Morte per complicanze post-operatorie: la “straordinarietà” dell’evento non esclude una corretta informazione

Il professionista sanitario ha l’obbligo di fornire al paziente, in modo dettagliato, tutte le informazioni scientificamente possibili sull’intervento chirurgico che intende eseguire, sulle conseguenze normalmente possibili sia pure infrequenti tanto da apparire straordinari , sul bilancio rischi/vantaggi dell’intervento.

È quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 27751, depositata l’11 dicembre 2013. Il caso. I genitori di una minore, morta in seguito a un intervento di tonsillectomia a causa della concomitanza di due eventi ritenuti straordinari”, avevano convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera per aver omesso di prestare le dovute informazioni sui rischi connessi all’operazione. Per la Corte d’Appello, si deve escludere che il professionista, e quindi l’Azienda Ospedaliera, avessero l’obbligo di informazione circa un evento eccezionale del genere di quello poi verificatosi . Avverso tale sentenza, i genitori hanno proposto ricorso per cassazione, ritenendo gravemente sbagliato quanto statuito dai giudici territoriali. La Suprema Corte ha ritenuto la censura è fondata. Assicurare il diritto all’autodeterminazione del paziente. Gli Ermellini, innanzitutto, hanno chiarito che il tema decisionale riguarda un caso di omessa acquisizione del c.d. consenso informato, il quale non si collega alla condotta colposa del medico nell’esecuzione della prestazione, inesattamente adempiuta, bensì all’omessa informazione in sé. Nell’ipotesi di inosservanza dell’obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto, non assume alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell’illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno . Come evidenziato da Piazza Cavour, l’obbligo di informazione deve essere particolarmente dettagliato al fine di garantire lo scrupoloso rispetto del diritto di autodeterminazione del paziente. Secondo il Collegio, in considerazione dell’importanza degli interessi e dei beni in gioco, non è consentito rimettere all’apprezzamento del sanitario, in forza di un mero calcolo statistico, la valutazione se rendere il paziente edotto o meno dei rischi, anche ridotti, che possano incidere sulle condizioni fisiche o, addirittura, sul bene supremo della vita. Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformata a tali principi, il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata è stata cassata e - occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio sopra esposto – rinviata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 ottobre - 11 dicembre 2013, n. 27751 Presidente Russo – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata C.M. e V.A. , quali genitori ed eredi di C.T. , deceduta il omissis , convenivano in giudizio l'Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni per sentir accertare l'inadempimento contrattuale ex articolo 1218 cc ovvero la responsabilità extracontrattuale dell'azienda convenuta per aver omesso di prestare le dovute informazioni sui rischi connessi all'operazione di tonsillectomia effettuata sulla figlia Tamara e sulle possibili complicanze post-operatorie ovvero la grave negligenza ed imperizia tenuta nell'occasione dai sanitari del reparto e del pronto soccorso. Chiedevano pertanto il risarcimento del danno iure hereditatis e del danno morale in proprio. In esito al giudizio, in cui si costituiva l'Azienda, il Tribunale di Terni condannava la convenuta al risarcimento del danno morale subito dagli attori, quali genitori della vittima, per la mancata acquisizione del consenso informato. Avverso tale decisione l'Azienda Ospedaliera proponeva appello ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Perugia con sentenza depositata in data 22 giugno 2007 in riforma della decisione impugnata respingeva la domanda attrice e condannava gli appellati a restituire all'Azienda quanto percepito in ottemperanza della sentenza con gli interessi legali dalla data di ricezione del pagamento fino al rimorso, provvedeva quindi al governo delle spese. Avverso la detta sentenza il C. e la V. