Il passeggero non usa le cinture di sicurezza, ciò basta a causare il sinistro? La prova spetta al danneggiante

In tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227, 1 comma, c.c. – applicabile per l’espresso richiamo di cui all’art. 2056 c.c. anche nel campo della responsabilità extracontrattuale – la prova che il danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l’ordinaria diligenza, deve essere fornita dal danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore.

Tale principio viene affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 7777, depositata il 3 aprile 2014. In particolare, la predetta sentenza afferma che quando il danneggiato, nella specie terzo trasportato, abbia offerto prova del danno e della sua derivazione causale dall’illecito, costituisce onere probatorio del danneggiante dimostrare che il danno, pur se in parte, sia stato prodotto anche dal comportamento del danneggiato ovvero sia stato ulteriormente aggravato da quest’ultimo. Il fatto. La controversia trae origine dalla domanda - spiegata dal proprietario di un’autovettura nei confronti di altro conducente per aver, quest’ultimo, determinato per sua colpa esclusiva a seguito di un incidente, danni patrimoniali - volta ad ottenere dal Giudice di Pace territorialmente competente, l’integrale ristoro degli stessi. Con comparsa di intervento volontario si costituivano in giudizio e il conducente e il suo passeggero chiedendo, previo rigetto della domanda, la condanna dell’attore a risarcire in loro favore rispettivamente i danni riportati al veicolo, nonché le lesioni patite dal terzo trasportato. Il Giudice, previo accertamento dell’esclusiva responsabilità in capo al conducente, intervenuto volontario, accoglieva integralmente la domanda attrice con il rigetto di tutte le altre domande proposte nel giudizio. Seguiva appello degli intervenuti volontari a seguito del quale il Tribunale confermava il rigetto della domanda di risarcimento del danno proposta dall’appellante, terzo trasportato. Veniva, infine, proposto ricorso per Cassazione. Grava sul danneggiante provare l’esistenza di un apporto causale nel comportamento colposo del danneggiato. Nelle specie, il Tribunale, in funzione di Giudice Unico, aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta in appello dal passeggero, terzo trasportato, sul rilievo del mancato accertamento, in primo grado, dell’incidenza causale del mancato uso delle cinture da parte dello stesso durante l’occorso incidente. Il Giudice di Appello, infatti, investito della questione, avrebbe dovuto accertare sulla base delle prove esistenti, se il mancato uso delle cinture aveva, di fatto, contribuito alla determinazione del danno e, conseguentemente, in caso affermativo, determinarne l’entità. Sulla scorta di tali osservazioni gli Ermellini sottolineano che in mancanza di elementi volti ad accertare l’esistenza di un apporto causale ad opera del comportamento colposo del danneggiato, ovviamente non rimane che considerare la sola incidenza causale del comportamento del danneggiante, atteso che – a norma dell’art. 2054 cod. civ. - nella specie, la posizione del passeggero è assistita dalla presunzione di colpa nella causazione dell’evento dannoso a carico del conducente con la conseguenza che solo quest’ultimo va condannato al risarcimento. A contrario, il rigetto della domanda anche nei confronti del passeggero avrebbe richiesto l’allegazione di fatti volti a provare come il suo comportamento colposo era stato di una efficienza causale esclusiva tale da interrompere il nesso causale tra la condotta colposa del conducente del veicolo e l’evento dannoso. I giudici di legittimità osservano, inoltre che, una volta accertato il concorso degli apporti causali tra le condotte del conducente e del terzo trasportato nell’eziologia dell’evento dannoso, al fine di determinare - in termini di quantum - , la riduzione del risarcimento del danno in materia di responsabilità extracontrattuale occorre, ai sensi dell’art. 1227, co. 1 c. c., fare riferimento e alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Concludendo. In particolare, con riguardo al primo elemento esso deve essere rapportato alla misura della diligenza violata e, solo se non sia possibile provare le diverse entità degli apporti causali tra danneggiante e danneggiato nella realizzazione dell’evento dannoso il giudice potrà avvalersi del principio generale di cui all’art. 2055, ultimo comma c. c. ossia della presunzione di pari concorso di colpa, dovendo di conseguenza, rimanere esclusa la possibilità di far ricorso al criterio equitativo di cui all’art. 1226 c. c. cui l’art. 2056 c. c. fa espresso rinvio. Com’è noto, tale criterio, può essere applicato esclusivamente in sede di liquidazione del danno, non già per la determinazione delle singole colpe.