Figlio muore in un sinistro stradale: il danneggiante deve provare l'inesistenza dei cambiamenti di vita dei congiunti in seguito della morte

Ancora una volta affrontato il tema del risarcimento del danno spettante ai congiunti della persona deceduta a seguito di incidente stradale.

La Terza sezione Civile della Cassazione, con la sentenza 26237 del 22 novembre 2013 torna ancora una volta a trattare il tema del risarcimento del danno spettante ai congiunti della persona deceduta a seguito di incidente stradale Il fatto. Dopo che il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda di risarcimento dichiarando la responsabilità dell'evento lesivo in cui era morto il proprio figlio a carico del pare dello stesso, la Corte d'Appello di Venezia, riformando la decisione del Tribunale, aveva invece statuito una responsabilità nella misura del 70% a carico del genitore e conseguentemente condannato l'assicurazione dell'auto di controparte a risarcire il danno, nella percentuale di responsabilità riconosciuta. Veniva quindi affermata la spettanza sia del danno morale proprio dei genitori che di quello iure hereditatis, in considerazione del fatto che i dieci giorni in cui il defunto era sopravvissuto all'incidente avevano consentito allo stesso di percepire le conseguenze, le paure e le sofferenze dell'evento. Era stata invece rigettata la domanda relativa al pregiudizio psico-fisico dei genitori. La vicenda giunge quindi all'attenzione della Corte di Cassazione. L'attribuzione percentuale del concorso di colpa è un procedimento logico, non matematico. Anzitutto gli ermellini sconfessano l'apoditticità nota a chi frequenta i giudici del merito con cui è stata percentualizzata la colpa dei due conducenti. In particolare viene criticato il fatto che manchi, da parte della Corte d'Appello, il procedimento logico, sostenuto da idonee argomentazioni, che avrebbe portato a tale percentualizzazione e quindi il giudice del rinvio dovrà procedere ad un esame comparativo dei comportamenti dei due conducenti coinvolti nel sinistro, e solo all'esito dello stesso attribuire le responsabilità in termini percentuali. Il risarcimento del danno psichico e la rilevanza della CTU. E' giurisprudenza costante, oramai, che la morte id un prossimo congiunto possa causare nei superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale che un danno biologico vero e proprio, inteso come effettiva compromissione dello stato di salute fisico e psichico. Relativamente al nesso causale tra questo danno psichico e l'evento, è sufficiente che la derivazione causale del primo dal secondo possa affermarsi in base ad un criterio di elevata probabilità, e che non sia stato provato l'intervento di un fattore successivo tale da disconnettere la sequenza causale così accertata . Peraltro, ricorda la Cassazione, che dalla morte di una congiunto derivi una sofferenza interiore tale da modificare la vita di relazione dei sopravvissuti e indurre gli stessi a differenti scelte di vita da quelle che avrebbero altrimenti compiuto costituisce un fatto noto da cui il giudice ben può trarre, ai sensi dell'art. 2727 c.c., la presunzione di sussistenza del fatto. Rimane, cioè, a carico del danneggiante dimostrare l'inesistenza di tali pregiudizi . I ricorrenti lamentavano altresì il fatto che la Corte d'Appello non avesse ammesso la consulenza tecnica anche sul punto interviene la Terza Sezione, ricordando che non essendo qualificabile la predetta consulenza come mezzo di prova in senso proprio è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata all'apprezzamento del giudice, che può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti consulente deducente , ma anche quello di accertare i fatti stessi consulente percipiente . In questo caso onere della parte che richieda la consulenza sarà quello di dedurre il fatto posto a fondamento del diritto, mentre rimarrà al giudice la valutazione che l'accertamento in questione richieda specifiche cognizioni tecniche. Conseguentemente anche sul punto la Cassazione cassa la Corte d'Appello e il giudice del rinvio dovrà valutare se, sulla base degli elementi dedotti e allegati ricorrano o meno le condizioni per disporre una consulenza tecnica di natura evidentemente percipiente, al fine di valutare il danno psichico.