Sogna di fare il poliziotto, ma rimane menomato a causa di un incidente: il danno esistenziale non è risarcibile

Nel nostro ordinamento non esiste un’autonoma categoria di danno esistenziale gli interessi di rango costituzionale riferibili alla persona sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. e quindi la liquidazione di un’ulteriore voce di danno si risolverebbe in una duplicazione risarcitoria non consentita.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3290/13, depositata il 12 febbraio. Nella pronuncia i giudici di legittimità hanno anche ricordato che, ai fini del risarcimento, il danneggiato deve provare che la riduzione della capacità lavorativa abbia comportato un pregiudizio patrimoniale. Il caso. A seguito di uno scontro tra due vetture, il passeggero di una di queste riporta gravissime lesioni. Il Tribunale riconosce la responsabilità concorrente dei due conducenti e li condanna in solido a risarcire il danneggiato in sede di appello viene poi riconosciuto un danno da perdita di chance, in quanto l’uomo non era stato assunto come agente di polizia, e un’ulteriore somma a titolo di danno morale in considerazione della grave patologia sofferta. Il danneggiato propone ricorso per cassazione, al quale resiste la compagnia assicuratrice, che propone altresì un motivo di ricorso incidentale condizionato. Un desiderio ormai irrealizzabile Con una prima censura, il ricorrente lamenta che i giudici di merito avrebbero omesso di liquidare il danno esistenziale provocato dal sinistro l’uomo, infatti, voleva entrare a far parte della Polizia di Stato, ma il suo desiderio era rimasto frustrato a seguito delle menomazioni patite, che lo avevano reso inidoneo al servizio. No al danno esistenziale. Gli Ermellini ricordano che nel nostro ordinamento non esiste un’autonoma categoria di danno esistenziale, come affermato nella sentenza n. 26972/2008 gli interessi di rango costituzionale riferibili alla persona sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. danno non patrimoniale e quindi la liquidazione di un’ulteriore voce di danno si risolverebbe in una duplicazione risarcitoria non consentita quanto ai pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, essi costituirebbero una categoria illegittima, in quanto simili pregiudizi non sono risarcibili ex art. 2059 c.c Capacità lavorativa ridotta un ostacolo alla carriera? Il secondo motivo di ricorso riguarda la liquidazione del danno conseguente alla diminuzione della capacità lavorativa specifica a fronte di una riduzione del 25%, il danno riconosciuto dai giudici sarebbe infatti assai modesto, specie tenendo conto che lo stato di invalidità del ricorrente si era tradotto in un insuperabile ostacolo alla sua progressione in carriera. Consolidata giurisprudenza, però, ha affermato che l’accertamento di postumi incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica non comporta automaticamente l’obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno tale danno, infatti, sussiste solo se l’invalidità ha prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica e va pertanto accertato in concreto. Il danneggiato, insomma, deve provare che la riduzione della capacità si sia tradotta in un effettivo pregiudizio patrimoniale. La sicurezza del posto in banca. Nel caso di specie, al contrario, la Corte territoriale ha accertato che il danneggiato non ha subito alcuna perdita di reddito egli infatti, essendo bancario, svolge una professione tranquilla, sicura e sedentaria ed è retribuito in caso di malattia quanto al presunto pregiudizio alla carriera, esso è rimasto del tutto indimostrato. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale, rilevando che è ormai venuto meno l’interesse alla decisione da parte dell’assicurazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 dicembre 2012 – 12 febbraio 2013, n. 3290 Presidente Uccella – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. In data 11 gennaio 1989 si verificava ad Alessandria un incidente stradale che vedeva coinvolte la vettura di proprietà di L.A. , condotta dal medesimo ed assicurata dalla Fondiaria Assicurazioni s.p.a., e la vettura di proprietà di Ta.Fr. , dallo stesso condotta ed assicurata dalla Augusta Assicurazioni s.p.a Nell'incidente riportava gravissime lesioni T.S. , che viaggiava in qualità di trasportato sulla vettura condotta da A L. . In conseguenza del fatto, il T. citava a giudizio, davanti al Tribunale di Alessandria, L.A. e Ta.Fr. , nonché le rispettive assicurazioni, per ottenere il risarcimento dei danni sofferti. Si costituivano in giudizio tutti i convenuti, ad eccezione di A L. . Espletate prove testimoniali e fatta eseguire una c.t.u., il Tribunale 1 dichiarava che l'incidente era da ricondurre a responsabilità concorrente del L. e del Ta. , attribuendo due terzi della responsabilità al primo ed il residuo terzo al secondo 2 condannava i convenuti, in solido, al pagamento, in favore dell'attore, della somma di Euro 20.477,52 oltre interessi nella somma di Euro 48.779,52 dall'11 gennaio 1989 al 27 maggio 1992, e su Euro 20.477,52 dal 28 maggio 1992 al saldo, con il carico delle spese di giudizio. 