio di diritto L'art. 97 del T.U. del pubblico impiego del 1957 n. 3 - secondo il quale al dipendente sospeso in collegamento a un procedimento penale, poi assolto con sentenza passata in giudicato, spetta un assegno alimentare non superiore alla metà dello stipendio durante la sospensione e quando la sospensione è revocata ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, con esclusione delle indennità per servizi e funzioni speciali e salva la deduzione dell'assegno alimentare - non è suscettibile di interpretazione analogica rispetto ai deputati della Regione siciliana che, sospesi ai sensi dell'art. 15 della legge n. 55 del 1990, come modificato dall'art. 2, della legge 12 gennaio 1994, n. 30, nel testo applicabile ratione temporis alla specie in esame, siano stati poi assolti con sentenza passata in giudicato, mancando i presupposti affinché si possa ricorrere all'interpretazione analogica, costituiti dalla mancanza di una norma specifica e dalla presenza elementi di identità tra le specie da regolare”. 5. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.000,00, per onorari, oltre spese prenotate a debito.