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 ottobre - 22 novembre 2013, n. 26237 Presidente Russo – Relatore Massera Svolgimento del processo .1 - Con sentenza in data 9 febbraio - 4 aprile 2006 il Tribunale di Belluno, preso atto della somme versate in favore di S.M. e S D. dalla Italiana Assicuratrice S.p.A. a titolo di risarcimento danni conseguenti al sinistro stradale in cui essi erano rimasti coinvolti, dichiarò cessata la materia del contendere sulle loro domande, dichiarò inammissibile l'azione di regresso tardivamente esercitata dalla Italiana Assicuratrice, rigettò le domande proposte da G B. e C D.P. , che in relazione al medesimo incidente, avevano chiesto la condanna di S Z. , E.A C. e Assicuratrice Val Piave S.p.A. al risarcimento dei danni subiti da essi e dal figlio deceduto S B. . .2 - Con sentenza in data 1 giugno 2008 - 27 febbraio 2009 la Corte d'Appello di Venezia, ritenuta la responsabilità concorsuale nella causazione del sinistro nella misura del 70% in capo a B.S. e del 30% in capo ad E.A C. , condannò quest'ultima, in solido con lo Z. e la Val Piave Assicuratrice, al pagamento in favore solidale di G B. e D.P.C. , della risultante sorte capitale di Euro 90.827,40 con gli interessi compensativi maturati sulla somma originariamente dovuta di Euro 67.665,49. La Corte territoriale osservò per quanto interessa la mancanza di urto tra i veicoli impediva l'applicazione dell'art. 2054, comma 2 c.c., ma non vanificava la presunzione di cui al comma precedente nel caso di accertamento del nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno subito dall'altro la precedenza di fatto escludeva il diritto del veicolo favorito solo in caso di anticipo all'incrocio tale da consentire l'attraversamento in assoluta sicurezza e senza alcun rischio la Volkswagen Golf condotta dalla C. si era immessa sulla strada percorsa dall'Alfa 155 condotta da S B. , il quale aveva la possibilità di avvistare l'ostacolo e procedeva a velocità eccessiva agli appellanti spettava sia il danno morale proprio, sia quello jure hereditatis, considerato che la brevità del periodo di sopravvivenza 10 giorni aveva consentito al defunto di percepire le conseguenze catastrofiche del sinistro e le conseguenti paure e sofferenze mancava la prova di un pregiudizio psico-fisico a carico dei genitori era desumibile un danno patrimoniale dei medesimi in rapporto alle aspettative di assistenza filiale e per il mancato apporto - non continuativo, né professionale - di consulenza aziendale spettavano anche i risarcimenti per il danneggiamento irreversibile dell'auto e per le spese funerarie. .3 - Avverso la suddetta sentenza il B. e la D.P. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi. L'Assicuratrice Val Piave S.p.A. ha resistito con controricorso. Gli altri intimati, E.A C. e S Z. , non hanno espletato attività difensiva. I ricorrenti hanno presentato memoria. Motivi della decisione .1.1 - Il primo motivo lamenta omessa motivazione in ordine all'efficienza causale delle singole serie eziologiche riferibili a ciascun conducente. Si censura il reparto delle responsabilità nella causazione del sinistro come riconosciuto dalla sentenza impugnata, la quale, secondo i ricorrenti, ha sottostimato l'omesso rispetto dell'obbligo di precedenza da parte della C. e sopravvalutato la velocità eccessiva attribuita al B. . .1.2 - Osserva la Corte che la ricostruzione della dinamica dell'incidente non è sostanzialmente in discussione e che, comunque, essa è riservata al giudice di merito che, nella specie, ha adeguatamente motivato le proprie scelte. In particolare, la Corte d'Appello, premesso che non vi era stato urto tra i due veicoli interessati al sinistro, valutate le risultanze processuali a disposizione, ha affermato che la Golf della C. aveva superato la linea di arresto imposta dal segnale di stop e che l'Alfa del B. , che procedeva a velocità