2. La sentenza veniva appellata dal T. in via principale e dal Ta. e dalla Augusta Assicurazioni s.p.a. in via incidentale. La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 6 marzo 2006, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava gli originari convenuti al pagamento, in favore di T.S. , delle ulteriori somme di Euro 2.000 a titolo di danno da perdita di chance e di Euro 5.000 a titolo di danno morale, con rivalutazione ed interessi respingeva l'appello incidentale e condannava L. , Ta. e le rispettive assicurazioni alla rifusione di un terzo delle spese processuali del grado, compensando i rimanenti due terzi. Osservava la Corte territoriale - per quanto ancora di interesse in questa sede - che l'appello incidentale era da respingere, dovendosi condividere la decisione del Tribunale circa la concorrente responsabilità del Ta. nella determinazione dell'incidente. Quanto all'appello principale, la Corte torinese procedeva ad una ripartita analisi delle varie voci di danno individuate dal T. , pervenendo alle seguenti conclusioni. In riferimento al danno esistenziale, lo stesso poteva astrattamente essere riconosciuto, ma era rimasto, nella specie, privo di dimostrazione quanto al danno biologico, la domanda di ulteriore risarcimento doveva essere respinta quanto al danno morale, poteva essere riconosciuta - in aggiunta alla somma di Euro 10.000 già attribuita dal Tribunale l'ulteriore somma di Euro 5.000, poiché, in considerazione della grave patologia sofferta rottura dello stomaco da scoppio, con grave peritonite e rottura dell'arteria gastrica , il danno morale andava liquidato nella misura massima, pari al 50 per cento del danno biologico quanto al danno patrimoniale da invalidità specifica, la Corte respingeva la relativa richiesta risarcitoria in quanto, nonostante l'incidenza nella misura del 25 per cento della capacità lavorativa specifica, tenuto conto del fatto che il T. svolgeva l'attività di impiegato di banca, non c'era nessuna prova di un'effettiva diminuzione del suo reddito in conseguenza del sinistro quanto, infine, al danno da perdita di chance, la Corte torinese riconosceva al T. l'ulteriore somma di Euro 2.000, per compensare il fatto che il medesimo - il quale sarebbe stato molto probabilmente assunto come agente di Polizia a partire dal giugno 1989 - aveva invece conseguito il posto di lavoro in banca soltanto nel mese di ottobre 1989, ed era da ritenere provato che la perdita del posto di agente fosse una conseguenza delle assenze rese necessarie a seguito dell'incidente stradale. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino propone ricorso principale S T. , con atto affidato a due motivi. Resiste la Fondiaria SAI s.p.a. con controricorso, contenente un motivo di ricorso incidentale condizionato. Motivi della decisione Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., in quanto aventi ad oggetto la medesima pronuncia. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 2697, primo comma, cod. civ., nonché omessa e insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Osserva il ricorrente che la sentenza sarebbe errata nella parte in cui ha omesso di liquidare il danno esistenziale conseguente al sinistro. Sostiene, al riguardo, di aver concretamente dimostrato il proprio desiderio di entrare a far parte della Polizia di Stato, desiderio rimasto frustrato proprio a causa delle menomazioni patite, le quali avevano portato l'Amministrazione, all'esito della visita medica, a ritenerlo inidoneo per tale attività. Precisa, inoltre, che la giurisprudenza riconosce il diritto al risarcimento di siffatto danno a prescindere dalla prova circostanziata del concreto pregiudizio subito. 