Disastro del Cermis: risarcito con 1 mln di euro il danno non patrimoniale del Comune di Cavalese

Anche se può manifestarsi in molti modi diversi, il danno non patrimoniale è una categoria unitaria ed omnicomprensiva, al pari del resto di quello patrimoniale, che non muta la propria natura sol perché si sia abbattuto su beni di natura diversa.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4439 del 25 febbraio 2014. Il caso. La strage del Cermis, ovvero il disastro aereo avvenuto a Cavalese il 3 febbraio 1998, nel quale un aereo militare di proprietà dell'esercito degli Stati Uniti tranciò il cavo della funivia del Cermis, causando la morte di venti persone, giunge all'attenzione della Terza Sezione Civile della Cassazione. La vicenda processuale concerne il risarcimento chiesto dal Comune di Cavalese nei confronti del Ministero della Difesa questo in virtù della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico sullo statuto delle loro Forze armate, firmata a Londra il 19/06/1951 e ratificata nell'ordinamento italiano con legge 30/11/1955 n. 1335 . Mentre in primo grado erano state rigettate le domande di risarcimento del danno non patrimoniale e la domanda di risarcimento del danno patrimoniale consistito nelle spese sostenute per la realizzazione di due studi urbanistici una variante dello strumento urbanistico esistente e uno studio sigli effetti economici dell'incidente , la Corte d'Appello accordò sia il primo, nella misura di un milione di euro, che il secondo, seppur in misura ridotta rispetto alla richiesta del Comune. La sentenza, impugnata da ambedue le parti, è giunta quindi alla Terza Sezione, che l'ha decisa, rigettando entrambi i ricorsi e confermando dunque la pronuncia d'appello, con la sentenza n. 14439/14. L'unitarietà del danno non patrimoniale e non importano i nomi” . La Terza Sezione Civile della Cassazione si pone ovviamente nella scia delle sentenze quadrigemellari di San Martino del 2008 n. 26972/08 e ss. per confermare la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale. Da tale affermazione ne deriva, dal punto di vista processuale che chi invoca il risarcimento del danno non patrimoniale non ha alcun onere di adottare l'una piuttosto che l'altra delle varie formule qualificatorie adottate dalla prassi, ma ha semplicemente l'onere di allegare il concreto tipo di pregiudizio non patrimoniale patito, in assolvimento dell'onere imposto dall'art. 163, comma 3, n. 4 prima parte c.p.c. Conseguentemente, avendo il Comune richiesto fin dall'atto id citazione il risarcimento del danno da reato” e descritto i concreti pregiudizi patiti per effetto del disastro, a nulla rileva per la Terza Sezione che in seguito tali pregiudizi siano stati chiamati talvolta danno morale e talaltra danno ambientale ciò che conta è che siano state descritte le conseguenze pregiudizievoli per le quali è stato chiesto il ristoro. Irrilevanti le espressioni verbali, contano i pregiudizi posti a fondamento della domanda. Il principio appena esposto ha conseguenze anche processuali. Infatti il Ministero aveva lamentato che la Corte d'Appello avesse accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine nonostante mancasse un motivo specifico di appello da parte del Comune. La Cassazione respinge la doglianza motivando per l'appunto che a prescindere dalle espressioni verbali con le quali sia il Comune che la Corte d'appello hanno qualificato il pregiudizio rispettivamente domandato e liquidato, quel che rileva per stabilire se via sia stato o meno pronuncia ultra petita è esaminare i concreti pregiudizi posti dall'attore a fondamento della domanda di risarcimento, e dalla Corte d'appello a fondamento della statuizione di condanna . Avendo il Comune richiesto il risarcimento del danno no patrimoniale causato dal reato e consistito nel pregiudizio arrecato all'offerta turistica correlata al nome Cavalese”, inevitabilmente collegato alla tragedia, tale pregiudizio ricomprende necessariamente anche quello all'immagine, secondo il concetto che il più contiene il meno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 dicembre 2013 - 25 febbraio 2014, n. 4439 Presidente Russo – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il omissis un velivolo di proprietà dell'esercito degli Stati Uniti d'America, in volo formalmente di esercitazione, intercettò e tranciò i cavi della funivia omissis , nel territorio del comune di . Una delle cabine in quel momento in transito precipitò di conseguenza al suolo, provocando la morte di venti persone. 