Medici specializzandi e direttive comunitarie: necessario un chiarimento sulla prescrizione

Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati negli anni dal 1° gennaio 1983 all'anno accademico 1990-1991 in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell'art. 11, l. n. 370/1999. In riferimento a detta situazione, nessuna influenza può avere la sopravvenuta disposizione di cui all'art. 4, comma 43, l. n. 183/2011 - secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da mancato recepimento di direttive comunitarie soggiace alla disciplina dell'art. 2947 c.c. e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato - trattandosi di norma che, in difetto di espressa previsione, non può che spiegare la sua efficacia rispetto a fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore 1° gennaio 2012 .

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 5275 del 6 marzo 2014. Il caso. Alcuni medici avevano proposto ricorso nei confronti della Presidenza del Consiglio, il Ministero dell'istruzione, il Ministero della Salute e l'Università degli Studi di Napoli per ottenere il riconoscimento dell'adeguata remunerazione per gli anni durante i quali avevano frequentato un corso di specializzazione durante il periodo in cui lo Stato italiano era inadempiente alle direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE. Chiedevano, dunque, il riconoscimento della stessa remunerazione che avrebbero ricevuto se lo Stato si fosse tempestivamente conformato alle predette direttive, oltre al risarcimento del danno. Sia il tribunale che la Corte d'Appello avevano rigettato le domande affermando l'intervenuta prescrizione quinquennale delle pretese, e facendo decorrere l'inizio della prescrizione dalla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 257/1991. La domanda da inadempimento da direttive deve essere inquadrata come inadempimento di una obbligazione contrattuale. I Giudici della VI Sezione accolgono il ricorso, ribadendo l'orientamento inaugurato con le sentenze quadrigemellari del 2011 nnumero 10813, 10814, 10815, 10816 e poi ribadito nella sentenza numero 1917/2012. Tali decisioni hanno, infatti, dapprima affermato che la domanda risarcitoria degli specializzandi da inadempimento delle direttive deve essere inquadrata come inadempimento di una obbligazione ex lege di natura contrattuale e, poi, dichiarato la prescrizione come decennale e decorrente dal 27 ottobre 1999, vale a dire la data dell'entrata in vigore dell'art. 11, l. numero 370/1999. Il Supremo Collegio ricorda, altresì, come la già citata sentenza numero 1917/2012 avesse preso posizione relativamente alla sopravvenienza dell’art. 4, comma 43, l. numero 183/2011, affermandone la valenza solo per i fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore, e ciò in virtù del principio stabilito dall'art. 12 delle preleggi. Lo svarione della sentenza numero 9071/2013. Pur non essendo strettamente necessario ai fini della decisione, i Giudici della VI Sezione decidono di soffermarsi anche sulla sentenza della Sezione Lavoro numero 9071/2013 che aveva sì affermato la prescrizione decennale del diritto degli specializzandi, ma facendone risalire l'inizio al momento dell'entrata in vigore del d.lgs. 257/1991, anziché al 27 ottobre 1999. Giunge quindi la tirata d'orecchi” per gli Estensori della Sezione Lavoro, la cui decisione ignora totalmente gli sviluppi della giurisprudenza di questa Corte a partire dalle citate sentenze gemelle nnumero 10813, 10814, 18015 e 18016 del 2011, emesse dalla Terza Sezione E ancora La sentenza numero 9071/2013 si presenta, dunque, del tutto eccentrica rispetto ad un orientamento del tutto univoco . In conclusione, la Corte rinvia alla Corte d'Appello in diversa composizione, non prima di aver escluso dal prosieguo l'Università, che non avrebbe dovuto essere chiamata nel giudizio fin dall'inizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 13 febbraio – 6 marzo 2014, n. 5275 Presidente Finocchiaro – Relatore Frasca Svolgimento del processo p.1.1 medici R.M. , J.F. , N.A. , V.W.L. , G.F. , D.A. , F.P. e C.G. hanno proposto ricorso per cassazione contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'Istruzione, il Ministero della Salute e l'Università degli Studi di Napoli Federico II, avverso la sentenza del 19 marzo 2012, con la quale la Corte d'Appello di Roma ha rigettato l'appello di essi ricorrenti e di un altro medico avverso la sentenza n. 2514 del 2005, con cui il Tribunale di Roma, aveva - per quanto ancora interessa - rigettato per intervenuta prescrizione quinquennale la domanda, da loro e dall'altro medico proposta per ottenere, in relazione alla