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 febbraio – 3 aprile 2014, n. 7777 Presidente Segreto – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione del 4 dicembre 2002 M.F.A. , in qualità di proprietario di un'autovettura Alfa Romeo 156, convenne innanzi al Tribunale di Locri, G.G. , la R + V Allgemeine Vers. A. G., e l'UCI - Ufficio Centrale Italiano, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni riportati dalla sua autovettura a seguito dell'incidente verificatosi il omissis del quale, a suo avviso, doveva ritenersi unico responsabile lo stesso G. . Espose l'attore che, mentre stava percorrendo la strada statale 106, improvvisamente si era vista visto? ostruita la propria carreggiata da un'autovettura Volkswagen Golf condotta da G.G. ed assicurata con la R + V Allgemeine Vers. A. G 2. Con comparsa depositata il 28 gennaio 2003 si costituì l'Ufficio Centrale Italiano che contestò sia la dinamica del sinistro, evidenziando come dagli accertamenti effettuati dagli agenti della polizia stradale di Brancaleone risultava che al M. era stata contestata la violazione dell'art. 141/3 del CdS per aver circolato in ore notturne ad una velocità non idonea a garantire il controllo del proprio mezzo sia la quantificazione del danno determinata dal M. in base alle fatture commerciali prodotte agli atti di causa. Tanto premesso, l'Ufficio Centrale Italiano chiese, in via principale, il rigetto della domanda in via subordinata, il riconoscimento della responsabilità concorrente del M. e del G. nella determinazione del sinistro de quo. 3. Con comparsa di intervento volontario del 27 marzo 2003 si costituirono G.F. e G.G. , i quali chiesero il rigetto della domanda, in quanto del tutto infondata, evidenziando l'esclusiva responsabilità dell'incidente occorso in capo al M. . Essi chiesero la condanna di parte attrice a risarcire, in favore di G.G. , i danni causati alla Volkswagen Golf ed in favore del terzo trasportato, G.F. , i danni per le lesioni personali dallo stesso riportate. 4. Con ordinanza del 22 settembre 2003, il Giudice di Pace di Bianco autorizzò la chiamata in causa della Nuova Maa Assicurazioni s.p.a Quest'ultima chiese, in via principale, l'accertamento dell'esclusiva responsabilità di G.G. in via subordinata, il riconoscimento di un concorso di colpa del M. e dello stesso G. , oltre alla condanna delle spese di lite. 5. Con atto di intervento volontario del 12 gennaio 2004 intervenne nel giudizio la Milano Assicurazioni - Divisione Nuova Maa s.p.a., la quale - premettendo che la Milano Assicurazioni s.p.a. aveva incorporato la Nuova Maa Assicurazioni s.p.a. - fece proprie tutte le domande ed eccezioni formulate nella comparsa di risposta, negli scritti difensivi e nei verbali di causa della Nuova Maa Assicurazioni s.p.a 6. Nessuno si costituì per la R + V Allgemeine Vers. A. G., che fu dichiarata contumace. 7. Il giudice di pace di Bianco, con sentenza depositata il 20 settembre 2004 n. 673, accolse la domanda attrice, dichiarando l'esclusiva responsabilità per l'incidente occorso in capo a G.G. rigettò la domanda proposta dal convenuto G.G. e la domanda proposta dal terzo intervenuto G.F. . Indi, condannò l'U.C.I. in solido con G.G. , al pagamento in favore del M. della somma di Euro 9.174,56, a titolo di danni all'autovettura Alfa Romea 156, oltre le spese di lite. 8. Con atto di citazione in appello del 3 marzo 2005, G.G. e G.F. chiesero la riforma dell'impugnata sentenza. 9. Con comparsa di costituzione e risposta del 19 maggio 2005, si costituì la Milano Assicurazioni s.p.a. - Divisione Nuova Maa la quale chiese il rigetto dell'appello proposto. 10. Con comparsa di costituzione e risposta del 7 giugno 2005, si costituì M.F.A. , chiedendo il rigetto dell'appello proposto. 11. Si costituì altresì l'Ufficio Centrale Italiano. 12. Il Giudice Unico del Tribunale di Locri, con sentenza n. 614/2007, ai fini che qui interessano, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale del passeggero G.F. poiché, pur essendo certo che non indossava le cinture, non era stato accertato in primo grado, se tale mancato uso aveva concorso a provocare il danno. 13. Propone ricorso per cassazione G.F. con un unico motivo assistito da memoria. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 14. Con l'unico motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 112, 115, 196 c.p.comma e 1227, 2697 c.comma in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 motivazione omessa, insufficiente e comunque contraddittoria”. Lamenta il ricorrente G.F. che il Tribunale di Locri rigettò la sua domanda di risarcimento dei danni per le lesioni subite mentre, quale passeggero, viaggiava sull'auto di G.G. , fondandosi sulla ragione che egli non indossava le cinture di sicurezza al momento del sinistro. Si duole in particolare G.F. che l'impugnata sentenza abbia rigettato la sua domanda nonostante nessun accertamento sia stato effettuato nel corso del giudizio di primo grado circa l'incidenza dell'omesso uso, da parte sua, delle suddette cinture sulle lesioni personali da lui stesso riportate. E lamenta ancora che, in assenza di tale accertamento, le lesioni personali da lui subite non siano state risarcite nel giudizio d'appello. 