2. Il responsabile della strage, il militare statunitense A.R. , il suo equipaggio, il suo datore di lavoro e la struttura militare per la quale lavorava non poterono essere giudicati dall'autorità giudiziaria italiana essi infatti, in quanto militari appartenenti una forza armata di uno Stato aderente al Trattato Nord Atlantico erano sottratti alla giurisdizione italiana dall'art. 8, paragrafo 5, lettera g , della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico NATO sullo statuto delle loro Forze armate, firmata a Londra il 19 giugno 1951 e ratificata con L. 30-11-1955, n. 1335. La stessa norma accolla allo stato ospitante nella specie, l'Italia l'onere di risarcire i danni causati a terzi dai militari appartenenti alle forze armate dello Stato ospitato nella specie, gli U.S.A. . 3. In conseguenza dei fatti sopra descritti, e sulla base del quadro normativo appena ricordato, nel 2002 il Comune di Cavalese convenne dinanzi il Tribunale di Trento il Ministero della Difesa, allegando di avere patito ingenti danni patrimoniali e non patrimoniali per effetto del disastro sopra descritto, e chiedendo la condanna dell'amministrazione convenuta al risarcimento di tali danni, in virtù dell'obbligo ex lege ad essa imposto dal citato art. 8 della Convenzione di Londra. Il Comune di Cavalese allegava, in particolare, di avere dovuto sostenere ingenti esborsi per riqualificare il proprio territorio, attraverso la realizzazione di opere e strutture idonee a distaccare, nell'immaginario collettivo, il nome di Cavalese dal ricordo della sciagura. 4. Con sentenza 27.4.2004 n. 324 il Tribunale di Trento accolse parzialmente la domanda dell'amministrazione comunale, liquidando il danno nella somma di Euro 105.498,72. Vennero rigettate, in particolare, le domande di risarcimento del danno non patrimoniale e la domanda di risarcimento dei danni consistiti nelle spese sostenute per la realizzazione di due studi urbanistici, una variante dello strumento urbanistico esistente e uno studio sugli effetti economici dell'incidente. 5. La Corte d'appello di Trento, adita dal Comune di Cavalese che chiedeva una più cospicua quantificazione del risarcimento, con sentenza 19.3.2007 n. 60 riformò parzialmente la decisione del Tribunale nel modo seguente a accordò all'amministrazione il risarcimento del danno non patrimoniale liquidato nella somma di un milione di Euro b ritenne risarcibili in parte i costi sostenuti dall'amministrazione per remunerare vari studi preliminari e progetti di riqualificazione del territorio urbano, maggiorando la liquidazione compiuta dal primo giudice di ulteriori Euro 95.489,95. La corte d'appello ritenne invece non legate da un valido nesso causale all'evento tutte le ulteriori spese di cui il Comune di Cavalese chiedeva la rifusione. 6. Tale decisione viene ora impugnata per cassazione sia dal Comune di Cavalese, sulla base di tre motivi sia dal Ministero della difesa, sulla base di sette motivi. Motivi della decisione 1. Il primo motivo del ricorso principale. 1.1. Col primo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 1223, 2043 e 2056 c.c., nella parte in cui ha escluso l'esistenza d'un valido nesso di causa tra il disastro del 1998 e le spese sostenute dal Comune per far progettare e pianificare il complesso di opere necessarie per la riqualificazione del territorio comunale. Espone, al riguardo, che la tragedia aveva profondamente nuociuto all'immagine del Comune quale luogo ameno destinato al riposo ed alle vacanze, e ciò aveva reso necessario immaginare e progettare una serie di opere che, senza nascondere quanto accaduto, inducessero i visitatori ad associare al Comune di Cavalese le idee di pace e fratellanza. 