frequentazione in anni nei quali lo Stato italiano era già divenuto inadempiente alle direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE di un corso di specializzazione col rilascio del relativo diploma, il riconoscimento dell'adeguata remunerazione che il corso avrebbe dovuto avere se organizzato secondo le prescrizioni delle dette direttive, nonché il risarcimento del danno e, subordinatamente, un indennizzo ai sensi dell'art. 2041 c.c., domanda anch'essa rigettata dal Tribunale . p.2. La Corte territoriale ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale in ordine al carattere quinquennale della prescrizione della pretesa ed al suo decorso dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 257 del 1991, disattendendo la tesi degli appellanti che prospettava la decorrenza dalle sentenze della Corte di Giustizia CE del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000. p.3. Le Amministrazioni intimate hanno resistito con congiunto controricorso. Motivi della decisione p.1. Preliminarmente va rilevato che, essendo la posizioni del medico Ca.Vi. , che, pur partecipando al giudizio di merito, non ha proposto il ricorso, di natura scindibile rispetto a quelle dei medici ricorrenti, la mancata notificazione del ricorso stesso nei suoi riguardi, essendo la fattispecie riconducibile all'ambito dell'art. 332 c.p.c. ed essendo ormai esclusa l'impugnazione da parte sua o nei suoi riguardi, non deve dare luogo a provvedimenti ai sensi di detta norma. p.2. Con il primo motivo del ricorso si deduce testualmente erronea e falsa applicazione di legge art. 360 n. 3 c.p.c. - Decorrenza della prescrizione - art. 2935 c.c. - L. 370/99, art. 11. - artt. 2043 e 2946 c.c. - In ogni caso, stante la proposizione della domanda giudiziale nel 2001, il diritto non è prescritto, anche ove si consideri la prescrizione quinquennale. - Principio di ragionevolezza e giustizia sostanziale un diritto non può essere fatto valere se non da quando lo stesso è conoscibile e pienamente esercitabile. Decorrenza della prescrizione dal 1999 . Nella sua illustrazione vi si invocano le motivazioni della sentenza di questa Corte n. 10813 del 2011, per sostenere che il corso della prescrizione non era maturato al momento della proposizione della domanda giudiziale, che si indica nel 2001, essendo iniziato il suo corso soltanto il 27 ottobre 2009. p.2.1. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento determina l'assorbimento degli altri. Ciò, in base alle ragioni esposte da questa Sezione con le sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011. Ragioni che sono state ribadite da ormai numerosissime decisioni di questa Sezione, sia rese a seguito della stessa camera di consiglio, sia a seguito di altre camere di consiglio, nonché da decisioni rese dalla Sezione Prima. Le dette sentenze gemelle, dopo avere rilevato che la domanda risarcitoria degli specializzandi da inadempimento delle direttive dev'essere inquadrata nei termini di cui a Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, cioè come inadempimento di un'obbligazione ex lege di natura contrattuale, ed avere ampiamente ribadito le ragioni a sostegno di detta qualificazione, hanno statuito che la prescrizione de qua, di misura decennale, decorse soltanto dal 27 ottobre 1999. Successivamente, in proposito, si veda Cass. n. 1917 del 2012, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto a favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati negli anni dal 1 gennaio 1983 all'anno accademico 1990-1991 in condizioni tali che se detta direttiva fosse stata adempiuta avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell'art. 11 della I. n. 370 del 1999”. p.2.2. Sempre Cass. n. 1917 del 2012 si è fatta carico di un problema discendente da una sopravvenienza normativa derivante dall'art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011, n. 183 Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria , approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265, affermando che essa, operando essa solo per l'avvenire, secondo il criterio generale fissato dall'art. 12 delle preleggi al codice civile, e, quindi potendo spiegare la sua efficacia rispetto ai fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore, risulta irrilevante nel presente giudizio, come nei giudizi similari. Infatti, essendo il suo oggetto di disciplina la regolamentazione della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, derivante da mancato recepimento di normative comunitarie cogenti e dal verificarsi in capo ad un soggetto di un fatto che, se fosse stata attuata la direttiva, avrebbe dato al soggetto il diritto da essa