L’articolo diffamatorio è firmato con uno pseudonimo: non è invocabile l’esimente del diritto di critica

In tema di diffamazione a mezzo stampa e quindi di responsabilità civile, l’editore ed il direttore del giornale sono tenuti a risarcire il danno alla reputazione per l’articolo pubblicato in forma anonima.

E’, così, illegittima la sentenza con cui, accertata la sottoscrizione dell’articolo con un nome inventato, venga dichiarata, a titolo di diritto di critica, la non punibilità della condotta dell’editore e del direttore di giornale, peraltro il magistrato identificando senza congrua motivazione l’anonimo giornalista con uno di questi ultimi. Il principio si argomenta dalla ordinanza n. 23042, depositata il 10 ottobre 2013. Il caso. Veniva pubblicato, su un giornale, un articolo, firmato con uno pseudonimo, in cui un soggetto veniva qualificato come pazzo ed impazzito. La diffamazione tra responsabilità ed esimenti i presupposti ex lege. In primis , vanno richiamati gli artt. 51, 185, 595 e 599 c.p. Sotto il profilo formale, è da premettere che la notificazione della citazione di primo grado configura l’inizio del procedimento e rileva ai fini dei termini di comparizione art. 163 bis c.p.c. anche per il giudizio di appello e per quello di rinvio conseguente a cassazione ed anche in caso di successioni di leggi Cass. n. 19701/2010 . In linea generale, per invocare il legittimo esercizio di un diritto nonché di una scriminante, come la critica e la ritorsione, è necessario che il soggetto ne sia il titolare e sia noto ciò onde poter effettuare controlli preventivi sull’attendibilità della fonte e sulla veridicità della notizia Cass. n. 11004/2011, n. 46528/2008 e n. 5545/1992 . Segnatamente, è richiesto l’interesse generale della categoria di soggetti cui si indirizza la notizia , la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti continenza e la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti Cass. n. 20140/2005 e n. 7419/2009 . La responsabilità per l’articolo in anonimato ricade sull’editore e sul direttore di giornale. In ambito di diritto di critica e di cronaca, la firma con lo pseudonimo non esclude la rilevanza penale della condotta giornalistica diffamatoria e, quindi, il risarcimento del nocumento così, sul piano formale, il magistrato di merito, contrariamente a quanto sostenuto da App. Napoli n. 2358/2010, non può individuare autonomamente, al fine di configurare il presupposto per l’applicazione delle scriminanti ad hoc , l’identità del giornalista indicato con lo pseudonimo senza inserire nella sentenza alcun relativo elemento argomentativo-probatorio. Ergo , il ricorso va accolto e la sentenza va annullata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 26 settembre - 10 ottobre 2013, n. 23042 Presidente Finocchiaro – Relatore Segreto Considerato in fatto e diritto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva 1. Con citazione notificata il 30.6.2005, S.M. conveniva davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere L.M. , quale editore e A R. , quale direttore del giornale omissis , per sentirli condannare al risarcimento del danno alla sua reputazione per un articolo pubblicato su tale giornale il 31.1.2004 sotto lo pseudonimo omissis , in cui egli veniva qualificato come pazzo ed impazzito . Il tribunale condannava i convenuti al risarcimento del danno nella misura di Euro 5000,00. Proponevano appello i convenuti. La Corte di appello di Napoli con sentenza depositata il 22.6.2010 accoglieva l'appello e rigettava la domanda ritenendo il legittimo esercizio del diritto di critica politica da parte del L. , nonché il contesto legittimamente ritorsivo . Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'attore. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. 2. Con i primi 2 motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 163, 164 e 159 c.p.c., per violazione del termine minimo di comparizione in appello, pari nella fattispecie a giorni 85 a fronte dei giorni 90 previsti dall'art. 163 bis c.p.c 3. I due motivi suddetti sono manifestamente infondati, avendo la sentenza impugnata correttamente dichiarato la contumacia dell'appellato. L'art. 163 bis c.p.c. attualmente vigente statuisce al primo comma, quanto ai termini per comparire, che tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all'estero. Tale comma prima sostituito, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353 e poi stato così modificato dal comma 1 dell'art. 2, L. 28 dicembre 2005, n. 263. Il comma 4 dello stesso articolo 2, modificato dall'art. 39 quater, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito in legge, con modificazioni, con L. 23 febbraio 2006, n. 51, ha così disposto Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 entrano in vigore il 1 marzo 2006 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore”. 4. Nella fattispecie il procedimento è iniziato con atto di citazione in primo grado, notificato il 30.6. 2005. È a tale data che occorre far riferimento, per individuare la data di instaurazione del procedimento, anche ai fini del termine di comparizione per il giudizio di appello, anche ove tale giudizio di appello fosse poi stato instaurato successivamente al 1 marzo 2006, come appunto nella fattispecie. In conseguenza il termine minimo di cui all'art. 163 bis c.p.c. ai fini del giudizio di appello di questo procedimento è ancora di giorni 60 e non di 90. Il principio è stato affermato dalle S.U. di questa Corte con riferimento anche al giudizio di rinvio, affermandosi che anche il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non da vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario. Da ciò consegue che, se il processo è iniziato prima dell'entrata in vigore dell'art. 2, comma 1, lett. g , delle legge 28 dicembre 2005, n. 263, che ha modificato l'art. 163 bis cod. proc. civ., la citazione introduttiva del giudizio di rinvio deve fissare al convenuto un termine a comparire di 60 giorni, a nulla rilevando che al momento della notifica di tale atto il termine in questione sia stato elevato a 90 giorni. Cass. Sez. Unite, 17/09/2010, n. 19701 . 