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrato da memoria. Resiste l'Azienda con controricorso. Motivi della decisione La prima doglianza, svolta dai ricorrenti, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 e 32 co. 2 della Costituzione e 33 legge n. 833/78, si fonda sulla considerazione che la Corte di appello avrebbe gravemente sbagliato quando ha statuito che si deve escludere che il professionista, e quindi l'Azienda Ospedaliera avessero l'obbligo di informazione circa un evento eccezionale del genere di quello poi verificatosi Con le due successive doglianze, deducendo l'omessa ed insufficiente motivazione, i ricorrenti hanno infine censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello non ha adeguatamente motivato sul fatto che dalla cartella clinica non emerga alcuna documentazione comprovante l'avvenuta informazione sui rischi dell'intervento seconda censura né sugli eventi postoperatori che hanno determinato il decesso della minore terza censura . I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono fondati e meritano accoglimento. A riguardo, torna utile premettere che la ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda su un duplice rilievo 1 la morte della minore, sottoposta ad un intervento di tonsillectomia, trovò la sua causa nella concomitanza di due eventi ritenuti straordinari il primo un distacco precoce dell'escara, avvenuto nella seconda giornata post-operatoria ed il secondo rappresentato dal carattere mortale dell'emorragia. 2 l'imprevedibilità dei due eventi escludeva che i medesimi dovessero essere oggetto di una corretta informazione cfr pag. 5 . Pertanto, si doveva escludere che il professionista e quindi l'Azienda Ospedaliera avessero l'obbligo di informazione circa un evento eccezionale del genere di quello poi veri fica tosi . La premessa torna utile nella misura in cui chiarisce che, nel caso di specie, il tema decisionale riguarda un caso di omessa acquisizione del cosiddetto consenso informato, vertendosi in materia di domanda risarcitoria basata sulla mancata prestazione del detto consenso, domanda la quale non si collega alla condotta colposa del medico nell'esecuzione della prestazione, inesattamente adempiuta, bensì all'omessa informazione in sé. Ciò posto, torna opportuno sottolineare che la finalità dell'informazione, che il medico è tenuto a dare, è quella di assicurare il diritto all'autodeterminazione del paziente v. anche Cass. 9.2.2010, n. 2847 , in quanto, senza il consenso informato, l'intervento del medico è - al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche quando sia nell'interesse del paziente. Ciò, in quanto, secondo la definizione della Corte costituzionale sentenza n. 438 del 2008 , il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'articolo 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono rispettivamente che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Nell'ipotesi di inosservanza dell'obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto viene pertanto a configurarsi a carico del sanitario e di riflesso della struttura per cui egli agisce una responsabilità per violazione dell'obbligo del consenso informato,in sé e per sé, non assumendo alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell'illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno. Ciò che rileva è che il paziente, a causa del deficit di informazione non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che connota l'esistenza nei momenti cruciali della sofferenza, fisica e psichica v. Cass. 28.7.2011 n. 16543 . Posto che tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, è necessario che il sanitario fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità v. Cass. n. 15698/2010 . L'obbligo di informazione, che deve essere particolarmente dettagliato al fine di garantire lo scrupoloso rispetto del diritto di autodeterminazione del paziente, non si estende ai soli rischi imprevedibili, ovvero agli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’ id quod plerumque accidit , in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l'intervento chirurgico e l'evento lesivo. Ma, al di là di tale limite, il professionista sanitario ha l'obbligo di fornire al paziente, in modo - ripetesi dettagliato, tutte le informazioni scientificamente possibili sull'intervento chirurgico, che intende eseguire, sulle conseguenze normalmente possibili sia pure infrequenti tanto da apparire straordinari , sul bilancio rischi/vantaggi dell'intervento. Ed invero, in considerazione dell'importanza degli interessi e dei beni in gioco, non è consentito rimettere all'apprezzamento del sanitario, in forza di un mero calcolo statistico, la valutazione se rendere il paziente edotto o meno dei rischi, anche ridotti, che possano incidere sulle sue condizioni fisiche o, addirittura, sul bene supremo della vita. Infatti, deve essere riservata al paziente, unico titolare del bene che è oggetto di pericolo per effetto del trattamento operatorio, ogni valutazione comparativa del bilancio rischi-vantaggi, specialmente quando il male da estirpare non sia particolarmente grave, l'intervento operatorio non sia particolarmente urgente, ed i rischi connessi ad esso siano presenti anche se statisticamente eccezionali e di scarso rilievo. Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformata ai suddetti principi, il ricorso per cassazione in esame deve essere accolto e la sentenza impugnata,che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell'osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase,di legittimità.