1.2. Il motivo non è fondato. La giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla nota e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite 11 novembre 2008, n. 26972, ha affermato che nel nostro ordinamento non esiste l'autonoma categoria del danno esistenziale , in quanto, ove in essa si ricomprendano i pregiudizi che scaturiscono dalla lesione di interessi di rango costituzionale della persona, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore voce di danno si risolverebbe in una non consentita duplicazione risarcitoria ove, invece, si intendesse includere nella categoria i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe illegittima, stante la non risarcibilità di simili pregiudizi in base al menzionato art. 2059. La pronuncia delle Sezioni Unite ha trovato ampia e costante conferma nella giurisprudenza più recente, segnatamente di questa Sezione v., tra le altre, le sentenze 30 novembre 2011, n. 25575, e 9 marzo 2012, n. 3718 anche l'odierna pronuncia intende dare continuità a tale orientamento, sicché il motivo di ricorso in esame deve essere rigettato. 2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2043 e 2697, primo comma, cod. civ., nonché omessa e insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Rileva in proposito il ricorrente che la c.t.u. svolta in primo grado ha riconosciuto la diminuzione della sua capacità lavorativa specifica nella misura del 25 per cento. A fronte di tale valutazione, la sentenza impugnata - confermando quella di primo grado - ha riconosciuto un danno assai modesto Euro 6.937 , considerando tale voce alla stregua di un surplus pari ad un quarto dell'invalidità permanente del 15 per cento effettivamente riconosciuta al T. ”. Tale criterio non sarebbe convincente, poiché lo stato di invalidità si è tradotto in un insuperabile ostacolo alla progressione in carriera, com'è confermato dal fatto che il ricorrente, dalla data della sua assunzione, ha solo fruito delle promozioni periodiche contrattualmente previste. 2.2. Anche questo motivo non è fondato. Costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di questa Corte quella per cui l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l'automatico obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica e, quindi, di produzione di reddito. Detto danno patrimoniale sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica e deve, perciò, essere accertato in concreto a tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali così, fra le altre, le sentenze 19 febbraio 1998, n. 1764, 20 gennaio 2006, n. 1120, 27 aprile 2010, n. 10074, 24 febbraio 2011, n. 4493 . Occorre, in altre parole, la dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio patrimoniale. Nella specie, al contrario, la Corte d'appello piemontese, con motivazione quanto mai dettagliata e scrupolosa, sorretta da logica impeccabile, ha preso in esame l'intera vicenda relativa al danno subito dal T. , pervenendo alla conclusione secondo cui l'accertata diminuzione della capacità Lavorativa del ricorrente non si è tradotta in alcuna perdita di reddito. La sentenza impugnata ha rilevato, tra l'altro, che il T. svolge la professione tradizionalmente considerata come tranquilla, sicura e sedentaria di impiegato di banca, in qualità di lavoratore dipendente, retribuito anche in caso di assenze per malattia dal servizio”, e che non si è registrato un danno da lucro cessante per la mancata percezione di redditi connessi alla menomazione fisica da cui l'attore è risultato affetto”. Il T. ha aggiunto la Corte d'appello – è in grado di svolgere e svolge la sua professione . e palesa solamente stanchezze e malattie che si traducono in assenze dal servizio maggiori rispetto a quelle dei suoi colleghi”. Quanto, poi, ad un presunto danno da pregiudizio alla carriera in conseguenza dei postumi dell'incidente, la Corte d'appello ha dato atto che esso è rimasto del tutto sfornito di prova. Si tratta, come si vede, di valutazioni bene argomentate e del tutto condivisibili, tanto più che già il Tribunale aveva riconosciuto, con decisione confermata in sede di appello, una maggiorazione del risarcimento del danno biologico nella misura di un quarto proprio in conseguenza della riconosciuta invalidità specifica. 3. Il ricorso principale è, quindi, rigettato. Da tale esito deriva l'assorbimento di quello incidentale condizionato proposto dalla società di assicurazione Fondiaria, risultata vittoriosa, rispetto al quale sussiste carenza di interesse alla decisione v. ordinanza 10 giugno 2008, n. 15362 il ricorso incidentale, peraltro, aveva ad oggetto proprio la contestazione della riconoscibilità della figura del danno esistenziale. 4. In ossequio al principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, come da dispositivo, in conformità al soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui 4.000 per compensi, oltre accessori di legge.