previsto, la norma potrà disciplinare soltanto la prescrizione di diritti di tal genere insorti successivamente alla sua entrata in vigore e, quindi, derivanti da fattispecie di mancato recepimento verificatesi dopo di essa e non da fattispecie di mancato recepimento verificatesi anteriormente. Con la conseguenza che non può regolare in via sopravvenuta il diritto al risarcimento del danno da mancato recepimento, oggetto del presente giudizio, posto che esso concerne un mancato recepimento verificatosi ben prima. p.2.3. In base alle emergenze del ricordato principio di diritto confermato, fra l'altro, dalle seguenti decisioni, di cui talune della Sezione Lavoro e altre della Prima Sezione Cass. n. 1850 del 2012 n. 3972 del 2012 n. 3973 del 2012 n. 4240 del 2012 n. 4241 del 2012 n. 4537 del 2012 n. 4538 del 2012 n. 4575 del 2012 n. 4576 del 2012 n. 4785 del 2012 n. 4893 del 2012 n. 5064 del 2012 n. 5065 del 2012 n. 5533 del 2012 n. 6911 del 2012 7282 del 2012 12725 del 2012 il motivo, ancorché lo si scrutinasse nel presupposto che nel giudizio di appello non potesse potersi in discussione scrutinarsi per difetto di appello il carattere quinquennale della prescrizione il che, peraltro, sarebbe palesemente erroneo alla stregua dei principi enunciati da Cass. sez. un. n. 10995 del 2002 , è fondato, perché la prescrizione del diritto dei ricorrenti, il cui corso era iniziato il 27 ottobre del 1999, non era comunque ancora maturata al momento dell'inizio dell'azione giudiziale. p.2.4. Il Collegio, per ragioni di completezza, osserva che la recente Cass. sez. lav. n. 9071 del 2013, pur accettando la qualificazione dell'azione degli specializzandi nel senso di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 e, quindi, il carattere decennale della prescrizione, ha reputato che il corso della prescrizione fosse iniziato dal momento dell'entrata in vigore del d.lgs.n. 257 del 1991. La sentenza, tuttavia, limitandosi ad evocare Cass. n. 12814 del 2009 e n. 5842 del 2010, ignora totalmente gli sviluppi della giurisprudenza di questa Corte a partire dalle citate sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, emesse dalla Terza Sezione. Sentenze che avevano ampiamente esaminato Cass. n. 12814 del 2009 e n. 5842 del 2010, evidenziando le ragioni per le quali esse non erano condivisibili. Gli sviluppi della giurisprudenza della Corte inaugurata dalle sentenze gemelle sono stati, come si è detto, poi, condivisi sia dalla Prima Sezione, sia dalla stessa Sezione Lavoro, siccome emerge anche soltanto dai precedenti sopra evocati. Ad essi, tralasciandone numerosi altri maturati nel 2012, si possono aggiungere, senza pretesa di completezza, quelli del solo anno 2013, i quali rivelano che l'orientamento circa l'individuazione del dies a quo dal 27 ottobre 1999 è stato riaffermato dalla stessa Sezione Lavoro nella sentenza n. 7500 del 2013 ed è stato ribadito dalla Terza Sezione e da questa stessa Sezione nelle sentenze nn. 586, 587, 1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864, 3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 5329, 6365, 8578, 8579, 8580. La sentenza n. 9071 del 2013 si presenta, dunque, del tutto eccentrica rispetto ad un orientamento del tutto univoco. E, d'altro canto, ignorando quest'ultimo, che rappresenta il diritto vivente nella giurisprudenza della Corte, e basandosi sui due citati precedenti dai quali le sentenze gemelle con ampia argomentazione si discostarono, ricevendo, poi, l'avallo della giurisprudenza successiva, non merita ulteriori rilievi e nemmeno è idonea ad evidenziare un contrasto di fronte al quale si debba sollecitare un intervento delle Sezioni Unite. p.2.4. Tanto premesso, la sentenza impugnata dev'essere, in conseguenza, cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Roma, comunque in diversa composizione. La cassazione, peraltro, per quanto si dirà nel successivo paragrafo n. 4, non può riguardare il medico V.W.L. . Il giudice di rinvio considererà la pretesa dei ricorrenti, qualificata alla stregua di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 e della richiamata consolidata giurisprudenza, come non prescritta. p.2.4. Per ragioni di nomofilachia si ritiene opportuno sottolineare che la Corte di rinvio si dovrà attenere, nello scrutinare il merito della pretesa del ricorrente, agli ulteriori principi individuati da questa Corte sempre nella già citata sentenza n. 1917 del 2012 e nella sentenza n. 5533 del 2012, nonché ormai in numerosissime altre , sia in punto di presupposti del diritto al risarcimento del danno, sia quanto alla sua quantificazione. La Corte di rinvio, dovrà, dunque, fare applicazione anche