15. Il ricorso è fondato e va accolto. Ha ritenuto infatti questa Corte che in tema di risarcimento del danno, l'art. 1227 cod. civ., nel disciplinare il concorso di colpa del creditore nella responsabilità contrattuale, applicabile per l'espresso richiamo di cui all'art. 2056 cod. civ. anche alla responsabilità extracontrattuale, distingue l'ipotesi in cui il fatto colposo del creditore o del danneggiato abbia concorso al verificarsi del danno comma primo , da quella in cui il comportamento dei medesimi ne abbia prodotto soltanto un aggravamento senza contribuire alla sua produzione secondo comma . Solo la situazione contemplata nel secondo comma costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto nel primo caso, invece, il giudice di merito deve d'ufficio verificare, sulla base delle prove acquisite, se il danneggiato abbia o no concorso a determinare il danno. Al riguardo - una volta che il danneggiato abbia offerto la prova del danno e della sua derivazione causale dall'illecito - costituisce onere probatorio del danneggiante dimostrare che il danno sia stato prodotto, pur se in parte, anche dal comportamento del danneggiato art. 1227 cod. civ., primo comma ovvero che il danno sia stato ulteriormente aggravato da quest'ultimo art. 1227 cod. civ., secondo comma Cass., 13 gennaio 2005, n. 564 . Quindi, in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, a norma dell'art. 1227 comma 1, cod. civ. - applicabile, per l'espresso richiamo contenuto nell'art. 2056 cod. civ., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale - la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l'ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore fattispecie relativa a mancato uso della cintura di sicurezza in automobile Cass., 2 marzo 2007, n. 4954 . 16. Per le ragioni sopra esposte deve quindi ritenersi che, nella fattispecie che ci occupa, ha errato il giudice di appello il quale, sul rilievo del mancato accertamento, in primo grado, dell'incidenza causale del mancato uso delle cinture da parte del passeggero, ha rigettato la sua domanda risarcitoria. Il giudice d'appello, infatti, investito della questione, avrebbe dovuto accertare sulla base delle prove esistenti, se il mancato uso delle cinture aveva contribuito alla determinazione del danno, ed in caso positivo determinarne l'entità. Se non vi sono elementi per accertare l'esistenza di un apporto causale ad opera del comportamento colposo del creditore-danneggiato, ovviamente non rimane che l'incidenza causale del comportamento del danneggiante, tenuto conto che la posizione del passeggero è assistita dalla presunzione di colpa nella causazione dell'evento dannoso a carico del conducente a norma dell'art. 2054, comma 1 c.comma e, per l'effetto, solo questi va condannato al risarcimento. Nella fattispecie erroneamente il giudice di appello ha fatto discendere il rigetto della domanda anche nei confronti del danneggiante. Per poter giungere a tale risultato si sarebbe dovuto allegare e provare che il comportamento colposo del danneggiante era stato di una efficienza causale esclusiva, tale da interrompere il nesso causale tra la condotta colposa del convenuto presunto danneggiante e l'evento dannoso. Una volta accertato il concorso degli apporti causali tra le condotte del danneggiante e del danneggiato nell'eziologia dell'evento dannoso, va osservato che ai fini della determinazione della riduzione del risarcimento del danno in caso di accertato concorso colposo tra danneggiante e danneggiato in materia di responsabilità extracontrattuale, occorre - ai sensi dell'art. 1227, comma primo, cod. civ. - fare riferimento sia alla gravità della colpa che all'entità delle conseguenze che ne sono derivate. In particolare, la valutazione dell'elemento della gravità della colpa deve essere rapportato alla misura della diligenza violata e, solo se non sia possibile provare le diverse entità degli apporti causali tra danneggiante e danneggiato nella realizzazione dell'evento dannoso, il giudice può avvalersi del principio generale di cui all'art. 2055, ultimo comma, cod. civ., ossia della presunzione di pari concorso di colpa, rimanendo esclusa la possibilità di far ricorso al criterio equitativo previsto dall'art. 1226 cod. civ. e richiamato dall'art. 2056 cod. civ. , il quale può essere adottato solo in sede di liquidazione del danno ma non per la determinazione delle singole colpe Cass., 21 gennaio 2010, n. 1002 . 17. In conclusione il ricorso deve essere accolto con cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio al Tribunale di Locri, in persona di diverso giudice, anche per le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia la causa al Tribunale di Locri, in persona di diverso giudice, anche per le spese del giudizio di cassazione.