Perdita d’acqua all’Università, accorre il custode, che scivola e cade. Pericolo prevedibile

Respinta definitivamente la domanda avanzata dall’uomo nei confronti dell’ateneo. Facile da ipotizzare la presenza dell’acqua sulle scale, legata a una perdita verificatasi in bagno.

Emergenza all’Università nessun ‘allarme bomba’, molto più banalmente il problema è una perdita d’acqua in un bagno. A segnalarlo due studentesse, ad accorrere il custode dello stabile. Quest’ultimo, però, è tradito dall’eccessiva foga salendo le scale, scivola a causa dell’acqua e cade, riportando qualche lesione. Nessun dubbio sulla ricostruzione dell’episodio, eppure non vi è alcuna possibilità, per l’uomo, di ottenere un risarcimento da parte dell’Università. Cassazione, ordinanza n. 24220, Sesta sezione Civile, depositata oggi Buon senso . Corposa la richiesta avanzata dal custode nei confronti dell’ateneo l’obiettivo è ottenere un risarcimento che supera i 130 milioni di vecchie lire. Ma, da questo punto di vista, i giudici, in primo, in secondo e in terzo grado, fanno orecchie da mercante Sia chiaro, l’episodio è chiarissimo nella sua dinamica, e la caduta dell’uomo è stata provocata dall’acqua presente sulle scale, ma ciò non rappresentava, secondo i giudici, una vera insidia, mancando i requisiti della non visibilità e della non prevedibilità . Certo, il custode era stato informato della perdita da un rubinetto del lavandino di un bagno , segnalata da due studentesse alla portinaia, ma era prevedibile , con un pizzico di buon senso, anche la presenza dell’acqua anche sulle scale. Cade così, definitivamente, la domanda risarcitoria avanzata dall’uomo il niet, difatti, tracciato nei primi due gradi di giudizio, viene confermato anche dai giudici del ‘Palazzaccio’.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 9 - 28 ottobre 2013, n. 24220 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Ritenuto che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione che la relazione ha il seguente contenuto 1. A.S. ricorre, con due motivi, avverso la sentenza del 20 agosto 2011 della Corte di appello di Lecce dì rigetto dell'impugnazione dallo stesso proposta, con conferma della decisione del Tribunale, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno per circa 134 milioni di lire avanzata nei confronti dell'Università, la quale aveva chiamato in garanzia l'Assicurazione. Resiste con controricorso l'Università di Lecce. L'Assicurazione, ritualmente intimata, non svolge difese. E' applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69. Proposta di decisione 1. Ai fini che ancora rilevano nel presente giudizio, la Corte di merito ha ritenuto che la presenza dell'acqua sulle scale, che aveva determinato la caduta del S. - custode dell'edificio, in ferie, accorso perché abitante nello stesso palazzo e chiamato dalla portinaia, informata della presenza dell'acqua sulle scale da due studentesse, avvertendolo della perdita di acqua da una rubinetto del lavandino di un bagno - non integrasse insidia, mancando i requisiti della non visibilità e della non prevedibilità. In particolare, sulla base delle risultanze istruttorie, la Corte ha ritenuto visibile l'acqua, già individuata da due studentesse, data la buona illuminazione della scale con la luce naturale prevedibile la presenza della stessa da parte di chi, come il S., era stato chiamato in soccorso per la perdita di acqua proveniente da un bagno. 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell'art. 2043 cod. civ Si argomenta nel senso che, sulla base delle risultanze e l'evento non prevedibile. Si mette in evidenza che la luce non era ottimale e che il S. non era stato informato della presenza dell'acqua sulle scale, ma solo della perdita di acqua nel bagno. 2.1. Il motivo è inammissibile. Nonostante sia invocata la violazione di legge, in realtà si censura la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito valutazione che è, invece, congrua e immune da vizi logici ed in tal modo, si prospetta alla Corte solo una diversa e favorevole valutazione delle prove, chiedendo una inammissibile rivalutazione del merito. 3. Con il secondo motivo, si deduce omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, consistente nel non aver la Corte motivato in ordine alla mancanza di bande antisdrucciolo sui gradini delle scale. Si sostiene che, nonostante tale mancanza fosse emersa nell'istruttoria e fosse rimasta non contestata da controparte, la Corte non l'aveva presa in esame ai fini della responsabilità ex art. 2043 cod. civ., contravvenendo al principio - affermato dalla giurisprudenza prima ancora della modifica normativa dell'art. 115 cod. proc. civ. ad opera della legge n. 69 del 2009 - della espunzione dal thema probandum dei fatti allegati e non contestati. 3.1. Ai fini della inammissibilità del motivo di ricorso, è sufficiente rilevare che il ricorrente non dimostra, nel ricorso, mediante il preciso richiamo all'atto di citazione, dì aver allegato tale circostanza con la domanda introduttiva e di aver dedotto l'omessa motivazione sulla stessa in sede di appello. 4. In conclusione, il ricorso è inammissibile. che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte. Considerato che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le omissis che le parti non hanno mosso rilievi che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza nei confronti della Università controricorrente che, non avendo l'intimata Assicurazione svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali. P.Q.M. La Corte di Cassazione dichiara. inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Università degli Studi di Lecce, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.000,00, per onorari, oltre spese prenotate a debito.