1.2. Il motivo è inammissibile. È pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l'accertamento del nesso di causa tra il fatto illecito e l'evento deve avvenire dapprima individuando in iure la regola giuridica in base alla quale compiere il relativo giudizio ad es., l'art. 40 c.p. piuttosto che l'art. 1223 c.c. e quindi, alla luce di quella, accertando in facto le conseguenze dell'illecito. La distinzione rileva perché l'errore compiuto dal giudice di merito nell'individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso di causa è censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. invece l'eventuale errore del giudice di merito nell'individuazione delle conseguenze che sono derivate dall'illecito, alla luce della regola giuridica applicata, è una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata ex permultis , Sez. 3, Sentenza n. 26997 del 07/12/2005, in precedenza sempre conforme sino alla sentenza capostipite , rappresentata da Sez. 3, Sentenza n. 3061 del 20/10/1962 . 1.3. Nel caso di specie, la Corte d'appello di Trento non ha mai negato che siano risarcibili i danni che costituiscano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito secondo la regola di cui all'art. 1223 c.c. , né ha negato in linea di principio che tutte le concause di un evento abbiano pari rilievo giuridico secondo la regola di cui all'art. 40 c.p. . Semplicemente, ha adempiuto al compito di giudice del merito, ad essa attribuito dall'ordinamento, negando in facto che i danni dei quali il Comune ha chiesto il ristoro potessero ritenersi giuridicamente causati dal disastro del 3.2.1998. Pertanto il Comune di Cavalese col suo primo motivo di ricorso, sotto le viste della violazione di legge, ha in realtà denunciato un giudizio di fatto, come tale insindacabile in questa sede di legittimità. 2. Il secondo motivo del ricorso principale. 2.1. Col secondo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la sentenza impugnata sia contraddittoriamente motivata, nella parte in cui ha escluso il nesso di causa tra il disastro del 1998 e la risarcibilità del danno rappresentato dalle spese sostenute dal Comune per progettare nuove opere pubbliche. Tale contraddittorietà consisterebbe, secondo il ricorrente, nell'avere la Corte d'appello da un lato affermato che la tragedia abbia colpito e funestato l'intera vallata dove sorge il Comune di Cavalese, e colpito al cuore i suoi interessi economici legati al turismo dall'altro negato tuttavia la risarcibilità dei danni patrimoniali rappresentati dai costi di progettazione di nuove opere pubbliche, perché realizzate in porzioni del territorio comunale non interessate dal disastro. 2.2. Il motivo è infondato. La contraddittorietà di una sentenza - come di qualunque testo – va apprezzata valutandolo nel suo complesso, e non estrapolandone passi che, successivamente collazionati al di fuori del contesto nel quale erano originariamente inseriti, finiscano per tradire il senso originale dello scritto. Nel caso di specie, la lettura integrale della motivazione adottata dalla Corte d'appello non rivela nessuna contraddizione nella parte dedicata all'esame della domanda di risarcimento del danno patrimoniale. La Corte d'appello ha preso in esame le tipologie di spese sostenute dal Comune per pianificare e riqualificare il territorio le ha valutate le ha divise in due categorie, ritenendo talune di esse costituire un danno risarcibile perché conseguenza immediata e diretta del disastro altre no perché non necessitate dal fatto illecito. La Corte d'appello dunque non ha affatto, al contrario di quanto pretenderebbe il ricorrente, dapprima affermato che il sinistro ha danneggiato l'intero territorio comunale, e poi ritenuto risarcibile il danno rappresentato dalle spese di riqualificazione di un settore soltanto del medesimo territorio. Quanto al preteso contrasto tra la decisione di rigetto parziale della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, ed i passi trascritti dal ricorrente alle pp. 23-24 del ricorso, è agevole rilevare come a le parti della sentenza trascritte a pp. 23 - 24 del ricorso sono state estratte dalle pp. - rispettivamente - 33 e 35 della sentenza impugnata, nelle quali si affronta il problema del danno non patrimoniale, e dunque questione tutt'affatto diversa da quella concernente la stima del danno patrimoniale b in ogni caso, con le suddette espressioni disastro che ha colpito l'intera vallata colpire al cuore l'economia del comune la Corte d'appello ha solo fatto ricorso alla figura retorica dell'enfasi per giustificare la sussistenza del danno non patrimoniale, ma non certo affermato che l'intero territorio comunale necessitasse di una ricostruzione. 