di tali principi e ciò particolarmente - lo si osserva anche in relazione alla circostanza che i ricorrenti avevano fatto valer la loro pretesa invocando una quantificazione parametrata al d.gls. n. 257 del 1991 - quanto alla parametrazione del risarcimento all'importo di cui alla l. n. 370 del 1999, in applicazione del seguente principio di diritto, di cui alla citata sentenza In tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all'anno 1991, deve ritenersi che il legislatore - dettando l'art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, con il quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive - abbia palesato una precisa quantificazione dell'obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11. A seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un'obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale - secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 cod. civ. - gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall'eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale”. p.3. Il Collegio deve, tuttavia, rilevare d'ufficio che la domanda dei medici non poteva essere proposta nei confronti dell'Università degli Studi di Napoli, Federico II. Il rilievo che la domanda non poteva essere proposta nei confronti dell'Università si giustifica sulla base delle ragioni ampiamente esposte da questa Corte nella sentenza n. 23576 del 2011, nella quale si è evidenziato che il diritto degli specializzandi derivante dall'inadempimento delle note direttive, una volta ricondotto alla qualificazione datane da Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 e ribadita dalle già citate sentenze gemelle, non era in alcun modo configurabile, a livello di fattispecie giuridica astratta, nei riguardi dell'Università presso la quale il corso di specializzazione era stato frequentato in situazione di inattuazione delle direttive stesse. Deve, dunque, rilevarsi d'ufficio che la domanda dei ricorrenti, qualificata giuridicamente nell'unico modo consentito dall'ordinamento, appare proposta, quanto all'Università di Napoli, Federico II, contro un soggetto che non è il titolare passivo della situazione giuridica fatta valere e che, quindi, ricorre un'ipotesi nella quale, alla stregua del terzo comma dell'art. 382 c.p.c., la domanda non poteva essere proposta nei confronti della stessa Università qui resistente. Poiché, tuttavia, il dispositivo della sentenza impugnata, là dove ha rigettato la domanda nei riguardi dell'Università risulta conforme a diritto, la constatazione appena svolta comporta soltanto che la motivazione della sentenza impugnata si debba correggere in senso conseguente. Il giudizio di rinvio avrà, dunque, luogo senza coinvolgimento dell'Università. p.4. Come preannunciato la disposta cassazione in forza dell'accoglimento del primo motivo di ricorso non può concernere la posizione del ricorrente V. , in quanto con riferimento ad essa questa Corte deve rilevare, senza che occorrano accertamenti di fatto, che il diritto fatto valere, qualificato nei termini di cui alla giurisprudenza di cui si è fatta applicazione, non sussiste. Con la conseguenza che il dispositivo della sentenza impugnata, là dove ha confermato il rigetto della domanda da loro proposta è conforme a diritto sulla base di una diversa motivazione. Queste le sue ragioni. Dallo stesso ricorso si evince che il dottor V. frequentò un corso di specializzazione della durata di tre anni dall'anno accademico 1982 all'anno 1985. Ne consegue che Egli iniziò il corso di specializzazione prima che si verificasse l'inadempimento statuale alle note direttive, essendosi esso realizzato solo con il 31 dicembre 1982. Ora questa Corte ha già ritenuto che, avendo gli specializzandi iscrittisi a corsi di specializzazione anteriormente al 31 dicembre 1982 frequentato un corso che legittimamente sul piano del diritto comunitario era iniziato in una situazione nella quale lo Stato italiano non era ancora divenuto inadempiente all'obbligo di ottemperare alle note direttive ed essendo l'obbligo statuale di adempiere le direttive correlato all'organizzazione del corso nella sua completezza e, quindi, fin dal suo inizio, deve ritenersi che la situazione di inadempienza dello Stato verificatasi a far tempo dal 1 gennaio 1983 fosse riferibile soltanto all'organizzazione di corsi di specializzazione a far tempo da quella data e, quindi, a corsi iniziati da essa. Con la conseguenza che il diritto nascente dalla situazione di inadempienza non poteva riguardare i medici che a quella data stavano frequentando già corsi di specializzazione iniziati anteriormente, in quanto ciò si sarebbe risolto in una