certamente superiore al 100 km/h, aveva subito uno sbandamento sulla sinistra a causa della reazione istintiva del conducente innanzi alla turbativa percepita, convergendo poi a destra e uscendo con le ruote dal cordolo laterale di scolo con perdita di controllo del veicolo. Ciò che viene censurata - a ragione - è l'apoditticità con cui la sentenza impugnata ha percentualizzato le rispettive colpe, esprimendole in termini numerici senza, però, compiere il necessario esame comparativo dei rispettivi comportamenti e della loro incidenza causale. Al riguardo il Collegio ritiene di dover dare continuità all'orientamento già espresso da questa stessa sezione Cass. Sez. III, n. 6752 del 2011 in base al quale, in tema di sinistri stradali, l'accertamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno costituisce il frutto di un procedimento logico e non matematico. Ne consegue che il giudice di rinvio, in applicazione del principio sopra ribadito, dovrà procedere - con totale libertà di apprezzamento - al riesame comparativo dei comportamenti dei due conducenti coinvolti nel sinistro giustificando le rispettive percentuali di responsabilità sulla base di osservazioni logiche idonee a sorreggerle. .2.1 - Il secondo motivo adduce violazione degli artt. 24 Cost., 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 138 e 139 D.Lgs. n. 209. La doglianza concerne il negato riconoscimento dei danni psichici verosimilmente patiti dai genitori per la morte dell'unico loro figlio, ventenne e convivente. I ricorrenti si dolgono anche di non essere stati sottoposti dal giudice d'appello a consulenza medico - legale e della mancata assunzione della prova testimoniale. Parte ricorrente ha poi spiegato che la censura - come le successive - riguarda esclusivamente la posizione della madre del defunto, C D.P. . .2.2 - Il terzo motivo lamenta motivazione contraddittoria e incongrua su punto decisivo della controversia, rappresentato dalla non ammissione della richiesta attività istruttoria. .2.3 - Il quarto motivo ipotizza violazione degli artt. 61 c.p.c., 138 e 139 c.d.a La censura riguarda ancora la mancata ammissione della C.T.U. medico - legale quale fondamentale prova scientifica dell'esistenza di un danno psichico costituente danno biologico. .2.4 - Il quinto motivo lamenta motivazione contraddittoria e illogica nella negata ammissione della C.T.U. psichiatrica. .2.5 - Il sesto motivo denuncia violazione dell'art. 2059 c.c Assumono i ricorrenti che la negata ammissione della prova scientifica del danno biologico e della prova testimoniale è stata determinata da una inesatta distinzione tra danno morale e danno biologico psichico non corrispondente alla nomofilachia delle sezioni Unite e non è rispettosa degli artt. 32 Cost. e 2059 c.c 3 - I cinque motivi sopra sintetizzati, che possono essere esaminati congiuntamente in virtù della loro sostanziale connessione, sono fondati nei limito di seguito precisati. Questa stessa sezione ha ripetutamente affermato confronta, ex multis, Cass. Sez. III, n. 28423 del 2008 che la morte di un prossimo congiunto può causare nei superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale, sia un danno biologico vero e proprio, il quale tuttavia sussiste solo in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca. Ai fini della configurabilità del nesso causale tra un fatto illecito ed un danno di natura psichica non è necessario che quest'ultimo si prospetti come conseguenza certa e inequivoca dell'evento traumatico, ma è sufficiente che la derivazione causale del primo dal secondo possa affermarsi in base ad un criterio di elevata probabilità, e che non sia stato provato l'intervento di un fattore successivo tale da disconnettere la sequenza causale così accertata Cass. Sez. III, n. 13530 del 2009 . Quanto alla prova, occorre ribadire Cass. Sez. III, n. 10527 del 2011 che la morte di una persona cara costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 c.c., che i congiunti dello scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un'alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto, sicché nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l'inesistenza di tali pregiudizi. In questo quadro va esaminata l'istanza di ammissione della consulenza tecnica sulla prova testimoniale vedi appresso , negata dalla Corte territoriale. Anche al riguardo giova dare continuità all'orientamento di questa sezione, secondo cui Cass. Sez. III, n. 6155 del 2009 la consulenza di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti consulente deducente , ma anche quello di accertare i fatti stessi consulente percipiente , e in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. Nella specie la parte aveva certamente addotto il fatto posto a fondamento della pretesa risarcitoria e indicato un serie di elementi ritenuti utili a supportarla. La Corte d'Appello ha espresso il proprio diniego in esito ad una valutazione globale conclusa con l'affermazione apodittica che non sono stati allegati elementi di prova significativi. Pertanto, ritenuta la configurabilità e l'autonomia del danno biologico di natura psichica la sentenza va annullata sul punto demandando al giudice di rinvio di stabilire se, sulla base delle presunzioni e degli elementi di fatto addotti dalla ricorrente, ricorrano le condizioni per disporre una consulenza tecnica di natura percipiente al fine di accertare e valutare il danno psichico lamentato dalla D.P. . .4.1 - Il settimo motivo lamenta motivazione insufficiente sui criteri seguiti per la liquidazione del danno morale. .4.2 - Dal testo della sentenza risulta che il danno morale è stato liquidato - come inevitabile - in via equitativa con esplicita considerazione delle peculiarità del caso concreto. Le tabelle cui la Corte territoriale ha fatto riferimento costituiscono uno dei parametri per la liquidazione del danno comunemente utilizzati dai giudici di merito e sono di conoscenza generalizzata. Il momento di sintesi finale si risolve in una manifestazione di dissenso rispetto al contenuto decisorio stigmatizzato. .5.1 - L'ottavo motivo rappresenta violazione dell'art. 1223 c.c. e motivazione contraddittoria in relazione al mancato riconoscimento dei danni per le spese sostenute nel corso dei tentativi di avere un altro figlio. .5.2 - Premesso che le argomentazioni addotte a sostegno della censura non dimostrano alcuna contraddittorietà nel tessuto motivazionale della sentenza impugnata, è agevole rilevare che, a mente dell'art. 1223 c.c., il risarcimento riguarda le conseguenze immediate e dirette dell'evento che ha cagionato il danno. La Corte territoriale, che ha considerato la circostanza indicata ai fini della liquidazione del danno morale per evidenziare il dolore patito dai genitori a causa della perdita del figlio, ha negato che ne fosse provata la diretta e necessaria derivazione dalla perdita del figlio in tal modo ha sottolineato la carenza probatoria del nesso causale. Anche questo motivo è assistito da un quesito che non postula l'enunciazione di un principio di diritto, ma ha carattere valutativo, mentre il momento di sintesi non dimostra il vizio di motivazione denunciato, non essendo contraddittorio valutare il ricorso all'inseminazione artificiale al fine di esaltare le sofferenze conseguenti alla morte del figlio e negare la risarcibilità del relativo costo, per inadeguatezza dell'indispensabile nesso causale. .6.1 - Il nono motivo lamenta motivazione insufficiente circa il rigetto delle prove testimoniali. .6.2 - Il tema, sostanzialmente ripetitivo di quelli già trattati in precedenza, trascura le peculiarità del giudizio di appello, non dimostrando di avere sottoposto alla Corte di merito specifico motivo di appello avverso il rigetto dell'istanza da parte del Tribunale la censura risulta priva sia di idonee argomentazioni dimostrative, sia del momento di sintesi prescritto dall'art. 366 bis c.p.c .7 - Pertanto il ricorso è accolto nei limi sopra specificati. Il giudice di rinvio, che si designa nella medesima Corte territoriale in diversa composizione, provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. Accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.