3. Il terzo motivo del ricorso principale. 3.1. Col terzo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la sentenza impugnata sia insufficientemente motivata, nella parte in cui ha escluso il nesso di causa tra il disastro del 1998 e la risarcibilità del danno rappresentato dalle spese sostenute dal Comune per progettare nuove opere pubbliche. Lamenta che la Corte avrebbe da un lato negato la sussistenza d'un danno risarcibile, dall'altro rigettato le prove chieste dal Comune e volte a dimostrarne l'esistenza. 3.2. Il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell'autosufficienza. In virtù di tale principio chi lamenti in sede di legittimità la mancata ammissione, da parte del giudice di merito, d'una prova ritualmente proposta, ha l'onere di riprodurne nel ricorso il testo, al fine di consentire alla Corte la valutazione della sua tempestività, ammissibilità e rilevanza principio, questo, talmente pacifico che si sono ritenuti manifestamente infondati, ex art. 360 bis c.p.c., i ricorsi redatti in violazione di esso da ultimo, ex multis, Sez. 6 - L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010 . 4. Il primo motivo del ricorso incidentale. 4.1. Col primo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. - la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c Espone che la Corte d'appello ha accordato al Comune di Cavalese il risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine, senza che l'amministrazione ne avesse mai in precedenza allegato l'esistenza e domandato il ristoro. 4.2. Il motivo è infondato. Anche se può manifestarsi in molti modi diversi, il danno non patrimoniale è un categoria unitaria ed omnicomprensiva, al pari del resto di quello patrimoniale, che non muta la propria natura sol perché si sia abbattuto su beni di natura diversa così le Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008 . Da questa qualificazione sostanziale consegue, sul piano processuale, che chi invoca il risarcimento del danno non patrimoniale non ha alcun onere di adottare l'una piuttosto che l'altra delle varie formule qualificazione elaborate dalla prassi, ma ha semplicemente l'onere di allegare il concreto tipo di pregiudizio non patrimoniale patito, in assolvimento dell'onere imposto dall'art. 163, comma 3, n. 4, prima parte, c.p.c Nel caso di specie, con l'atto di citazione il Comune di Cavalese aveva domandato il risarcimento del danno da reato , rinviando poi per la descrizione dei concreti pregiudizi patiti alla motivazione dell'atto di citazione, nella quale si dava conto tra l'altro degli effetti pregiudizievoli che la criminale condotta del pilota nordamericano ebbe per le sventurate vittime e l'amministrazione comunale. Nulla rileva, pertanto, che il Comune di Cavalese abbia qualificato il pregiudizio di cui chiedeva il ristoro dapprima come morale , e quindi come ambientale né rileva che non abbia mai fatto uso, nei propri scritti, della formula del danno all'immagine . Quel che unicamente rileva è che egli abbia descritto le conseguenze pregiudizievoli di cui ha domandato il ristoro sicché, avendo il Comune assolto a tale onere, ed avendo la Corte d'appello ristorato profili di pregiudizio sicuramente rientranti nell'ambito delle conseguenze pregiudizievoli lamentate dal Comune, non vi è stata alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 5. Il secondo motivo del ricorso incidentale. 5.1. Col secondo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. - la nullità della sentenza per violazione dell'art. 342 c.p.c Espone che il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ritenendo che non esisteva né danno all'immagine, né danno ambientale. Il Comune aveva impugnato tale decisione, dolendosi unicamente del rigetto della domanda di risarcimento del danno ambientale. La Corte d'appello tuttavia, pur in assenza di un motivo specifico d'appello, ha accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine. 5.2. Sebbene il Ministero lamenti, col motivo in esame, la violazione dell'art. 342 c.p.c., in realtà dall'illustrazione di esso appare chiaro che la norma che si assume violata è l'art. 112 c.p.c. il Ministero, infatti, si duole che la Corte abbia riformato la sentenza nonostante non vi fosse stata alcuna impugnazione sul punto del rigetto della domanda di risarcimento del danno all'immagine. Ciò, tuttavia, non rende inammissibile il motivo, in virtù del principio iura novit curia , alla stregua del quale l'erronea individuazione, da parte del ricorrente per cassazione, della norma che si assume violata resta senza conseguenze, quando dalla descrizione del vizio che si ascrive alla sentenza impugnata possa inequivocamente risalirsi alla norma che si assume violata. 