Azione risarcitoria? Non è preclusa dalla delibera di esclusione del socio

La valutazione della condotta rilevante ai fini della prescrizione dell’azione risarcitoria proposta costituisce una componente del giudizio di merito che non è censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo del difetto di motivazione.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 23081 del 10 ottobre 2013. Il caso. Un socio di una cooperativa edilizia nonché prenotario di un immobile dello stabile in costruzione ad opera della cooperativa stessa, conveniva in giudizio i componenti del consiglio di amministrazione al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla delibera di esclusione adottata a suo dire illegittimamente dal c.d.a. ed al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal comportamento successivo degli amministratori. Questi ultimi difatti, gli avevano impedito di continuare a pagare i ratei di preammortamento dei mutui contratti con un istituto di credito, provocando quindi il pignoramento dell’appartamento che doveva essergli assegnato in proprietà. I convenuti nel costituirsi eccepivano la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento ed inoltre contestavano la sussistenza di una loro responsabilità e danno. Il Tribunale di Catania dichiarava l’illegittimità della delibera di esclusione e condannava i convenuti al risarcimento dei danni. In appello invece, i giudici territoriali respingevano le domande del socio di cooperativa riconoscendo la fondatezza delle eccezioni di ultrapetizione relativa alla pronuncia di illegittimità della delibera di esclusione e di prescrizione in relazione alla domanda di risarcimento basata sull’illegittimità della delibera. Il socio soccombente proponeva ricorso per cassazione. Vizio di ultrapetizione per la Cassazione sussiste. Il ricorrente ha rilevato incidenter tantum la illegittimità della delibera di esclusione, scartando l’esistenza di un vizio di ultrapetizione. La Suprema Corte, senza soffermarsi particolarmente su tale questione ha ritenuto infondata tale censura, posto che il giudice di primo grado ha dichiarato la invalidità della delibera del consiglio di amministrazione senza che fosse stata proposta una impugnazione della stessa nei confronti della società. Condotta rilevante ai fini della prescrizione Ancora il ricorrente contesta la parziale prescrizione dell’azione risarcitoria accertata dalla Corte di appello ritenendo l’unitarietà e inscindibilità del comportamento illegittimo e lesivo degli amministratori o quindi l’individuabilità del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale nella data del pignoramento immobiliare. Il socio ha osservato in sede di legittimità come la Corte d’appello non avesse tenuto conto di vari eventi interruttivi della prescrizione quali ad esempio la proposizione di alcuni ricorsi connessi a tale azione per la medesima ratio ha eccepito che la Corte d’appello non aveva tenuto conto dell’improponibilità dell’azione risarcitoria qualificata per essere stato espulso dalla società e quindi posto in condizione di non poter proporre l’azione in qualità di socio sino alla sua riammissione. non censurabile in sede di legittimità. La Corte di Cassazione ha subito rilevato come la valutazione della condotta rilevante ai fini della prescrizione dell’azione risarcitoria proposta costituisce una componente del giudizio di merito che non è censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo del difetto di motivazione. Ad ogni modo la Suprema Corte ha sottolineato come già la Corte d’appello aveva fornito sul punto una chiara motivazione rilevando che l’atto pregiudizievole addebitato agli amministratori era stato individuato nella delibera del 1985, mentre l’azione risarcitoria era stata proposta solo nel 1993. In riferimento invece agli altri comportamenti addebitati agli amministratori relativamente al periodo successivo al 1985 la Corte d’appello ha rilevato che l’appellato non ha indicato né dimostrato l’esistenza di violazioni dei doveri specifici o generali derivanti dal mandato ad amministrare la società che abbiano avuto diretta incidenza nella sua sfera giuridica. Né tanto meno ha fornito alcuna prova circa l’esistenza di una procedura esecutiva relativa ad un mutuo fondiario. In altri termini per i giudici di Piazza Cavour i fatti che il ricorrente adduce intempestivamente come interruttivi della prescrizione, non sono riferibili all’azione risarcitoria nei confronti degli amministratori, né può ritenersi che la revoca della delibera della sua esclusione costituisca riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni nei confronti degli amministratori. In ultimo la proposizione dell’azione risarcitoria non era preclusa dalla delibera di esclusione potendo il ricorrente proporre l’azione nella qualità sia di socio, sia di terzo danneggiato dal comportamento degli amministratori. In via conclusiva la Corte di Cassazione, non ritenendo fondata alcuna censura, rigetta il ricorso con condanna del ricorrente alle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 giugno - 10 ottobre 2013, numero 23081 Presidente Salmè – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. S A., quale socio, dal 1975, della Cooperativa edilizia a