5.Con il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta il vizio di motivazione dell'impugnata sentenza, per avere, senza indicare il percorso argomentativo e probatorio, sostituito il L. all'anonimo OMISSIS , autore dell'articolo. 6.1. Il motivo è manifestamente fondato. Nella fattispecie la corte di appello ha rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo che l'articolo offensivo fosse scriminato dal diritto di critica politica ed anche dal contesto legittimamente ritorsivo pag. 9 . Va osservato preliminarmente ed in linea di principio che in tema di risarcimento del danno per diffamazione o ingiuria né la scriminante del diritto di critica politica o di altra natura né quella della ritorsione di cui all'art. 599 c.p., possono applicarsi in favore di soggetto rimasto ignoto. 6.2. Anzitutto per potersi affermare il legittimo esercizio di un diritto da parte di un soggetto è necessario che tale soggetto ne sia titolare. Ciò comporta la necessità che tale soggetto sia noto solo così può accertarsi la necessaria correlazione tra il soggetto titolare di un diritto ed il diritto stesso, che è alla base del concetto di legittimo esercizio di questo. 6.3. Già questa Corte in sede penale ha affermato che in tema di diffamazione a mezzo stampa non è invocabile il diritto di cronaca quando la notizia è data attraverso uno scritto anonimo che, essendo come tale, insuscettibile di controlli circa l'attendibilità della fonte e la veridicità della notizia stessa, non può ritenersi controllato per il solo fatto che sia stata eventualmente aperta una inchiesta giudiziaria sui fatti pubblicati Cass. pen., Sez. V, 02/12/2008, n. 46528 Cass. pen. 12 maggio 1992 n. 5545 . Il principio è stato ribadito anche in sede civile, essendosi affermato che in tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui l'articolo giornalistico riporti il contenuto di uno scritto anonimo offensivo dell'altrui reputazione, l'applicazione dell'esimente del diritto di cronaca art. 51 cod. pen. presuppone la prova, da parte dell'autore dell'articolo, della verità reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso non della mera verità dell'esistenza della fonte anonima con la conseguenza che, laddove siffatta prova non possa essere fornita, proprio in ragione del carattere anonimo dello scritto, la menzionata esimente non può essere applicata, anche per la carenza del requisito dell'interesse pubblico alla diffusione della notizia Cass. 11004 del 19/05/2011 . 7.1. Tale principio va affermato anche in relazione al preteso esercizio del diritto di critica. Infatti presupposti, per il legittimo esercizio del diritto di critica, quale scriminante della responsabilità penale, civile e disciplinare, allo stesso modo del diritto di cronaca, rispetto al quale consente l'uso di un linguaggio più pungente ed incisivo, sono a l'interesse al racconto, ravvisabile quando anche non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la comunicazione b la correttezza formale e sostanziale dell'esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la c.d. continenza, nel senso che l'informazione non deve assumere contenuto lesivo dell'immagine e del decoro c la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti Cass. civ., Sez. III, 18/10/2005, n. 20140 . Diverso è poi il punto per cui la critica, cioè la valutazione, l'interpretazione e le considerazioni in merito a tali fatti veri, possa non essere obiettiva né esatta, ma anzi presentare connotazioni soggettive opinabili o non condivisibili. 7.2. La critica anche relativa alla gestione della cosa pubblica può anche tradursi in valutazioni e commenti tipicamente di parte , cioè non obiettivi, purché fondata sull'attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva, che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio del diritto di critica, quando tragga le sue premesse da una prospettazione dei fatti opposta alla verità, cfr. Cass. pen. sez. V 3.12.2009, n. 7419 . Quindi l'anonimato dell'autore dell'articolo giornalistico, a contenuto diffamatorio, comporta che non possa essere invocato il legittimo esercizio del diritto di critica da parte del suo autore, per le stesse ragioni esposte in tema di diritto di cronaca. 8. Egualmente è a dirsi per l'esercizio della scriminante della ritorsione che presuppone l'accertamento che il soggetto che subisce l'offesa sia lo stesso che la sta reciprocamente infliggendo all'autore di questa. Anche tale scriminante non può operare allorché uno dei 2 soggetti sia rimasto ignoto. 9. Nella fattispecie, parrebbe che la sentenza impugnata superi tali ostacoli giuridici identificando l'anonimo giornalista, utilizzatore dello pseudonimo omissis con il L.M. , convenuto in questo giudizio come editore del giornale e valutando quindi le scriminanti suddette in merito al L. , quale autore dell'articolo firmato con lo pseudonimo. Tuttavia, come correttamente lamenta il ricorrente, a parte il rilievo che non vi è un'espressa identificazione in questi termini, per quanto la motivazione della sentenza i buona sostanza la ritenga, non vi è nella sentenza alcun elemento argomentativo-probatorio a sostegno della identificazione di OMISSIS in L.M. . In questi termini quindi è fondato il lamentato vizio motivazionale. 10. Ritenuto che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione che conseguentemente vanno rigettati i primi due motivi di ricorso, va accolto il terzo, in merito al lamentato vizio motivazionale della sentenza che il giudice del rinvio provvederà ad accertare e valutare l'eventuale esistenza di elementi probatori che portino all'identificazione dell'anonimo articolista con il L. , quale presupposto delle esimenti del diritto di critica o della ritorsione che va cassata l'impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione. P.Q.M. Visto l'art. 375, c.p.c Rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.