5.3. Nel merito, tuttavia, il motivo è infondato per le stesse ragioni esposte al p. 4 e ss. a prescindere, infatti, dalle espressioni verbali con le quali sia il Comune che la Corte d'appello hanno qualificato il pregiudizio rispettivamente domandato e liquidato, quel che rileva per stabilire se vi sia stata o meno pronuncia ultra petita è esaminare i concreti pregiudizi posti dall'attore a fondamento della domanda di risarcimento, e dalla Corte d'appello a fondamento della statuizione di condanna. Da tale collazione risulta, come già rilevato al p. 4.2, che il Comune di Cavalese ha domandato il risarcimento del danno non patrimoniale causato dal reato e consistito nel pregiudizio arrecato all'offerta turistica legata al nome Cavalese , pregiudizio che inevitabilmente ricomprende quello all'immagine, come il più contiene il meno. 6. Il terzo motivo del ricorso incidentale. 6.1. Col terzo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. - la nullità della sentenza per violazione dell'art. 115 c.p.c Espone che la Corte d'appello ha posto a fondamento dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale tre circostanze di fatto mai debitamente allegate dal Comune, e cioè a la circostanza che analogo incidente si fosse già verificato nel 1976 b la circostanza che i due eventi siano stati associati nell'immaginario collettivo dei potenziali turisti c la conseguente compromissione dell'immagine del Comune, noto in Italia ed all'estero per la sua offerta turistica. 6.2. Il motivo è manifestamente infondato le circostanze sub a e b , infatti, possono ritenersi notorie, mentre quella sub c non è un fatto, ma una deduzione logica, e quindi una prova presuntiva ex art. 2727 c.c In nessuno dei tre casi, quindi, il giudice di merito ha utilizzato prove non addotte dalle parti. 7. Il quarto motivo di ricorso incidentale. 7.1. Col quarto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. - la nullità della sentenza per violazione dell'art. 115, comma 2, c.p.c Espone, al riguardo, che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere notoria , ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c., la circostanza della associazione nell'immaginario collettivo del nome Cavalese ai due disastri funiviari avvenuti nel 1976 e 1998. Un atteggiamento psicologico, tuttavia, non potrebbe mai ritenersi notorio , perché tali possono qualificarsi solo fatti certi ed incontestabili di qui, secondo la ricorrente, la violazione dell'art. 115 c.p.c 7.2. Il motivo è infondato. La sentenza della Corte d'appello ha ritenuto sussistere il danno non patrimoniale lamentato dal Comune di Cavalese anche in base al rilievo che il disastro del 1998 non poteva non rievocare negli abitanti e nei turisti la analoga tragedia avvenuta 22 anni prima, per poi trame la conclusione che il verificarsi di due tragedie analoghe in venti anni è circostanza che ha leso l'immagine del Comune. Così ragionando, la Corte d'appello non ha affatto ritenuto notorio un fatto che non lo era, ma ha sillogizzato un ragionamento razionalmente condivisibile ha, dunque, fatto legittimo ricorso allo strumento di cui all'art. 2727 c.c Il giudice di merito infatti, muovendo dal fatto noto dell'esistenza del disastro e della sua reiterazione circostanze mai in contestazione tra le parti , è risalita al fatto ignorato che tali eventi avessero offuscato, agli occhi dei turisti, l'immagine del luogo ove quei luttuosi fatti avvennero. Giusta o sbagliata che sia stata sul piano della verità oggettiva, tale deduzione è corretta sul piano della logica formale, né l'amministrazione ricorrente l'ha mai censurata per violazione dell'art. 2727 o 2729 c.c 8. Il quinto motivo del ricorso incidentale. 