r.l. Sicilia Nuova nonché quale prenotatario di un appartamento dello stabile, sito in omissis , in costruzione ad opera della Cooperativa, ha convenuto in giudizio A B. e gli altri componenti del consiglio di amministrazione della cooperativa per ottenere a il risarcimento dei danni derivati dalla delibera di esclusione del 15 maggio 1995, adottata illegittimamente dal c.d.a., b il risarcimento dei danni derivati dal comportamento successivo degli amministratori consistito nell'avergli impedito di continuare a pagare i ratei di preammortamento dei mutui contratti con il Banco di Sicilia provocando cosi il pignoramento dell'appartamento che doveva essergli assegnato in proprietà. Ha fatto rilevare l'attore che, con successiva deliberazione del Commissario straordinario regionale, succeduto al Consiglio di amministrazione nella gestione della Cooperativa, era stata revocata la delibera di esclusione e disposta la sua riammissione con effetto retroattivo e con conferma della custodia e dell'assegnazione dell'alloggio ma non si era potuti addivenire al trasferimento dell'appartamento con rogito notarile per la presenza del pignoramento a favore del Banco di Sicilia. 2. Si sono costituiti i convenuti e hanno eccepito la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento. Hanno contestato inoltre la sussistenza della responsabilità e del danno. 3. Il Tribunale di Catania, con sentenza non definitiva numero 653/2001, ha dichiarato l'illegittimità della delibera di esclusione e ha condannato i convenuti al risarcimento dei danni. 4. La Corte di appello di Catania ha dichiarato la nullità, ai sensi dell'art. 50 qua ter c.p.c., della sentenza del Tribunale, pronunciata dalla sezione stralcio in violazione dell'art. 11 della legge numero 276/1997 che vieta l'assegnazione alle sezioni stralcio dei procedimenti indicati nel secondo comma dell'art. 48 dell'ordinamento giudiziario tra i quali sono compresi i giudizi di responsabilità nei confronti degli amministratori e ogni altra controversia relativa ai rapporti sociali nelle società cooperative, giudizi di competenza del tribunale in composizione collegiale in base all'art. 50 bis numero 5 c.p.c 5. La Corte di appello ha inoltre respinto le domande di A.S. riconoscendo la fondatezza delle eccezioni di ultrapetizione e di prescrizione relative, la prima, alla pronuncia di illegittimità della delibera di esclusione e, la seconda, alla domanda di risarcimento basata sull'illegittimità della delibera. Ha infine ritenuto insussistente la responsabilità degli appellanti per il comportamento successivo alla delibera di esclusione in quanto, in base all'art. 2395 cod. civ., la responsabilità risarcitoria nei confronti del socio è invocabile solo sul presupposto di un comportamento violativo degli obblighi dell'amministratore che nella specie è stato invocato del tutto genericamente e non provato. 5. Ricorre per cassazione S A. affidandosi a cinque motivi di impugnazione. 6. Si difendono con controricorso A B. , C.C. , E R. , G S. , B Z. nonché Gi Ca. , M.F T. e T.N.G. , questi ultimi nella qualità di eredi di T.G. . Ritenuto che 7. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 11 della legge numero 276/1997, 50 bis numero 5 c.p.c., 48, secondo comma, del R.D. numero 12/1941 come modificato dall'art. 88 della legge numero 353/1990 nonché degli artt. 50 quater e 161 c.p.c Il ricorrente contesta l'esistenza della nullità rilevata dalla Corte di appello ritenendo la trattazione della causa da parte di un giudice monocratico della sezione stralcio una mera irregolarità che non può incidere sulla validità della sentenza e del giudizio. 8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 157, 161, 50 quater, 329 c.p.c Il ricorrente ritiene che, anche a voler classificare come una ipotesi di nullità quella della pronuncia della sentenza da parte della sezione stralcio, tale nullità sarebbe comunque una nullità relativa sanabile e concretamente sanata dalla mancata proposizione di una tempestiva eccezione. 9. I due motivi sono infondati in quanto la violazione dell'art. 11 della legge numero 276/1997 non può essere considerata una mera irregolarità ed è stata eccepita sia davanti al giudice di primo grado che con l'atto di appello. 10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 34, 101, 112 c.p.c Il ricorrente ritiene che il giudice di primo grado ha rilevato incidenter tantum la illegittimità della delibera di esclusione e che quindi è da escludere una ipotesi di ultrapetizione. 11. Anche questo motivo deve considerarsi infondato dato che il giudice di primo grado ha espressamente dichiarato la invalidità della delibera del consiglio di amministrazione senza che fosse stata proposta una impugnazione della stessa nei confronti della società. 12. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943, 2944, 2947, 2395 c.c Il ricorrente contesta la parziale prescrizione dell'azione risarcitoria accertata dalla Corte di appello ritenendo l'unitarietà e inscindibilità del comportamento illegittimo e lesivo degli amministratori e quindi l'individuabilità del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale nella data del pignoramento immobiliare, avvenuto secondo il ricorrente nell'ottobre 1991 e conseguente all'impedimento, subito dal ricorrente ad opera del ricorrente, al pagamento delle rate del mutuo. In ogni caso, ritiene il ricorrente, la Corte di appello non ha tenuto conto di vari eventi interruttivi della prescrizione proposizione dell'impugnazione davanti alla Commissione Regionale di Vigilanza per l'Edilizia Popolare ed Economica, proposizione di ricorso per sequestro giudiziario e del relativo giudizio di convalida, ancora in corso alla data di revoca della delibera da parte del Commissario Straordinario Regionale . Infine il ricorrente rileva che la Corte di appello non ha tenuto conto del riconoscimento del diritto da parte della gestione commissariale né ha considerato l'improponibilità dell'azione risarcitoria qualificata ex art. 2395 c.c. nella parte in cui prevede la proposizione dell'azione di responsabilità del socio per essere stato espulso dalla società e quindi posto in condizione di non poter proporre l'azione in qualità di socio sino alla riammissione conseguente alla dichiarazione di illegittimità della delibera da parte del Commissario Straordinario. 12. Il motivo deve considerarsi inammissibile e infondato sotto i vari profili in cui è stato proposto. La valutazione della condotta rilevante ai fini della prescrizione dell'azione risarcitoria proposta costituisce una componente del giudizio di merito che non è censurabile in questa sede se non sotto il profilo del difetto di motivazione. Sul punto la Corte di appello ha fornito una motivazione chiara e puntuale con la quale ha rilevato che l'atto pregiudizievole addebitato agli amministratori è stato individuato nella delibera numero 155 del 15 maggio 1985 comunicata nel giugno 1985 e revocata dal Commissario Straordinario Regionale con delibera numero 25 del 21 ottobre 1991 mentre l'azione risarcitoria è stata proposta nel 1993. Per quanto riguarda gli altri comportamenti, addebitati agli amministratori relativamente al periodo successivo alla delibera del 15 maggio 1985, la Corte di appello ha rilevato che l'appellato non ha indicato, né tantomeno dimostrato, la esistenza di violazioni dei doveri specifici o generali derivanti dal mandato ad amministrare la società che abbiano avuto diretta incidenza nella sua sfera giuridica. Né ha indicato la data sino alla quale gli appellanti hanno ricoperto la carica di amministratori. Né infine ha fornito elementi di prova dell'esistenza di una procedura esecutiva relativa a un mutuo fondiario ovvero delle altre affermazioni contenute nell'atto di citazione. Non può infine non rilevarsi come il ricorrente adduca nel ricorso per cassazione circostanze generiche e contraddittorie dato che ascrive agli amministratori il pignoramento della porzione immobiliare destinata alla sua assegnazione e l'impossibilità di addivenire al rogito definitivo mentre nello stesso tempo riconosce che il pignoramento avvenne nell'ottobre 1991 e cioè quando egli era già stato riammesso nella società a seguito della revoca della delibera di esclusione. 13. Per altro verso i fatti che il ricorrente adduce, intempestivamente in questa sede, come interruttivi della prescrizione non sono riferibili all'azione risarcitoria nei confronti degli amministratori. Né può ritenersi che la revoca della delibera del 1985 da parte del Commissario Straordinario costituisca riconoscimento del diritto dell'A. al risarcimento dei danni nei confronti degli amministratori. Infine la proposizione dell'azione risarcitoria ex art. 2395 c.c. non era affatto preclusa dalla delibera di esclusione ben potendo l'odierno ricorrente proporre l'azione nella qualità sia di socio, con riferimento alla pretesa illegittimità della sua esclusione, sia di terzo danneggiato dal comportamento degli amministratori. 14. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e dell'art. 115 c.p.c., contrarietà della pronuncia alle prove risultanti dagli atti, assenza o, quanto meno, assoluta insufficienza e incongruità della motivazione riguardo a precise risultanze di fatto e di diritto prospettate dalla parte appellata e dibattute nel giudizio. Il ricorrente in particolare lamenta che la Corte di appello non abbia rilevato l'illegittimità del comportamento degli amministratori che deliberarono, in evidente posizione di conflitto di interessi, l'espulsione come ritorsione alla denuncia all'autorità giudiziaria dell'operato gestionale dei componenti del c.d.a 15. Fermo restando quanto appena detto sulla prescrizione dell'azione risarcitoria, proposta in relazione alla delibera di esclusione, non può non rilevarsi che la Corte di appello ha riscontrato negli atti difensivi dell'appellato, l'assenza di esplicitazioni circa gli eventuali profili di illegittimità della delibera numero 155 del 15 maggio 1985 addebitabili agli amministratori e ha correttamente rilevato che la revoca da parte del Commissario Straordinario non implica la illegittimità dell'atto revocato. Il ricorso si presenta pertanto carente anche dal punto di vista dell'autosufficienza per la mancata riproduzione del testo della delibera e delle deduzioni svolte in merito ad essa nel corso del giudizio di merito con specifico riferimento alla responsabilità degli amministratori. 16. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 1.700 di cui 200 per spese.