sorta di inammissibile retroattività degli effetti dell'inadempimento statuale, cioè del fatto costitutivo del diritto dei singoli che dopo il 31 dicembre 1982 si vennero a trovare nelle condizioni di fatto in cui, se le direttive fossero state adempiute, avrebbero potuto beneficiare dei diritti da esse previsti tali condizioni di fatto erano, infatti, riferibili all'inizio del corso di specializzazione dopo il 31 dicembre 1982 e non alla frequenza di un corso iniziato anteriormente. Al riguardo, va considerato che al momento di inizio dei corsi prima del 31 dicembre 1982 lo Stato, non essendo ancora scaduto il termine per adempiere, nell’organizzare i corsi senza tener conto delle direttive tenne un comportamento pienamente legittimo sul piano comunitario e non può sostenersi, stante il carattere unitario del corso, che una volta sopravenuta la scadenza del termine per adempiere, detto comportamento venne colpito da una sorta di illegittimità sopravvenuta. E ciò né in via retroattiva e, quindi, per tutta la durata del corso, cioè sia per quella collocantesi prima del 31 dicembre 1982 e per quella collocantesi dopo, né soltanto dopo quella data, cioè per gli anni di durata del corso successivi. È vero, d'altro canto, che, scegliendo tale interpretazione si finisce per ammettere che lo Stato, nel consentire l'organizzare dei corsi di specializzazione fino al 31 dicembre 1982 e particolarmente di quello iniziato nello stesso anno 1982, là dove la durata di essi avesse comportato il loro proiettarsi oltre il 31 dicembre 1982, si sarebbe posto nella condizione di perpetuare dopo tale data corsi non conformi alle note direttive, ma ciò non poté integrare un inadempimento delle direttive riguardo ad essi dopo quella data, perché le direttive e segnatamente quella di c.d. coordinamento n. 82 del 1976 non prevedevano, nel fissare la scadenza del 31 dicembre 1982 che a far tempo da quella data gli Stati membri dovessero rendere conformi alle direttive i corsi pendenti. La domanda del ricorrete, dunque, risulterebbe legittimamente rigettata, in base al seguente principio di diritto In tema di Direttive CEE 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva n. 82/76/CEE, riguardanti l'organizzazione dei corsi di specializzazione medica, a seguito dell'inadempimento statuale ad esse, verificatosi il 31 dicembre 1982, non insorse alcun diritto al risarcimento del danno a favore dei medici che a quella data avevano già iniziato il loro corso di specializzazione” così Cass. n. 21719 del 2012 . Da ultimo nello stesso senso Cass. n. 17067 del 2013. Per gli altri ricorrenti sono indicate date di frequenza dei loro corsi successive al 1 gennaio 1983, salvo che per il dottor G. , per cui si indica la frequenza di un corso di ani tre, ma senza specificare il periodo, cosa che la Corte territoriale di rinvio potrà verificare. p.5. Conclusivamente il ricorso è accolto quanto al primo motivo riguardo ai rapporti processuali fra i ricorrenti R.M. , J.F. , N.A. , G.F. , D.A. , F.P. e C.G. , da un lato, e le Amministrazioni Statali dall'altro. Gli altri motivi restano assorbiti. La sentenza è cassata relativamente a tali rapporti processuali, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Roma, comunque in diversa composizione. Il ricorso dei detti ricorrenti è rigettato quanto ai rapporti processuali con l'Università resistente. Il ricorso del dottor V.W.L. è rigettato quanto ai rapporti processuali con tutti gli intimati. L'oggettiva notoria incertezza della vicenda di cui è processo giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione quanto al rapporto processuale fra tutti i ricorrenti e l'Università e quanto al rapporto processuale fra il V. le Amministrazioni statali. Il regolamento delle spese del giudizio di cassazione va rimesso al giudice di rinvio per i rapporti processuali per i quali si cassa con rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso riguardo ai rapporti processuali fra i ricorrenti R.M. , J.F. , N.A. , G.F. , D.A. , F.P. e C.G. , da un lato, e la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri intimati dall'altro. Cassa la sentenza impugnata in relazione a tali rapporti processuali e rinvia ad altra Sezione della Corte d'appello di Roma, che deciderà comunque in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di cassazione. Rigetta il ricorso di tutti i ricorrenti nei confronti dell'Università e compensa le spese del giudizio di cassazione riguardo ai relativi rapporti processuali. Rigetta il ricorso del ricorrente V.W.L. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri intimati e compensa le spese riguardo ai relativi rapporti processuali.