8.1. Col quinto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. - la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe qualificato come danno non patrimoniale risarcibile l’ associazione di idee tra Cavalese e la disgrazia. Così facendo, tuttavia, la Corte d'appello avrebbe ritenuto costituire un danno risarcibile non il pregiudizio patito dalla vittima del reato, ma una superstizione che il fatto avrebbe ingenerato nei terzi. 8.2. Il motivo è infondato, perché fa dire alla Corte d'appello un principio ben diverso da quello effettivamente affermato. La sentenza impugnata, infatti, non ha affatto ritenuto che costituisse un danno di per sé risarcibile la associazione di idee tra il nome Cavalese ed eventi luttuosi, ma ha ritenuto una cosa ben diversa e molto più semplice e cioè che il fatto stesso del verificarsi per due volte di una grave tragedia, di risonanza mediatica generale, sul territorio del Comune, ha fatto sì che qualunque persona di media esperienza finisca per pensare che sulle funivie di si morì tragicamente in passato, e forse si potrebbe morire ancora nel che, con tutta evidenza, risiede la lesione dell'immagine e della identità turistica. 9. Il sesto motivo del ricorso incidentale. 9.1. Col sesto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. - la nullità del procedimento per violazione dell'art. 112 c.p.c Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha liquidato il danno non patrimoniale patito dal Comune facendo riferimento alle attività promozionali da questo compiute per il rilancio della propria immagine, e dunque ha liquidato un danno patrimoniale con ciò violando il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 9.2. Il motivo è inammissibile. L'errore compiuto dal giudice di merito nella liquidazione del danno non costituisce una causa di nullità del procedimento per quanto già esposto, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale fu correttamente formulata dall'amministrazione comunale , ma potrebbe dar vita al più o un error in iudicando , ovvero ad un vizio di motivazione. Nel caso di specie, tuttavia, né l'uno, né l'altro di tali vizi sono stati invocati dall'amministrazione, sicché non possono certo essere rilevati e decisi d'ufficio. 10. Il settimo motivo del ricorso incidentale. 9.1. Col settimo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta - ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. - il vizio di motivazione della sentenza, con riferimento alla quantificazione del danno non patrimoniale. Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha liquidato quest'ultimo pregiudizio senza tenere conto delle circostanze del caso concreto, ed in particolare del fatto che la stima del danno non patrimoniale ha finito per essere cinque volte superiore rispetto al danno patrimoniale accertato che la lesione dell'immagine del Comune riguardava aspetti unicamente economici, e che il danno all'immagine era stato causato non solo dalla tragedia del 1998, ma anche da quella del 1976, alla quale il Ministero della Difesa era estraneo. 9.2. Il motivo è infondato, per due ragioni. La ragione principale è che la Corte d'appello non ha affatto trascurato di considerare le circostanze del caso concreto, da essa debitamente esaminate alle pp. 33-38 della sentenza. Sicché, adducendo il preteso vizio di omesso esame delle circostanze del caso concreto , in realtà l'amministrazione sollecita una diversa lettura di quelle circostanze riesame ovviamente impossibile in questa sede. La seconda ragione è che non esiste alcuna corrispondenza biunivoca tra l'entità del danno patrimoniale e quella del danno non patrimoniale ad ingenti pregiudizi economici possono associarsi lievi o nulli pregiudizi non patrimoniali, e viceversa. Dunque non è erronea una motivazione sol perché i due ambiti del danno vengano monetizzati in quantità non omogenee di denaro. 10. Le spese. 10.1. La reciproca soccombenza costituisce un giusto motivo per la compensazione integrale delle spese di lite. P.Q.M. la Corte di cassazione, decidendo sui ricorsi riuniti - rigetta il ricorso principale - rigetta il ricorso incidentale - compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le parti.